Bruciata viva...

non sono d'accordo popov , ovvio che condanno simili efferatezze e la cultura che c'è dietro
gelosia , possessività ed altro , ma anche i figlicidi sono atti ignobili o forse visto che sono femmine a compierle
dovremmo invocare la infermità mentale , la debolezza insita nelle donne o altre grullerie? Spero di no ...
 
Noi donne non abbiamo "debolezza insita".

Infatti la debolezza è di questi potenti maschioni che all'idea di restare soli e di essere privati della loro "proprieta'" perdono la brocca e diventano assassini. Sono loro le merde, sono loro i poracci, i deboli, gli sfigati. Quando uno arriva a ricorrere alla forza fisica è il campione del mondo della sfiga.
 
Conte, gli omicidi dei figli non sono meno gravi. Nessun omicidio è più grave o meno grave di un altro.
Ma rifiutare la matrice culturale dei femminicidi o banalizzarla o cercare di omologare questo tipo di omicidio con altri tipi di omicidio significa non dare il giusto valore ai fatti, capisci? Se leggi il pezzo che ho linkato più su, l'autore parla in modo magistrale di cosa significhi "femminicidio" e del perché siano necessrie una presa di coscienza e una responsabilizzazione collettiva in tema.

Ecco, riporto (sta parlando proprio di Sara Di Pietrantonio)

La colpa del femminicidio di Sara Di Pietrantonio è di chi l’ha uccisa. Il colpevole, reo confesso e confermato dalle indagini, è Vincenzo Paduano. A nessun altro e a nessun’altra situazione sociale o psicologica è corretto attribuire la colpevolezza di questo femminicidio. I colpevoli dello strupro di gruppo in Brasile sono i partecipanti allo stupro di gruppo, secondo quanto ricostruibile dalle loro stesse parole e atti e dal racconto della sopravvissuta. A nessun’altra situazione sociale o psicologica è corretto attribuire la colpevolezza di quello stupro. Il colpevole di un atto è chi compie quell’atto. Anche solo per chi lo favorisce c’è infatti un’altra parola: complice.

La responsabilità di stupri e femminicidi dev’essere distribuita, come una serie di cerchi concentrici che si diramano dalla violenza accaduta, a ciò che erano o sono possibilità non realizzate e che potevano scongiurare del tutto o in parte quelle violenze. Responsabilità che non sono quasi mai reati di omissione, o complicità: possono essere, e nella maggior parte dei casi lo sono, situazioni in diretto o labile rapporto diretto con i fatti accaduti, ma comunque legate a essi.
Così ha senso parlare di una responsabilità genitoriale (e non solo della “mamma”) nel crescere maschi consapevoli del rispetto dovuto al consenso nelle relazioni affettive.
Così ha senso parlare di una responsabilità politica di chi non mette nell’agenda delle priorità politiche l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, il coinvolgimento delle periferie nella vita sociale della città, i finanziamenti adeguati a consultori e centri antiviolenza.
Così ha senso parlare di una responsabilità comunicativa nell’usare un linguaggio e una iconografia adeguati a tutti questi fenomeni, e non improntato al sensazionalismo, alla “pancia”, allo scopo di vendere più copie, realizzare più clic, non urtare la sensibilità della maggioranza (maschile).
Così ha senso parlare di una responsabilità di genere perché se sono in massima parte uomini eterosessuali - fino a quel momento bravi ragazzi, mariti esemplari, padri irreprensibili - che uccidono le loro compagne “in quanto donne” che violano un rapporto di potere generato da una concezione maschilista e patriarcale della relazione, allora gli uomini eterosessuali devono interrogarsi se nella loro educazione di genere c’è, forse, qualcosa che non va.

Responsabilità e non colpevolezza. La colpa è di chi ammazza, di chi stupra. Per la stragrande maggioranza dei casi, uomini eterosessuali. E anche di questo numero preponderante ci si deve assumere la responsabilità, in quanto uomini eterosessuali, affinché diminuisca - non dei reati, non degli atti. La responsabilità del fatto che siano commessi principalmente da “comuni” uomini eterosessuali, né criminali incalliti né pazzi; la responsabilità di non poter accettare l’immagine di una società composta da “normali” uomini eterosessuali che girano come killer silenziosi pronti a uccidere o stuprare.
E la stessa responsabilità vale anche per quegli atti che certo non sono reati, ma che solo chi non li subisce considera inezie: molestie, insulti e battute sessiste, soprusi e abusi di potere suoi luoghi di lavoro, giudizi sprezzanti, tutti comportamenti dettati da pregiudizi sessisti, tutti comportamenti che contraddistinguono quell’iceberg di merda chiamato sessismo e di cui i femminicidi non sono che una piccola parte molto visibile.

Questa distinzione va ricordata perché è anche grazie a quella confusione tra colpa e responsabilità che tanti uomini reagiscono con sdegno al porre una questione maschile, reagiscono con rabbia all’attribuzione di una responsabilità di genere, reagiscono irridendo alla necessità del termine “femminicidio”, reagiscono con stizza alla descrizione di un sistema di valori e di poteri che ne determina le caratteristiche di uomini eterosessuali.



La vedi la differenza con l'omicidio dei figli? Non c'è nessuna "cultura" o sub-cultura che porta le madri ad ammazzare i propri figli. Non ci sono giornalisti che minimizzano o che parlano in modo inadeguato o che sciacallano sull'omicidio con fotografie e gallery acchiappa click e non c'è mai nessun commentatore o leone da tastiera che si domanda cosa possa aver fatto quel bambino per far "impazzire" la donna, né si parla di come nella società moderna le povere mamme si sentano prevaricate da figli cattivi che le riducono in braghe di tela e poi per forza loro perdono la testa.
Anzi, la condanna, casomai, della madre assassina è quasi sempre unanime, vista la retorica e la mistica che ancora circondano la maternità e la madre, angelo che deve dare a vita per la prole, innalzata a santa quando annulla se stessa per il proprio figlio.

Pensaci. Tu come cicoriabagnata che faceva una colpa generica dei femminicidi ai genitori che non educano più i figli al rispetto (senza peraltro spiegare come mai sono in grandissima maggioranza i figli maschi a non essere educati al rispetto e alla sconfitta).
 
Ma rifiutare la matrice culturale dei femminicidi o banalizzarla o cercare di omologare questo tipo di omicidio con altri tipi di omicidio significa non dare il giusto valore ai fatti, capisci? Se leggi il pezzo che ho linkato più su, l'autore parla in modo magistrale di cosa significhi "femminicidio" e del perché siano necessrie una presa di coscienza e una responsabilizzazione collettiva in tema.
dove avrei scritto che non condanno la matrice culturale del femminicidio scusa?
la matrice esiste e come è insita nella ns. società e non da oggi , questo però non vuol dire che la stragrande maggioranza dei maschi sia così
dei potenziali assassini perchè non è così , ritengo sbagliato far ricadere l'intero peso su un 'genere' .
cmq sono d'accordo pure che sono due problemi diversi , l'avevo messo in luce perchè tu hai parlato anche di figlicido da parte dell'uomo, cosa che purtroppo accade ma è rara da parte dell'uomo , mentre un po' più frequente da parte della madre ...
 
Ieri c'è stato il funerale dell'uomo - Luigi Alfarano - che a Taranto ha ucciso Federica De Luca e suo figlio di 4 anni perché non accettava la fine della loro relazione.
Nella chiesa, tra assurdi applausi al feretro, il prete ha espresso dal pulpito quello che in troppi pensano, che in tanti alimentano e che sotto sotto alla maggior parte piacerebbe credere: l'assassino non è veramente responsabile della morte della donna e del bambino. Era una brava persona che lavorava in una Onlus che assiste i malati oncologici e anche solo per questo - ha detto il parroco nell'omelia - "sarà già in paradiso" (giuro).
Secondo questa mentalità non conta che Luigi Alfarano abbia ucciso due persone innocenti. Non conta nemmeno che avesse precedenti penali per tentata violenza sessuale su una giovane collega. Uccidere una donna e il suo bambino - se erano "la tua" donna e "il tuo" bambino - è stato decretato dal pulpito di quella chiesa come un peccato minore, giusto una macchiolina sul curriculum per il cielo, un errore veniale che non può compromettere la stima di amici e parenti, tantomeno quella di Dio. Il fatto che l'assassino si sia suicidato è sufficiente a includerlo nel novero delle vittime e rubricare tutto come una "tragedia" familiare, una specie di imprevedibile evento del destino che ha colpito tutti allo stesso modo, senza colpevoli.
Il senso assolutorio di questa visione lo si vede bene anche il messaggio di cordoglio sul sito dell'ANT, la Onlus per cui Luigi Alfarano lavorava:
"Il fondatore e il presidente di Fondazione ANT Italia ONLUS Franco e Raffaella Pannuti si stringono ai congiunti di Luigi Alfarano e Federica De Luca per l’immane tragedia che ha travolto le loro famiglie. In qualità di dipendente amministrativo, Luigi Alfarano ha contribuito allo sviluppo logistico e alla promozione delle attività di ANT a Taranto, dove ogni giorno la Fondazione nata a Bologna nel 1978 e presente in Puglia dagli anni ‘80 assiste gratuitamente 400 malati di tumore."

Notevole, eh? A leggere questa roba si potrebbe persino credere che siano stati investiti da un TIR, o che gli sia caduto addosso un asteroide, se non sapessimo che quell'uomo così probo e efficiente ha picchiato e strangolato a morte Federica De Luca prima di sparare in testa a sangue freddo al suo bambino di 4 anni. Tutte le parole che evocavano l'ipotesi di un colpevole del fatto - assassinio, femminicidio, omicidio, uxoricidio, infanticidio - sono state accuratamente evitate. Lo stesso effetto di assoluzione/deresponsabilizzazione lo si ottiene dicendo e scrivendo che l'uomo era "disperato, ferito, sofferente, addolorato, affranto, spaventato" e simili, inducendo chi sente e chi legge a empatizzare con le ragioni dell'uccisore, piuttosto che con quelle della donna assassinata e di suo figlio. L'effetto che si ottiene è surreale: gli uccisi sono la donna e il bambino, ma la vera vittima è il loro assassino. Vittima di cosa? Ovvio: della decisione della donna di chiedere la separazione, evento che ha scatenato la sua sofferenza e la sua reazione. Questo, è bene metterlo in chiaro, non lo pensa solo il prete.

Radio 101 cinque giorni fa nel notiziario dava la notizia proprio in quel modo: "LA SEPARAZIONE ALL'ORIGINE DI UN'ALTRA TRAGEDIA FAMILIARE A TARANTO". La separazione, eh. Mica lui. Se lei non si fosse separata non sarebbe successo niente, sarebbe ancora viva e il suo bambino domani andrebbe all'asilo come tutti i suoi compagni. Il sottinteso è evidente: donne, non separatevi! Non rendetevi responsabili della sofferenza degli uomini che vogliono che la famiglia resti unita, non costringete queste brave persone a diventare i vostri assassini e i trucidatori dei vostri figli. Perché date inizio a queste tragedie familiari? State al vostro posto e vedrete che nessuno si farà male. Diversamente l'ineluttabile tragedia potrebbe colpire anche la vostra vita, la vostra famiglia, e fare un sacco di vittime di cui nessuno ha colpa (tranne voi).

:down:
 
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Ieri c'è stato il funerale dell'uomo - Luigi Alfarano - che a Taranto ha ucciso Federica De Luca e suo figlio di 4 anni perché non accettava la fine della loro relazione.
Nella chiesa, tra assurdi applausi al feretro, il prete ha espresso dal pulpito quello che in troppi pensano, che in tanti alimentano e che sotto sotto alla maggior parte piacerebbe credere: l'assassino non è veramente responsabile della morte della donna e del bambino. Era una brava persona che lavorava in una Onlus che assiste i malati oncologici e anche solo per questo - ha detto il parroco nell'omelia - "sarà già in paradiso" (giuro).
:eek:
 

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