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Crisi in Irlanda. Un amaro déjà vu?
Perché il mercato dei titoli di Stato dell'Eurozona appare di nuovo in crisi? E L'Irlanda è davvero sull'orlo dell'insolvenza, così come la Grecia qualche mese addietro? Armando Carcaterra fa il punto della situazione..
Redazione Soldionline mercoledì, 24 novembre 2010 - 14:04
Di Armando Carcaterra di AnimaSgr
D1 – Perché il mercato dei titoli di stato dell’Eurozona appare di nuovo in crisi?
Sembra di vivere un amaro dejà-vu: quello della crisi greca di un anno fa. Una crisi che aveva sorpreso i mercati quando, dopo le elezioni, il nuovo governo greco aveva rivelato che i dati del deficit/Pil erano in realtà il doppio di quelli falsamente dichiarati fino a quel momento.
La Grecia non sembrava in quel momento in grado di farcela da sola: troppo difficile per il nuovo governo imporre misure fiscali straordinarie e riforme adeguate. L’Europa dal canto suo era bloccata dai veti tedeschi e dalle clausole del Trattato di Maastricht. Ai mercati sembrò quindi inevitabile che la Grecia dovesse uscire dall’Euro e, con lei, anche altri paesi come il Portogallo, la Spagna e addirittura l’Italia. La moneta unica si deprezzò e l’intero impianto dell’Unione Europea fu scosso per mesi.
La turbolenza si è arrestata solo lo scorso maggio, quando l’Unione ha finalmente messo a punto un piano credibile di aiuti alla Grecia e, nel contempo, ha varato un Fondo (il Fondo Europeo di Stabilizzazione) di 750 miliardi di Euro per aiutare tutti i paesi dell’Unione che in futuro si fossero trovati in difficoltà analoghe.
È proprio il caso dell’Irlanda. La crisi è stata innescata a fine ottobre dall’improvvida proposta franco-tedesca di rivedere le modalità del Fondo Europeo di Stabilizzazione in cambio dell’accoglimento nei Trattati dell’Unione della possibilità di bail-out oggi vietata (cioè la possibilità di salvataggio dei paesi in difficoltà). La revisione richiesta dai tedeschi prevedeva di accollare parte delle eventuali perdite sui detentori privati di titoli dei paesi insolventi. Questa
clausola è stata interpretata come un tentativo tedesco di reintrodurre l’eventualità che i debiti non siano integralmente rimborsati agli investitori: ovvero reintroduceva la possibilità di default dei paesi periferici. Con questa modifica, nella percezione dei mercati, i progressi compiuti a partire da maggio sono apparsi azzerati.
Non sorprende quindi che, nel giro di due sole settimane i tassi sui titoli di stato decennali irlandesi siano schizzati oltre il 9%, 6 punti percentuali oltre quelli tedeschi; e che, contemporaneamente, anche gli spread di Grecia (890 punti base), Portogallo (430 p.b.), Spagna (220 p.b.) e Italia (175 p.b.) si siano aperti pericolosamente. E non sorprende che l’euro si sia rapidamente indebolito.
D2 - L’Irlanda è davvero sull’orlo dell’insolvenza?
Diciamo subito che l’Irlanda non è la Grecia. I problemi greci nascono da decenni di sperperi e corruzione, quelli irlandesi dagli interventi che il Governo dell’isola ha dovuto porre in atto per salvare le proprie banche durante la crisi del 2008. Il problema dell’Irlanda è quello di risanare il proprio sistema bancario, non riformare alla radice il proprio sistema. L’Irlanda è entrata nella crisi finanziaria con le finanze pubbliche in equilibrio e, prima in Europa, ha varato misure di austerità severissime. Al contrario della Grecia, l’Irlanda ha già anche del tutto liberalizzato il proprio mercato interno e reso efficiente il proprio sistema amministrativo. Non a caso l’Irlanda stessa non sta richiedendo alcun aiuto. Ha risorse sufficienti da potersi permettere di non emettere nuovi titoli pubblici fino almeno a metà dell’anno prossimo (e forse anche oltre) ed è per ora immunizzata dall’effetto destabilizzante dei tassi di interesse troppo alti. L’Irlanda ha cioè tempo di aspettare tempi migliori per rifinanziarsi. A differenza di Grecia e Portogallo, che rimangono il vero problema finanziario dell’Europa, l’Irlanda ha solo bisogno di essere aiutata a gestire nel tempo i piani di risanamento delle sue banche, ferite dallo scoppio della bolla immobiliare.
I Governi europei si sono già resi conto del grave errore compiuto e stanno correndo ai ripari, modificando le proposte originarie tedesche. Quello che più preoccupa è la reiterata incapacità dei Governi europei (e di quello tedesco in particolare) di mostrarsi all’altezza delle difficoltà finanziarie che ancora assediano l’Europa e la sua unità.