Austria, un voto sull'orlo della slavina europea
I commentatori avvertono che nel caso della vittoria di Hofer, in leggerissimo vantaggio nei sondaggi, l'Austria potrebbe avere un "effetto palla di neve" sul resto del continente. L'inizio di una partita pericolosa che attraverso le elezioni olandesi, francesi e tedesche rischia di travolgere il progetto europeo
dalla nostra inviata TONIA MASTROBUONIVIENNA - A cento anni esatti dalla morte dell'imperatore più amato, Francesco Giuseppe, presagio della fine dell'impero asburgico che avvenne due anni dopo, l'Austria si riscopre epicentro di un destino europeo. Anche le elezioni presidenziali di oggi potrebbero segnare la fine di un mondo, "il mondo di ieri" avrebbe detto Stefan Zweig, quello dei partiti tradizionali, del liberalismo democratico e del solido europeismo austriaco. La sfida è tra il candidato di quel mondo,
Alexander Van der Bellen, e il rappresentante del populismo nazionalista,
Norbert Hofer, esponente di un partito, la Fpoe, schizzato alle stelle in tutti i sondaggi cavalcando gli istinti più bassi provocati dalla crisi dei profughi del 2015.
L'ultradestra che avanza in Europa: lo scenario
I commentatori avvertono da tempo che nel caso della vittoria di Hofer, attualmente in leggerissimo vantaggio nei sondaggi, l'Austria potrebbe avere un "effetto palla di neve" sul resto del continente, essere il fischio di inizio di una partita pericolosa, che attraverso le
elezioni olandesi, francesi e tedesche rischia di travolgere il progetto europeo, soprattutto se le presidenziali in Francia saranno vinte da Marine Le Pen. Il dubbio è se la recente vittoria di Donald Trump abbia rafforzato lo sciovinismo e la xenofobia anche in Europa, regalando consensi ai partiti populisti. Oppure, se abbia spaventato l'elettorato, convincendolo a rinunciare al voto di protesta e a dare nuovamente fiducia ai partiti tradizionali.
Nella campagna elettorale lunghissima, durata quasi un anno,
l'ingegnere 45enne Hofer, che cammina con un bastone per un grave incidente sul parapendìo, ha puntato inizialmente tutto sull'emergenza profughi, con parole d'ordine islamofobiche e ultra nazionaliste. Ma negli ultimi tempi ha attenuato i toni. All'ultimo comizio ha sottolineato che sarà "il candidato di tutti gli austriaci". L'esponente del partito populista tenta di accreditarsi come un candidato centrista, ma molti subodorano "il lupo vestito da agnello" come lo chiamano i suoi avversari politici.
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Il timore è che rinunci al ruolo di rappresentanza che i suoi predecessori hanno sempre accettato, salendo sulla poltrona più alta della Hofburg. E che interpreti i suoi poteri alla lettera, come gli consente la costituzione del 1929, che gli concede anche il potere di sciogliere il Parlamento e mandare a casa i governi. Uno scenario da Repubblica di Weimar che Hofer non ha mai fatto mistero di accarezzare.
L'obiettivo potrebbe essere quello di far tornare al governo quei "parìa" della politica europea, i "nipotini di Joerg Haider", che avevano condannato negli anni '90 l'Austria persino alle sanzioni europee. Nello scenario attuale, con Orban e i burattini di Kazcynsky indisturbati alla guida dell'Ungheria e della Polonia, è impossibile pensare che la Ue adotti un atteggiamento punitivo nei confronti di Vienna. Ma Hofer presidente potrebbe di nuovo avere il sapore di un presagio.
L'altra minaccia che ha provocato mal di pancia nel resto delle cancellerie europee è quella che il candidato dei "Freiheitlichen" possa indire un referendum sull'uscita dell'Austria dalla Ue, la cosiddetta "Oexit", nel caso l'Unione europea "si centralizzi di più" o nel caso "la Turchia aderisca alla Ue". Ma di recente ha minimizzato anche su questo punto, sostenendo di voler "cambiare la Ue" e non di volerla abbandonare.
Da mesi la Fpoe è prima nei sondaggi, e la litigiosità nella Grande coalizione al governo, composta dai socialdemocratici e popolari, è continua, tanto che l'ipotesi di elezioni anticipate nell'"anno elettorale europeo" 2017 è stata a lungo concreta, nel caso di vittoria alle presidenziali dei populisti. Soltanto di recente, il cancelliere Christian Kern sembra essersi convinto che sarebbe meglio aspettare la fine della legislatura e non esasperare un elettorato già sfinito dal lunghissimo anno di campagna elettorale.
Il rivale di Hofer, l'economista 72enne Alexander Van der Bellen, ex portavoce dei Verdi e appoggiato dai partiti tradizionali, è arrivato in Tirolo da bambino, da profugo. Detto "Sascha" dai suoi amici, sangue misto russo ed estone, Van der Bellen è il simbolo della continuità. Europeista convinto, fumatore incallito, ecologista con una breve parentesi socialdemocratica, è l'ultima speranza per chi teme il ritorno al potere - soprattutto, in prospettiva, alla cancelleria - dei "nipotini di Joerg Haider".