Salcatal ha fatto tutte le tabelle.
Ma non dipende solo dal prezzo di acquisto dei NPL, dipende anche da come si vuole coprire l'ammanco: per es., l'ammanco di capitale potrebbe essere coperto con l'emissione di un bond convertendo.
Posto la tabella di Salcatal.
I NPL potrebbero essere ceduti al 30%, da quel che sembra dalle ultime notizie.
Vedi l'allegato 385850
LA QUESTIONE BANCARIA
Mps, piano anche senza lo Stato
Mps, piano anche senza lo Stato
Mentre prosegue la trattativa tra l’Italia e la Commissione europea per poter applicare una garanzia pubblica sulla ricapitalizzazione delle banche, chi poteva diventare il principale beneficiario – il Monte dei Paschi – potrebbe farne a meno. Cioè condurre in totale autonomia
prima la cessione dei 9,6 miliardi di sofferenze nette e poi l’aumento di capitale (che gli analisti stimano intorno ai 3-4 miliardi) necessario a ricostituire la soglia minima prevista dalla Vigilanza.
In pratica, si andrebbe verso quella «soluzione di mercato» più volte invocata in queste settimane di intense trattative a più livelli. Per tre motivi: anzitutto c’è da fare in fretta; troppo pericoloso, poi, toccare anche solo in parte le obbligazioni subordinate come sembra chiedere la Commissione europea in cambio della garanzia pubblica in ossequio al principio del
burden sharing (non a caso ieri
Moody’s ha tagliato alcuni rating proprio per le incertezze di questo scenario).Infine, il mercato – come dimostra il rimbalzo del titolo Mps del 30% nelle ultime sei sedute – sembra guardare positivamente al piano di smaltimento a prezzi ragionevoli dei crediti deteriorati, ponendo così le premesse anche per un aumento “classico”, cioè coperto da un consorzio di garanzia privato.
I lavori sono in corso, e molto dipende dagli sbalzi d’umore della Borsa di queste settimane. Ma il piano in totale autonomia sta prendendo forma, e - secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore - ieri il ceo del Monte
Fabrizio Viola, insieme al presidente, Massimo Tononi, hanno fatto il punto a Francoforte alla Banca centrale europea. Che resta interlocutore fondamentale, visto che proprio dalla Vigilanza è partita la richiesta di smaltire 9,6 miliardi di crediti deteriorati netti entro la fine del 2018.
Il Monte, come noto, vuole fare prima e fare meglio, con quella «soluzione strutturale e definitiva degli Npl» annunciata da Viola giovedì scorso al termine del cda. Da allora si è lavorato su due tavoli, con Atlante per la cessione dei crediti deteriorati mediante cartolarizzazioni, e con le banche d’affari per l’aumento di capitale. Sul primo, sembra registrarsi qualche passo in avanti: il fondo gestito da
Quaestio, pronto a sdoppiarsi, sembra disposto ad acquistare 26,6 miliardi di Npl a un prezzo medio del 29%, che - comprensivo dei benefici fiscali - dovrebbe prevedere
un esborso per il fondo di circa 2 miliardi, destinati a coprire la tranche junior di una maxi-cartolarizzazione con titoli senior e mezzanini. Al momento nelle casse di Atlante sono rimasti 1,7 miliardi, di cui circa la metà dovrebbero rimanere - su richiesta della Bce - per coprire eventuali nuove necessità di capitale dei due istituti partecipati, cioè Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
Degli Npl si occuperà però un Atlante bis (si veda
Il Sole 24 Ore di ieri), che - tra le risorse ricevute dal primo fondo, i 500 milioni di Sga e di Cdp, i contributi delle casse previdenziali - dovrebbe subito disporre di 3 miliardi: in sostanza,
la capienza per affrontare la cartolarizzazione del Monte dovrebbe esserci.
E così l’attenzione si sposta sull’aumento di capitale.
Ieri un report di
Mediobanca Securities ha calcolato che una cessione di 10 miliardi di Npl netti al 27-28% si tradurrebbe in un’erosione di capitale pari a 1,8 miliardi, ovvero 250 punti base di Cet1, con le conseguente necessità di
un aumento di 3 miliardi per riportare il quoziente sopra la soglia minima di Srep (destinata però a essere abbassata, considerata la riduzione del rischio). Secondo un analista citato ieri da
Reuters, l’acquisto di Npl da parte di Atlante renderebbe «assolutamente fattibile» l’aumento di capitale, un’operazione diluitiva che però cancellerebbe il rischio sistemico ed eviterebbe il burden sharing.
Non a caso, già ieri
Il Messaggero ha scritto dell’interesse di diverse banche d’affari, contattate dagli advisor del Monte Ubs e Citi, a
costituire un consorzio di garanzia e collocamento. Sul prezzo si vedrà in futuro, anche perché - come notava ieri un report di Banca Akros - «al momento il mercato sta scontando tutte le cattive notizie, e un potenziale innalzamento dei prezzi di acquisto degli Npl potrebbe innescare un riprezzamento delle azioni del settore». Anche perché
per l’aumento ci vorrà del tempo: il 29 luglio, quando Mps riunirà il cda per la trimestrale, potrebbe vedere la luce il nuovo piano su Npl e capitale, che però richiederà almeno tutto l’autunno per essere seguito nelle sue due parti.
E la trattativa del Governo per la garanzia pubblica?
La situazione è così fluida che un suo utilizzo per il Monte non può ancora essere del tutto escluso. Diversamente, è probabile che il Tesoro plauda a quella soluzione di mercato da sempre auspicata e mette nel cassetto l’ok di Bruxelles a interventi precauzionali, pronti per l’uso «laddove dovessero rilevarsi necessarie, eventuali misure di supporto pubblico», come ha detto ieri il vice ministro all’Economia, Luigi Casero, alla Camera.