Crisi euro – Spagna insolvente, ma Bce e Germania non la lasceranno fallire
Banche spagnoe al collasso, un intero settore disastrato da bolla immobiliare e crollo dei consumi, urge una mega ricapitalizzazione, la BCE sta studiando un intervento dato che il governo iberico non può farcela da solo.
3 giugno 2012 , ore 10:51 - 1 Commento
La crisi del debito sovrano europeo ha oramai spostato il proprio baricentro più ad ovest.
Nelle cronache quotidiane, da giorni, la Spagna sta facendo la parte del leone, mentre non si sente più parlare della Grecia.
Il paese ellenico, probabilmente tornerà a far parlare di sè in occasione delle elezioni del 17 giugno, ma anche in quell’occasione a prescindere da cosa succederà, non si attendono reazioni drammatiche.
Ormai il paese è finanziariamente distrutto ed economicamente al collasso, se a questo aggiungiamo che ‘esposizione delle banche dell’Eurozona non supera i 260, si capisce come mai la sorte della Grecia non interessa più di tanto.
Detto così, non e certo bello, ma purtroppo la realtà a volte non è bella nè da sentirsi, nè tanto meno da vedersi, ma rimane comunque la realtà dei fatti.
Era prevedibile che una volta alleggeriti i portafogli dei maggiori gruppi bancari, il destino della Grecia fosse predestinato al fallimento, che questo avvenga prima della nuova stagione o dopo non è più di grande interesse per al classe politica europea.
L’attenzione ora si è spostata sulla Spagna, che con un debito/Pil che rischia di balzare a fine anno attorno all’80% fà molta più paura.
In particolare il timore è suscitato dalle condizioni delle banche spagnole.
I maggiori istituti di credito iberici, sono infatti fortemente esposti alla crisi immobiliare che prosegue da anni e che secondo gli esperti, dovrebbe vedere anche nel 2012 prezzi in ulteriore discesa.
Con gruppi immobiliari e delle costruzioni in crisi, anche di primissimo livello come Metrovecesa, tanto da non escludere nuove fusioni tra operatori e qualche fallimento.
Per questo motivo, il governo di Madrid, ha chiesto agli istituti finanziari di aumentare le riserve di altri 35 miliardi, che si aggiungono ai 54 miliardi già stanziati.
Condizione, che a sentire alcuni intermediari esteri, non sarebbe comunque sufficiente, Barclays stima svalutazioni e perdite legate al comparto immobiliare per ulteriori 200 miliardi di euro.
Gli analisti di Kairos Partners, segnalano come sia probabile che “la Spagna, in queste ore, stia trattando un salvataggio internazionale da 300-400 miliardi.
Per ragioni di prestigio, e per evitare panico sui mercati,probabilmente verrà fatto passare sotto altro nome, aggiungono da Kairos, ma in sostanza, come ha dichiarato più “ruvidamente” il chief strategist dei Lloyds, la Spagna “è nella sostanza insolvente”.
Oltre a Bankia, già nazionalizzata al 45% e che avrà bisogno di altri 19 miliardi di euro di capitali per evitare il default, sono saltate già altre tre casse di risparmio, a cui necessitano almeno una decina di miliardi di euro di aiuti di stato a testa per non chiudere i battenti.
Se a questo, si sommano altri 25 miliardi che potrebbero essere necessari a istituti quotati tipo CaixaBank, Banco Santander, Banco Popular Espanol, Bbva, Banco Espanol de Credito e Bankinter, si giunge ad una somma di 75 miliardi di fondi solo per il primo intervento, che potrebbe concludersi con una semi nazionalizzazione dell’intero settore creditizio spagnolo.
Si capisce quindi, come il problema del settore bancario spagnolo, non sia nazionale ma europeo, alla stessa stregua di quanto successo con la Grecia.
Mentre nel caso ellenico, l’istituto più esposto era di nazionalità francese, nel caso spagnolo, troviamo in prima fila alcune banche tedesche come, Deutsche Bank e Commerzbank, per un esposizione totale pari a 112 miliardi di euro, da qui nasce l’impressione che qualcosa per la Spagna si farà.
Certo la Spagna non ha le dimensioni della Grecia, il problema qui è molto più serio, anche perché diversamente dalla Grecia, la crisi non nasce dalla dissolutezza ma da un delevaraging e da un credit crunch che prosegue a rapida velocità.
A questo, va aggiunto il crollo del mercato del lavoro, con una disoccupazione a fine aprile pari al 24,3%, che sta distruggendo la domanda interna.
In sintesi le prospettive non sono affatto rosee, per ora si prevede un ulteriore aumento della fase recessiva, con primi segnali di una graduale ripresa l’anno venturo, visto cosa è successo con la Grecia, non si può certo dormire sonni tranquilli, anche in virtù del fatto che a livello politico, l’attore europeo di “peso” è rimasto il medesimo.
La spinta che il premier spagnolo sta dando, nel tentativo di riformare il settore delle “caixas” oltre che il mercato del lavoro, recuperando competitività, dovrebbe consentire alla Spagna di non fare la fine di Grecia, Irlanda e Portogallo almeno formalmente.
Se a questo si aggiunge, un auspicabile determinazione della Bce, si dovrebbe evitare un numero eccessivo di fallimenti nel settore bancario.
Di fronte ad un quadro del genere, i consigli restano quelli di sempre, evitare di esporsi, restare liquidi, se proprio si vuole acquistare andare su strumenti monetari in valute forti o stabili, corone norvegesi, dollari americani, dollari australiani,sterline.
Non impegnarsi in investimenti con range temporale superiore ai 3 anni, approfittare del calo delle quotazioni di oro e metalli preziosi per puntare su qualche ETF.
Rimanere alla finestra nei confronti dei comparti azionari, in particolare per quello europeo.
Per chi ama il rischio, si sta invece aprendo la possibilità di acquisti sulla debolezza, quindi a quotazioni sotto stimate.
Strategia, messa in risalto dalle dichiarazioni degli analisti di Credit Suisse, che ritengono valida per tre motivi:
La Bce, continuerà a fare ogni sforzo per tenere uniti gli stati dell’eurozona, concedendo tempo alle autorità politiche per realizzare l’unione bancaria, primo passo verso un’unione politica sempre più necessaria per tenere in piedi il progetto comunitario.
Secondo, perché anche nel caso in cui le elezioni greche andassero alla sinistra estrema, non è detto che questa porti al Grecia fuori dall’Euro.
Responsabilità storica troppo grande da assumere, al di là delle dichiarazioni di rito, piuttosto ci si aspetterebbe una richiesta di rinegoziazione del piano di salvataggio comunitario.
Terzo, perché nel tempo, vi sono alcuni meccanismi di regolazione automatica, che aiuteranno l’economia mondiale ad affrontare “il deficit di crescita che è la causa principale della crisi dell’euro e delle difficoltà di bilancio degli Stati Uniti”.
Crescita, che avrebbe come conseguenza un miglioramento dei bilanci dei principali istituti di credito europei, consentendo a chi avrà saputo cogliere il momento migliore per un acquisto, di portare a casa cospicue plusvalenze.
Certo è più facile dirlo che farlo, ed onestamente questa tesi resta molto semplicistica, a confronto dei tanti problemi irrisolti che si stanno accumulando.
Difficile ipotizzare la nascita di una politica europea, se neppure all’interno dei singoli stati si riesce ad arrivare, seppure pressati da una crisi globale, ad equilibri tra le parti.
Il litigio tra Merkel e gli altri leader europei è ancora fresco, a testimonianza di quanto siano lontani i tempi per intese continentali.
Poi ognuno……….