DA IL VASCELLO:
Abbiamo imbastito, raccogliendo qua e là opinioni e commenti dei molti protagonisti del consiglio di lunedì, una “falsa” (ma veritiera) tavola rotonda e ne vien fuori una conclusione clamorosa
"Entro due o tre mesi, andrà al voto la vendita della Banca Popolare di Cremona"
“Camozzi e Ghilardi porteranno Gosi a questa decisione. Adesso c’è una maggioranza favorevole all’autonomia ma sulla tetragona saldezza di alcuni consiglieri c’è proprio da dubitare”
Qualcuno ha rilevato nel nostro resoconto del consiglio della Banca Popolare di Cremona una “stizza” che sarebbe dovuta a un esito diverso da quello che avremmo desiderato.
Ma no. Semmai, dovremmo essere soddisfatti perchè sin qui “Il vascello” le ha previste tutte, anche quando molti erano convinti che il 2 o il 9 settembre Gosi si sarebbe dimesso. Per il resto, vogliamo subito sgomberare il campo da qualsiasi equivoco. Ne “Il Vascello” ne il suo direttore possiedono una sola azione della banca Popolare di Cremona. Siamo fuori dalla mischia, dunque, e non becchiamo - per nostra scelta - neppure una lira di pubblicità. Allora la nostra non è stizza per un auspicato, diverso esito del consiglio, la nostra è semplice delusione per l’ennesima conferma della mediocrità propositiva della città e per il persistere in un potere trasversale che perpetua la legge del domino dove se cade una pedina verticale tutte le altre le vanno dietro: il cosiddetto club Gosi vive nell’interesse delle categorie o degli individui che riunisce, interesse che quasi mai coincide con le strategie della banca.
Ecco una prima spiegazione della nostra delusione, ma non basta: in una banca che ha collezionato record finanziari in ribasso e una pesantissima inchiesta giudiziaria, quanto giova la conferma del responsabile di tutto questo, ovvero la conferma di un presidente travicello? La risposta è facile. Un re travicello non giova al reame, ma giova all’apparato, ai funzionari di corte ed ai cortigiani e a tutto quanto si muove intorno ad un re che per mantenere il trono - ormai è evidente a tutti - non ha certo fatto suo l’insegnamento sacro che si leggeva proprio lunedì scorso nelle chiese: “ Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Via dunque dalla nostra vita ogni compromesso”.
In una situazione di questo tipo, anche la proclamazione di autonomia che ingenuamente l’ex direttore della banca d’Italia Franco Vinci ha fatto mettere nero su bianco, è una foglia di fico. La dichiarazione di autonomia vale finché la previsione di un altro voto del consiglio costringerà Gosi a cambiare parere. Non tocca a noi a decidere per l'autonomia. Ci sia però permesso di dire che una Popolare così è del tutto ininfluente nello sviluppo del territorio. Meglio venderla, allora, se un buon partner saprà renderla nuovamente florida.
Ciò premesso, nel consiglio di lunedì scorso c'è qualcosa che ancora ci sfugge. Lo abbiamo voluto chiarire in una “falsa tavola” rotonda, "falsa" perché i suoi protagonisti li abbiano sentiti separatamente, ma autentica nei personaggi. Vi confessiamo che alfine è stato sorprendente anche per noi constatare come tutti i discorsi andassero assieme come in un dialogo.
Ed allora partiamo dalla domanda di fondo: se l’autonomia è il principio a cui tutti tutti sono aggrappati, perché nessuno si è posto il problema di come mai tra i più fervidi sostenitori di Gosi ci siano stati due schietti, inequivocabili e dichiarati “venditori” della banca?.
“Lei ha avuto l’impressione che Gosi e Ghilardi abbiano sposato la tesi che il piccolo è bello come ci diceva il presidente Gosi?”.
“Ha voglia di scherzare ?”: è stata la pronta risposta.
“Mi attengo ai fatti ed i fatti sono che Ghilardi e Camozzi hanno sponsorizzato l’autonomista Gosi”.
“Le rivelerò un dettaglio - replica il consigliere -si è parlato di una lite furibonda in Consiglio tra Lonardi e Ghilardi. Io non me ne sono accorto ed escludo che siano volate parole grosse, tanto meno insulti. Però, una vera lite c’è stata, senza insulti, ci mancherebbe altro. La lite è avvenuta tra Camozzi e Vinci. Camozzi ha rinfacciato a Vinci che, quando era direttore della banca d’ Italia, raccomandava l’aggregazione della banca Popolare di Cremona con un’altra banca. Vinci ha reagito con forza. Ha provocato Camozzi a provare quanto affermava. Ne è sortita una accesa discussione. Ne trae la conclusione che Camozzi abbia rinunciato all’idea di una cessione in qualche modo della banca Popolare di Cremona?”.
"La Popolare Cremona sarà presto in vendita"
Questa storia di un pentimento in nome dell’autonomia è una storiella alla quale non crederebbe neppure mio figlio Matteo, che ha cinque anni. Ma lei è tanto ingenuo da credere che un Ghiraldi che mi dicono possiede, tra lui famigliari e amici, circa ottocentomila azioni della Banca Popolare di Cremona, rinuncerebbe all’affare?”.
“Non sono tanto ingenuo. Sarà ingenuo Gosi… Intanto si è assicurato la presidenza un’altra volta, teoricamente fino al 2004”: osserviamo maliziosamente.
Il nostro interlocutore sfodera un sorrisetto. “ Gosi si è assicurato la fiducia non fino al 2004, ma fino al prossimo voto”.
“Quando ci sarà questo voto?”. domandiamo a un altro protagonista della nostra finta tavola rotonda (non possiamo rivelare i nomi perchè nessuno ci darebbe mai più una confidenza).
“Io credo che voteremo ancora su una proposta di Gosi entro due, tre mesi al massimo”.
“Un tempo così breve? La minoranza che intelligentemente ha deviato dal voto di fiducia per non subire una batosta, difficilmente tornerà all’attacco in tempi così ravvicinati”.
“Io, però, non parlo di Lonardi e C. Parlo del fatto che sicuramente Ghilardi e Camozzi entro due o tre mesi gli metteranno in tasca una lettera d’intenti di qualche banca pronta ad acquistare la Popolare e su questa lettera saremo costretti a confrontarci. Loro, secondo me, questa lettera l’hanno già da sollecitata qualche parte”.
“Se proponesse la vendita, come se la caverebbe Gosi?”.
“ Tiene troppo alla presidenza per farlo. Lascerà strada al dibattito . Solo alla fine, se dovesse essere determinante, verrà fuori dal guscio. Oggi la maggioranza del consiglio autonomista. Gosi ha fiutato questa situazione e per questa ragione ha fatto la dichiarazione che tutti conosciamo, ma in questo consiglio se ne sono già viste delle belle, pareri che mutano nel giro non di ore, ma di minuti. Chi è autonomista oggi, potrebbe non esserlo più domani mattina”.
“Tre mesi non sono molti”.
“Le faccio un esempio - conclude l’ interlocutore - sono certo che Giovanni Gagliardi non può essere così sprovveduto da chiedere a Mainardi di assumere la presidenza della banca Popolare se non ha ricevuto un assenso preliminare. Ebbene, Mainardi ha rifiutato la proposta. Secondo me, Mainardi ha cambiato idea quando ha fiutato l’aria... Torno alla premessa di questo discorso. lei crede dunque che in un consiglio di questo tipo, se tira aria di vendita, ci sarà qualche fervido autonomista che si immolerà sull’altare dell’idea? La Banca è in vendita, ascolti me. Fra tre mesi, ha detto il mio collega, forse anche un po’ più avanti, finché regge la speranza che all’ombra di San Grassano, come lei ha scritto, si possa procedere con le camarille del passato: ma se il piccolo è non bello, pochi resteranno sulla nave che affonda, stia pur tranquillo. Sarà il suo giornale a contare con precisione i superstiti, uno per uno, e sicuramente basteranno poche righe”.