"ANDRA' TUTTO BENE" E' GIA' STATO DETTO?

Nel frattempo prosegue il già citato refarming che costringe ad ulteriori risintonizzazioni dei canali.

Ma mentre il passaggio all’MPEG-4 è su scala nazionale,
il refarming avviene per aree geografiche e secondo un preciso calendario.


In questi giorni, infatti, sono interessate al refarming

l’Area 2 (dal 3 gennaio al 9 marzo),

l’Area 3 (dal 9 febbraio al 14 marzo) e

l’Area 4 (dal 1° marzo al 15 maggio).


Queste tre aree comprendono tutte le Regioni italiane
tranne Sardegna, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio e Campania.
 
2 Anni ad obbligare la gente a prendersi il vaccino-non vaccino
con il quale vieni contagiato lo stesso, con il quale puoi contagiare tutti
ed ora ? .....Mi vien da ridere.

Meglio l' "IMMUNITA' NATURALE".


Alla fine anche la virostar Andrea Crisanti tuona contro le restrizioni
ed invita il governo ad abolire l’obbligo di utilizzo delle mascherine sia all’aperto che nei luoghi chiusi
ed ovviamente anche il Green pass.

“Le persone più fragili si infettano e muoiono,

se continua così avremo ancora 200-250 morti al giorno per diverso tempo.

Cosa si può fare? Una politica di protezione dei fragili”



dice Crisanti in una intervista al Fatto.

“Eliminare le restrizioni residue?

Sì non c’è dubbio, anzi prima si allenta e meglio è.

Guardi cosa è cosa è successo a Hong Kong dove ricoveri e decessi sono ai massimi livelli”.


Nella città-Stato asiatica

“hanno vaccinato tutti un anno fa,
hanno puntato al cosiddetto Covid zero,
con le restrizioni il virus non ha circolato
ed oggi si trovano in una situazione drammatica
proprio perché hanno poca immunità naturale”,

spiega il microbiologo che attacca il governo:

“Per il momento manca qualsiasi indicazione sulla quarta dose, sarebbe una scelta assurda.
Ma in Italia in realtà è tutto aperto, perfino le discoteche”.


E sul Green pass:

“In Italia sono in vigore solo il Green pass che sicuramente non serve a evitare la trasmissione del virus

e le mascherine sui mezzi pubblici.

Ma i contagi non calano per il Green pass e le mascherine,

calano perché quasi tutti siamo protetti dai vaccini o dall’immunità naturale”.


Saremo protetti fino all’arrivo di una nuova variante dopo la Omicron
o, come a Hong Kong, fino a quando l’immunità non diminuirà
e a quel punto riprenderà la trasmissione.

“In questo momento non ha senso nessuna restrizione.

In autunno, se i contagi risaliranno, sarà necessario ripristinarle.

Questo è vero in ogni caso, ma oggi se si lascia circolare il virus

aumenta l’immunità nella popolazione.


Via anche quarantene e tamponi a scuola, bisogna salvaguardare i fragili ma il virus deve circolare".


Il professore di microbiologia dunque sposa la linea aperturista.

Di recente Crisanti aveva invitato ad agire per un cambio di paradigma
con le sue dichiarazioni anche nel programma “Timeline” di SkyTg24:

“Penso che la maggior parte delle restrizioni debbano essere eliminate.
In Inghilterra le persone vaccinate si sono infettate 2-3 volte
ed hanno avuto una sintomatologia piuttosto lieve.
Se queste persone, ipoteticamente, si infettassero tra 6/7 mesi avrebbero un problema
perché sarebbero molto meno protette.

Il Green pass ha esaurito la sua funzione, che è stata quelle di indurre le persone a vaccinarsi.

In qualche modo ha rappresentato una limitazione delle libertà personali
”.


Osserviamo con piacere numerose personalità illustri
allinearsi all’idea aperturista e sulla necessità di tornare alla normalità.

Alla luce di queste nuove posizioni,
attendiamo con fremente attesa il passaggio dalle parole ai fatti
per tornare a vivere in piena libertà e senza restrizioni.
 
I soloni stanno a preoccuparsi per un qualcosa che avviene a 1600 km. di distanza,
facendo finta di non ricordare che nel 1999 - 23 anni fa - la NATO e quindi anche noi,
stavamo bombardando la Jugoslavia. Belgrado.
Qui milioni di persone resteranno senza di che vivere,
ma questo è irrilevante per questi inetti al potere.


Cinquecentomila.

Un numero spaventoso.

È quello delle imprese italiane che sono a rischio fallimento.

Come spiegano Pollino e Pongiglione su ItaliaOggi,

“la decadenza dalla rottamazione-ter rischia di diventare la miccia d’innesco che farà esplodere i fallimenti.

E il peggio è che la bomba è innescata proprio dall’Agente della riscossione.

Il default riguarda almeno 500 mila imprese, pari al 43% dei contribuenti,
che non sono state in grado di pagare le rate delle imposte pregresse
e sospese a seguito della normativa emergenziale Covid-19 e che, da qualche giorno,
senza alcun cuscinetto e preavviso, si stanno vedendo notificare a tempo di record, via Pec,
le intimazioni di pagamento del residuo dovuto, comprensivo di sanzioni e interessi, per essere venuta meno la rottamazione”.



Non solo il Covid,

una folle gestione della pandemia

ed una guerra,

ora il governo sta pure a guardare invece di intervenire.


“L’intimazione prevede il pagamento del debito entro 5 giorni,

senza possibilità di dilazione o altre tolleranze.

Scaduti i 5 giorni scatteranno direttamente le procedure esecutive e cautelari



Per la verità, anche il restante 57% di contribuenti interessati si trova a fare i conti con le difficoltà
ed i tempi per l’adempimento della prossima scadenza,

poiché entro il 7 marzo deve essere stata saldata la rata dei piani di rottamazione ter non decaduti

ed il debito dovrà essere pagato non oltre il 12 marzo,

cioè entro la tolleranza di 5 giorni ammessa dall’Agenzia delle entrate”


Spiega ItaliaOggi:

“L’Agente della riscossione, infatti,
non sembra avere alcuna intenzione di soprassedere al recupero dei 2,4 miliardi di debiti dormienti.

Nelle intimazioni di pagamento i termini sono perentori
e viene previsto che o si paga o le azioni esecutive saranno implacabili.

Le aziende sono costrette a valutare le opzioni alla rateizzazione tributaria per bloccare il pagamento del dovuto,
stoppare i pignoramenti e le azioni esecutive e anche, semmai,
utilizzare metodi alternativi alla rottamazione per pagare a saldo e stralcio il debito residuo.

Debito che è ora tornato ai valori nominali, aumentati di sanzioni e interessi”.



In questa situazione si rischia il default dell’intero sistema Paese.

Di fronte al rischio di interruzione dell’attività d’impresa,
le imprese stanno pensando a come tutelare la gestione aziendale,
pur incapaci di pagare subito i debiti tributari.


Il governo interverrà o farà fallire nell’arco di 5 giorni

500mila imprese italiane massacrate da questi 3 anni di insulse restrizioni ?
 
Non ricordo di averVi visti in piazza a manifestare ?
Non ricordo io ......o siete Voi a non ricordare quanto accaduto
nella più totale indifferenza ?

2021
In occasione del 22esimo anniversario dell’aggressione della NATO alla Serbia (FRY),
corone e fiori sono stati deposti da numerose organizzazioni sociali,
partiti politici, governo locale, diaspora serba, organizzazioni studentesche e giovanili e singoli individui.

Rispetto alle precedenti, le commemorazioni di quest’anno
hanno mostrato una più ampia rappresentanza dei giovani e di partiti politici, compresi i partiti al potere.

I fiori sono stati posati dal Forum di Belgrado per il mondo degli uguali,
dal Club dei generali e degli ammiragli della Serbia, dall’Associazione degli ospiti della Serbia,
organizzazioni che tradizionalmente hanno sempre organizzato queste e altre attività commemorative simili, per più di due decenni.

Quest’anno lo abbiamo fatto rispettando le misure provocate dall’epidemia di Covid 19.

Lo facciamo soprattutto per un senso di dovere morale nei confronti delle vittime umane,
militari e di polizia, nonché dei civili,
perché tutte quelle vittime innocenti sono cadute sul suolo del nostro Paese colpite dalle armi degli aggressori.


Oggi, le ghirlande sono state deposte per loro conto da Zivadin Jovanovic, Presidente del Forum di Belgrado,
dal Luogotenente Generale Milomir Miladinovic, Presidente dell’Assemblea del Club dei Generali e degli Ammiragli,
Professoressa Miladin Sevarlic, Presidente del Comitato esecutivo dell’Associazione degli ospiti della Serbia.

L’onore alle vittime dell’aggressione è stato porto anche dall’Ambasciatore della Bielorussia, Valerij Briljov,
il direttore della Casa russa di Belgrado, Yevgeny Alexandrovich Baranov.

La delegazione del Partito Socialista Serbo (SPS) era guidata da Nikola Sainovic, il Movimento Socialista da Vladimir Ilic,
hanno inoltre partecipato il presidente del Consiglio comunale, il Comune di Nuova Belgrado,
il vicepresidente dell’Assemblea Srdjan Minic, per il SUBNOR Dragan Stevic,
l’Associazione Scout Zeljko Valkovic un membro della dirigenza della Repubblica, l’Associazione Stara Bezanija, lo scrittore Ranko Spalevic.



“Durante l’aggressione Nato è stata uccisa la vita di 89 bambini, a testimonianza del suo carattere criminale”,
ha ricordato ai presenti Dragutin Brcin, della direzione del Forum di Belgrado.

Al monumento della Fiamma Eterna, il generale Luka Kastratović, presidente del Consiglio di amministrazione del Club dei generali e degli ammiragli,
si è rivolto al pubblico a nome degli organizzatori, sottolineando che

”… le persone che lottano per la libertà e la dignità, non possono essere sconfitte.
Siamo obbligati a lottare costantemente per la verità sull’aggressione della NATO,
come atto illegale e criminale contro la pace e l’umanità, che non deve mai e in nessun luogo ripetersi”


ha sottolineato il generale Kastratović.


Durante l’aggressione del 1999 sono morte da 3.500 a 4.000 persone,
di cui oltre 1.100 soldati e agenti di polizia,
altri erano civili, donne, bambini, lavoratori, professionisti della radio e della televisione, passeggeri dei treni e persone di colonne sfollate.

Oltre a tutte quelle persone che hanno perso la vita dopo la fine dell’aggressione armata,
tra i circa 10.000 feriti, quante dalle rimanenti bombe a grappolo

e soprattutto quante dalle conseguenze dell’utilizzo di proiettili di uranio impoverito

e dall’avvelenamento da gas velenosi,

provocato dai bombardamenti di raffinerie e impianti chimici,

deve ancora essere determinato ?



Ancora oggi li ricordiamo tutti, porgendogli il più profondo rispetto.

Crediamo che i giovani di oggi, così come tutte le generazioni future, ricorderanno queste vittime,
consapevoli che è prima di tutto dovere morale della nazione, condizione per preservare la dignità e un futuro in pace.
 
La seconda ragione è che la verità

non lascia spazi vuoti a falsificazioni, bugie e sotterfugi,

il cui obiettivo era e rimane quello di ridurre la responsabilità dell’aggressore e di dichiarare colpevole la vittima.



Pertanto, dobbiamo dire in questa occasione che non si è trattato né di un intervento,
né di una campagna aerea, né di una “piccola guerra in Kosovo”,
né di un bombardamento ma di un’aggressione armata, illegale,
condotta senza l’approvazione del Consiglio di sicurezza dell’ONU,
in violazione della Carta delle Nazioni Unite,
il Documento finale dell’OSCE,
i principi fondamentali del diritto internazionale,
in particolare violando l’atto fondante della NATO dal 1949
e le costituzioni nazionali degli Stati membri.

È stata la prima guerra sul suolo europeo dalla seconda guerra mondiale,
contro un paese indipendente e sovrano che non ha attaccato o minacciato
in altro modo la NATO o nessuno dei suoi membri.

La NATO ha così inferto un duro colpo ai risultati della seconda guerra mondiale,
agli accordi di Teheran, Yalta, Potsdam e Helsinki.

L’aggressione alla Serbia (FRY) nel 1999,
ha messo in pericolo i principi fondamentali delle relazioni internazionali
e il sistema di sicurezza per il quale sono state uccise decine di milioni di vittime umane.

L’aggressore voleva una guerra e non una soluzione pacifica e sostenibile in Kosovo e Metohija.


L’Europa ha inciampato fortemente accettando la partecipazione alla guerra contro se stessa.



Il fatto che l’Europa non riesca ancora a rivolgersi a se stessa, ai suoi interessi e alla sua identità,
che fa pressione sulla Serbia affinché riconosca il sequestro forzato di parte del suo territorio statale,
per concordare con la revisione dell’Accordo di Dayton e la creazione di una BiH unitaria, a danno del popolo serbo,
testimonia la preoccupazione di una sindrome del passato che non genera indipendenza, unità e sviluppo.


In terzo luogo, la responsabilità della NATO per l’aggressione e l’alleanza con l’UCK terrorista e separatista
non può essere diminuita in alcun modo, né può essere trasferita come responsabilità alla Serbia.

Sarebbe vergognoso verso la Serbia e il popolo serbo
e molto dannoso per l’Europa e il futuro delle relazioni globali.

Questa nazione rimarrà permanentemente impegnata per una soluzione pacifica, giusta e sostenibile,
in conformità con i principi fondamentali di pace, sicurezza e cooperazione,
rispettando la sua Costituzione e la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.


Zivadin Jovanovic, presidente del Forum di Belgrado per il mondo degli uguali
Traduzione e a cura di Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia
 
Un’emergenza che, passata la paura iniziale,
si è trasformata nel pretesto per portare avanti una svolta autoritaria vera e propria,
con obblighi e restrizioni a danno dei cittadini ancora in vigore oggi,
quando nel resto del mondo si torna invece alla vita prima del Covid.


Un timore confermato anche dal grande giurista Luca Marini,
che insegna diritto internazionale alla Sapienza di Roma
ed è stato vicepresidente del Comitato nazionale per la bioetica.

Intervistato da Alessandro Rico sulle pagine della Verità,
l’esperto ha puntato il dito soprattutto contro la scelta di insistere sul Green pass,
tra i provvedimenti più odiati dai cittadini.


“Non sono sicuro che tutti gli italiani siano consapevoli del fatto

che il Covid è stato gestito mediante strumenti politici e non sanitari,

né che siano realmente consapevoli della portata discriminatoria degli strumenti utilizzati,

in grado di colpire oggi chi ha scelto di non vaccinarsi

e domani chi non farà ciò che il governo chiederà di fare.


In queste condizioni è difficile avere coscienza dei propri diritti o del rischio di perderli”.


"C’è il rischio che molti pretendano di far valere i privilegi derivanti dallo stato di vaccinati o di titolare del Green pass,

magari a scapito di chi ha scelto di non vaccinarsi o non esibire il certificato.


Ovviamente dimenticando che domani potrebbero essere loro a essere discriminati.


Da questo gioco esce privilegiato solo chi sceglie di azzerare analisi e spirito critico,

con buona pace dei principi su cui si fonda la società democratica e lo stato di diritto”.


“Sono sempre più le persone che fanno fatica a credere che il Covid

non sia stato il pretesto per trasformare in senso autoritario società liberali e democratiche.


E sono sempre più le persone che faticano a credere che la gestione del Covid

non abbia fatto leva su quegli elementi che la teoria classica pone alla base dei totalitarismi.


Ideologia, in questo caso il primato della medicina.


Propaganda, pro vaccino.


Scienza, ridotta a scientismo.


E terrore, in questo caso di un virus e di una malattia su cui sono state celate molte verità”.
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Essendo tutti i Paesi della "vecchia europa", quella che geograficamente
ho studiato a scuola negli anni che furono
e che non comprendeva i paesi dell'Est europeo,
la NATO non doveva più esistere da almeno 40 anni,
perchè tutti questi Paesi ripudiano la guerra.......forse.....
ma...la NATO ..... come fosse ieri ha :


“Durante i tre mesi di bombardamenti di città e villaggi,
sono stati uccisi 2.500 civili, tra i quali 89 bambini, 12.500 feriti.

In queste cifre non sono comprese le morti di leucemia e di cancro
causate dagli effetti delle radiazioni delle bombe ad uranio impoverito”.



Queste le parole di Boris Tadic davanti al Consiglio di Sicurezza della Nato,
ricordando i 2.300 attacchi aerei che hanno distrutto
148 edifici,
62 ponti,
danneggiato 300 scuole,
ospedali e istituzioni statali,
così come 176 monumenti di interesse culturale e artistico.


Molti i danni alle infrastrutture de alle aziende, con un danno di 30 miliardi di dollari,
che nessuno è disposto a riconoscere e a risarcire.

Dopo dieci anni dai bombardamenti della Nato, la Serbia ricorda, con le sirene e il silenzio,
le vittime del massiccio bombardamento dell’Alleanza Atlantica sulla Serbia.

“I bombardamenti Nato non hanno risolto il problema nel Sud della provincia per ristabilire la pace”,
afferma il Primo Ministro Cvetkovic, in una sessione speciale del governo serbo dedicato alla memoria delle vittime dei bombardamenti Nato.


Restano da stabilire le cause che spinsero la Nato a quell’attacco.

La Nato, si badi, non l’Onu.


Eppure si addussero motivazioni umanitarie:

liberare il popolo serbo dalla dittatura di Milosevic

e, al contempo, soccorrere i kosovari perseguitati.


Ma facciamo un passo indietro:

tra il 1997 ed il 1999 gli attentati dell’UCK
e le repressioni serbe crebbero sempre più in regolarità e ferocia,
fino a quando scoppiò tra il movimento indipendentista
ed il governo centrale una vera e propria guerra.

Militarmente inferiore all’esercito regolare,
l’UCK fondava la sua strategia sull’appoggio popolare,
la conoscenza del territorio e sulle tecniche di guerriglia.

Nel 1999 scoppiò la Guerra del Kosovo,
tra l’UCK e la Repubblica Federale Jugoslava guidata da Slobodan Milosevic,
ormai ridotta a solo alle repubbliche di Serbia (con il Kosovo e la Vojvodina) e Montenegro.

L’esercito serbo lanciò una massiccia offensiva contro l’esercito di liberazione,
che fu sostenuto dal mondo occidentale e dalla Nato, dopo i falliti accordi di Rambouillet.


Questi accordi prevedavano un’intesa ad interim della durata di tre anni tali da provvedere a
“un’autonomia democratica, pace e sicurezza per tutti gli abitanti del Kosovo”.

Dopo i tre anni “un’assemblea internazionale sarà convocata per definire una soluzione definitiva per il Kosovo.
La volontà del popolo sarà un fattore determinante”.

Il Kosovo avrebbe così potuto emenare leggi proprie,
avere un proprio governo
e gestire la sicurezza insieme alla
“forza militare Kfor che sarà autorizzata a intervenire per garantire la conformità agli Accordi”.

Inutile dire che l’Uck sarebbe stato smilitarizzato per poi rientrare dalla finestra, diventando polizia nazionale.

Questi accordi furono confezionati dagli Stati Uniti in modo unilaterale,

sottoscritti a Parigi coi rappresentanti kosovari

e proposti il 18 marzo al governo serbo, che li rifiutò.

Il 24 dello stesso mese i caccia della Nato iniziarono a bombardare Belgrado.
 
Occorre fare però ancora un passo indietro,
non volendo credere alle motivazioni umanitarie della guerra :

Cosa spinse gli Stati Uniti alla guerra?

Perché difendere il diritto di autodeterminazione dei kosovari e non quello dei ceceni?

Perché durante la guerra in ex-Jugoslavia, la città di Sarajevo fu lasciata al suo destino
mentre Pristina fu al centro dei pensieri di Washington?


Le domande sono retoriche, è vero, ma le risposte non sono del tutto banali.

La prima si chiama Camp Blondsteel, la più grande base militare americana in Europa, costruita sul finire del 1999.

Camp Blondsteel è il prezzo che i Balcani pagano per la guerra fratricida:
una volta emersa l’incapacità europea nella gestione del conflitto jugoslavo,
gli Stati Uniti decisero l’intervento diplomatico (prima) e militare (dopo)
allo scopo di stornare verso occidente un’area tradizionalmente di frontiera con “l’orto di casa” russo,
di cui la Serbia ha sempre rappresentato una testa di ponte.

Privare la Serbia del Kosovo e metterci una enorme base militare significa,
per i Balcani, la definitiva adesione al campo occidentale, volente o nolente.


La seconda ragione si chiama Ambo, e sta per Albanian Macedonian Bulgarian Oil,
entità registrata negli USA per costruire un oleodotto da 1,1 miliardi di dollari (noto anche come Trans-balcanico)
che dovrebbe portare il petrolio dal Mar Caspio a un terminal in Georgia
e da lì verrebbe trasportato via nave attraverso il Mar Nero fino al porto bulgaro di Burgas
per poi attraversare la Macedonia fino al porto albanese di Vlora.

La guerra della Nato voluta da Clinton contro la Jugoslavia era cruciale per l’accesso strategico a Vlora,
dove il greggio deve essere imbarcato sulle petroliere dirette alle raffinerie statunitensi sulla West Coast.

Va detto che lo studio originale di fattibilità dell’Ambo, che risale al 1995,
è stato condotto dalla Kellogg, Brown and Root, una sussidiaria dell’Halliburton,
compagnia che si dice vicina al vice presidente Dick Cheney.

L’Ambo si accorda infatti con la griglia energetica perseguita da Cheney
(e, prima di lui, da Richardson, ministro per l’Energia di Clinton)
volta a escludere la Russia dalla competizione energetica.

Tuttavia tale progetto è ancora sulla carta, pur non essendo mai stato abbandonato,
e rappresenta un’alternativa ai progetti energetici russi (come il cosiddetto Turkish stream, anch’esso sulla carta).


Dietro alle retoriche dell’emergenza umanitaria si nascondono,
come sempre, ben più urgenti ragioni politiche ed economiche.


Il bombardamento di Belgrado, celebrato come “un giorno importante per la democrazia mondiale”,
fu il risultato del convergere di questi interessi e si dovette anche all’incapacità europea di risolvere la questione Milosevic in modo autonomo.

Oggi le conseguenze di quel bombardamento sono evidenti:

le guerre jugoslave hanno spinto i paesi balcanici verso regimi a libertà limitata,

ora nell’alveo dell’Unione Europea,

ora sotto la tutela militare euro-americana.


L’indipendenza per cui gli slavi del sud sono stati spinti a combattere
forse sarebbe stata meglio garantita salvaguardando (e rifondando) la Jugoslavia.


Ora che i nuovi padroni sono entrati in casa, non si potrà più farli uscire.
 
Articolo datato 31 maggio 2019
estratto da ...........non un giornale qualsiasi,
ma da AVVENIRE



Il militare italiano morto suicida a ottobre, che era stato in Serbia nel 1999,

aveva nel midollo osseo metalli pesanti.


Come la popolazione civile serba che ha vissuto sotto i bombardamenti Nato a Belgrado.


Ennesima conferma, sostiene Domenico Leggiero del comitato Osservatorio Militare,

della correlazione tra l’uranio impoverito dei proiettili

e l’insorgenza di tumori tra i soldati italiani nei teatri di guerra.


Ad oggi 366 i decessi - afferma l’Osservatorio - e 7.500 i malati.


Correlazione finora negata dalle Forze Armate, nei processi per richieste di risarcimento.


«Già 130 le sentenze che riconoscono il nesso di causalità»,
afferma l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, legale di molti dei militari colpiti.



A rinnovare l’appello alla Difesa perché riconosca il danno subito da migliaia di soldati è lo stesso Osservatorio militare.
Luigi Sorrentino dunque aveva tracce di uranio 238 nel midollo osseo.
L’ex caporalmaggiore dell’Esercito si era tolto la vita a Torino, a 40 anni,
dopo aver contratto la leucemia.

A confermarlo è la dottoressa Rita Celli, specialista in medicina legale,
ex consulente della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito della scorsa legislatura.

«C’era uranio 238 nel midollo osseo di quel militare, in quantità molto significativa,
10,4 microgrammi per litro, il doppio di un soggetto normale».

Tassi analoghi, spiega, della popolazione delle aree di guerra,
come dimostrato da uno studio di tossicologi serbi pubblicato a novembre 2018.

Dalle analisi su un ampio campione di cittadini di Belgrado
«sono emersi livelli di contaminazione fino a 100 volte superiori» alla norma.

Celli parla di «corrispondenza tra i dati della popolazione di Belgrado e i militari italiani reduci da missioni».

Soldati con «la stessa incidenza, sopra la media, di malattie oncologiche» della capitale serba.



uranio71.jpg




L’uranio 238 di molti proiettili e bombe Nato
«quando impatta sui metalli produce temperature così alte
– spiega Marco Rossi, docente di ingegneria delle nanotecnologie alla Sapienza – da vaporizzarli.

Gas che poi nell’aria si solidificano in nanoparticelle, grandi un millesimo di un capello,
che una volta respirate possono creare conseguenze dopo anni di accumulo
».

L’organismo non le elimina perché non le riconosce come sostanze tossiche.


«Non faccio relazioni tra nanoparticelle e conseguenze,
ma di certo non possono essere presenti nel nostro organismo».


Il docente cita il caso di un militare italiano che nel corpo aveva addirittura nanoparticelle di oro:
«Aveva fatto la guardia in un museo di Belgrado bombardato che conteneva manufatti in oro».


Diversamente dai militari di altri paesi Nato

– avvisati sui rischi, dotati di presidi di sicurezza, indennizzati in caso di malattia –

«gli italiani sono stati mandati senza maschere né guanti a lavorare tra le macerie,

non gli è stato detto di non usare l’acqua e il cibo locale»,


conclude l’avvocato Tartaglia.


Il mancato riconoscimento di queste “malattie professionali” da parte delle Forze Armate,
sostiene Leggiero, «non è un problema economico: per tutti basterebbe la metà del costo di un F35».


Dal ministro della Difesa arrivano segnali di apertura:
Elisabetta Trenta in Senato parla di
«invertire l’onere della prova, sollevando il personale dal dover dimostrare di avere contratto la patologia» in servizio.

Sarà l’amministrazione a dimostrare che la malattia derivi da altre cause».


Parole che «riaccendono la speranza», dice l’ex maresciallo Vincenzo Riccio
in Iraq nel 2003 e nel 2006, che da dieci anni combatte contro un tumore:
«Ma siamo stanchi di chiacchiere, si facciano i fatti».
 
Ecco sintetizzato, cosa è riuscito a partorire il topolino fiscale.

Esempi di risparmio sulla pensione
Ecco alcuni esempi che evidenziano quanto è il risparmio di tasse rispetto allo scorso anno in base al reddito da pensione:

  • pensione di 10mila euro, risparmio di 400 euro annui;

  • pensione di 20mila euro, risparmio di 114 euro annui;

  • pensione di 30mila euro, risparmio di 150 euro annui;

  • pensione di 40mila euro, risparmio pari a 500 euro annui;

  • pensionato di 45mila euro: risparmio di 700 euro annui.

Per un pensionato con reddito di 20mila euro, dunque, il risparmio fiscale è di 114 euro, ossia il 3%.

Con la riforma si pagano 3.486 euro di tasse rispetto ai precedenti 3.600 euro
e l’aliquota effettiva passa dal 18 al 17,4%.

Se il reddito da pensione sale a 25mila euro il risparmio fiscale scende (121 euro, il 2,3%):
questo pensionato pagherà 5.057 euro di tasse dai precedenti 5.178 euro, con aliquota effettiva dal 20,7 al 20,2%.
 

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