"ANDRA' TUTTO BENE" E' GIA' STATO DETTO?

C'è una vaga somiglianza con qualcuno che abita dalle nostre parti.
E' la verità. Era un attore.

Ma cosa aspettano le forze armate russa?
"Una "scintilla"

"Finora non mi è parso di assistere a veri bombardamenti tramite aerei o da terra.
Le operazioni militari come quella avviata da Putin hanno svolgimenti pianificati con minuzia maniacale:
gli stati maggiori hanno già stabilito da tempo le varie fasi e le possibili variabili:
muovere oltre centomila uomini non solo non si improvvisa
ma bisogna poi coordinarli nelle varie fasi di 'penetrazione', 'dispiegamento' e solo alla fine 'attacco'.

Lo diceva già Alessandro Magno:
le città o si evitano o si assediano.

Per questo Putin non sta facendo il fenomeno, infatti ha detto che
'le operazioni dureranno il tempo che ci vorrà' perché sono poi i generali
ad avere l'iniziativa sul campo anche per cogliere al meglio l''evento' propizio".


Il generale poi dà un giudizio velenoso del presidente ucraino Volodymyr Zelensky:

"Un altro fenomeno, letteralmente, è un attore
e si è immedesimato totalmente nel ruolo".



Mentre Joe Biden

"ha un mero interesse elettorale, per il voto di mid term a novembre".
 
Mini boccia poi l'invio di armi a Kiev da parte dell'Occidente:

un modo per

"dare fastidio, complicare la situazione sul terreno e nulla più.

Nel momento in cui noi stessi cominciamo a credere alla nostra stessa propaganda il gioco è fatto,

e non si torna indietro: questo vale per gli ucraini, per i russi ma anche per noi spettatori più o meno coinvolti".



Poi la frase sibillina sul presidente ucraino:

"Non si può escludere che proprio il loro (dei russi, ndr) attuale fiero avversario Zelensky
possa essere una pedina per raggiungere un compromesso.

I corridoi umanitari, sempre siano attivati, serviranno a sfollare la gente
e permettere così combattimenti senza 'impedimenti'".
 
Si continua su questo 3d:)
Buona settimana a tutti:)

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Qui non si tratta di essre pro o contro.
Si tratta di essere "obiettivi".
Qualità che manca a molti.


Questo articolo è datato 3 giugno 2021


Siamo abituati a veder descritta l’Ucraina come una ‘democrazia europea’
minacciata dall’aggressività della vicina Russia, governata col pugno di ferro dall’autocrate Putin.

Già sul concetto di democrazia liberale quale unico regime democratico ci sarebbe molto da dire, nel caso dell’Ucraina ancor di più.


Nella ‘democratica’ Ucraina, dove i liberali nostrani sono andati ad arringare le folle nazionaliste,

infatti i movimenti neonazisti hanno piena agibilità politica.

Sono più che tollerati dal potere.

Anzi essi sono funzionali e collaterali ai governanti.

Tanto da far scrivere al quotidiano russo Komsolskaya Pravda, che “l’Ucraina si sta trasformando in uno Stato nazista”.


Ma gli stessi liberali italiani ed europei,

he vedono fascismo e nazismo in ogni dove tranne dove c’è veramente,

ignorano questa realtà.


Altrimenti crollerebbero tutti i castelli di fake news costruiti in questi anni.



“E sebbene i propagandisti di Kiev continuino a gridare che ‘non c’è nazismo in Ucraina, ogni idiota lo sa’,

solo un idiota può non vedere come la ‘peste bruna’ stia prendendo il sopravvento sulla parte un tempo più ricca,

industrializzata, ricca di cibo e benedetta dell’URSS.

Ahimè, l’eredità del potere vittorioso sul fascismo è stata divorata e depredata inopportunamente.

La repubblica più ricca dello spazio post-sovietico è diventata il paese più povero d’Europa.

E l’unico modo per non farsi dilaniare dalla rabbia popolare era quello di costruire non nuove fabbriche e università, ma… uno Stato neofascista.


Prima del golpe del 2014 c’era ancora la possibilità di non cadere in questo abisso.

Ma gli oligarchi, che hanno preso il pieno controllo dello Stato ucraino dopo il Maidan,

hanno rapidamente trovato uno strumento per controllare le masse e sopprimere la democrazia con la legge”.


Così i gruppi neonazisti sono divenuti fondamentali strumenti nelle mani delle classi dirigenti ucraine:

a Odessa,

Kharkov e

nel Donbass,

dove poi è scoppiata la guerra civile.


I neonazisti hanno mano libera per “terrorizzare i cittadini, intimidire giudici e deputati, sequestrare chiese”.



“L’affermazione che le organizzazioni naziste non siedono nella Rada dell’Ucraina e quindi,
sono emarginate, le persone non votano per loro, è una bugia e un’ipocrisia”.


Tanto i neonazisti non hanno alcun bisogno di ricevere i voti degli elettori quando possono
“negare la democrazia, definire con disprezzo chi non è d’accordo con loro ‘sovietico’ o ‘separatista’.
La cosa principale per loro è la garanzia di completa impunità da parte delle autorità e protezione dalle forze di sicurezza.


Nessuno dei neonazisti è stato punito nemmeno per attacchi aperti a politici, uomini d’affari, giudici.


L’assassino identificato dello scrittore Oles Buzina, un membro dell’organizzazione nazista C14 Andriy Medvedko,
è stato portato silenziosamente al Consiglio pubblico sotto l’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina (NABU).

Non è stato punito nemmeno il coordinatore di Pravyj Sektor di Odessa, Sergei Sternenko,
che ha accoltellato un uomo in una lite di strada.
E per rapimento, tortura ed estorsione, ha ricevuto… 1 anno di sospensione condizionale.

Sternenko afferma persino che il presidente Zelensky gli ha offerto il posto di capo della direzione del servizio di sicurezza dell’Ucraina a Odessa.

E le autorità non lo hanno negato!

Al contrario, Zelensky non ha esitato a dire di essere in corrispondenza con la radicale Yana Dugar, sospettata dell’omicidio del giornalista Pavel Sheremet”.



Se si fosse verificato molto meno in Bielorussia, sarebbero già partite sanzioni e campagne mediatiche.


Saviano ha affermato che contro Lukashenko non bastano più le parole.

Ma non ne trova nemmeno una per l’Ucraina dove i neonazisti fanno il bello e cattivo tempo.

Manovrati da quegli stessi dirigenti foraggiati e coccolati dai liberali occidentali.


L’impunità concessa dai dirigenti ucraini ai gruppi neonazisti ha favorito la loro trasformazione.

Da semplici bande di strada, a formazioni armate regolari.


Pravyj Sektor ha il suo corpo di volontari, che non è incluso in nessuna delle strutture di potere dell’Ucraina, ma partecipa alla guerra in Donbass.


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Per non parlare poi del famigerato reggimento “Azov”, formalmente assegnato al ministero degli Interni di Kiev,
senza nemmeno nascondere sia composto da nazisti.



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Il neonazismo imperante in Ucraina è ravvisabile anche nella città:

le strade di Kiev portano i nomi di Stepan Bandera e Roman Shukhevych, agenti dell’Abwehr,
ideologi e organizzatori della pulizia etnica.

Ogni anno, il 1 gennaio, si tengono fiaccolate per il compleanno di Bandera
e alla fine di maggio una marcia per commemorare la divisione ucraina “Galizia” delle SS hitleriane.


La costruzione dello Stato fascista in Ucraina, passa anche attraverso discriminazioni basate su principi etnici, culturali e linguistici.

In poche parole si sta cercando la repressione e segregazione dei russofoni.


Si cerca di bandire la lingua russa anche se questa è parlata in tutto il paese.

Google indica che circa l’80% delle query di ricerca in Ucraina sono effettuate in russo.


Ma le autorità sono addirittura arrivate a invitare i cittadini a denunciare negozianti e camerieri che utilizzano il russo.


“Le metastasi si riversano su Russia e Bielorussia”



Il neonazismo ucraino tracima dai confini nazionali e giunge sino a Bielorussia e Russia.
“Un altro guaio. Divorando il Paese, il cancro del nazismo riversa metastasi e oltre i confini.


Uno degli organizzatori delle proteste in Bielorussia, Roman Protasevich, ha combattuto nel reggimento nazista Azov”.


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“L’FSB ha individuato a Tambov, Volgograd, Gelendzhik, Voronezh e Saratov
le cellule dell’organizzazione neonazista ucraina MKU* (Maniacs: the cult of killers).

Si tratta di un movimento giovanile per la “creazione di uno Stato razzialmente puro”.

I coordinatori del ‘MKU’ dall’Ucraina istruiscono, coordinano e incoraggiano gli atti di violenza
e lo svolgimento di una “guerra dell’informazione” contro la Russia e i suoi cittadini.


Il creatore e leader di MKU, Yegor Sergeevich Krasnov, vive in Ucraina
e dal 2018 recluta e forma cellule di radicali in Russia attraverso i social network.

Nel febbraio 2020, Yegor Krasnov è stato arrestato dalle forze dell’ordine ucraine per rapina, propaganda neofascista e violenza.

Ma… nessuna conseguenza.

Continua il suo lavoro.


Ai siloviki è stato subito spiegato che MKU è ‘coperto’ dai servizi speciali ucraini”.
 
Questo articolo è tratto da : Contropiano. Giornale comunista on line
Presumo sia attendibile ? ....O neppure questo va bene ?



Continua il martellamento ucraino sulle aree del Donbass.

Nella Repubblica popolare di Donetsk, colpite anche ieri con mortai da 82 e 120 mm,
zone di Kominternovo e Leninskoe, sulla direttrice di Mariupol, e Vesëloe e Jakovlevka, sulla direttrice di Donetsk.

All’interno, dopo le sfilate a Kiev del 1 gennaio scorso in onore di Stepan Bandera,
divenute una tradizione nell’Ucraina nazi-golpista,
alle proteste di Israele si sono aggiunte quelle dell’ambasciatore polacco in Ucraina Bartosz Cichocki.


Varsavia, insieme ai Paesi baltici, è sempre la prima della classe a equiparare nazismo e comunismo;
ma, nel caso specifico, i polacchi hanno ancora il dente avvelenato
per le stragi perpetrare nel 1943 e 1944 da OUN-UNA filo-nazista anche contro la popolazione polacca della Volinja.



Evidentemente, se le bande di Stepan Bandera e Roman Šukhevic
si fossero limitate a massacrare comunisti ucraini, ebrei, soldati sovietici,
Varsavia non avrebbe avuto nulla da ridire.


È questa la “morale europeista” di quei democratici,

che si guardano bene dal proferire parola per il terrorismo di stato

ed i massacri che Kiev conduce ormai da sette anni

contro una parte della propria stessa popolazione, formalmente ucraina:

gli abitanti russi e russofoni del Donbass.



Una parte che, come scrive su Novorosinform Aleksej Toporov, all’interno della stessa Ucraina è fatta di
«eroi solitari, oppositori intimoriti e borghesucci assopiti»,
di giovani russi che a Kiev non ragionano secondo gli schemi governativi,
sono contrari alla guerra in Donbass e disgustati dalla russofobia ufficiale;

giovani che, in barba allo squadrismo neonazista, a Kharkov, Odessa, Žitomir, Kiev, Ternopol,
riversano vernice rossa sui monumenti a Bandera, alla Divisione SS “Galicina”, agli “eroi ucraini” in Donbass.

Giovani e meno giovani il cui numero sta crescendo, nonostante vengano vessati sui social network,
picchiati, fatti inginocchiare per scusarsi di fronte alle telecamere.

Mentre, di converso, diminuisce il numero dei fanatici di Bandera:
alla fiaccolata del 1 gennaio a Kiev non c’erano più di mille persone.


«Quando gli “eroi del Donbass”» dice Toporov, che «fino a ieri erano pronti a fare a pezzi i “separatisti” e uccidere gli invasori russi,
diventano acerrimi nemici del governo del majdan, questo è già un sintomo
»: basti ricordare i nomi di Il’ja Kiva, Nadežda Savcenko, Alexandr Medinskij.


Molti «ancora dormono», scrive Toporov,

«molti si stanno appena svegliando;

ma molti si sono già svegliati, anche se hanno paura di parlare.

Invece, alcuni non hanno paura;

anche dopo l’omicidio di Oles Buzina, Oleg Kalašnikov, Pavel Šeremet,

la strana morte di Irina Berežnaja,

i non meno strani suicidi di Sergei Val’ter, Mikhail Cecetov, Stanislav Mel’nik, Alexandr Peklušenko, Kirill Arbatov
».


Ecco che fanno sentire la propria voce Elena Berežnaja, madre di Irina,
il blogger Alexandr Semcenko, i giornalisti Maks Nazarov, Ruslan Kotsaba, Dmitrij Skvortsov,
l’avvocato e blogger Tatjana Montjan, il blogger e musicista Tarik Nezaležko,
l’attivista e blogger Victoria Šilova, la conduttrice televisiva Snežana Egorova.


E questo non è che un elenco incompleto «di persone brillanti e coraggiose»
che intervengono «contro la guerra e in difesa della lingua russa, contro l’oblio degli eroi della Grande guerra patriottica, contro la persecuzione dei simboli sovietici».

Ora, conclude Toporov, «è necessario svegliare coloro che non si sono ancora svegliati.

E dar forza a coloro che sono svegli, ma hanno paura
».



Un ottimismo simile sembra condiviso anche da Andrej Ganža che,
in vista dell’entrata in vigore, il prossimo 16 gennaio, dell’articolo 30 della legge che proclama l’ucraino lingua di Stato,
scrive su iarex.ru della «catastrofe del “Homo legens” ucraino»,
constatando che «al momento, la tendenza dominante della lingua russa nella società ucraina non può essere “piegata”. Ma quello che non si piega, si tenta di spezzarlo».


Articolo 30, che fa il paio con l’art. 26, che obbliga la lingua di Stato nell’editoria e nella distribuzione,
e impone in lingua ucraina il 50% di tutta l’editoria.

Un’editoria che soffre di scarsità di titoli stranieri, con le edizioni russe, ad esempio,
passate dai 14.500 titoli del 2018, ai 4.300 del 2019 e 2.900 del 2020.


È così che l’agenzia di ricerche “Info Sapiens” ha consultato un campione di 2.100 adulti e 1.800 bambini e ragazzi, suddivisi per classi d’età.

Se nel 2018 l’11% degli adulti dichiarava di leggere libri tutti i giorni,
nel 2020 sono stati solo l’8%;

il 34% degli ucraini ha preso un libro in mano almeno una volta all’anno;

mentre il 38% degli uomini e il 28% delle donne non legge nulla.


Tra i bambini “che leggono”, il 57% lo fa perché costretto.

Riguardo la lingua: nel 2020 il 32% (+8% rispetto al 2018) dei lettori ha preferito libri in ucraino
e il 27% (-1% rispetto al 2018) in russo, anche se, per lo scorno dei nazionalisti accaniti,
ben il 41% ha detto di non dare alcuna importanza alla lingua in cui legge.


Ed è sempre stato così, sostiene Ganža, ricordando come, nel 2008,
l’Istituto “Gallup” avesse condotto un’indagine sull’atteggiamento verso la lingua russa
nei paesi post-sovietici e come in Ucraina l’83% si fosse espresso per il russo.


«E, a giudicare dalle preferenze linguistiche nel segmento ucraino di Google, la situazione non è cambiata”.

Così che l’aumento di lettori di libri in ucraino
«negli ultimi due anni può essere spiegato dall’assenza di un meccanismo di selezione dei libri.
Il che, anche nell’indagine di “Info Sapiens”, viene indicato come uno dei principali ostacoli alla lettura
».

E ciò significa che, in realtà, è solo il «governo ucraino a far di tutto per escludere i lettori dalla produzione libraria in lingua russa e mondiale».


Più che logico, aggiungiamo per parte nostra, in uno scenario in cui “l’autarchia intellettuale”,

il “nazionalismo culturale” e la sottocultura d’avanspettacolo

servono a cercare di instillare nelle menti,

quali uniche “verità” ammesse:

la fantomatica “aggressione russa”,

la glorificazione delle “gesta” dei collaborazionisti filo-nazisti,

l’esaltazione della guerra permanente e del terrorismo

contro una parte della propria stessa popolazione.



Un tentativo, quello del governo ucraino, che forse, per fortuna, non è privo di oppositori,
a giudicare dalle note di Aleksej Toporov e Andrej Ganža.

Un tentativo, quello del governo ucraino, di escludere la popolazione del Donbass «dal consesso giurisdizionale»
e di far sì che l’intero «popolo ucraino» sia d’accordo su ciò, che forse, per fortuna,
non riscuote l’intera vantata approvazione degli ucraini e che fa dire alla scrittrice Nina Sergeevna Išcenko
– il cui intervento riproduciamo sotto per esteso – che la
«
gente del Donbass non perde la speranza che in Ucraina, a dispetto della propaganda nazista
e del suo proselitismo anche oltre le frontiere nazionali, sorgano forze in grado di operare»
per la “umanizzazione dello spazio culturale” comune e pacifico»
.


In conclusione, constatiamo soltanto come l’odio di cui parla Nina non sia una categoria astratta,
ma abbia un concreto contenuto di classe e, nel caso specifico, sia anche alimentato da precisi interessi geopolitici internazionali.


*****


Nina Sergeevna Išcenko (Lugansk, 1978), dottoranda in filosofia;
esperta in scienze culturali; critica letteraria; redattrice del sito informativo-culturale “Oduvancik”;
autrice di numerosi libri di critica letteraria, filosofica e di attualità;
professore associato del Dipartimento di Arte musicale pop all’Accademia statale di arte e cultura di Lugansk “Matusovskij” (Repubblica popolare di Lugansk).
Blog: ninaofterdingen.livejournal.com; Telegram: Ninaofterdingen
 
Un milite di «Azov» con in mano il «martello di Hitler»


Nina Išcenko


Secondo notizie riportate dal sito web Zabrona, l’11 dicembre 2020, a Kiev,
al Palazzo della cultura nel quartiere Šuljavka, si è svolta la “Heretic Fest”.

A differenza del passato, quando a iniziative simili intervenivano formazioni di diversi paesi,
nel 2020, a causa delle misure di quarantena, hanno partecipato soltanto gruppi russi e ucraini.


Come scrive l’attivista Eduard Dolinskij, il clou del programma è stato il gruppo russo «М8L8ТKh»
– il nome può essere decifrato come «Martello di Hitler» –
il cui solista è il milite di «Azov» Aleksej Levkin, che ha preso parte ad azioni di guerra in Donbass.


Il russo Aleksej Levkin è una figura chiave della campagna lobbistica di «Azov»
per la concessione della cittadinanza ucraina ai camerati stranieri dell’estrema destra
(l’ucraina Strana.ua riproduce per intero la traduzione di un lungo servizio di Time,
secondo cui i neonazisti di “Azov” si servono dei social network per reclutare adepti in tutto il mondo
; ndt)
che militano nelle sue file.


Egli è anche uno dei fondatori dell’organizzazione neonazista «Wotanjugend»,
i cui affiliati celebrano Adolf Hitler, eroicizzano i militanti di estrema destra,
trasmettono in Ucraina l’ideologia dell’odio.


Il concerto di Kiev è la triste testimonianza di come l’ideologia dell’odio riesca a raccogliere sostenitori in tutto il mondo.
Non si tratta di un evento isolato; il concerto si svolge su base regolare e riunisce persone di Ucraina, Russia e Europa che si riconoscono in valori comuni.


Questi valori comuni non rappresentano altro che dei simulacri dell’ideologia neonazista.

Nel tempo libero, assistono a simili concerti cittadini comuni, impiegati, abitué dei social network, mostrando al mondo e a se stessi il proprio valore.

Ad alcuni, semplicemente piace l’heavy metal, altri vedono nel forum una storia alternativa del mondo,
d’Europa e della Russia, e partecipano al concerto per incontrarsi con chi la pensa come loro.


Cos’è che impedisce di considerare questo fenomeno una delle inevitabili conseguenze della varietà culturale del mondo moderno?

C’è chi gioca a elfi e gnomi; qualcun altro a fare il vero ariano.

Questo è un evento culturale musicale: cosa gliene importa agli altri?


Il fatto è che tali momenti di raccolta, messi in piedi sul principio della rete,
con un nucleo centrale attivo e una periferia variabile di persone occasionali,
svolgono tre funzioni importanti nella società.


Sono fonti di diffusione dell’ideologia dell’odio,

momenti di correzione della memoria storica e

parte dell’opera di legalizzazione della violenza nella società.


Tutti e tre gli aspetti sono interconnessi e si consolidano a vicenda.


Una tale opera è particolarmente pericolosa in Ucraina.


L’ideologia neonazista è pericolosa non per la simbologia e la magia delle cifre.

La caratteristica fondamentale dell’ideologia neonazista

è costituita dalla deumanizzazione di un determinato gruppo della popolazione

e dalla legalizzazione della violenza nei confronti di tale gruppo.



In Ucraina, un tale gruppo di popolazione deumanizzata è rappresentato dai russi
e la violenza nei loro confronti legalizza tutti gli anni della guerra in Donbass.

Come ha scritto il presidente dell’Unione degli scrittori della Repubblica popolare di Lugansk, Gleb Bobrov:
«Il sangue versato da una parte dei cittadini ucraini per i principi di “sovranità e integrità territoriale” e
simili “ArMoVir” (ArmjaMovaViraEsercitoLinguaFede: “L’esercito difende la nostra terra. La lingua protegge il nostro cuore. La Fede protegge la nostra anima”.


questo e il precedente erano due slogan coniati dall’ex presidente Petro Porošenko; ndt)
costituiscono, s’intende, delle gravi rotture, ma non sono ancora la “caduta degli dei”.


La faglia nella civiltà comincia allorché la società raggiunge un consenso,

una sorta di accordo interno secondo cui, come dire, questi e quei cittadini

possono essere uccisi e derubati secondo questi o quei criteri e tutto ciò non è più considerato un crimine,

una violazione delle regole di conduzione della guerra, o qualcosa di questo tipo,

dal momento che, d’ora in avanti, quei cittadini non sono più considerati persone.



E i criteri possono essere qualsiasi:

il passaporto,

la visione del mondo,

la lingua,

la religione,

il territorio,

e così via.


Il termine «uccidere» non è qui una figura sintattica.

Si può uccidere in maniera conseguente e scientemente,
individualmente e selettivamente,
come è stato, ad esempio, per lo scrittore Oles Buzina
(il giornalista, storico e conduttore televisivo Oles Buzina fu ucciso nell’aprile 2015 davanti al portone di casa,
a Kiev e il suo assassino venne rimesso immediatamente in libertà, con gli squadristi di Pravij Sektor che assediavano il tribunale; ndt),

per il giornalista di Mariupol, Sergej Dolgov e mille altri “dissidenti”, liquidati dimostrativamente,
morti “in circostanze non chiarite”, oppure “scomparsi” o “sepolti” in innumerevoli posti ucraini.


E si può uccidere anche all’ingrosso, senza far distinzione di persone o sesso,
come alla Casa dei sindacati di Odessa, o sotto i colpi indiscriminati delle armi da fuoco e delle artiglierie
a reazione sulle città e i villaggi del Donbass.

È possibile uccidere tutti questi cittadini, esclusi dal consesso giurisdizionale,
per il settimo anno consecutivo, giacché il popolo ucraino, al proprio interno, si è accordato su questo».



In Ucraina, l’ideologia neonazista dell’odio,
da gioco post-moderno coi simboli,
si è trasformata in realtà;

una realtà con due direttrici.

L’Ucraina combatte in Donbass in tempo reale

ed opera per lo stravolgimento della memoria storica sulla Grande guerra patria.


Negli ultimi anni, con l’impegno del governo ucraino e delle organizzazioni pubbliche
sono state private di valore e respinte ai margini della cultura,
figure quali il soldato vincitore del fascismo, il partigiano sovietico, i combattenti nella clandestinità, e altre.


Tali figure sono confinate nell’ambito della memoria familiare,
nella memoria storica di associazioni locali,
mentre a livello ufficiale si eroicizzano i nazisti ucraini
ed i collaborazionisti Stepan Bandera, Roman Šukhevic
(nel 2019 è stato inaugurato il museo a lui dedicato nella casa di famiglia a Tyškovtsy, nella regione di Ivano-Frankivsk; ndt) e altri.


Sullo sfondo della politica di Stato per l’eroicizzazione dei nazisti ucraini,
un semplice concerto, all’interno di un club, appare alquanto innocente.

Tuttavia, bisogna considerare che si tratta di un ulteriore momento della trasmissione dell’ideologia dell’odio
e di un ulteriore elemento del sistema di legalizzazione della violenza nella società.


L’ideologia dell’odio lavora alla deumanizzazione di un qualunque gruppo della popolazione,
selezionato secondo la razza, la lingua, la nazionalità.


In Ucraina tale gruppo è costituito dai russi e dai russofoni.


La promozione dell’ideologia nazista nel paese sul cui territorio si svolsero aspre battaglie coi nazisti,
è possibile solo con una significativa trasformazione della memoria storica;
proprio su questo lavora conseguentemente da alcuni decenni la cultura ucraina,
organizzando iniziative, pubblicando libri, producendo film che inculchino l’idea che,
nei confronti dei russi, nella storia ucraina, è ammessa qualsiasi ingiustizia, discriminazione, violenza e persino l’assassinio.


Oggi, la legittimazione della violenza nei confronti di un gruppo della popolazione deumanizzato, è il successivo logico passo della società ucraina.


Non vorrei accrescere il significato di eventi così poco importanti come questo concerto ai margini della cultura.

Simili cantanti e simili auditori esistono anche in altri paesi, Russia compresa.


Tuttavia, è proprio in Ucraina che tale fenomeno ha ogni chance di trasformarsi da marginale in mainstream,

poiché in Ucraina è divenuta politica di Stato l’educazione della società alla violenza

nei confronti dello stesso gruppo etno-culturale che aveva svolto questo ruolo per Hitler e per i veri ariani del secolo scorso.



Il concerto a Kiev è un segnale d’allarme per la società ucraina,
costituisce un ulteriore motivo per riflettere,
un’ulteriore direzione di attività per la umanizzazione dello spazio culturale.


La gente del Donbass non perde la speranza che, in Ucraina, sorgano forze in grado di operare in questo senso.
 
Chi sono i nazisti nel governo ucraino?

di Thierry Meyssan

Il governo ucraino golpista è stato riconosciuto dalle potenze occidentali.

Vi partecipano diversi membri di organizzazioni esplicitamente naziste,
tra cui due dirigenti distintisi con false immagini di aggressione e tortura
per convincere l’opinione pubblica occidentale della crudeltà del presidente democraticamente eletto Viktor Janukovich.

Il vicesegretario del Consiglio di sicurezza nazionale ha rapporti con al-Qaida.

Rete Voltaire | Damasco (Siria) | 4 marzo 2014
 
Il colpo di Stato organizzato dalla CIA a Kiev
ha portato al potere un governo che rappresenta oligarchi ed estremisti.

Tra i suoi membri vi sono diversi capi nazisti.

È la prima volta dalla seconda guerra mondiale
che dei politici che fanno riferimento direttamente al Terzo Reich
sono saliti al potere in Europa.

Due dei suoi membri sostengono avere le relazioni con l’emirato islamico del Caucaso del Nord,
un’organizzazione di al-Qaida secondo le Nazioni Unite.

Tre dei suoi membri furono coinvolti in operazioni di disinformazione spacciandosi per vittime del regime democratico di Viktor Janukovich.

Thierry Meyssan
 
Il passaggio all’MPEG-4 è propedeutico a quello all’altro codec,
quello definitivo del Digitale Terrestre di seconda generazione DVB-T2: HEVC Main 10.

Questo codec, però, arriverà solo (anzi, forse) nel 2023 al termine dello switch off.

Al momento è importante prepararsi all’arrivo di MPEG-4,
perché i canali “sdoppiati" in MPEG-2 non dureranno molto:
saranno tutti provvisori e con i giorni contati, dato che le frequenze scarseggiano.

Il passaggio da MPEG-2 a MPEG-4, infatti, è dovuto al fatto che il 30 giugno 2022
dovrà terminare il cosiddetto “refarming" delle frequenze:

tutte le frequenze TV da 694 a 790 MHz dovranno essere lasciate libere agli operatori telefonici per il 5G

e, quindi, nella seconda metà dell’anno ci saranno meno frequenze disponibili per le televisioni.

L’MPEG-4 permette di trasmettere più TV in meno frequenze,
per questo tutte le emittenti devono cambiare codec.
 
Ecco, quindi, 3 cose da controllare in vista dell’8 marzo.

Switch Off: si vedono i canali HD?

In questi giorni sta girando uno spot del Ministero dello Sviluppo Economico
che descrive l’8 marzo come il giorno in cui la TV italiana passa all'"alta qualità“.

Ma “alta qualità" dal punto di vista tecnico non vuol dir nulla,

è solo marketing e, soprattutto, non va confusa con “alta definizione“.


Non è vero che l’8 marzo tutte le TV nazionali passeranno all’HD:

passeranno all’MPEG-4, che è il codec usato per i canali HD e anche per alcuni SD.

Tuttavia, i canali HD ci possono tornare comodi per sapere se avremo problemi dopo l’8 marzo o se vedremo tutto.


Se con la nostra TV e/o decoder esterno
oggi riusciamo a vedere senza problemi i canali HD,
come RAI 1 HD (501) e Canale 5 HD (505),
allora non avremo problemi neanche dopo l’8 marzo.



Questo perché RAI 1 HD e Canale 5 HD, come tutti i canali in alta definizione,
sono trasmessi in MPEG-4, quindi se vediamo quelli allora vedremo anche tutti gli altri canali in MPEG-4.

Ma, lo ripetiamo: l’8 marzo non ci risveglieremo con tutti i canali nazionali in HD.


Pertanto si passa da MPEG-2 a MPEG-4
e chi non ha un impianto (TV o decoder) compatibile con il nuovo codec
non potrà vedere i canali in MPEG-4.


In alcuni casi, però, potrà continuare a vedere una versione in MPEG-2 che verrà spostata di numerazione, oltre il 500.
 

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