Azione legale titoli Popolare di Vicenza e Veneto Banca

Bitonci: «Fondo banche, a Bruxelles risposta forte» Regolamento, ecco i rilievi
Corriere di Verona19 Feb 2019
«Gli uffici stanno lavorando a una risposta con un forte carattere politico oltre che tecnico». Torna a salire, come dimostra la dichiarazione del sottosegretario all’Economia, Massimo Bitonci, la temperatura sul fondo di indennizzo risparmiatori di Popolare Vicenza, Veneto Banca e delle altre banche risolte. Mentre ieri sera scadeva la presentazione delle osservazioni al primo decreto attuativo, il governo conferma il confronto «ruvido» con l’Unione europea sul fondo stesso e sulle spiegazioni richieste con la lettera che Bruxelles aveva inviato il 29 gennaio. Bitonci ne ha parlato ieri a Padova, a margine di un convegno: «L’Italia - ha detto - ha scelto questo rimborso diretto in autonomia, con fondi propri che vengono dallo stesso settore (dai conti dormienti, quindi non fondi statali, ndr). È una procedura corretta. Di Maio e Salvini a Vicenza hanno detto che il governo non cambia idea sulla misura».
Intanto le associazioni hanno fatto partire ieri sera le osservazioni al decreto. Mentre «Noi che credevamo» nella Bpvi ha presentato proposte di semplificazione dei documenti, il Coordinamento don Torta di Andrea Arman, insieme ai consulenti Aldo Dolmetta, Alfonso Scarano e Luigi Fadalti ha inviato proposte di modifiche sul prezzo d’acquisto e per evitare ai risparmiatori la dimostrazione del pregiudizio ingiusto subìto per le violazioni massive dei doveri di correttezza delle banche. Critiche ancora invece dalle associazioni della Cabina di regia: «La bozza di decreto accolla al risparmiatore l’onere di dimostrare le nuove e fantomatiche violazioni massive del Testo unico della finanza, costringendo tutti a rendere una dichiarazione sostitutiva con firma autenticata», dice Barbara Puschiasis, di Consumatori attivi.
E sulla «farsa o la tragedia del fondo» è tornato alla carica in parlamento ieri, rivolto al governo, anche il parlamentare vicentino di Forza Italia, Pierantonio Zanettin: «Siete consapevoli di aver fatto promesse irrealizzabili, di aver varato una norma che fa acqua da tutte le parti, che in queste condizioni non potete varare decreti attuativi. Ammettete di aver sbagliato, confrontatevi con l’Europa, fatevi guidare dal dottor Rivera (il direttore generale del Tesoro, che ha ricevuto la lettera da Bruxelles, ndr), tecnico capace, e modificate per quanto necessario il Fondo».
 
Fondo banche, correzioni al decreto sui nodi prezzo e violazioni massive
Osservazioni, il Coordinamento don Torta riscrive il testo. Processi, soci da Bonafede
Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)21 Feb 2019Federico Nicoletti

VENEZIA I risparmiatori non dovranno più dimostrare la violazione massive degli obblighi di correttezza. Che spetterà alla commissione del ministero dell’Economia determinare. E che dovrà soprattutto stabilire in quale periodo sono avvenute.Determinante anche sul fronte del prezzo, perché stabilirà in quale anno dovrà essere fissato il valore su cui quantificare l’indennizzo. La versione definitiva del primo decreto attuativo del Fondo indennizzo risparmiatori non c’è ancora, anche se il sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, promette tempi rapidi: «Non abbiamo fissato una data precisa ma arriverà il prima possibile. Stiamo facendo il lavoro sulle osservazioni».
E in attesa che la versione definitiva del decreto si materializzi sulla Gazzetta ufficiale, emerge il dettaglio delle proposte di modifica inviate dal Coordinamento don Torta guidato da Andrea Arman, sostenute anche da altre sigle dei risparmiatori (Associazione azionisti Bpvi, Centro primo soccorso, Assopopolari). Proposta che va tenuta in considerazione particolare, perché viene dall’associazione che, in parallelo alla «Noi che credevamo nella Bpvi», aveva portato a casa a dicembre le modifiche al Fondo indennizzo nella concitata fase dell’ultimo minuto dell’approvazione al Senato della Legge finanziaria, dopo la trattativa con l’Europa.
Tutto da vedere che le proposte siano recepite al ministero dell’Economia. Ma intanto la proposta inviata a Roma si è tradotta in un minuzioso lavoro di taglia e cuci, coordinato dal docente e consigliere di Cassazione Angelo Dolmetta, sulla bozza di decreto presentato la scorsa settimana alle associazioni dei risparmiatori. L’obiettivo, per il Coordinamento, è di risolvere i punti critici rispetto ad un impianto basato sull’idea di un risarcimento generalizzato ai soci, vittime di un pregiudizio ingiusto, che non passi per il filtro della vendita truffaldina delle azioni accertata da un arbitro.
Il primo punto delicato riguarda proprio la dimostrazione delle violazioni massive dei doveri di trasparenza in capo ai risparmiatori. Questione spinosa, che la proposta andata a Roma risolve togliendola ai risparmiatori e affidandola, con un’aggiunta al testo, alla commissione tecnica, secondo cui «sono individuate dalla commissione tecnica che, con propria deliberazione, individua anche il periodo temporale di riferimento». Passaggio determinante, se letto in collegamento con l’articolo 5 del decreto, quello che riguarda il i rimborso del 30% con un tetto di centomila euro (riferito a ciascun risparmiatore, precisa una delle correzioni). Perché nel caso delle ex popolari venete, non quotate, si stabilisce che il prezzo di riferimento su cui fissare l’indennizzo «è calcolato sul prezzo di riacquisto delle azioni determinato dall’assemblea dei soci in sede di approvazione del bilancio di esercizio dell’anno in cui sono intervenute le violazioni massive». Risolvendo in questo modo la questione del costo di acquisto, che rischiava di rimandare a valori particolarmente bassi per i soci storici.
Il resto delle modifiche riguardano aspetti di semplificazione, per cui l’articolo 2 si limita a dire che i risparmiatori che possono accedere ai risarcimenti sono semplicemente i proprietari degli strumenti finanziari delle banche in liquidazione, saltando, perché risolte, le distinzioni sugli eredi. E poi allarga i documenti attraverso cui dimostrare il possesso azioni oltre il libro soci, ad esempio attraverso gli estratti conto. E ancora le firme su deleghe e procure, oltre che dai notai, possono essere autenticate da sindaci, segretari comunali e dai cancellieri dei tribunali. E ancora le domande di accesso in ritardo non possono essere rigettate se i ritardi sono dovuti ai documenti che devono fornire banche, Fondo interbancario di tutela e gestioni liquidatorie. Tolta anche la parola «condizioni» legata all’accesso al Fondo, proprio perché l’idea è che le violazioni massive ci sono state. Si vedrà cosa verrà accolto.
Intanto, sul fronte dei processi, il ministro di Giustizia, Alfonso Bonafede, ha ricevuto ieri i rappresentanti di «Noi che credevamo nella Bpvi» guidati da Luigi Ugone e del Coordinamento Don Torta, con l’avvocato Luigi Fadalti. Sul tavolo la questione degli organici dei tribunali di Vicenza e Treviso, in rapporto al processo aperto a Vicenza e all’inchiesta pendente a Treviso.
 
se risarciscono anche chi a acquistato dopo la liquidazione x noi che abbiamo acquistato nel secondario con altre banche dopo il 2015
cosa succede dobbiamo sempre dimostrare di essere stati truffati oppure verrebbero risarciti direttamente senza dover passare x
dai vai ( avvocati)
 
...io direi che se risarciscono chi ha comprato dopo la liquidazione vuol dire che risarciscono proprio tutti....imho!
 
Truffa ai “truffati”

Truffa ai “truffati”
Ideatori di bond veneti e saltimbanco con velleità politiche. Ecco chi spinge il governo alla nuova folle guerra con l’Unione europea

di Valerio Valentini

23 Febbraio 2019 alle 06:07

Roma. Uno, il grillino, è famoso per avere stampato i bond serenissimi, i titoli di stato della Repubblica veneta, e ora ha un filo diretto coi fedelissimi di Luigi Di Maio. L’altro, il leghista, si vanta del suo ruolo di “stalker” di Andrea Paganella, il braccio destro di Matteo Salvini. Intorno a loro, in una gara di invidie reciproche tra associazioni, fra tanti disgraziati che sperano soltanto di essere risarciti, una pletora di saltimbanchi e avvocati che sulla disperazione dei risparmiatori “truffati” hanno costruito un business. E forse parrà surreale, ma a imporre la linea al governo sui risarcimenti per il crac delle banche popolari è proprio questa lobby stracciona, che per mesi si è vista coccolata e ora tiene sotto ricatto elettorale Lega e M5s, al punto da spingere Di Maio e Salvini a ingaggiare l’ennesima strampalata guerra contro l’Europa.

Nelle scorse ore, dal Mef è stata spedita a Bruxelles una lettera in cui il governo italiano liquida con un’alzata di spalle i dubbi della Commissione sull’iter adottato per procedere ai rimborsi dei risparmiatori travolti dal crac delle banche venete, Etruria, CariFerrara, Marche e Chieti. Di Maio, del resto, era stato chiaro: “Ci dicono che non si può fare? E noi lo facciamo lo stesso”, aveva annunciato il 9 febbraio scorso di fronte all’assemblea dei risparmiatori delle banche venete fallite, ricevendo subito il plauso dell’altro vicepremier, seduto accanto a lui a presidiare lo stesso bacino elettorale. Quello, cioè, chiamato a raccolta da Luigi Ugone, presidente dell’associazione “Noi che credevamo nella BpVi”, e da anni animatore di iniziative e proteste fra Triveneto, Toscana e Roma. Sul proscenio del Palasport di Vicenza, quel sabato mattina Ugone ha esibito con orgoglio tutta la sua confidenza con lo stato maggiore della Lega. Ha ricordato i suoi rapporti col ministro Erika Stefani e non ha esitato a intervenire in difesa di Luca Zaia quando dalla platea in subbuglio hanno rinfacciato al governatore veneto di avere sostenuto, in tempi non sospetti, la trasformazione delle popolari venete in spa. Al Carroccio, però, Ugone, già assessore di una giunta civica nella natia Altavilla Vicentina, è arrivato solo in tempi recenti. Prima c’è stato il corteggiamento del M5s: Di Maio, a caccia di voti nel nord-est, in vista del 4 marzo gli aveva offerto una candidatura nell’uninominale. Ugone ha rilanciato, chiedendo un posto blindato nel proporzionale, e alla fine non se ne è fatto niente.

Chi invece col M5s ha accettato di correre nel seggio della sua Montebelluna, è stato l’avvocato Andrea Arman, animatore del comitato “Don Torta”, che da azionista ha perso oltre 700 mila euro nella Popolare di Vicenza e, di fatto, contraltare grillino di Ugone. Vecchio esponente della Liga Veneta, nel 2014 coordinò il trust di cervelli indipendentisti che creò i “bond venetisti” che avrebbero dovuto finanziare la rinascita della Serenissima attraverso il comitato secessionista “Plebiscito.eu”. Anche lui, reclutato dal M5s nel dicembre 2017, è entrato a fare parte di una sorta di cabina di regia istituita dal governo su suggerimento di Alessio Villarosa, il sottosegretario grillino all’Economia. E insieme a lui, in questo gruppo di rappresentanti di “risparmiatori traditi” a cui Di Maio ha chiesto di collaborare nella stesura dei decreti attuativi per i rimborsi, ci sono vari avvocati che, proponendosi come legali difensori dei “truffati”, stanno di fatto costruendo una piccola fortuna personale. E siccome le europee si avvicinano, Di Maio e Salvini intendono assecondare le esose pretese delle associazioni. Il governo ha deciso di sopprimere l’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf) istituito presso la Consob, per sostituirlo con un costituendo, e non meglio definito, “Comitato dei nove”, che farà capo a Via XX Settembre. Una scelta che potrebbe causare una condanna all’Italia per un evidente aiuto di stato, essendo venuto meno il filtro che possa vagliare su basi giuridiche le richieste di risarcimento. Ma più ancora dell’incompatibilità con le norme comunitarie, questa decisione appare in contrasto perfino col buon senso. E non a caso negli uffici tecnici del Mef c’è parecchia perplessità. L’Acf era costituito da dieci collegi sindacali in cui lavoravano 50 esperti che si riunivano due volte a settimana: una potenza di fuoco in grado di valutare fino a 50 mila richieste all’anno. Ora, questi nove tecnici che verranno nominati (come? da chi? su che basi?), dovranno, non si sa bene attraverso quali uffici, esaminare i circa 300 mila casi.

A meno che, alla fine, l’obiettivo di Di Maio e Salvini non sia un altro. Accalappiare il consenso dei comitati e dei loro numerosi seguaci, e ingaggiare una battaglia con l’Europa: il tutto per conquistare qualche punto in più alle europee del 26 maggio. Prima di fare anche sui rimborsi ai “truffati”, come già è avvenuto con la manovra, pubblica abiura.


ps
Io non sono Valerio Valentini, che comunque contatterò per invitarlo a cena.......e congratularmi con lui per il CAMPIELLO, ma soprattutto per questo articolo ;)


IMPARARE A SCRIVERE E VINCERE UN CAMPIELLO | UniTrentoMag
 
Ultima modifica:
Queste vicende partono da lontano , compresa CMC e compagnia bella, con l’obiettivo di “fare “ soldi
Poi strada facendo non sempre le cose marciano come sperato e si applicano dei correttivi con l’aiuto di chi ha consentito questo tipo di business aggressivo
L’importante è cadere in piedi e con il portafoglio ricco

Ovviamente gli altri , cioè noi, non facciamo parte di questo programma
 

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