FED: ALZA I TASSI COME PREVISTO, CARO-PETROLIO PESA/ANSA
(ANSA) - ROMA, 10 AGO - Tutto come previsto, nel senso che
oggi la Federal Reseve, la banca centrale statunitense, ha
deciso di aumentare il costo del denaro di 25 punti base,
portandolo all' 1,5% a valere sui Fed Funds, come avevano
indicato a maggioranza gli economisti. Al tempo stesso, la Fed
ha anche confermato che la manovra successiva di rialzo del
costo del denaro, avverrà in maniera "misurata", come già
affermato in precedenza.
Nel comunicato che, come di consueto, accompagna l' annuncio
relativo alle decisioni di politica monetaria, peraltro la banca
centrale americana ha ammesso che qualche cosa si è inceppato
nell' ambito della ripresa economica in atto. "Negli ultimi
mesi - si afferma infatti - la crescita della produzione ha
rallentato ed il miglioramento nelle condizioni del mercato del
lavoro si è attenuato". "Questa debolezza - fa presente
peraltro lo statement della Fed - è dovuta in misura
considerevole alla crescita significativa dei prezzi dell'
energia", in altre parole al caro-petrolio, che proprio oggi è
salito a nuovi massimi storici, sopra i 45 dollari al barile.
"Nondimeno - fa presente ancora la Federal Reserve - l'
economia appare posizionata verso il recupero di un tasso di
crescita più sostenuto" da qui in avanti.
Un messaggio che vuole essere quindi rassicurante, e che
inoltre addebita appunto essenzialmente al caro-petrolio il
fatto che la crescita economica statunitense abbia rallentato
negli ultimi tempi.
Resta il fatto che alcuni economisti, interpellati da
Bloomberg, hanno tagliato le stime relative all' aumento del
prodotto nazionale lordo anche nel terzo trimestre ad un +3,9%
contro il +4,2% precedente.
A preoccupare maggiormente sono inoltre le indicazioni che
arrivano dal mercato del lavoro, considerato che nei mesi di
giugno-luglio sono stati creati appena 110mila posti aggiuntivi.
La spesa dei consumatori sempre a giugno ha segnato una frenata
dello 0,7%, il calo più consistente dall' attacco alle Torri
Gemelle, come conseguenza il tasso di crescita dell' economia
nel secondo trimestre è sceso al 3,0%, ai minimi da quasi un
anno a questa parte.
In questo contesto, il caro-petrolio sta pesando sull'
andamento dei prezzi al consumo, che sempre a giugno sono saliti
del 3,3% su base annua, l' incremento maggiore da quasi tre
anni, anche se i cosiddetti prezzi 'core' (depurati da energia
ed alimentari) si sono attestati sull' 1,9%.
Insomma, il messaggio che ha voluto dare oggi la banca
centrale statunitense ai mercati è che la situazione appare
sotto controllo e che nulla è cambiato rispetto al 'timing' con
cui si procederà in futuro ad ulteriori inasprimenti del costo
del denaro. I recenti dati deludenti andrebbero così ricondotti
pressoché esclusivamente al caro-petrolio, un fenomeno che
peraltro appare ancora lontano dall' essersi esaurito.
Nonostante queste indicazioni, ed in attesa di ulteriori
delucidazioni che verranno nei prossimi giorni dagli stessi
esponenti della Fed, sono però in molti ad essere convinti che,
considerate le difficoltà dell' economia, la banca centrale non
toccherà più il costo del denaro almeno fino a dopo le
elezioni del 2 novembre. A meno che il costo del petrolio
improvvisamente non registri una vistosa frenata, anche se, allo
stato dei fatti, appare difficile addebitare soltanto a queste
componente il recente rallentamento dell' economia a stelle e
strisce e le difficoltà del mercato del lavoro. Proprio oggi,
al riguardo, è stato comunicato che il tasso di crescita della
produttività non agricola nel secondo trimestre negli Usa è
salito del 2,9%, sopra le attese anche se ai minimi da circa due
anni. Ma nel comparto manifatturiero si è avuto un +7,5% che la
dice lunga sui cambiamenti strutturali in corso in questo
comparto, che potrebbero pregiudicare la possibilità di fare
nuove assunzioni, al di là degli effetti del caro-petrolio.
(ANSA).