Un milite di «Azov» con in mano il «martello di Hitler»
Nina Išcenko
Secondo notizie riportate dal sito web
Zabrona, l’11 dicembre 2020, a Kiev,
al Palazzo della cultura nel quartiere Šuljavka, si è svolta la “Heretic Fest”.
A differenza del passato, quando a iniziative simili intervenivano formazioni di diversi paesi,
nel 2020, a causa delle misure di quarantena, hanno partecipato soltanto gruppi russi e ucraini.
Come scrive l’attivista Eduard Dolinskij, il
clou del programma è stato il gruppo russo «М8L8ТKh»
– il nome può essere decifrato come «Martello di Hitler» –
il cui solista è il milite di «Azov» Aleksej Levkin, che ha preso parte ad azioni di guerra in Donbass.
Il russo Aleksej Levkin è una figura chiave della campagna lobbistica di «Azov»
per la concessione della cittadinanza ucraina ai camerati stranieri dell’estrema destra
(l’ucraina
Strana.ua riproduce per intero la traduzione di un lungo servizio di Time,
secondo cui i neonazisti di “Azov” si servono dei social network per reclutare adepti in tutto il mondo;
ndt)
che militano nelle sue file.
Egli è anche uno dei fondatori dell’organizzazione neonazista «Wotanjugend»,
i cui affiliati celebrano Adolf Hitler, eroicizzano i militanti di estrema destra,
trasmettono in Ucraina l’ideologia dell’odio.
Il concerto di Kiev è la triste testimonianza di come l’ideologia dell’odio riesca a raccogliere sostenitori in tutto il mondo.
Non si tratta di un evento isolato; il concerto si svolge su base regolare e riunisce persone di Ucraina, Russia e Europa che si riconoscono in valori comuni.
Questi valori comuni non rappresentano altro che dei simulacri dell’ideologia neonazista.
Nel tempo libero, assistono a simili concerti cittadini comuni, impiegati, abitué dei social network, mostrando al mondo e a se stessi il proprio valore.
Ad alcuni, semplicemente piace l’heavy metal, altri vedono nel forum una storia alternativa del mondo,
d’Europa e della Russia, e partecipano al concerto per incontrarsi con chi la pensa come loro.
Cos’è che impedisce di considerare questo fenomeno una delle inevitabili conseguenze della varietà culturale del mondo moderno?
C’è chi gioca a elfi e gnomi; qualcun altro a fare il vero ariano.
Questo è un evento culturale musicale: cosa gliene importa agli altri?
Il fatto è che tali momenti di raccolta, messi in piedi sul principio della rete,
con un nucleo centrale attivo e una periferia variabile di persone occasionali,
svolgono tre funzioni importanti nella società.
Sono fonti di diffusione dell’ideologia dell’odio,
momenti di correzione della memoria storica e
parte dell’opera di legalizzazione della violenza nella società.
Tutti e tre gli aspetti sono interconnessi e si consolidano a vicenda.
Una tale opera è particolarmente pericolosa in Ucraina.
L’ideologia neonazista è pericolosa non per la simbologia e la magia delle cifre.
La caratteristica fondamentale dell’ideologia neonazista
è costituita dalla deumanizzazione di un determinato gruppo della popolazione
e dalla legalizzazione della violenza nei confronti di tale gruppo.
In Ucraina, un tale gruppo di popolazione deumanizzata è rappresentato dai russi
e la violenza nei loro confronti legalizza tutti gli anni della guerra in Donbass.
Come ha scritto il presidente dell’Unione degli scrittori della Repubblica popolare di Lugansk, Gleb Bobrov:
«Il sangue versato da una parte dei cittadini ucraini per i principi di “sovranità e integrità territoriale” e
simili “
ArMoVir” (
ArmjaMovaVira –
EsercitoLinguaFede: “L’esercito difende la nostra terra. La lingua protegge il nostro cuore. La Fede protegge la nostra anima”.
questo e il precedente erano due slogan coniati dall’ex presidente Petro Porošenko;
ndt)
costituiscono, s’intende, delle gravi rotture, ma non sono ancora la “caduta degli dei”.
La faglia nella civiltà comincia allorché la società raggiunge un consenso,
una sorta di accordo interno secondo cui, come dire, questi e quei cittadini
possono essere uccisi e derubati secondo questi o quei criteri e tutto ciò non è più considerato un crimine,
una violazione delle regole di conduzione della guerra, o qualcosa di questo tipo,
dal momento che, d’ora in avanti, quei cittadini non sono più considerati persone.
E i criteri possono essere qualsiasi:
il passaporto,
la visione del mondo,
la lingua,
la religione,
il territorio,
e così via.
Il termine «uccidere» non è qui una figura sintattica.
Si può uccidere in maniera conseguente e scientemente,
individualmente e selettivamente,
come è stato, ad esempio, per lo scrittore Oles Buzina
(il giornalista, storico e conduttore televisivo Oles Buzina fu ucciso nell’aprile 2015 davanti al portone di casa,
a Kiev e il suo assassino venne rimesso immediatamente in libertà, con gli squadristi di Pravij Sektor che assediavano il tribunale; ndt),
per il giornalista di Mariupol, Sergej Dolgov e mille altri “dissidenti”, liquidati dimostrativamente,
morti “in circostanze non chiarite”, oppure “scomparsi” o “sepolti” in innumerevoli posti ucraini.
E si può uccidere anche all’ingrosso, senza far distinzione di persone o sesso,
come alla Casa dei sindacati di Odessa, o sotto i colpi indiscriminati delle armi da fuoco e delle artiglierie
a reazione sulle città e i villaggi del Donbass.
È possibile uccidere tutti questi cittadini, esclusi dal consesso giurisdizionale,
per il settimo anno consecutivo, giacché il popolo ucraino, al proprio interno, si è accordato su questo».
In Ucraina, l’ideologia neonazista dell’odio,
da gioco post-moderno coi simboli,
si è trasformata in realtà;
una realtà con due direttrici.
L’Ucraina combatte in Donbass in tempo reale
ed opera per lo stravolgimento della memoria storica sulla Grande guerra patria.
Negli ultimi anni, con l’impegno del governo ucraino e delle organizzazioni pubbliche
sono state private di valore e respinte ai margini della cultura,
figure quali il soldato vincitore del fascismo, il partigiano sovietico, i combattenti nella clandestinità, e altre.
Tali figure sono confinate nell’ambito della memoria familiare,
nella memoria storica di associazioni locali,
mentre a livello ufficiale si eroicizzano i nazisti ucraini
ed i collaborazionisti Stepan Bandera, Roman Šukhevic
(nel 2019 è stato inaugurato il museo a lui dedicato nella casa di famiglia a Tyškovtsy, nella regione di Ivano-Frankivsk;
ndt) e altri.
Sullo sfondo della politica di Stato per l’eroicizzazione dei nazisti ucraini,
un semplice concerto, all’interno di un club, appare alquanto innocente.
Tuttavia, bisogna considerare che si tratta di un ulteriore momento della trasmissione dell’ideologia dell’odio
e di un ulteriore elemento del sistema di legalizzazione della violenza nella società.
L’ideologia dell’odio lavora alla deumanizzazione di un qualunque gruppo della popolazione,
selezionato secondo la razza, la lingua, la nazionalità.
In Ucraina tale gruppo è costituito dai russi e dai russofoni.
La promozione dell’ideologia nazista nel paese sul cui territorio si svolsero aspre battaglie coi nazisti,
è possibile solo con una significativa trasformazione della memoria storica;
proprio su questo lavora conseguentemente da alcuni decenni la cultura ucraina,
organizzando iniziative, pubblicando libri, producendo film che inculchino l’idea che,
nei confronti dei russi, nella storia ucraina, è ammessa qualsiasi ingiustizia, discriminazione, violenza e persino l’assassinio.
Oggi, la legittimazione della violenza nei confronti di un gruppo della popolazione deumanizzato, è il successivo logico passo della società ucraina.
Non vorrei accrescere il significato di eventi così poco importanti come questo concerto ai margini della cultura.
Simili cantanti e simili auditori esistono anche in altri paesi, Russia compresa.
Tuttavia, è proprio in Ucraina che tale fenomeno ha ogni chance di trasformarsi da marginale in mainstream,
poiché in Ucraina è divenuta politica di Stato l’educazione della società alla violenza
nei confronti dello stesso gruppo etno-culturale che aveva svolto questo ruolo per Hitler e per i veri ariani del secolo scorso.
Il concerto a Kiev è un segnale d’allarme per la società ucraina,
costituisce un ulteriore motivo per riflettere,
un’ulteriore direzione di attività per la umanizzazione dello spazio culturale.
La gente del Donbass non perde la speranza che, in Ucraina, sorgano forze in grado di operare in questo senso.