“Europa Unita”: piano segreto di Draghi, Barroso, Juncker, Von Rompuy. Germania ridimensionata, accetterà?
L'intesa a quattro contro Berlino per arginare la crisi euro porterà all'isolamento della Germania
Oggi, ore 13:21 - 0 Commenti
Ieri, il settimanale tedesco “Welt am Sonntag” ha pubblicato un articolo-bomba, che sarebbe il frutto di alcune indiscrezioni fatte trapelare da alti esponenti dell’Unione Europea. Si tratterebbe di affermazioni, secondo le quali in Europa in questi giorni si starebbe lavorando a un piano segreto per cercare di riformare l’Eurozona. Il piano sarebbe stato abbozzato già per mano del governatore della BCE, Mario Draghi, del presidente della Commissione UE, José Manuel Barroso, del presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, del presidente della UE, Herman van Rompuy.
Il piano poggerebbe su quattro pilastri: riforme strutturali, riforma bancaria, riforma fiscale e riforma politica. Stando alle indiscrezioni, i quattro starebbero lavorandoci sù dal vertice UE dello scorso 23 maggio e sarebbe tenuto segreto per le implicazioni che esso comporterebbe, se fosse anticipato. L’obiettivo dei quattro sarebbe di presentare una vera e propria “road map” delle riforme al vertice europeo di fine giugno. Gli alti esponenti delle istituzioni europee avrebbero preso atto che così com’è l’Eurozona non funziona e che tutto il mondo ci chiede cosa fare da due anni, mentre non siamo stati in grado di dare risposte e sembra sia arrivato il momento di darle.
Le riforme strutturali per cambiare l’Europa
Partiamo dal primo pilastro: le riforme strutturali partirebbero da una revisione molto forte dei sistemi del welfare nazionali, mentre si punta anche a rafforzare il mercato interno. Il secondo pilastro è senz’altro uno dei più perniciosi e parte dalla consapevolezza che non avrebbe senso un’unione monetaria con debiti gestiti a livello nazionale. Pertanto, la proposta dei quattro sarebbe di creare strumenti di messa in comune dei debiti nazionali, puntando anche a una politica che sostenga maggiormente la crescita, pur senza rinunciare al risanamento dei conti pubblici.
Terzo punto, non meno complesso del precedente, riguarda la volontà espressa particolarmente dal governatore Draghi di giungere a un sistema più accentrato di sorveglianza sul sistema bancario, ritenuto la soluzione più ovvia per un’area che ha la stessa moneta.
Ultimo punto, infine, ha a che fare con la riforma delle istituzioni politiche, andando nella direzione di una maggiore integrazione e prendendo anche in considerazione l’ipotesi di una Europa a doppia velocità: ciò che mette d’accordo tutti sarà condiviso dalla UE-27, mentre il resto sarà solo per l’Eurozona. Ovviamente, quest’ultimo punto non esclude che le tensioni tra gli stati membri dell’Unione siano destinate a crescere, come è successo a marzo con Gran Bretagna e Repubblica Ceca, che non hanno firmato il Fiscal Compact, al contrario di tutti gli altri partner.
Chi è contro la Germania?
Ora, è evidente che i quattro pilastri su cui si reggerebbe l’intesa segreta tra i quattro alti funzionari della UE porteranno a uno scontro senza precedenti con Berlino, che già si coglie nel diverso significato che il governo di Angela Merkel vorrebbe assegnare al vertice di fine giugno. Da Berlino, infatti, si fa sapere che esso sarà finalizzato a stabilire alcuni punti fermi da qui ai prossimi mesi, ma che sarebbe sbagliato attribuire alla riunione un significato più ampio di quello che avrà nei fatti. Un modo sibillino, per stoppare sul nascere il clima di attesa verso la presentazione della succitata “road map” per le riforme, che i quattro vorrebbero fosse destinata a segnare la visione dell’Europa per almeno i prossimi 5-10 anni.
Quanto al merito, è indubbio che i “nein” dei tedeschi sugli Eurobond saranno ribaditi con maggiore forza. La Germania non ha alcuna intenzione di mettere in comune il suo debito con gli altri, perché si dovrebbe sobbarcare di decine di miliardi di euro all’anno di spesa per interessi in più da corrispondere agli investitori. Questo punto potrebbe anche determinare la disintegrazione dell’Eurozona, perché Berlino su ciò non ha intenzione di cedere e contrariamente alla vulgata comune, i tedeschi sarebbero anche disposti a mettere fine all’esperienza della moneta unica, pur di non mutare le basi su cui sono nati i Trattati di Maastricht. Neppure l’ipotesi graduale di introduzione degli Eurobond farebbe breccia nei cuori teutonici.
Altro punto altrettanto controverso resta quello dell’accentramento della vigilanza bancaria. Qui, la questione è di prestigio e di interesse. Quanto al primo, la Bundesbank teme di perdere quella centralità che ancora oggi le deriva, pur non stampando più moneta, dal fatto di supervisionare il sistema bancario più importante d’Europa. Ma i tedeschi temono che il maggiore accentramento corrisponda anche con un mutamento degli obiettivi della BCE, che potrebbe trasformarsi in un prestatore di ultima istanza, magari erogando liquidità agli istituti a rischio insolvenza, tramite l’Esm, il Fondo europeo di stabilità permanente.
Insieme al tema fiscale, quello della figura della BCE sarebbe il più esplosivo per i tedeschi, che fondano la loro visione economica sul monetarismo, tale per cui la banca centrale non può battere moneta per fronteggiare la crisi e non può immettere liquidità in circolazione per salvare stati nazionali o banche. Unico suo obiettivo sarebbe la lotta all’inflazione.
Non è un caso che il piano sia stato scritto segretamente e può non essere un caso che siano uscite queste indiscrezioni, magari appositamente volute dai quattro alti funzionari, al fine di tastare le reazioni ufficiose di Berlino.
Tuttavia, aldilà delle ragioni degli uni e degli altri, di certo non si può applaudire al testo sotto il profilo della caratura democratica. Se è vero che si punta a riformare l’Europa, è altrettanto indubbio che ciò dovrebbe passare per una maggiore vicinanza al sentire dei popoli, che dovrebbero così anche essere responsabilizzati nelle scelte strategiche da adottare. Ma molto difficilmente si potrebbe concludere che un piano “segreto” abbia quelle caratteristiche di coinvolgimento che oggi centinaia di milioni di europei chiedono. Sembra quasi un atto di sabotaggio sotterraneo contro Berlino, una controffensiva di pezzi di apparati europei contro i tedeschi. Forse avranno pure ragione, ma resta l’assenza di una visione partecipata delle istituzioni e delle loro scelte. Quello che tutti i test elettorali in Europa hanno chiaramente palesato.