baleng
Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
"Arte e religione" è un argomento che si può affrontare da molti lati e punti di vista. La scelta è libera e ognuno ci metterà il suo. Oggi vorrei accennare ad un aspetto assai particolare, la somiglianza di atteggiamento tra chi versa un'elemosina e chi compra un quadro/stampa/statua.
Ovviamente il discorso è circoscritto ad alcune zone economico-culturali, ma ho notato come tra le motivazioni più recondite di un acquisto possa starci anche quella di "dare un obolo" all'arte stessa. Quando ho fatto il venditore, molti acquirenti avevano l'aria di "sacrificare" una certa somma in modo che l'arte trovasse sostentamento. Una forma di approvazione, di voto dato con il portafogli. Il tal artista "merita". Comprandolo, e vale sia per chi appende al muro, sia per chi "mette via" in cartella, o in garage, si sostiene una visione, o una persona giudicata meritevole. Voglio dire, non c'è solo il prendere qualcosa per sé, "per abbellire il tinello"
Sotto c'è anche l'idea che l'artista non produca nulla, ma sia comunque necessario come momento creativo della società. Io trovo qualche somiglianza con l'obolo dato al povero che suona al campanello, ma anche con quello dato alla chiesa di appartenenza. "Tu mi sei vicino, e io ti aiuto a vivere".
Poi, se analizziamo l'animo con cui ognuno di noi spende per l'arte, credo qualcuno troverà che, magari coperto dallo schermo dello spietato speculatore, apparirà la mite figura di chi cerca dei compagni di vita, non importa se attuali o dei secoli scorsi, cui "sacrificare" una parte del proprio denaro. In tal senso, le opere d'arte che appendiamo al muro (ma anche le altre che possediamo) rappresentano un momento di dialogo con qualcuno cui abbiamo fatto del bene.
Ok, non è l'unica sponda da cui osservare il rapporto arte-religione. Ma oggi mi andava di passare da questo ingresso.
Ovviamente il discorso è circoscritto ad alcune zone economico-culturali, ma ho notato come tra le motivazioni più recondite di un acquisto possa starci anche quella di "dare un obolo" all'arte stessa. Quando ho fatto il venditore, molti acquirenti avevano l'aria di "sacrificare" una certa somma in modo che l'arte trovasse sostentamento. Una forma di approvazione, di voto dato con il portafogli. Il tal artista "merita". Comprandolo, e vale sia per chi appende al muro, sia per chi "mette via" in cartella, o in garage, si sostiene una visione, o una persona giudicata meritevole. Voglio dire, non c'è solo il prendere qualcosa per sé, "per abbellire il tinello"

Poi, se analizziamo l'animo con cui ognuno di noi spende per l'arte, credo qualcuno troverà che, magari coperto dallo schermo dello spietato speculatore, apparirà la mite figura di chi cerca dei compagni di vita, non importa se attuali o dei secoli scorsi, cui "sacrificare" una parte del proprio denaro. In tal senso, le opere d'arte che appendiamo al muro (ma anche le altre che possediamo) rappresentano un momento di dialogo con qualcuno cui abbiamo fatto del bene.
Ok, non è l'unica sponda da cui osservare il rapporto arte-religione. Ma oggi mi andava di passare da questo ingresso.
