Restano sostanzialmente immutati i paletti per il rimborso forfettario alle vittime dei crac bancari, a 35 mila euro di reddito e 100 mila di patrimonio mobiliare complessivo, con l’aggiunta della possibilità - ma solo la possibilità - di un ampliamento a 200 mila euro di patrimonio qualora la Commissione Ue sia favorevole.
Dopo mesi di promesse e rinvii, il meccanismo dei rimborsi per una platea potenziale di circa 200 mila persone può così finalmente partire.
Lo chiarisce una nota appena pubblicata sul sito del Mef. »Via libera alle norme che chiariscono la platea e le modalità di accesso per azionisti e obbligazionisti al Fondo di Indennizzo Risparmiatori - è scritto nella nota -, per il quale sono stati stanziati complessivamente 1,5 miliardi di euro nel triennio 2019-2021. Si apre così l’iter che porterà ai rimborsi per i risparmiatori coinvolti dai crac bancari: saranno automatici per il 90% circa della platea, ovvero chi ha un reddito imponibile inferiore ai 35.000 euro o un patrimonio mobiliare inferiore ai 100.000 euro, soglia elevabile a 200.000 euro subordinatamente all’approvazione della Commissione Europea».
Il testo del dl Crescita entrato al Consiglio dei ministri di ieri comprendeva una serie di modifiche al testo della norma contenuta nella finanziaria 2019 concordate con Bruxelles, ma non prevedeva nessun ampliamento della platea. Su questo, spiegano alcune fonti, si sarebbe consumato uno scontro in Consiglio dei ministri che Tria che sosteneva la necessità di mantenere ferma la formulazione così come presentata. Il compromesso, si spiega, sarebbe stato trovato con un ampliamento a 200 mila euro del requisito sul patrimonio mobiliare (azioni e altri titoli, esclusi quelli oggetto dell’eventuale rimborso)
Ma la norma definitiva, ancora non disponibile, prevede l’ampliamento solo come possibilità dopo l’interlucozione con Bruxelles, per dare modo al sistema dei rimborsi di poter partire in tempi rapidi e comunque senza riaprire una interlocuzione formale con la Commissione che porterebbe via altre settimane di tempo.
Le indiscrezione circolate in mattinata sulla necessità di una nuova interlocuzione avevano infatti già sollevato le ire delle associazioni. «Più che una misura per allargare la platea dei risparmiatori vittime delle banche, quella dell’innalzamento a 200mila euro del tetto dei beni mobiliari per i rimborsi diretti appare l’ennesimo pretesto per non dare attuazione al fondo», dice Letizia Giorgianni dell’Associazione Vittime del Salvabanche.
A poter contare sui rimborsi del Fondo di indennizzo, chiarisce la nuova norma, saranno anche «i successori mortis causa dei risparmiatori ed i loro familiari quali il coniuge, il soggetto legato da unione civile, il convivente more uxorio o di fatto, i parenti entro il secondo grado, in possesso di strumenti finanziari» delle banche fallite «a seguito di trasferimento per atto tra vivi».
Restano invece escluse le piccole società e le associazioni senza fine di lucro, incluse nella versione precedente. «Hanno diritto all’erogazione da parte del Fir di un indennizzo forfettario (...) i risparmiatori persone fisiche, imprenditori individuali, anche agricoli, coltivatori diretti, in possesso delle azioni e delle obbligazioni subordinate delle banche di cui al comma 493 alla data del provvedimento di messa in liquidazione coatta amministrativa». Quest’ultimo passaggio soddisfa anche gli azinisti delle quattro banche finite in risoluzione nel 2015, le cui azioni vennero cancellate da Montetitoli, con un apposito provvedimento, anche per evitare ai possessori di pagare per il conto titoli.
La Stampa/Paolucci