bund, t-bond t-note ecc SOLO LONG FOR EVER

ditropan ha scritto:
... certo che è un bel mistero... :-? :-? :-? ... che cavolo ci farà mai ancora il t.bronx a queste quote stellari ? :-? :-? :rolleyes: :rolleyes:
Secondo me con sti chiari di luna :rolleyes: i bonds sono sostenuti da fly to quality, quindi nessuno li molla...
 
Tassi di interesse e mercato degli immobili: quali prospettive ?

di Alessandro Magagnoli , 25.07.2005 08:56

Dopo aver cercato di ignorare lo stato delle cose, probabilmente con l'intento di tranquillizzare i mercati, Alan Greenspan, il Presidente delle Federal Reserve, è stato costretto ad ammettere che il costante aumento del prezzo del petrolio potrebbe portare ad una riduzione del PIL americano dello 0,75%. Tale dichiarazione, inviata in forma scritta al presidente della Commissione finanze del Congresso, mette l'accento su tre aspetti fondamentali derivanti dalla crescita del prezzo del greggio: la pressione sull'inflazione, sulla spesa delle famiglie e sugli investimenti delle imprese. Anche se la reazione dei listini azionari a questo riconoscimento ufficiale dei possibili futuri problemi che l'economia americana potrebbe dover affrontare se il petrolio si manterrà su valori considerati elevati (diciamo sopra i 50 dollari) è stata molto controllata, sarebbe poco prudente affermare che i mercati potranno continuare ad ignorare queste pressioni a tempo indefinito. Ed i rischi che si profilano all'orizzonte non riguardano solo i listini azionari, anzi ad essere colpiti dal persistere dei prezzi del petrolio su valori elevati potrebbero essere altri mercati: se l'inflazione dovesse infatti davvero alzare la testa, ed è difficile immaginare che non lo faccia, almeno negli Usa, dove la macchina produttiva funziona ora a pieno regime (l'utilizzo della capacità viaggia intorno all'80%), ad essere penalizzati potrebbero essere sia il mercato delle commodities, sia quello dei bond, sia quello immobiliare, tutti sbocchi sui quali negli ultimi mesi sono state dirottate le risorse di quei risparmiatori diffidenti nei confronti della Borsa. Già da un po' di tempo è facile trovare osservatori, qualificati ed affidabili, che imputano l'ultima fase del rialzo dei mercati obbligazionari ad una situazione di liquidità in eccesso e non a prospettive economiche conformi con un trend rialzista dei bond, così come sono ormai in molti a scommettere su di un possibile imminente scoppio della bolla immobiliare. Anche il mercato delle merci, in particolare quello dei metalli "industriali", potrebbe riservare delle sorprese in negativo, se effettivamente le aziende, fiutato il vento dell'inflazione, decidessero di ridurre almeno temporaneamente gli investimenti. Con queste premesse può essere interessante andare a verificare la condizione grafica dei mercati citati, per capire se esistono segnali di rallentamento dei precedenti trend al rialzo e se invece per il momento le aspettative si mantengono positive. Il punto di partenza per questa analisi è il mercato immobiliare, i cui valori sono storicamente molto elevati, e quindi, proprio per questo motivo, incutono timore. Uno strumento utile per valutare la salute di questo comparto è l'indice calcolato dal Philadelphia Stock Exchange denominato PHLX Housing Sector, composto da 21 società la cui attività principale è la costruzione di immobili negli Stati Uniti. Tale indice, partito con un valore di 250 nel 2002, ha raggiunto quota 570 circa proprio nella settimana appena conclusa. Se nella valutazione delle prospettive future l'analista grafico si dovesse attenere solo al motto dell'analisi tecnica che indica il trend come il migliore amico dello studioso dei grafici (tale motto deriva dal postulato secondo il quale è più probabile che una tendenza, una volta in atto, mantenga il suo corso piuttosto che vada incontro ad una inversione), allora le attese sarebbero fortemente sbilanciate al rialzo. Lo studio degli indicatori tecnici mostra tuttavia un quadro un po' meno nitido: l'RSi a 14 sedute infatti ha raggiunto recentemente, a metà giugno, una situazione di ipercomprato (come accaduto ad esempio a inizio 2005, prima che l'indice andasse incontro ad una fase di flessione durata due mesi circa) e non è riuscito a migliorare i propri massimi in corrispondenza di un nuovo rialzo dell'indice al di sopra dei precedenti top, disegnando quella che in gergo viene definita una "divergenza ribassista". Senza aver la pretesa di anticipare un crollo, quello che l'indicatore dice è che lo spazio di crescita a disposizione per l'indice del mercato immobiliare Usa è ridotto, mentre le possibilità di un flessione aumentano in modo consistente. Una condizione molto simile la si ritrova anche guardando il grafico dell'ETF (iShares) legato al Dow Jones US Real Estate: anche in questo caso è possibile osservare una divergenza negativa sull'RSI a 14 sedute (molto simile a quella vista ad inizio 2005, foriera dell'unico ribasso vissuto dall'indice negli ultimi mesi). Per questo strumento inoltre, grazie alla maggiore disponibilità di dati storici, è possibile applicare anche altri indicatori, come la pista ciclica (che calcola la differenza tra l'indice e la sua media, nello specifico a 100 sedute). Ebbene, il valore della pista ciclica ha raggiunto minimi precedentemente toccati solo ad inizio ed a fine 2004, oltre che a giugno 2003, in corrispondenza di flessioni anche marcate dell'indice. E' corretto ripetere che l'aver raggiunto una situazione di tensione sugli indicatori non comporta necessariamente l'avvio di un ribasso da parte del comparto immobiliare, ma al tempo stesso è prudente non sottovalutare questi segnali, che nel caso i prezzi avviassero effettivamente una flessione indicano la presenza di un sub strato favorevole ad una evoluzione ribassista. Se l'indice di Philadelphia dovesse scendere al di sotto dei 520 punti e l'ETF al di sotto di area 62,50 il mercato immobiliare potrebbe andare incontro ad una fase correttiva anche ampia dal momento che i ritracciamenti sono proporzionali alle precedenti fasi di tendenza, e quanto più queste sono estese, come nel caso in questione, tanto più rischia di essere estesa la correzione. Una situazione di questo tipo potrebbe essere lo specchio di un mutato atteggiamento del mercato nei confronti delle attività finanziarie: come nella fase attuale si registrano aumenti più o meno indiscriminati di tutti i mercati (azioni, bond e merci), l'avvio di un ribasso sul comparto delle immobiliare potrebbe avvenire in concomitanza con un ripiegamento generalizzato anche degli altri mercati, o almeno di alcuni, costretti ad incorporare le mutate aspettative di crescita dell'economia (il fatidico -0,75% di Pil ventilato da Greenspan). Il mercato dei titoli di stato è stato in questo frangente più reattivo di quello immobiliare: il future sul decennale americano ha infatti disegnato nel corso dell'ultimo bimestre una evidente configurazione a doppio massimo (quindi ribassista) che ha interrotto il rialzo visto dai minimi di marzo 2005. In concomitanza con la costruzione del pattern a doppio top la pista ciclica ha assunto valori molto vicini ai minimi di marzo ed agosto 2004, fasi nelle quali il decennale Usa ha subito ribassi significativi. Un po' meglio di quello americano si è comportato il Bund tedesco, che ha disegnato in area 124 un potenziale doppio massimo senza per il momento confermarlo (cosa che accadrebbe sotto i 121 punti circa), tuttavia anche in questo caso la condizione della pista ciclica a 100 sedute, che a giugno ha rivisto i minimi di giugno 2003 e marzo 2004, non sembra deporre in favore di una ripresa del mercato, ma piuttosto di una sua flessione. Di quanto possa ridimensionarsi il mercato obbligazionario tedesco è difficile dirlo attualmente, magari il Bund potrebbe andare incontro ad una semplice fase di consolidamento come quella vissuta tra la fine del 2004 e l'inizio del 2005, tuttavia anche in questo caso vale la considerazione fatta in precedenza che se una flessione si dovesse alla fine verificare, introdotta dalla rottura di area 119,50/20,50, la sua ampiezza potrebbe essere elevata, in quanto proporzionale alla ampiezza del precedente rialzo. Ricapitolando quindi gli investitori si trovano in una situazione dove sul mercato immobiliare si sono aperte le prime crepe, dove i bond Usa hanno già preso la strada del ribasso e dove quelli europei rischiano di fare altrettanto. Quale potrebbe essere invece il destino delle commodities ? Se per esemplificare si rivolge l'attenzione ad uno solo dei metalli utilizzati nell'industria, il rame, per avere una sensazione di quello che potrebbe essere il livello futuro della domanda. Le quotazioni del rame al Comex sono andate incontro ad una decisa impennata nel corso della seconda metà del mese di maggio che è stata responsabile della rottura della forte soglia di resistenza rappresentata dai massimi di dicembre 2004 e di marzo 2005, allineati in area 152. Dopo aver raggiunto in area 165 il target calcolato dalla proiezione verso l'alto della ampiezza del trading range disegnato nella prima parte del 2005 i prezzi si sono bruscamente arrestati, senza che tuttavia in questo caso si fosse creata una situazione di ipercomprato. In questo caso sarebbe solo una discesa nuovamente al di sotto dei 152 punti a segnalare la fine della fase rialzista e l'avvio di un calo consistente. Fino a quel momento sarà lecito pensare che sul fronte della domanda di rame non si siano registrate contrazioni significative, e che quindi, almeno a breve termine e con tutte le cautele derivanti dall'aver scelto un punto di osservazione così ristretto, i livelli di produzione raggiunti nell'industria possano rimanere invariati. Una analoga sensazione la si ricava osservando l'andamento dell'indice CRB delle merci, dove non si registrano segnali di tensione (anzi, in termini di pista ciclica i valori raggiunti sono nella parte alta della media degli ultimi 3 anni, e potrebbero quindi addirittura anticipare una ulteriore salita dei prezzi). Con gli elementi a disposizione è quindi possibile immaginare un quadro prospettico dove l'elevato valore del prezzo del greggio è destinato ad impattare maggiormente su quei mercati che hanno raggiunto negli ultimi mesi soglie considerate di eccesso di crescita, come il settore immobiliare e quello delle obbligazioni governative, mentre le merci, ma anche le azioni, potrebbero mantenere un discreto potenziale di apprezzamento nel medio termine. Un elemento salta comunque agli occhi: la fase in cui tutti i prezzi di tutti gli strumenti sono orientati al rialzo potrebbe essere terminata, e concordemente a questo l'investitore dovrebbe valutare una prudenziale riduzione del proprio impegno in attività rischiose, dirottando una parte del proprio patrimonio sulla liquidità, in attesa che gli squilibri evidenziati vengano riassorbiti.
 
ditropan ha scritto:
ci sono dati particolari questa semana ?

niente di eclatante sino a venerdì, giornata di fuoco di sta settimana.
nel mezzo ci sarà l'annuncio sulla ripresa delle emissioni trentennali, qualche asta di 20yTIPS e 2y t-note

leggevo l'articolo sulle ultime parole del nonnetto, nonnè nun ce lassa :sad: come faremo senza di te :lol: :smile: :D

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US bond market group urges revival of 30-year bond
Mon Jul 25, 2005 09:56 AM ET
By Mark Felsenthal
WASHINGTON, July 25 (Reuters) - The Bond Market Association on Monday reported strong demand for the U.S. Treasury Department to reinstate the 30-year bond, adding that doing so would lock in low financing costs for the government.

The trade group said in a letter to the Treasury that 98 percent of market participants polled said they were more likely to trade and invest in long-term securities if the 30-year bond is reintroduced.

"We believe it could reduce Treasury's risk and improve their flexibility as well as provide investors with greater access to sound, long-term investments," BMA President Micah Green said in a statement.

The Treasury Department, faced with large budget deficits, said in May it was considering reintroducing the 30-year bond to give it more flexibility in borrowing. Studies showed that the share of 10-year (US10YT=RR: Quote, Profile, Research) or longer securities in the overall debt stock had fallen since 2001, when sales of the 30-year (US30YT=RR: Quote, Profile, Research) were suspended.

Treasury is expected to say at its quarterly refunding announcement Aug. 3 that it plans to resume sales of the long bond.

The BMA recommended an initial issue size of between $12 billion to $18 billion, with a reopening size between $7 billion and $15 billion.

The association also urged the Treasury to maintain or increase other longer-dated securities, such as the 10-year note and 10-year and 20-year inflation indexed securities called TIPS (Treasury inflation protected securities).

Treasury would have ample room to maintain liquid markets in all the securities it issues, the bond market group said.

When the 30-year was discontinued in 2001 due to a reduction in Treasury borrowing needs following an era of budget surpluses, the average maturity of Treasury debt was 66 months but had narrowed to 53 months in March, the BMA said.

Issuing longer denominated bonds will shield the Treasury from rising funding costs as interest rates push higher, because it will not have to refinance as much maturing debt at higher rates, the trade group said.

Also, there is likely to be increased demand for the 30-year bond from the growing number of retiring Americans, who will be seeking safe investments with reasonable rates of return, the BMA said.

"As our society ages, the need for stable, durable, fixed-rate investments will only increase," Green said.


© Reuters 2005. All Rights Reserved.
 
ok si inizia a ballare, siamo quasi sul ciglio del gap che se approcciato si chiude a 116,5
un classico giochetto è quello di arrivare sull'orlo e poi sadicamente stopparsi lì, lasciando i cercatori di filoni auriferi a cuocersi, il T-Bronx è malefico :smile: qui si parrà nobilitate rimbalzo
 
FOCUS/ Gli effetti della rivalutazione dello yuan

Il divorzio Yuan/ Dollaro annunciato ieri porterebbe alla graduale rivalutazione della moneta cinese nei confronti del biglietto verde, con un deprezzamento del Dollaro sul medio periodo. a cura di Mps Finance



Il cambio di regime valutario dello Yuan, annunciato ieri dalla banca centrale cinese, può essere interpretato come l’avvio di un processo di rivalutazione della valuta domestica. Si tratta però di un processo che, visti gli ampi margini di discrezionalità mantenuti dalla stessa banca centrale, dovrebbe essere molto graduale. Di conseguenza non vi sarebbe alcun impatto di rilievo sul deficit di partite correnti Usa nell’arco di almeno un anno, mentre invece potrebbe acuirsi il problema del finanziamento di tale disavanzo, nell’ambito del processo di ricomposizione delle riserve valutarie, la Cina continuasse a ridurre gli ammontanti di Treasury acquistati. Di conseguenza, l’impatto della decisione di ieri della PBoC presenta elementi potenziali per lasciar immaginare la ripresa nel medio termine del trend di deprezzamento del Dollaro.

MILANO - Con il comunicato diffuso ieri intorno alle 13 ora italiana, la People’s Bank of China (PBoC)
ha annunciato alcuni cambiamenti inerenti al regime valutario dello Yuan. In sintesi il comunicato reca i seguenti punti:

1\ immediata rivalutazione del 2,1% dello Yuan nei confronti del Dollaro, con la parità centrale portata da 8,28 a 8,11;
2\la banda di oscillazione per il Dollaro rimarrà quella dello + / - 0,3%;
3\al termine di ciascuna giornata di contrattazioni, Pechino dichiarerà il valore di chiusura del cambio, valore che costituirà la nuova parità per le contrattazioni che avranno luogo il giorno successivo;
4\lo Yuan vedrà il suo valore definito rispetto ad un paniere di valute la cui composizione resta ignota, con possibilità di oscillazione all’interno di una banda di +/- 1,5%;
5\ le bande di oscillazione potranno essere riviste dalle autorità, sulla base degli sviluppi economici, finanziari e di mercato.

I dettagli del comunicato evidenziano l’estrema discrezionalità che la PBoC ha inteso riservarsi per la velocità da imprimere al cambiamento del valore esterno della propria moneta. Inoltre, nessun dettaglio viene fornito sulla composizione del paniere. Il nuovo regime valutario pertanto potrebbe così essere sintetizzato: viene avviato il processo di rivalutazione mantenendo però in essere sostanzialmente il peg, nella forma però di un “managed crawling peg”, ossia un regime in cui la parità verso il Dollaro è fissata ogni giorno in base a criteri con limitata possibilità di oscillazione. La PBoC nel comunicato ufficiale ha così definito il nuovo regime valutario: "managed floating exchange regime".

Il valore simbolico della decisione della PBoC è non trascurabile: da un lato si fornisce uno strumento all’amministrazione Bush per limitare l’influenza di chi in Congresso vorrebbe erigere barriere commerciali, con la variazione introdotta in largo anticipo rispetto alla visita del presidente cinese negli USA prevista per Settembre, e dall’altro la decisione sembra costituire l’inizio di un lento processo di liberalizzazione del mercato dei cambi e di ritorno della politica monetaria all’obiettivo di lotta all’inflazione.

Risulta interessante indagare sulle ragioni alla base dell’ampio margine di discrezionalità mantenuto dalla PBoC, che risiedono verosimilmente nella necessità di rendere il processo di rivalutazione dello Yuan estremamente graduale. A sua volta tale approccio sarebbe motivato probabilmente dalla necessità di consentire un altrettanto graduale adeguamento del sistema finanziario nel suo complesso, con particolare riferimento alla fragilità delle banche nazionali. E' un processo in cui rientra anche la ricomposizione delle riserve valutarie, visto che lo Yuan passa ad un regime di "managed crawling peg" anche verso un basket di valute di cui non vengono (probabilmente in maniera voluta) forniti i dettagli.

La ricomposizione è probabilmente già iniziata da alcuni mesi, ma, verosimilmente, visti i corposi ammontari in gioco, richiederà ancora tempo. Del resto anche gli operatori si sono posizionati in tal senso. Pertanto il focus degli operatori si sposta dal timing relativo all’inizio del processo di rivalutazione al come tale processo sarà portato avanti.

Alla luce di tali considerazioni si può argomentare che il beneficio potenziale sul deficit di partite correnti Usa potrebbe essere assolutamente trascurabile in un orizzonte temporale di almeno un anno. Rimane piuttosto in essere l’effetto negativo, prodotto in termini di finanziamento del deficit citato, determinato dalla continuazione del processo di ricomposizione delle riserve valutarie che gradualmente vedrebbero presumibilmente aumentare il peso dell’Euro e dello Yen a svantaggio del dollaro. La domanda di Treasury da parte delle banche centrali asiatiche potrebbe perciò evidenziare ritmi di crescita decrescenti. Si tratta di un trend probabilmente già in atto nel corso del 2004, come evidenziato ad esempio da un recente paper del Fmi.

Di conseguenza, la gradualità dell’approccio che la PBoC potrebbe adottare nel processo di cambiamento del regime valutario comporterebbe nel prossimo futuro, un effetto trascurabile sul deficit di partite correnti mantenendo aperto (o addirittura amplificando) il problema del finanziamento dello stesso a causa del presumibile calo degli acquisti di Treasury da parte della Cina, secondo detentore al mondo dopo il Giappone.

Le considerazioni fin qui richiamate conducono alla seguente conclusione: la decisione di ieri della PBoC potrebbe risultare sfavorevole al Dollaro per i citati problemi di finanziamento del deficit commerciale. E’ pur vero che allo stesso tempo tale argomentazione potrebbe condurre (come in parte già ha fatto) ad un allargamento dei differenziali di tasso tra Usa ed Euro (sulla scadenza decennale si è oggi raggiunto il livello massimo degli ultimi 5 anni), aumentando ancora l’appetibilità degli asset Usa per chi va alla ricerca di rendimenti addizionali, in un contesto di tassi di mercato storicamente molto contenuti. Tale ricerca potrebbe esercitare un impatto di breve termine favorendo una rivalutazione del Dollaro verso Euro. Continuiamo però a rimanere dell’avviso che i margini per un ulteriore apprezzamento del biglietto verde risultano essere sempre più ridotti, come dimostrato anche dalla price action dell’EUR/ USD, che stenta a posizionarsi al di sot to di 1,20. Nei prossimi mesi, pertanto, potrebbe nuovamente riprendere il trend di deprezzamento del Dollaro. A supporto di tale tesi aggiungiamo un’ulteriore argomentazione: in base ad una legge approvata lo scorso anno (Homeland Investment Act) le aziende Usa possono rimpatriare quest'anno i profitti realizzati all'estero tramite proprie controllate, assoggettandoli ad un'aliquota agevolata del 5,25% anziché del 35%. Dopo i recenti chiarimenti normativi e il forte apprezzamento del Dollaro dal mese di marzo, le aziende Usa potrebbero aver accelerato il processo di rimpatrio dei capitali, contribuendo per tale via a rafforzare il biglietto stesso. Ne avrebbero beneficiato anche le entrate fiscali, il cui buon andamento ha consentito al Tesoro Usa di ridurre i volumi in emissione ed alla Casa Bianca di rivedere al ribasso le stime sul disavanzo di bilancio (il deficit gemello a quello di partite correnti) per l’anno fiscale in corso, che terminerà il prossimo settembre. La normativa citata scade però quest’anno e pertanto i sui effetti non possono essere considerati ripetibili nel tempo. Di conseguenza, laddove il flusso di rimpatrio dovesse diminuire, ne potrebbe risentire anche per tale via il Dollaro.

Con riferimento agli effetti sullo Yen della decisione di ieri della PBoC, osserviamo come la valuta nipponica potrebbe continuare ad essere uno dei principi beneficiari dell’avvio della rivalutazione dello Yuan. Con Cina ed Hong Kong che, assieme, sono già dal 2004 divenute il maggior partner commerciale del Giappone (superando così gli USA), un movimento di rivalutazione dello Yuan favorirebbe in un modo naturale un concomitante apprezzamento dello Yen nei confronti del biglietto verde. Tale apprezzamento avrebbe luogo anche in considerazione dell’avanzo commerciale che, su base bilaterale, il Sol Levante sistematicamente intrattiene con l’economia a stelle e strisce. Lo scenario di rivalutazione della moneta nipponica è però caratterizzato da alcuni rischi, di natura politica ed economica. Nel breve termine, lo Yen è vulnerabile all’incertezza politica relativa alla discussione, presso la camera alta, dei provvedimenti per la privatizzazione del sistema postale: il primo ministro Koizumi preme perché si arrivi al voto entro la prima settimana di agosto, cioè prima della chiusura della Dieta per le vacanze, minacciando implicitamente di indire elezioni anticipate qualora i provvedimenti fossero respinti. Le eventuali elezioni dovrebbero tenersi entro 40 giorni dallo scioglimento delle camere, mentre il loro risultato appare incerto, data l’attuale calo di popolarità del partito liberaldemocratico e le tensioni interne ad esso, con il rischio che dalle urne non esca una maggioranza definita, ponendo rischi di più lungo termine alla forza della valuta. Nel complesso, mantenendo un outlook moderatamente positivo sull’economia nipponica ed alla luce della decisione della PBoC, riteniamo possibile un graduale processo di rivalutazione dello Yen come trend primario verso Dollaro nei prossimi mesi.

Il processo potrebbe essere meno pronunciato verso Euro, che, alla luce anche dell’approccio graduale adottato dalla PBoC, potrebbe essere utilizzato dagli operatori come valuta difensiva rispetto al Dollaro debole, anche perché probabilmente principale beneficiaria del processo di ricomposizione delle riserve valutarie.



(25 luglio 2005)
 
Merrill raises yr-end fed funds forecast to 4 pct
Mon Jul 25, 2005 11:33 AM ET
NEW YORK, July 25 (Reuters) - Merrill Lynch has raised its year-end federal funds forecast to 4.0 percent, the bank said in a report on Monday.
In the note to clients, Merrill Lynch North American economist David Rosenberg said he had changed the forecast after Federal Reserve Chairman Alan Greenspan's testimony to Congress last week.

Greenspan said the U.S. growth outlook was solid and the Fed would continue to lift rates. The Fed has raised rates nine times in quarter-point increments since June 2004, when the funds rate was at a four-decade low of 1.0 percent. The rate currently is 3.25 percent.

The report said Merrill had expected Greenspan to be less hawkish in his semi-annual Monetary Policy report, which he delivered to the House Finance Committee last Wednesday.

The note said there was also "an outside chance" the fed funds rate could get to 4.25 percent.

Merrill had been forecasting a fed funds rate of 3.50 percent at year-end. In the most recent Reuters poll of Wall Street economists, the median forecast for the rate at year-end was 4.0 percent.

"No doubt there will be more upward pressure on the front end of the Treasury curve; however, our bullish view on long-term bonds has not changed one iota," Rosenberg said in the note.

Rosenberg still believes the Fed will start easing in 2006. But "the expected rate cuts next near may now be in the second half instead of the first-half event we had expected earlier," the note said.


© Reuters 2005. All Rights Reserved.
 

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