Fiat (F) Capitalizzazione a 10.8 e Debiti a 6.1 MLD

1- LINGOTTI IN FUGA, CAPITALI IN FUGA, TASSE IN FUGA, FURBETTI IN FUGA: UN PAESE SENZA - 2- CHE SERVE TENERSI LA JUVE, ‘’LA STAMPA’’ E METTERE UN DIRETTORE AMICO AL ‘’CORRIERE’’? A COPRIRSI LA FUGA CON I GOVERNI DI TURNO, MENTRE SI SPOSTA LA FIAT (OVVERO LE TASSE) IN OLANDA E LE PRODUZIONI DOVE PIÙ CONVIENE (OGGI LA SERBIA, DOMANI CHISSÀ) - 3- ESSì, UN GIGANTESCO CARTELLO "VENDESI" CAMPEGGIA SULL'ITALIA DA MESI. MOLTI NON SE NE SONO ANCORA ACCORTI, MA IN EFFETTI VIVERE A DEBITO E NON POTER PIÙ NEANCHE BATTERE MONETA PORTANO A QUESTO: A UNA PERDITA DI SOVRANITÀ NON SOLO POLITICA (I FAMOSI 'TECNICI'), MA ANCHE FINANZIARIA E, INFINE, REALE. SE CI COMPORTIAMO BENE, CI LASCERANNO IL PAESE IN NUDA PROPRIETÀ. SE NO, IN USUFRUTTO ONEROSO. E LA FAMOSA CLASSE DIGERENTE, COM'E' NATURALE, E' IN FUGA DIETRO AI PROPRI SOLDI -



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a cura di COLIN WARD e CRITICAL MESS
MArchionne Fiat 1- LINGOTTI IN FUGA...
Che serve tenersi la Juve, la Stampa e tornare attivamente nella stanza dei bottoni del Corriere? A coprirsi la fuga con i governi di turno, mentre si spostano le sedi legali (ovvero le tasse) in Olanda e le produzioni dove più conviene (oggi la Serbia, domani chissà).
chrysler FIAT "Marchionne sposta negli Usa un pezzo di Fiat. Industrial si fonde con la controllata Cnh: sara' quotata a New York, sede in Olanda". Destino analogo aspetta Fiat e Chrysler? Su questo, Marpionne fa lo svizzero: "E' possibile, ma non e' un problema di adesso. Prima dovremmo acquistare dal fondo Weba le restanti azioni Chrysler. Non facciamo dietrologie su questa storia" (Repubblica, p. 36).
MARIO MONTI E BARACK OBAMA Ecco, tanto per non fare "dietrologie", come direbbe lo strapagato manager allergico ai giornalisti (compresi quelli a libro paga), Repubblica intervista Giorgio Airaudo della Fiom: "Fabbrica Italia non esiste più'. Vendiamo Mirafiori ai tedeschi. Il governo crei le condizioni perché Volkswagen investa a Torino. Il Lingotto comincia a trasferire negli Stati Uniti il baricentro dell'azienda. Monti inerme" (p. 36).
Ovviamente il Corriere la butta in caciara, come si dice a Roma: "Marchionne ridisegna Fiat-Cnh. Integrazione in una holding olandese. Addio a Piazza Affari" (p. 37). Notiziuola di Borsa per addetti ai lavori, vero? Non facciamo dietrologie.
evasione-fiscale 2- CAPITALI (E FIDUCIA) IN FUGA...
Dopo la famosa luna di miele, i mercati tornano cattivi, duri e insensibili. "I tassi sui Btp tornano sopra il 6%. Telefonata di Monti con Obama" (Corriere, p. 14). Chiesti altri soldi? Comparti altri droni da difesa?". "Gelo sull'asta dei titoli italiani. Il tasso del Btp torna sopra il 6%. Il Tesoro piazza solo 5,74 miliardi", ammette la Repubblica degli Illuminati (p. 33).
Alla luce dello stock del debito pubblico, spieghi il candidato dov'e' realmente la sede legale dell'Italia.
TERREMOTO 3- TASSE IN FUGA...
Nonostante la crisi, qualche autonomo ha preso a dichiarare qualche euro in più al fisco. Ma i dati globali restano uno schiaffo a milioni di italiani onesti. "Redditi, i gioiellieri sotto i 17 mila euro. Il ministero: per i professionisti una media di 27 mila euro, ristoratori e tassisti dichiarano meno di 15 mila. I negozianti di abbigliamento dicono di guadagnare 8600 euro l'anno" (Stampa, p. 15). "Bar, alberghi e taxi, redditi sotto i 17 mila euro. Gli autonomi guadagnano in media 27 mila euro. Al top notai e farmacisti" (Repubblica p. 35). E in caso di terremoto, il Professore prescrive: aumentare la benzina. Alla prossima sciagura, tocca alle sigarette.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE 4- SPIAGGE IN FUGA...
Quanto valgono le coste e il mare della Sicilia, abusivismi compresi? Finalmente abbiamo una stima attendibile, che può fare scuola nel resto d'Italia. "In svendita le coste della Sicilia. Cemento e appalti per 3 miliardi, ecco l'affare d'oro di Lombardo. Una legge assegna tutto a un gruppo italo-belga. Una mega concessione di 30 anni che può essere estesa a 50 minaccia l'intera regione" (Repubblica, p. 28). Il prossimo passo e' dare in concessione lo spazio aereo - Nato e mafia permettendo - in modo che per entrare e uscire dalla Sicilia tocchi chiedere il permesso.
Bonsignore vito 5- FURBETTI IN FUGA...
"Scalata Bnl-Unipol, Fazio assolto. La Corte d'appello di Milano scagiona anche Caltagirone, Bonsignore, Ricucci, Coppola, Statuto e Cimbri. Nel 2005 non ci fu un patto illegale tra Consorte e gli immobiliaristi" (Corriere, p. 29). Si accontenta di poco il Giornale di Feltrusconi: "Bnl-Unipol, condannati i re della finanza rossa. In appello sentenza confermata solo per Consorte e Sacchetti. Assolti l'ex governatore di Bankitalia Fazio e i contro pattisti" (p. 12).
Allora diciamo una cosa, a costo di essere impopolari. Calta-riccone si dimise dalle poltrone bancarie dopo la condanna in primo grado. Non ha ricusato i giudici e non ha puntato sulla prescrizione, non ha fatto la vittima; ieri è andato in aula manifestando la consueta fiducia nella giustizia. Ne è stato ripagato.
STEFANO RICUCCI La vera notizia è questa: un tribunale ha stabilito che scalare una banca contro il volere di Abete non è reato.
6- FAMILIARI IN FUGA...
Mentre Paraponzo Ponzellini, il banchiere di tutti, affronta il suo primo interrogatorio da uomo non libero, prosegue il salvataggio dei Ligrestos. E soprattutto, il salvataggio di Mediobanca e Unidebit dai Ligrestos. Il problema e' che la partita la gioca anche il Tribunale di Milano. "Ligresti, in liquidazione le holding di famiglia. Calabi e Spinello commissari di Sinergia e Imco. L'Antitrust a Unipol e Mediobanca: impegni da migliorare" (Corriere delle banche creditrici, p. 39).
JOHN ELKANN E SERGIO MARCHIONNE jpeg 7- LA BAVA SEPARATA DALLE NOTIZIE (T'ADORIAM, MONTI DIVINO)...
"Monti si commuove a Sant'Egidio: 'Costruiamo insieme un Paese unito'. Il professore pranza accanto a un ex clandestino. 'Io volontario? No, un comandato" (Repubblica, p. 18). Comandato da chi? Meglio non indagare e comunque non e' questa la sede. Tutti i giornali pubblicano le foto di Rigor Montis con un bel bambino senegalese in braccio. Vuole commuoversi ancor di più'? Vada a pranzo in un Cie. Cosi' almeno per una volta possono entrare anche i cronisti.
VIGNETTA MANNELLI - MONTI IL MAZZO E' IL MESSAGGIO 8- MA FACCE RIDE!...
"Il capo dello Stato resti una figura imparziale". Cosi' parlo' Re Giorgio Banalitano (Corriere, p. 18). Anche lui fotografato mentre accarezza bambini a caso.
9- FREE MARCHETT...
Armani docente per un giorno a Pechino. Una mega sfilata per festeggiare i dieci anni sul mercato cinese". Attacco del pezzo di Antonella Amapane per la Stampa, inviata appositamente a Pechino (poi dicono che i giornali sono in crisi): "In aula non vola una mosca. Giorgio Armani parla all'Academy of Arts & Design della tsinhua University di Pechino; tiene una lezione di stile, ricca di confessioni. Disinvolto come sempre, parte dal sentimento..." (Stampa, p. 25)
Giuseppe Statuto 10- CRONACHE DA UN POST-PAESE...
"I geologi: ‘Da ridisegnare le mappe delle zone sismiche'. Il presidente Graziano: servono carte più dettagliate" (Messaggero, p. 5). Anche al comandante Schettino, servivano "carte più dettagliate".

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9 - FIAT: FIAT GROUP AUTOMOBILES IN ROSSO NEL 2011 PER 791,2 MLN

Radiocor - L'anno scorso Fiat Group Automobiles ha accusato perdite nette per circa 791,2 milioni contro un utile di 369,6 milioni del 2010, su ricavi quasi invariati a 17,65 miliardi (17,7 miliardi l'anno prima). E' quanto emerge dal bilancio 2011 di Fiat Group Automobiles, il primo esercizio intero dopo la scissione dell'Auto dai camion e dalle macchine per l'agricoltura e le costruzioni, che include anche il contributo dei marchi Chrysler e Jeep. Attraverso Fiat North America Fag detiene il 58,5% di Chrysler (dal 5 gennaio 2012).
MARCHIONNE
Le consegne sono scese del 2,4% a 2.032.900 automobili e veicoli commerciali leggeri con il calo del 4,6% delle vetture (in particolare -10,7% in Europa) parzialmente compensato dalla crescita dei veicoli commerciali leggeri (+0,7% a 422.067). Gli investimenti in capitale fisso a livello consolidato nel settore Auto sono saliti del 57% a 1.662,9 milioni con 'il completamento di importanti investimenti presso lo stabilimento di Pomigliano d'Arco', dove viene prodotta la Nuova Panda, mentre all'estero sono pari a 384,6 milioni per Fiat Automoveis, 208,5 milioni per Fiat Au to Poland per completare attrezzature per la Lancia Nuova Ypsilon e 368,9 milioni per Fiat Automobiles Serbia per il nuovo modello Fiat Ellezero.
 
Fiat vende troppo poco, Marchionne taglia mezzo miliardo di investimenti

di: WSI-TMNEWS Pubblicato il 15 giugno 2012| Ora 08:31
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A maggio le immatricolazioni del Lingotto in Europa hanno registrato una flessione di -12,1%. Per l'ad del gruppo torinese il mercato dell'auto europeo non si riprenderà nel secondo semestre dell'anno.

Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat.


Roma - A maggio le immatricolazioni del gruppo Fiat in Europa hanno registrato una flessione del 12,1% attestandosi a 82.501 unità contro le 93.840 di un anno fa. Lo ha fatto sapere l'Acea, secondo cui nei primi 5 mesi dell'anno il Lingotto ha immatricolato in Europa 375.795 veicoli, in calo del 16,6% rispetto allo stesso periodo del 2011.

A maggio Fiat Group Automobiles ha segnato in Europa una quota di mercato del 7,2% rispetto al 7,5% di un anno fa, mentre calcolando i primi 5 mesi dell'anno il gruppo ha una quota del 6,7% contro il 7,4% dello stesso periodo del 2011.

In una intervista rilasciata nella tarda serata di ieri a Madrid, l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, ha confermato l'obiettivo di ridurre gli investimenti in Europa di 500 milioni di euro, motivando la decisione con le aspettative secondo cui il mercato dell'auto europeo non riuscirà a riprendersi nel secondo semestre dell'anno.

"La ripresa dell'Europa - ha detto, stando a quanto riporta Bloomberg, "dipende da molti fattori: il primo è la Grecia, poi il modo in cui l'euro continuerà ad andare avanti e infine cosa l'Europa farà per sostenere la crescita".
 
l'ignoranza al potere

se l'avvocato vivesse, da mò che avrebbe preso a calci nel culo sto caprone di magnager

MARPIONNATE - CHIEDERE A MARCHIONNE QUANTO PRENDE DI STIPENDIO UN OPERAIO CINESE, PENSANDO DI AVER COSÌ CONCEPITO UNA DOMANDA INTELLIGENTE O POLEMICA, FRANCAMENTE CI PARE UNA GRANDE PIRLATA. ANZI UN ASSIST ALLA ARROGANZA DI MARCHIONNE. “MA A VOI DE IL FATTO CHI VI PAGA PER VIAGGIARE FINO IN CINA A FARE QUESTE DOMANDE?” - SOLO UN IDIOTA PRODURREBBE AUTO IN ITALIA - DI GAMMA MEDIO BASSA - PER ESPORTARLE IN CINA….



1- MARPIONNATE
Bankomat per Dagospia
MARCHIONNE IN CINA

Il Fatto e' uno dei pochi giornali italiani che da tempo ha scoperto il bluff Marchionne, insieme a Dagobankomat, denunciando le balle e l'arroganza che spesso contraddistinguono le dichiarazioni del manager Fiat. Quello che, pagato e tanto per produrre e vendere auto, senza riuscirci più di tanto, passa spesso il tempo spiegando a noi come si deve vivere ed impostare la societa'.


Oggi bisogna dire che la conferenza stampa cinese, organizzata per presentare la nuova Viaggio e lo stabilimento Fiat in Cina che la produrrà', ha ancora una volta messo a nudo carattere e cultura di Marchionne.
Gli amici del Fatto - riportiamo il pezzo sul giornale di oggi - non ce ne vogliano, ma va prima osservato come il chiedere a Marchionne quanto prende di stipendio un operaio cinese, pensando di aver così concepito una domanda intelligente o polemica, francamente ci pare una grande pirlata. Anzi un assist alla arroganza di Marchionne.
MARCHIONNE MONTEZEMOLO

Susate giornalisti cari del Fatto, ma a ben vedere pare normale che per produrre un'auto pensata per quei mercati si paghino lavoratori cinesi in uno stabilimento ad hoc cinese, operai e fattori di produzione che ovviamente costano meno e costano in linea con quei mercati. Solo un idiota produrrebbe auto in Italia - di gamma medio bassa - per esportarle in Cina.
Sicche' il guru italo canadese si e' infilzato il reporter del Fatto, al quale comunque va la nostra simpatia, chiedendogli davanti a tutti con la famosa cortesia Fiat se i giornalisti del suo giornale sono pagati apposta per andare fino in Cina per fare al Sire del Lingotto simile domande.
MARCHIONNE

Ma, caro Marchionne, potremmo sommessamente rivolgere noi una domanda? Quanto costa alla Fiat, in auto prestate e viaggi organizzati per i giornalisti, tenere alta un'immagine da grande azienda seria, povera vittima solo dei cattivi politici e dei sindacati italiani? Forse la risposta giusta era: "Dott Marchionne, normalmente pagate voi e bene perche' stuoli di giornalisti vengano a leggere le vostre veline dell'ufficio stampa".
Amici del Fatto, disertate le prossime conferenze stampa di Marchionne, anche se paga la Fiat.


2- IN "VIAGGIO" CON MARPIONNE
Simone Pieranni per Il Fatto
Ma a voi de Il Fatto Quotidiano chi vi paga per viaggiare fino in Cina a fare queste domande?". Decide di andare dritto al punto Sergio Marchionne al termine della conferenza stampa di ieri, in occasione della presentazione del primo impianto Fiat a Changsha, Cina centrale.
Nell'amena cittadina cinese (per modo di dire, visto che si tratta di una città fabbrica di circa 7 milioni di abitanti), in una delle città di seconda fascia che il governo cinese sta cercando di aiutare con investimenti e sostegni a imprese straniere, la Fiat ha presentato il suo nuovo modello: la Viaggio (Fei Xiang in cinese, ovvero volare, con un tono un po' epico e letterario).
Poco lirico - invece - è sembrato Marchionne, a dire il vero, forse stanco e annoiato da una presentazione della nuova vettura durante la quale hanno parlato vari segretari, responsabili e funzionari del Partito (comunista) e dopo che nella sua introduzione ha dovuto salutare anche "i rispettabili leader". Lui, che leader deve sentirsi di sicuro.
La domanda cui ha fatto riferimento l'amministratore delegato della Fiat-Chrysler era molto semplice: dopo averci mostrato l'impianto, aver annunciato che verrà prodotta un'auto che sarà venduta a circa 130 mila yuan (16mila euro), a Marchionne è stato chiesto quanto vengono pagati gli operai dello stabilimento.
La risposta è stata "non lo so". Strano o quanto meno bizzarro lo scarso interesse di Marchionne nei confronti dei salari dei "suoi" lavoratori. Incalzato, ha infine detto che un operaio cinese prende cinque volte meno di un operaio italiano. Da altre fonti, interne all'azienda, si è infine scoperto che un operaio cinese impiegato dalla Fiat guadagna circa 2mila yuan, al cambio attuale circa 250 euro al mese.

"Sono domande tipiche di giornalisti italiani", ha replicato in conferenza stampa l'ad Fiat, come se il tema del lavoro non fosse un ambito spinoso anche in Cina (basti pensare agli scioperi e alle proteste nel 2011 e nel 2012 in alcune zone del paese). Nell'impianto al momento lavorano 1.840 persone, di cui 300 italiane: secondo lo staff della Fiat il personale dovrebbe arrivare a breve a 3.300 unità.
Marchionne ha poi sorvolato anche su un altro punto, ovvero l'impegno concreto del governo centrale, più volte ringraziato nel corso dello speech dell'amministratore delegato Fiat, nel sostenere l'investimento cinese della casa automobilistica. Senza tenere presente che, contrariamente a quanto annunciato in precedenza, lo stesso Marchionne ha confermato che la produzione cinese non sarà limitata al mercato locale.

L'impianto di Changsha produrrà una macchina, la Viaggio, destinata alla middle class cinese, di cui si proveranno a vendere nel 2013 100mila esemplari. Per la Fiat si tratta di un investimento tardivo - su questo Marchionne ha fatto ricadere su di sé la responsabilità - in un mercato in cui i tedeschi stracciano l'Italia: nel 2011 la Fiat ha venduto un migliaio di auto, la Volskwagen oltre due milioni. Conseguenze di una presenza in Cina fin da tempi immemori.

Naturalmente durante la conferenza stampa non sono mancati i riferimenti alle questioni italiane - in particolare alla vicenda di Pomigliano e i suoi acerrimi nemici della Fiom - che tanto hanno fatto discutere. Marchionne ha infatti definito "folcloristiche" le norme italiane: "Il nostro paese - ha detto - ha un livello di complessità nell'ambito delle questioni industriali che non esiste in altre giurisdizioni.
Le implicazioni di questa decisione sulla situazione del business sono abbastanza drastiche, perché tutto diventa tipicamente italiano e quindi molto difficile da gestire. Allo stesso tempo, nei miei viaggi in Cina, negli Usa o altrove non vedo nessuno veramente interessato a questa decisione, non c'è nessuno che fa la fila per venire a investire in Italia. Non credo che cambierà nulla, si renderà solo tutto più complesso".
 
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Fiat, tra sindacati, modelli e sentenze
tutti i nodi irrisolti fra Marchionne e l'Italia


L'ultimo scenario ipotizzato prevede la chiusura di uno stabilimento, ma la linea del "mercato su tutto" sta aumentando le difficoltà nel rapporto tra il supermanager e il Paese. Dietro l'uscita da Confidustria, la guerra alla Fiom, le critiche a giudici e leggi resta soprattutto l'incertezza sul progetto complessivo per il futuro

di SALVATORE MANNIRONI Lo leggo dopo
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Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e Chrysler
ROMA - L'ultimo scenario disegnato da Sergio Marchionne, con la possibilità di chiudere uno stabilimento in Italia 1 se dovesse perdurare l'attuale crisi del mercato auto, rappresenta l'apice estremo nel rapporto sempre più incerto tra l'amministratore delegato del Lingotto e il Paese. Non si tratta, infatti, solo di relazioni sindacali rese complicate e spesso conflittuali dalle scelte recenti del manager. Le stesse difficoltà e le incomprensioni segnano i rapporti con la politica, la magistratura e persino le leggi italiane, non adeguate, secondo Marchionne, al resto dell'Occidente industrializzato, al punto da essere "folcloristiche".

Con la sua dichiarazione sull'esistenza di "uno stabilimento a rischio in Italia se non si riuscirà a produrre per gli Stati Uniti", il manager italo-canadese ha riacceso la polemica, creando qualche irritazione anche negli ambienti di governo, finora rimasti abbastanza alla finestra rispetto alle "guerre" dell'Ad. Marchionne, del resto, conferma la sua abitudine di fare discorsi ipotetici e di scenario possibile - perché sempre riferiti all'andamento del mercato -, che però lasciano i suoi interlocutori "istituzionali" davanti a una costante incertezza. Ecco dunque i nodi irrisolti e i principali punti interrogativi, sul futuro della Fiat in Italia, rimasti senza risposta.

Fabbrica Italia - Lanciato nell'aprile del 2010, poco più di due anni fa, il piano di investimenti avrebbe dovuto garantire tra due anni la produzione negli stabilimenti italiani di 1,4 milioni di auto. A oggi ne mancano all'appello circa 900mila, mentre da più parti si contesta al gruppo l'assenza in termini di nuovi modelli.

Il caso Pomigliano - Lo stabilimento campano della Fip (Fabbrica Italia Pomigliano), dove si produce la nuova Panda, è il terreno di scontro principale con la Fiom perché da qui è stata determinata l'uscita di Fiat da Confindustria e sperimentata la nascita di una fabbrica scientificamente costruita senza i metalmeccanici della Cgil. La garanzia di riassunzione di tutti i 5.000 cassintegrati del vecchio stabilimento è scritta nell'accordo con i sindacati, ma non viene rispettata "perché al momento il mercato non lo consente". Restano fuori a oggi circa 2.000 lavoratori

Termini Imerese - La chiusura dello stabilimento siciliano è avvenuta il 31 dicembre scorso, ma ufficialmente i cassintegrati di Termini Imerese sono ancora dipendenti del Lingotto fino a fine anno. Il programma di rinconversione del polo auto, però, sta segnando il passo e Regione e governo chiedono che la Fiat non si tiri indietro di fronte all'assai probabile fallimento del tentativo dell'imprenditore Di Risio 2 di rilevare la fabbrica siciliana e riassorbire gli operai.

Il futuro di Mirafiori - Il destino dello stabilimento-madre sembra al momento il più incerto. Era stata programmata la riconversione delle linee produttive per ospitare la produzione di un modello Jeep Chrysler per il mercato europeo. Due giorni fa l'azienda ha annunciato tre settimane di cassa integrazione per 5mila dipendenti 3, in massima parte impiegati e tecnici e 500 operai. Il polo torinese, poi, teme il possibile trasferimento della sede legale che ritorna periodicamente nei ragionamenti di Sergio Marchionne. Timori efficacemente riassunti oggi da Giorgio Airaudo, responsabile auto per la Fiom, nello scenario di Mirafiori come "un teatro di posa per produzioni fatte altrove".

Il rapporto con i sindacati - Con la Fiom ormai la Fiat parla solo nei tribunali. Sono quasi venti i giudici del lavoro sparsi per l'Italia chiamati a decidere sui ricorsi dei metalmeccanici Cgil contro la violazione dei diritti sindacali e costituzionali nelle fabbriche del gruppo, dove, sulla base dello stesso Statuto dei lavoratori, l'azienda nega alla Fiom la possibilità di svolgere attività sindacale e rifiuta di operare le trattenute in busta paga per la quota sindacale degli iscritti Fiom. Ma anche con gli altri sindacati, quelli che hanno accettato di firmare l'accordo di gruppo, il rapporto è meno idilliaco di qualche tempo fa. Fim, Uilm e Fismic hanno appoggiato l'azienda nel chiedere ai lavoratori sacrifici in cambio di prodotti e occupazione. Ora che scarseggiano sia gli uni che l'altra anche i sindacatii del sì si preparano a chiedere il conto.

Il dialogo con il governo - Nei mesi scorsi, al termine di un lungo colloquio con Sergio Marchionne, Mario Monti aveva detto che nessuno può costringere un'azienda a rimanere in un territorio. Era un'apertura di credito davanti alle assicurazioni fornite dal manager. Ma oggi praticamente tutte le forze politiche chiedono che Palazzo Chigi convochi la Fiat per avere chiarezza sulle mosse future.

Lo "scontro" con la magistratura - Più della metà dei giudici chiamati a decidere sui ricorsi della Fiom hanno dato ragione al sindacato. Ma la giustizia del lavoro si è divisa tanto che alla fine è stata investita della questione la Corte costituzionale. Sarà la Consulta, probabilmente, a decidere dunque se l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, come applicato nel gruppo Fiat - con l'esclusione dall'attività sindacale delle sigle che non hanno firmato il contratto di gruppo - contrasti o meno con gli articoli della Costituzione che vietano la discriminazione dei lavoratori sulla base dell'appartenenza a un sindacato. Intanto, però, Fiat ha trovato modo di "aggirare" la sentenza sul caso Melfi 4, riassumendo i tre licenziati (due delegati Fiom), ma relegandoli in uno stanzino e fuori da ogni attività produttiva; ed ha impugnato il verdetto che imponeva, stavolta a Pomigliano, la riassunzione di 145 lavoratori (tutti iscritti Fiom), minacciando, in caso di esecutività della sentenza, di metterne altrettanti in cassa integrazione o in mobilità.

Le regole "folcloristiche" - Il problema è che, rispetto all'esperienza fatta in Chrysler e negli Usa, Marchionne in Italia ha a che fare con una "elasticità" assai minore anche delle leggi in fatto di libertà d'impresa, soprattutto se questa finisce per confliggere con i diritti dei lavoratori. Commentando dalla Cina il verdetto che gli imponeva la riassunzione dei 145 operai Fiom, l'Ad di Fiat e Chrysler ha annunciato il ricorso parlando di "un evento unico che interessa un particolare paese che ha regole particolari che sono folcloristicamente locali" 5.
"Le implicazioni sulla situazione del business in Italia - aveva aggiunto - sono drastiche, perché l'Italia ha un livello di complessità nella gestione del mondo industriale che è assente nelle altre giurisdizioni. Tutto diventa puramente italiano, facendo diventare tutto difficile da gestire". Per questo, secondo Marchionne, non c'è la fila per venire a investire in Italia.

Il nodo della "tranquillità industriale" - "Il problema in Italia - ha detto ancora ieri Sergio Marchionne - è che fino a quando non riusciamo a trovare un accordo per mantenere un livello di tranquillità industriale per produrre vetture e anche per esportarle, diventa difficile guardare agli impianti italiani come risposta al mercato europeo". Cosa vuol dire "tranquillità industriale"? In parte, Fiat l'aveva spiegato nella nota in cui annunciava il ricorso contro il verdetto dei 145 6 (la predominanza delle esigenze del mercato sui diritti dei lavoratori). Ieri il supermanager ne ha dato un'idea citando il recente accordo per la produzione della Vauxhall (Gm) in Gran Bretagna: 51 settimane lavorative, tre turni e sabato obbligatorio quando lo richiede il mercato. (04 luglio 2012)
 
FIAT VOLUNTAS DETROIT - “LA CASA ITALIANA HA BISOGNO DI UNA TRASFUSIONE DA DETROIT PER RISOLLEVARSI DALLA CRISI IN CUI È PIOMBATA” - IL “FINANCIAL TIMES” SOTTOLINEA L’IRONIA: MARCHIONNE DA SALVATORE DI CHRYSLER ORA NE È DIVENTATO DIPENDENTE: GLI STABILIMENTI ITALIANI LAVORANO AL 53%, FIAT È TROPPO ESPOSTA NEL DEPRESSO MERCATO EUROPEO ED È ASSENTE IN ASIA - IL TITOLO AFFONDA A MILANO (-5%) SULLA SCIA DEL BARATRO PEUGEOT…



1- FIAT: FORTE CALO IN BORSA (-5%), EFFETTO CRISI PEUGEOT
(ANSA) - Fiat pesante in Borsa dove perde il 5% in scia al tonfo di Peugeot a Parigi. Le azioni del Lingotto quotano circa 3,89 euro e sono già state protagoniste di una sospensione al ribasso. Moody's ha fatto sapere che potrebbe tagliare il rating su Psa Peugeot Citroen, considerata la difficile situazione finanziaria del gruppo automobilistico che brucia circa 200 milioni di cassa al mese. La casa transalpina ieri ha tagliato 8 mila posti di lavoro e chiuso uno stabilimento.
MARCHIONNE ALLA FIAT IN SERBIA

(ANSA) - Fiat guarda a Chrysler nell'ora del bisogno e così si ribaltano i ruoli tra le due case automobilistiche. E' quanto scrive oggi il Financial Times, spiegando che nel 2009 fu Fiat a soccorrere Chrysler mentre ora é la casa torinese ad aver bisogno "di una trasfusione di sangue proveniente dall'altra sponda dell'Atlantico" per cercare di risollevarsi dalla crisi in cui è precipitata. I problemi del Lingotto, sottolinea l'Ft, sono aggravati dal fatto che l'azienda dipende troppo dal mercato italiano, sia per quanto riguarda la produzione che le vendite.

Gli stabilimenti Fiat in Italia lavorano al 53% della loro capacità produttiva, la più bassa tra quelli del gruppo presenti in Europa. Inoltre su Fiat pesa anche una debolezze strutturale importante, aggiunge il quotidiano della City. E' troppo esposta su un mercato depresso come quello europeo, è quasi del tutto invisibile in Asia e anche se è adeguatamente posizionata in America Latina, su quel mercato non è tanto forte. Ma il Lingotto possiede "un asso nella manica", sottolinea l'Ft, ossia il "Nord America e Chrysler".

La casa torinese con Sergio Marchionne è riuscita a salire al 61,8% di Chrysler, arrivando all'80% può centrare il "jackpot", sbloccando il tesoro di "Chrysler e mettere le mani su 8 miliardi di euro di ricavi". E per un'azienda che "sta bruciando soldi in Europa, una cifra simile è un sogno", afferma il giornale. Infine, prosegue il quotidiano londinese, la cosa più interessante da vedere sarà fino a che punto Fiat si piegherà alle pressioni politiche, sociali e legali in Italia ed investirà nel Paese i ricavi di Chrysler. Marchionne dice che la Fiat non può continuare a fare eccezioni per il sistema Italia, "ma un giorno queste parole", conclude l'Ft, "si riveleranno o aria fritta o la dichiarazione più coraggiosa mai fatta da un imprenditore italiano".
 
L’INIZIO DELLA FINE - MARPIONNE CHIUDE POMIGLIANO DAL 20 AL 31 AGOSTO E MANDA IN CASSA INTEGRAZIONE 2150 LAVORATORI - ANCHE A CASSINO TREMANO: SCIOPERO CONTRO L’IPOTESI DI CHIUSURA E PER CHIEDERE NUOVI INVESTIMENTI AL LINGOTTO IN FUGA - CURZIO MALTESE: “DOV'ERA LA POLITICA MENTRE MARCHIONNE SMANTELLAVA LA FIAT? LA FIAT HA USATO IL GENEROSO SOSTEGNO PUBBLICO PER CHIUDERE UNO DOPO L'ALTRO GLI STABILIMENTI E PORTARE LA PRODUZIONE ALL'ESTERO”...



1 - FIAT: CRISI MERCATO,STOP POMIGLIANO DA 20 A 31 AGOSTO...
(ANSA) - Stop per lo stabilimento Fiat di Pomigliano dal 20 al 31 agosto a causa della crisi del mercato dell'auto. Lo comunica la Fiat dalla quale si apprende che saranno messi in cassa integrazione ordinaria 2.150 lavoratori dello stabilimento campano. La fabbrica campana - precisa la Fiat - si fermerà per due settimane dopo la pausa estiva e "nei prossimi mesi la situazione sarà oggetto di continuo monitoraggio".

La Fiat spiega che, in una situazione di crisi del mercato dell'auto (in Italia ai livelli del 1979), "l'equilibrio fra produzione e domanda è stato realizzato con periodici ricorsi a sospensioni della produzione nei vari stabilimenti con utilizzo della cassa integrazione". "Per lo stabilimento di Pomigliano, in salita produttiva dall'inizio dell'anno - sottolinea la Fiat - non era stato fino ad oggi necessario alcun intervento. Oggi, però - conclude - la situazione impone di ridurre la produzione per evitare inutili e costosi accumuli di vetture".

(ANSA) - Sciopero di otto ore oggi nello stabilimento Fiat di Piedimonte San Germano, vicino a Cassino, in provincia di Frosinone. La protesta è scattata questa mattina per contestare l'ipotesi di accorpamento della fabbrica con Pomigliano e per chiedere all'azienda torinese interventi e investimenti per assicurare lo sviluppo del più importante stabilimento della Ciociaria e del Lazio con i suoi 3900 dipendenti oltre ai circa seimila dell'indotto.

Lo sciopero è stato proclamato dalla Fiom che oggi pomeriggio terrà anche una manifestazione di protesta nella piazza del municipio di Piedimonte San Germano per dire no alla chiusura dello stabilimento, che causerebbe duemila esuberi, e chiedere interventi di rilancio della fabbrica, dove dalla fine del 2010 c'é una linea di produzione ferma e,secondo i sindacati, si va avanti con attività a scartamento ridotto.


3 - DOV'ERA LA POLITICA MENTRE MARCHIONNE SMANTELLAVA LA FIAT?
Curzio Maltese per "il Venerdì di Repubblica"

Dov'era la politica mentre Marchionne smantellava la Fiat?
Nel giorno della morte di Sergio Pininfarina, simbolo di un'Italia dove si costruivano le più belle automobili del mondo, un altro Sergio, il solito Marchionne, ha detto che in Italia c'è uno stabilimento Fiat di troppo. Poiché ormai si contano sulle dita di una mano, molti ne hanno dedotto che si riferisse a Termini Imerese. Quando nel 2004 Marchionne divenne amministratore delegato della Fiat, un amico esperto del settore commentò: "Ecco l'uomo che distruggerà l'industria dell'automobile in Italia".

La profezia si è quasi avverata in pochi anni, per quanto certo Marchionne abbia soltanto portato a termine un lavoro cominciato dai suoi predecessori. Vent'anni fa, in un mercato dove non s'erano ancora affacciate le nuove potenze, dalla Cina al Brasile, in Italia si producevano ancora due milioni di automobili ogni anno. Ora siamo scesi a 400 mila, meno di Slovacchia e Polonia, la metà dell'Inghilterra, che non ha più marchi nazionali, un quarto della Spagna e un decimo della Germania.

Da grande nazione esportatrice siamo diventati l'unica potenza industriale che importa automobili dall'estero. All'alba della globalizzazione la politica sbagliò tutte le scelte possibili. Favorì il monopolio Fiat, spesso con aiuti di Stato, scoraggiò gli investimenti dall'estero al grido di "non passa lo straniero", escogitò mille incentivi, dalle rottamazioni in giù, per convincere gli italiani a comprare sempre più automobili. Purtroppo, con successo.
Grazie anche alle peggiori ferrovie d'Europa, l'Italia è il secondo Paese del mondo per densità di automobili, dopo gli Stati Uniti.

Con la differenza che gli Stati Uniti sono un mezzo continente e noi un budello di terra fragile e affollata. Il senso di tanti sforzi, soprattutto da parte dei contribuenti, era di mantenere in Italia una grande industria dell'auto e milioni di posti di lavoro. Disgraziatamente, la Fiat invece ha usato il generoso sostegno pubblico per chiudere uno dopo l'altro gli stabilimenti e portare la produzione all'estero. Non staremo a fare la morale ai manager industriali, che fanno il loro mestiere.

Per quanto, certo, i vertici Fiat avrebbero potuto risparmiarci una stucchevole retorica patriottarda. È la politica che non ha fatto il suo mestiere. Per vent'anni ha assistito e anzi contribuito alla catastrofe della più importante industria d'Italia senza farsi venire un'idea, senza studiare una strategia. Il comico che andava di moda allora in politica, Berlusconi, ha al massimo suggerito di produrre soltanto Ferrari. Eppure la crisi dell'auto è stata la prima causa della mancata crescita economica e in generale del declino industriale del Paese. Ora se la prendono tutti con Monti o la Fornero, che sono arrivati sei mesi fa. Ma prima, per vent'anni, dov'erano?

vale anche per te caro maltese: tu dov'eri ? ad applaudire Prodi che faceva le campagne rottamazioni ?
 
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fiat kaputt

1- LA TRUFFA DELLE AUTO IMMATRICOLATE: ALTRO CHE NEGATIVI, I DATI DI VENDITA DELLE AUTO IN ITALIA SONO DISASTROSI! MA VENGONO TRUCCATI: NEGLI ULTIMI TRE GIORNI DEL MESE OGNI CASA AUTOMOBILISTICA IMMATRICOLA MIGLIAIA DI AUTO: SOLO LE COSIDDETTE “KM ZERO”, TARGATE SENZA ACQUIRENTE. RIEMPIONO I PIAZZALI DEI CONCESSIONARI E VENGONO POI VENDUTE SOTTOCOSTO CON GUADAGNI IRRISORI PER I PRODUTTORI - 2- CHI È IL NUMERO UNO DELLE “KM ZERO”? FACILE, LA FIAT DI MARPIONNE! SOLO AD AGOSTO HA “VENDUTO” 12.165 AUTO, DI CUI BEN 8.136 NEGLI ULTIMI GIORNI: OLTRE IL 66% È QUINDI A “KM ZERO”! (CHISSÀ QUANTI QUOTIDIANI DOMANI RIPRENDERANNO QUESTA NOTIZIA) -


marchionne-versione-venditore-187055.jpg

http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-65487/406930.htmRiccardo Celi per "Linkiesta.it"

Il mercato dell'auto va male? No, va peggio: le statistiche "riservate" di agosto dicono che quasi la metà delle vetture nuove ha ricevuto la targa negli ultimi tre giorni del mese. Quasi tutte "km zero" senza un cliente, che poi vengono svendute. E la Fiat di Sergio Marchionne?

Nel mese di agosto appena concluso le immatricolazioni di auto nuove in Italia hanno segnato un nuovo picco negativo: appena 56.447 esemplari, con un calo del 20,23% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Il gruppo Fiat, che ha registrato complessivamente un -20,53%, ha dunque seguito quasi esattamente l'andamento del mercato. Numeri che hanno fatto masticare amaro l'ad Fiat Sergio Marchionne, il quale ha dichiarato di non aver mai visto, in quel mese, risultati così bassi e di temere che «la luce in fondo al tunnel [del mercato, ndr] potrebbe essere quella di un treno».


Sergio Marchionne fiat

In realtà, probabilmente Marchionne è preoccupato da ben altre cifre, quelle che vengono di solito fornite agli addetti ai lavori e che le statistiche ufficiali non rivelano. Sono i numeri delle vetture immatricolate negli ultimi tre giorni del mese, ossia quando i concessionari si precipitano a targare valanghe di auto che, in massima parte anche se non tutte, sono "km zero", ossia esemplari che non hanno ancora dei veri clienti, ma che le concessionarie si auto-immatricolano per raggiungere i loro obiettivi di vendita o, più frequentemente, quelli "suggeriti" dalle rispettive case automobilistiche.
Queste vetture, assolutamente nuove e diverse dalle altre semplicemente perché hanno già ricevuto una targa, per poter essere smaltite devono poi essere vendute a prezzi ulteriormente scontati rispetto a quelle identiche, ma ancora da immatricolare. Insomma, le "km zero" rappresentano un vero terzo mercato oltre a quello del nuovo e dell'usato, che permette di gonfiare i numeri ufficiali dichiarati da ogni costruttore e di vantare risultati di vendita e percentuali di penetrazione sul mercato in realtà del tutto fittizie.


SERGIO MARCHIONNE

Un giochetto che però costa caro, perché per i concessionari i margini di guadagno sulle "km zero" sono quasi nulli rispetto a quelli, già striminziti, generati dalle auto senza targa, mentre la cosa impatta ovviamente anche sulla redditività delle case, costrette comunque a supportare le reti di vendita con dei contributi in denaro che servono a rendere le "km zero" più appetibili per i clienti. In pratica, le "km zero" contribuiscono a svuotare i piazzali delle case automobilistiche (ma non quelli dei concessionari, che invece si riempiono ancora di più in attesa che il cliente arrivi), ma drogano i numeri del mercato e assottigliano ulteriormente i margini già risicati della filiera della distribuzione automobilistica e anche quelli dei costruttori.


MARCHIONNE ALLA FIAT IN SERBIA

Linkiesta è riuscita a procurarsi le tabelle riservate con le immatricolazioni "last minute", le quali mostrano una realtà devastante, che evidenzia un mercato "vero" ridotto assai peggio di quanto non dipingano le statistiche ufficiali: di quelle 56.447 vetture, infatti, quelle immatricolate in fretta e furia tra il 29 e il 31 agosto sono state ben 27.019, cioè il 47,87 per cento. E non si tratta di una sporadica pratica estiva, ma di un'attività abituale, che imperversa ogni fine mese ormai da anni.


MARCHIONNE FIAT

Purtroppo per l'ad Fiat, è proprio il gruppo che lui dirige a mostrare complessivamente grande solerzia nella corsa alle immatricolazioni dell'ultima ora: delle 12.165 Fiat targate nell'intero mese di agosto, 8.136, cioè il 66,88%, lo sono state negli ultimi tre giorni. E per gli altri marchi del gruppo le cose non sono andate meglio: per Alfa Romeo le "last three days" sono state 1.136 su 1.618 (68,97%), per Lancia 1.755 su 2.613 (67,16%) e per i marchi Chrysler/Jeep/Dodge, presi nel loro insieme, 149 su 293 (il 50,85%).


Insomma, tutti i marchi del gruppo Fiat mostrano percentuali di immatricolazioni negli ultimi tre giorni assai superiori a quel già tremendo 47,87% che rappresenta la media del mercato italiano. Gli stessi dati letti sotto un'altra luce spiegano che la media delle immatricolazioni in Italia dell'intero gruppo Fiat è stata in agosto di 553 auto al giorno, ma negli ultimi tre giorni il valore è schizzato a ben 2.712 pro/die, e dunque è crollato a 212 auto se non si tiene conto delle targhe richieste il 29, 30 e 31 del mese.
Le "km zero" si vendono a prezzi maggiormente scontati rispetto agli esemplari mai targati prima. In un certo senso, quindi, il fatto di venderle targate (e quindi già con un proprietario che appare sui documenti) costituisce un artificio per piazzarle a un prezzo largamente ribassato rispetto a quello di listino, e magari ancora più basso di quello già scontato dalle campagne promozionali. Insomma, si può parlare di vendite "sottocosto".


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-65487/330182.htm Per amor di verità, va detto che la corsa alle immatricolazioni non è una specialità esclusiva di Fiat, ma un fenomeno che interessa tutte le marche, e se il gruppo italiano è primo come gruppo, viene battuto da un marchio che risulta il primo in classifica: la giapponese Honda, anche se con numeri complessivi ormai ridotti al lumicino rispetto alle dimensioni globali del mercato italiano.


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-65487/294574.htm Infatti, delle 380 Honda immatricolate in Italia in agosto, 301 (cioè, un davvero preoccupante 79,21%) lo sono state negli ultimi tre giorni del mese. All'estremità opposta della classifica troviamo invece Porsche, che di vetture ne ha immatricolate con questa modalità solo 12 su 128 (il 9,38% del totale), seguita dalla DR dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio (quello che voleva/vorrebbe rilevare l'ex-stabilimento Fiat di Termini Imerese ora chiuso), che ne ha immatricolate appena 4 su 27, ma che come marca è praticamente quasi scomparsa dal mercato.


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-65487/293413.htm L'abitudine al superlavoro di fine mese non risparmia neppure le marche col blasone e altri grandi costruttori, sia europei, sia coreani: infatti, sono state targata del 29 al 21 agosto anche 973 delle 1.650 BMW (58,97%), 303 delle 568 Mini (53,35%), 2.235 delle 4.123 Ford (54,21%) e 906 delle 1.750 Hyundai (51,77%).


http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-65487/250394.htmMeno incline a ingolfarsi di "km zero" da rivendere, invece, appare il gruppo Volkswagen (non a caso, uno dei costruttori che, in Italia e anche in Europa, sembra reggere meglio all'urto della crisi che affligge il mercato: solo 1.509 delle 5.084 Volkswagen immatricolate in Italia in agosto (il 29,68%) ha ricevuto le targhe dal 29 al 31 del mese, mentre Audi fa ancora meglio: 538 auto su 2.213, il 24,30 per cento. E a questo proposito, è singolare che Sergio Marchionne, alla guida di un gruppo che in Italia immatricola centinaia di migliaia di auto "km zero" da vendere poi sottocosto o quasi, in un'intervista del 26 luglio all'International Herald Tribune che resterà negli annali abbia tuonato contro il gruppo Volkswagen, al contrario molto cauto in questa specialità, accusandolo di aver provocato un «bagno di sangue sui prezzi» per colpa dei troppi sconti. I numeri, infatti, dimostrano che il campione delle auto superscontate, almeno in Italia, è proprio Marchionne.
 

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