Tagli stipendi parlamentari, la casta si ribella; Fini e Schifani rassicurano, si farà
I parlamentari cercano di raschiare il raschiabile, proponendo un emendamento alla manovra Monti che salvi qualche altro mese dei loro vergognosi stipendi
Oggi, ore 15:20 -
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La casta dei parlamentari, quella che tra le sua fila vede persone come Razzi, è in rivolta contro i tagli ai propri scandalosi stipendi previsti da una norma contenuta nella manovra Monti, il cosiddetto decreto Salva Italia.
Articolo 23 manovra Monti- all’articolo 23 della manovra, c’è una norma, più precisamente il settimo comma, che, se applicata, si tradurrebbe in un taglio consistente degli stipendi dei parlamentari, siano essi deputati o senatori; il taglio non sarebbe altro che un livellamento alla media europea.
Secondo tale comma, dal 1° gennaio 2012 gli stipendi di amministratori, consiglieri, sindaci e parlamentari verrà equiparato a quello dei colleghi europei; l’indennità di un parlamentare italiano è di 11.704 euro al mese al netto della diaria, mentre nell’Unione europea tale indennità mediamente tocca la cifra dei 5.339 euro, il 50% in meno. La norma andrebbe a colpire anche quasi tutte le autorità di garanzia, esclusa la Banca d’Italia.
Intervengono i pompieri Fini e Schifani – I presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, fanno però sapere in una nota che «
Come dimostrano anche le recenti decisioni autonomamente assunte dagli Uffici di Presidenza di Senato e Camera sulla nuova disciplina dei cosiddetti vitalizi, il Parlamento è pienamente consapevole dell’esigenza di dar vita ad atti esemplari e quindi anche di adeguare l’indennità dei propri membri agli standard europei, secondo quanto già votato in Aula nei mesi scorsi sia a Palazzo Madama che a Montecitorio. Non corrisponde pertanto al vero quanto ipotizzato da alcuni organi di informazione circa la presunta volontà del Parlamento di non assumere comportamenti in sintonia con il rigore che la grave crisi economica-finanziaria impone a tutti».
Fini e Schifani con questo comunicato cercano, e pensiamo non senza imbarazzo, di addolcire la verità agli italiani, una verità fatta di una pletora di personaggi che in Parlamento ci stanno solo per guadagnare, e non certo per rendere un servizio ai propri elettori, come dimostra l’allucinante vicenda Razzi.
La loro nota continua con la sollecitazione verso Enrico Giovannini, presidente Istat, «a concludere nel più breve tempo possibile i lavori della commissione», incaricata di studiare le indennità parlamentari in Europa, «per poter subito procedere» al tanto discusso taglio delle indennità in Italia.
Dunque sarà il presidente dell’Istat a redigere una relazione dalla quale si dovrebbe capire l’entità del taglio.
La verità di un Parlamento che non vuole rinunciare ai propri privilegi – In realtà la polemica, dopo l’annuncio dell’inserimento di un decreto all’interno della manovra Monti che parla appunto di un taglio delle indennità parlamentari, c’è stata eccome, anche se minimizzata da Fini e Schifani per esigenze di decoro.
La scusa addotta dai parlamentari è che questa norma rappresenta un vero e proprio attacco all’autonomia del Parlamento. Secondo quanto inserito nella manovra, infatti, da gennaio dovrebbe scattare immediatamente un taglio sulle attuali indennità parlamentari in modo da renderle adeguate a quelle dei colleghi di altri Paesi europei. Tutto questo dopo il taglio del vitalizio già effettuato.
Il senatore Benedetto Adragna, del PD (e questo la dice lunga su quanto sia trasversale l’attaccamento ai propri privilegi) sostiene che tocca a loro decidere come e quanto tagliare: “Quell’intervento, giusto nel merito, lede l’autonomia del Parlamento. Se non lo faranno prima i colleghi della Camera, il nostro collegio dei questori depositerà un emendamento correttivo. Puntiamo all’equiparazione ai parlamentari europei, con tutto ciò che ne consegue”.
Davvero non c’è limite alle facce di bronzo in questo paese.
Un emendamento alla manovra Monti per salvare i loro stipendi – Il parlamento italiano, con la scusa della propria autonomia, cerca di prendere tempo, e di salvare qualche altro stipendio da un taglio che prima o poi comunque ci sarà. La strada scelta è quella dell’emendamento, che rimanda tali tagli, in attesa della relazione del presidente dell’Istat.
P
er Massimo Corsaro, vice capogruppo del Pdl alla Camera “i tagli agli stipendi dei deputati possono aspettare”.
Viene la nausea a leggere queste dichiarazioni.
Si cercano tutte le scuse, tutti i cavilli, pur di raschiare ancora qualcosa, pur di salvare qualche altra decina di migliaia di euro a testa.
La casta è palesemente senza vergogna (ma quando mai ha avuto e mostrato vergogna?), nel cercare di tutelare se stessa persino in questo momento in cui chiede sacrifici ai cittadini, fa pagare ai lavoratori e ai pensionati, alle imprese e alle famiglie, il costo del risanamento.
Per Antonio Borghesi, vice capogruppo Idv alla Camera, “
è proprio la politica che dovrebbe dare il buon esempio e rinunciare ai propri privilegi in un momento difficile per tutto il Paese. È proprio da questo atteggiamento di autotutela che nasce l’indignazione popolare ed il sentimento dell’ antipolitica, che allontana i cittadini dalla vita pubblica. È stata scritta una brutta pagina, ma l’Italia dei Valori non demorde e continuerà questa battaglia di trasparenza e di giustizia sociale a nome di tutti i cittadini che sono stanchi di essere presi in giro”.
Per Fini e Schifani la norma era scritta male - Nella nota dei due presidenti delle Camere “
la norma era scritta male perché non è possibile intervenire sulla materia per decreto. Questo argomento è prerogativa delle Camere e il Parlamento valuterà adeguatamente. Escludo un’azione di contrasto tra Parlamento e governo su questo argomento“. Pur riconoscendo ai due presidenti un comportamento spesso esemplare, questa volta è palese il tentativo di coprire con un velo pietoso lo spettacolo indecoroso di questo Parlamento. Un velo che invece è giusto dissipare con coraggio.