“Se l’è andata a cercare”. Il paese volta le spalle alla ragazzina violentata
Lettere ai tempi della ministra Boschi
Ministra Boschi,
vada a Melito Portosalvo più presto che può, nel paese italiano dove una ragazza di 16 anni di un metro e 55 per 40 chili è stata violentata da un branco di nove giovani maschi fin da quando era una bambina di 13.
Lei è appena andata andata a Milano al Tempo delle Donne a dire che le importa delle donne, che farà fruttare a vantaggio di tutte la delega al Ministero delle pari Opportunità. Allora adesso vada a Melito Portosalvo, dove fra gli stupratori c’erano il figlio di un maresciallo e il fratello di un poliziotto, oltre al figlio di un uomo di cui tutti in paese hanno molta paura.
Le donne della Fidapa di Melito – artiste, professioniste, imprenditrici – preoccupate per il clima di violenza e intimidazione, pochi mesi fa hanno convocato le operatrici del Centro Antiviolenza Roberta Lanzino di Cosenza per un corso di formazione, volendo aprire al più presto uno sportello di ascolto e sostegno alle donne. Anche la scuola ha fatto il suo dovere, accorgendosi della tragedia che accadeva alla ragazzina violentata dal branco, a ascoltarla, a crederle, a denunciare. Eppure queste cittadine e questi cittadini ora rischiano l’isolamento. Il sindaco insulta i giornalisti, il parroco consiglia di tacere, e viene biasimata da molti una fiaccolata di solidarietà con la bambina stuprata cui hanno partecipato 1000 persone, molte venute dal resto della Calabria.
Questi orrori succedono dappertutto, non solo a Melito. Qualche anno fa, nel 2007, a Montalto di Castro, c’è stata una vicenda simile e il paese ha difeso gli supratori invece della ragazza stuprata. A Melito la delegittimazione della denuncia non è solo sessuale: c’è chi ha interesse a mentere i cittadini di questo territorio sotto il tallone della criminalità.
Ma se lei va a Melito Portosalvo le cittadine e i cittadini che hanno a cuore la legalità, quelli che sono inorriditi dell’accaduto, che sospettano non si tratti di un caso isolato, avranno il coraggio di uscire di casa per venire ad ascoltarla.
Le attiviste, le associazioni, le femministe, le donne dei Centri Antiviolenza come noi saranno tutte con lei”.Questa la dichiarazione odierna di Titti Carrano, Presidente di D.i.Re, che mi è stato chiesto di diffondere da donne che stimo molto, con la convinzione che sollecitare la ministra alle sue responsabilità istituzionali sia doveroso.
Se dovessi rivolgermia Boschi, le scriverei pressapoco così:
“Cara ministra Boschi,
chi ti scrive è una donna di Catanzaro che si sente sconvolta triste e arrabbiata per quello che è accaduto e continua ad accadere ad una ragazzina di Melito,un agglomerato urbano che si trova nella parte più estrema del reggino ionico, zona meravigliosa della Calabria per chiari motivi quasi incontaminata e preclusa al turismo. Boschi, te lo dico senza mezzi termini e con scarsissima diplomazia: non punterei un solo centesimo sul tuo lavoro di ministra e non lo farò neanche in questo caso. Mi hai dato modo di convincermi che tu non sia affatto priva di capacità intellettive ma che semplicemente non abbia per nulla a cuore tutto il bene che potresti fare dall’alto della tua comoda poltrona. Il punto è questo: credo che tu sia consapevole dell’importanza del tuo ruolo e che con la stessa consapevolezza abbia abdicato. Dubito che muoverai un muscolo per fiondarti in quel buco che è Melito, giusto per “tirar fuori dai guai” una sedicenne “movimentata” e dire a tutt* che “lo Stato e la ministra Boschi ci sono”, fosse anche solo simbolicamente . Nè ti chiederò di fare una cosa simile, perché il tuo sostegno in una situazione così al limite e drammatica tu lo devi, e non sono io a dovertelo chiedere. Ti posso giusto dire che, a mio parere, credo tu abbia già fallito nel tuo incarico istituzionale e che non rappresenti nessuna. Se, dall’alto del tuo ruolo istituzionale, non vuoi rappresentare la ragazzina di Melito, tu -per me- non rappresenti nessuna.”
Nel frattempo, a parte il sostegno del centro Lanzino citato nella dichiarazione di Titti Carrano, a livello locale il Centro Calabrese di Solidarietà, di cui è neopresidenteIsolina Mantelli, si posiziona nettamente anch’essa, nel marasma di esternazioni mortificanti dei rappresentanti delle istituzioni e cittadin* dei quali francamente avremmo preferito non ascoltare il parere.
<<C’è l’orrore della violenza, l’orrore indicibile se chi lo compie è un gruppo e chi lo subisce è uno scricciolo di “donna”; ma c’è un disgusto, una nausea profonda nel constatare che le vittime della violenza dapprima sono ignorate, non viste, negate, permettendo così il proseguimento dell’atto, e poi sono rese colpevoli. Questa volta a puntare il dito sono gli adulti che prima hanno vestito gli abiti degli inconsapevoli e poi si coprono di correità.
Se l’e’ cercata!
Ci dispiace per la famiglia che non doveva mettersi(metterci?) In quella situazione.
Era una ragazza “movimentata”.
E’ ancora più grave.
Non sa stareal suo posto.
Ma non basta… c’è la stoccata finale
C’e’ molta prostituzione in questo paese.
Manca solo il solito: sono bravi ragazzi, li ha provocati!
Manca solo il dire esplicito ma si insinua nelle frasi degli intervistati di Melito Porto Salvo.
Si tacciono lo stupro su una bimba, si danno anche consigli legali da parte di poliziotti (ci auguriamo che vengano rimossi e su di loro si aprono inchieste). Si chiudono porte, occhi e cuori e il silenzio viene invocato come catartico.. e la crudeltà cresce fino a precipitarci in un orrore tale da farci pensare a un girone dell’inferno dantesco.
Da una parte una bimba, dall’altra 13 stupratori, in mezzo un paese che invoca la sua “innocenza”… il film dell’orrore è confezionato. E adesso?
Noi donne di “Mondo Rosa” ti offriamo, piccola, ospitalità. Chiederemo di poter essere parte civile nel processo. Ogni giorno della nostra vita la spendiamo e la spenderemo perché questa cultura della violenza finisca e non ci siano più violenze sui corpi delle donne. Ci siamo sentite tristi per quelle famiglie, tristi per il nostro paese, ma soprattutto tristi per te piccina. Il mondo sembra non avere tempo per l’infanzia, siamo drogati da una falsa moralità che ci impedisce di vedere, di ascoltare, di chiedere il perchè sul corpo delle donne e dei bambini si stia giocando questa enorme partita tra civiltà e inciviltà.
Su questo terreno nessuno è innocente, un gran numero di noi parla di responsabilità personali, ma questa Regione, la nostra Regione è sostenuta, nutrita, allattata da un’irresponsabilità criminale. E la “responsabilità personale” lascia spazio alla più profonda e ampia deresponsabilizzazione.
Non si può accettare il saccheggio dei corpi. Il corpo delle donne è come predestinato al saccheggio e noi, forse più fortunate, non riusciamo neppure a immaginare l’innumerevoli forme di tali orrori.
A te “ragazzina movimentata” hanno tolto il diritto di muoverti, di sorridere, il prezzo che stai pagando è alto, molto alto per i tuoi pochi anni. Sappiamo che cicatrici profonde si sono formate sul tuo corpo e sulla tua anima e l’unica vera cosa che noi abbiamo da offrirti è la lotta accanto a noi, consapevoli che la tua vulnerabilità violata ti unisce a tutte noi che ben sappiamo che depredare un corpo è un atto di terrorismo.
Il corpo delle donne vale poco in questa società, ma i nostri corpi, le nostre vite, il nostro fare insieme hanno un valore immenso. Siamo preziose!”
La Presidente, le donne insieme agli uomini del Centro Calabrese di Solidarietà>>
“Le cose non cambiano neppure anni dopo: in mente abbiamo la storia di Anna Maria Scarfò che ha subito a lungo le violenze del branco senza poter dire nulla, per essere poi – dopo la denuncia – definita da tutti comemalanova. Violenze private taciute, violenze contro le donne che hanno celato la dimensione del controllo e della proprietà dei corpi delle donne: la storia di Roberta Lanzino, vittima di stupro
a diciannove anni a Cosenza, lo ha dimostrato a chiare lettere in questa terra.” (Onore e dignitudine. Storie di donne e di uomini in terra di ‘ndrangheta, S. Garofalo e L. Ioppolo, Falco ed.2015)
Annuncia di volersi costituire parte civile anche il comune di Cinquefrondi.
Dalla Calabria, per oggi, è tutto (ed è anche troppo).