Bpvi, ora è incubo prescrizione corsa ai risarcimenti
Quattro anni per chiudere appello e Cassazione. E oltre le provvisionali rischiano di non esserci soldi per i danni
- Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)/Nicoletti
- 21 Mar 2021
VICENZA Crac Bpvi, sulla sentenza di primo grado il giorno dopo incombe già il rischio prescrizione. Mentre sul fronte civile il rischio ora è la partenza di una serie di cause civili per tentare di raccogliere nei fatti le briciole, ad iniziare dalla provvisionale del 5% stabilita dai giudici penali. Il giorno dopo la storica sentenza di primo grado al processo per il crac Bpvi è già il tempo di fare i conti con lo scenario giudiziario che si apre sul crac della Popolare di Vicenza, che ha visto il suo ex presidente, Gianni Zonin, condannato a sei anni e mezzo assieme ad altri tre imputati (due assolti).
VICENZA Crac Bpvi, sulla sentenza s’allunga già l’ombra della prescrizione. Mentre sul fronte dei risarcimenti civili potrebbe partire la corsa per mettere al sicuro le provvisionali del 5%. Il giorno dopo la storica sentenza di primo grado al processo per il crac Bpvi, che ha condannato l’ex presidente Gianni Zonin a 6 anni e mezzo, a cui si sono aggiunte altre tre condanne per altrettanti ex vicedirettori (6 anni e 3 mesi per Emanuele Giustini e 6 ciascuno per Paolo Marin e Andrea Piazzetta) e due assoluzioni, quella dell’ex membro del cda Giuseppe Zigliotto e dell’ex dirigente del bilancio Massimiliano Pellegrini, è già tempo di far i conti con lo scenario giudiziario che si apre.
Appello e prescrizione
Il punto fermo messo di fronte al default che ha colpito 117 mila soci è significativo. Perché riconosce le responsabilità, anche in capo all’ex presidente, tra quanti tirarono le fila del meccanismo guidato dall’ex direttore generale Samuele Sorato per gestire le «baciate», il capitale finanziato dalla banca che l’ha messa ko. Ovvio però che la sentenza sarà solo un primo passo. Le difese di Giustini e Marin hanno già detto che il ricorso in appello è scontato. Come appare ovvio anche per Zonin, di fronte alla linea tenuta dal suo difensore, Enrico Ambrosetti, anche nell’ultimo intervento di giovedì, che non ci sono prove concrete.
E dopo che il processo di primo grado ha centrato l’obiettivo della sentenza, impiegando due anni per il dibattimento e vedendo già prescritti parte dei reati (i fatti di aggiotaggio precedenti al 2013), ovvio che l’appello riproponga il rischio prescrizione. Il collegio ha tre mesi per depositare le motivazioni della sentenza e gli eventuali ricorsi devono arrivare nei 45 giorni successivi; vuol dire, con la pausa estiva, entro settembre. A disposizione ci sono altri quattro anni per affrontare altri due gradi di giudizio. La prescrizione, a suo modo, incombe. «Dipenderà dal passo che si darà la corte - sostiene Luigi Ravagnan, l’avvocato tra i più attivi tra le parti civili —. Prendo il caso Mose, in cui rappresentavo il Comune di Venezia e in cui tutti la davano quasi per scontata. Ma la Corte non s’è fatta prescrivere nulla». Il nodo resta tenere ben presenti i tempi, com’è stato a Vicenza. Sorato e altri processi Ma poi ci sono anche altri tre procedimenti. Da un lato quello parallelo per l’ex direttore generale, Samuele Sorato, stralciato dal principale per le condizioni di salute del manager. Iniziato a gennaio, il passaggio cruciale sarà ad aprile, quando arriverà in aula la perizia medica che dovrà stabilire se Sorato può affrontare il processo o se questo dovrà esser sospeso.
A fine mese, invece, è prevista l’udienza preliminare per l’altra ventina di indagati tra membri dei cda e del collegio sindacale, per i quali la procura aveva chiesto l’archiviazione già due anni fa. E forse ora, chiuso il processo principale, con la possibilità che emergessero elementi nuovi su cui indagare contrastanti con l’archiviazione, si andrà verso il passaggio decisivo.
E poi in ballo c’è il terzo filone d’indagine, sempre nelle mani dei pm Gianni Pipeschi e
Luigi Salvadori, sulla bancarotta per distrazione. Emersa nel procedimento principale, nel momento in cui si era scoperto che il finanziere Girolamo Stabile non poteva deporre in quanto tra gli indagati (che si sovrappongono a quelli del primo processo), per gli investimenti nei fondi esteri serviti a fare «baciate». Le carte restano molto coperte, anche perpartenza ché in ballo ci sono indagini internazionali che condizionano l’avanzamento, come aveva detto il procuratore di Vicenza, Giorgio Bruno, dieci giorni in commissione parlamentare banche.
I risarcimenti civili
E poi c’è la questione dei risarcimenti civili stabiliti dalla sentenza dell’altro ieri. Le cifre di sono enormi, con confische disposte verso i quattro condannati fino a 963 milioni per i danni alle parti civili, mentre la Popolare di Vicenza in liquidazione dovrà pagare 364 milioni di multa. Ma oltre la facciata la situazione per i danneggiati rischia di esser ben più complicata. E di lasciar poco spazio a risarcimenti veri.
I tre filoni Sorato, archiviazioni e bancarotta sono i procedimenti aperti
Il punto più concreto è la provvisionale per le 7.780 parti civili del 5% del danno quantificato sul valore di bond e azioni. «In sé non è poco», sostiene l’avvocato e parlamentare vicentino, Pierantonio Zanettin. C’è da attendersi a questo punto una raffica di azioni civili per portare a casa il primo risultato. Ma c’è chi va con i piedi di piombo. «Il dubbio che ci stiamo ponendo è come aggredire i beni, visto che nel civile qualsiasi passo lo devi pagare», sostiene l’avvocato di parte civile Michele Vettore. Il risultato pratico potrebbe tradursi in una raffica di richieste di pignoramento su alcuni beni degli imputati, da mettere in vendita per dividere i proventi tra quanti interverranno fino all’asta. Rischia di esser comunque poca cosa, dopo anni di attesa, rispetto all’elevato numero di parti.
E la strada principale per i risarcimenti rischia di rivelarsi anche più impervia. Sulla base della sentenza, i danneggiati dovranno aprire una causa civile per vedersi quantificare il danno, in un percorso tutt’altro che breve. Ma il punto vero sono le cifre a disposizione da dividere. I 74 milioni già confiscati alla liquidazione andranno per la multa allo Stato. A quel punto, per quanto i patrimoni degli imputati siano capienti, non si andrà oltre qualche decina di milioni di euro, comprendendo anche l’assicurazione da 30 milioni per i rischi dei membri del cda.
E vanno considerate altre due cose. Da un lato che, nei risarcimenti civili, vengono privilegiati i danni alla società rispetto a quelli dei soci, che devono dimostrare un danno ulteriore specifico rispetto a quello sociale. Su questo, tra l’altro, c’è il precedente di una sentenza del Tribunale delle imprese di Venezia, che lo scorso autunno aveva rigettato una richiesta di risarcimento a carico di Zonin e Sorato proprio su questo principio.
In più va tenuto presente che i liquidatori hanno in ballo l’azione di responsabilità verso gli amministratori Bpvi. Per un miliardo: cifra che rischia di azzerare qualsiasi altra pretesa. Soldi che andranno ai creditori della liquidazione. Dove i commissari però hanno avvertito che non ci saranno fondi per i creditori, oltre a quelli attribuiti prima allo Stato, per restituire i 6 miliardi messi a disposizione nella liquidazione delle banche venete del 2017. Insomma, un labirinto senza uscita.
«Ma il processo ha fissato responsabilità e l’essersi costituiti è stato fondamentale - avverte però Ravagnan -. Pensiamo a cosa sarebbe successo con un’assoluzione generalizzata. Anche solo per il fondo indennizzo risparmiatori: la legittimità sarebbe finita in discussione; dopo la sentenza non può succedere e i pagamenti vanno accelerati».