Cazzeggiando per il web,,ho incontrato queste news..

EBITO/RATING: E' ORA DI BOCCIARE GLI USA
di WSI

Forse gli States sono al sicuro dal caos europeo, ma c'e' chi crede che la tripla A dovrebbe esser tagliata e lo fa scrivendo direttamente alle tre agenzie sorelle, considerate ormai all'unanimita' inutili, viziate e...sempre in ritardo.


Gli Stati Uniti saranno anche al sicuro dai tumulti europei, i cui Paesi periferici - i famigerati PIIGS - sono alle prese con una crisi del debito sovrano senza precedenti, ma c'e' chi ha buoni motivi per credere che la tripla A dovrebbe esser tagliata e lo fa scrivendo direttamente alle tre agenzie sorelle, considerate ormai all'unanimita' da molti investitori di spicco, inutili, viziate e... spesso in ritardo.

La provocazione arriva dalla societa' di ricerca Weiss Group, che lancia il guanto di sfida al predominio assoluto delle agenzie di rating sul credito proponendo di "strappare il rating di tripla AAA dalle mani del governo Usa", che non se lo merita.

In una lettera aperta inviata alle tre sorelle Standard & Poor's, Moody's e Fitch, che ricordano un po' le superbe protagoniste della favola di Cenerentola, Martin Weiss suggerisce che il rating venga tagliato, pur riconoscendo il caos che ne seguirebbe.

Ovviamente una tale decisione equivarebbe ad una dura punizione per i Treasury e provocherebbe un'impennata dei tassi di interesse. Tuttavia, secondo Weiss, lasciare immacolato il rating avrebbe un effetto persino peggiore. Perche' darebbe al Congress un free pass per continuare ad ampliare il debito pubblico e incoraggiar gli investitori a comprare titoli di Stato e bond, i cui bassi rendimenti non non giustificano tra l'altro i pericoli presi.

Ma "la cosa peggiore", continua Weiss, e' che "continuando a ribadire il rating di tripla AAA, si contribuisce a creare un senso illusorio di sicurezza-- la ricetta perfetta per un possibile collasso del mercato del debito sovrano statunitense".

Le agenzie di rating sono state criticate per aver fallito nella loro missione principale: quella di captare per tempo i pericoli dei mercati. Un esempio lampate e' quello offerto dallo scoppio della bolla immobiliare.

Le tre sorelle hanno continuato ad affibiare voti alti ai bond legati ai mutui subprime, finche' non era ormai troppo tardi. Sono state troppo lente anche nel tagliare i rating delle compagnie di assicurazione, prendendo sotto gamba quei problemi gravi che nei primi anni '90 hanno poi portato ad un'ondata dei fallimenti nel settore vita.

Come poi dimenticare l'episodio Enron, che ha potuto vantare un rating investment grade sino a pochi giorni prima della sua disintegrazione.

Se solo fossero intervenute per tempi, le societa' avrebbero agito in fretta per rimpolpare di liquidita' i propri bilanci. Declassare ora il debito degli Stati Uniti potrebbe costringere il governo a mettere in ordine i propri conti di bilancio.

In un'intervista concessa a Forbes, Weiss ha detto di non avere un rating preciso in mente. "Temo solo per quello che accadra' se non si sbrigano".

Ma non sono solo gli Stati Uniti a dover essere declassati, anche Europa e Giappone dovrebbero ingerire la stessa dolorosa pastiglia. Come gia' rilevato in un articolo pubblicato da Wall Street Italia qualche giorno fa, non ci sono abbastanza fondi nel mondo per riuscire a liberare tutti i Paesi del mondo dai dei loro debiti a lungo termine enormi.

Weiss non e' pero' un osservatore disinteressato. Tutt'altro, e' un concorrente. A differenza di Moody's, S&P e Fitch, che sono pagate dalle imprese che emettono titoli del debito, il gruppo Weiss Ratings riceve compensi dagli investitori.
 
BANCHE E SUBPRIME: ECCO COME MORGAN STANLEY AVREBBE INGANNATO GLI INVESTITORI
di WSI-IL SOLE 24 ORE

La dinamica sarebbe la stessa seguita da Goldman Sachs: la banca avrebbe impacchettato dei prodotti finanziari che includevano vari titoli immobiliari con il marchio di fabbrica. Peccato però che la banca abbia poi giocato contro questi...


È arrivato il turno di Morgan Stanley. Anche la prestigiosa banca d'affari americana è sotto il microscopio degli inquirenti per aver condotto operazioni non del tutto trasparenti nel settore mutui immobiliari, cartolarizzazioni e connessi, in particolare su pool di obbligazioni CDO (collateralized-debt obligations).

La dinamica sarebbe la stessa seguita da Goldman Sachs: la banca avrebbe impacchettato dei prodotti finanziari che includevano vari titoli immobiliari con il marchio di fabbrica Morgan Stanley e con rendimenti considerati quasi sicuri secondo le agenzie per la valutazione del credito.

Peccato però che la banca abbia poi giocato contro questi stessi titoli derivati, pacchetti non enormi, del valore di circa 200 milioni di dollari ciascuno, accumulando enormi profitti a scapito dei suoi clienti originari.

Per ora non vi sono dettagli. Le accuse formali contro Morgan Stanley non sono ancora partite, ma secondo indiscrezioni raccolte dal Wall Stree Journal è questione di poco.

Una curiosità però è trapelata: le operazioni in questione erano chiamate dai trader di Morgan Stanley con il soprannome di "Dear Presidents", perché a differenza di nomi più astratti e asettici scelti da Goldman, come Abacus, quelli scelti da Morgan Stanley portavano i nomi degli ex presidenti James Buchanan e Andrew Jackson.

I titoli sono poi stati sottoscritti e venduti al pubblico attraverso le reti di vendita di Citigroup e della svizzera Ubs.

Le autorità sottolineano che per ora si tratta di inchieste preliminari, di simili ne partono a decine ogni anno senza che poi si arrivi necessariamente a nulla, anche perché provare la frode nei confronti dei clienti è molto difficile.

I profitti accumulati da quelle operazioni sono poi stati cancellati dalle perdite di 9 miliardi di dollari che la banca ha accumulato durante la crisi 2007-2009.

Un portavoce di Morgan Stanley ha precisato che l'istituto non ha ricevuto la "Wells Notice", il documento con cui la Sec segnala a una società l'intenzione di formalizzare un'accusa. Da Tokyo, dove si trova in viaggio, l'amministratore delegato James Gorman ha detto che «non siamo stati contattati dal dipartimento di Giustizia a proposito di transazioni menzionate dall'articolo del Wall Street Journal e non siamo al corrente di alcuna indagine del dipartimento di Giustizia».

Ma a Wall Street le voci dicono che l'inchiesta andrà avanti a piano piano finirà per colpire un po' tutti gli istituti.

È chiaro che quest'atmosfera porta attenzione alla necessità di riforma per il sistema finanziario, in discussione molto a rilento al Senato. Proprio ieri Barack Obama ha diramato una nota in cui attacca i senatori che cercano di emendare «la creazione di un'agenzia per la protezione dei consumatori: in queste situazioni di mercato è essenziale proteggere i deboli».

Obama si riferiva anche alla volatitità degli ultimi giorni, non solo agli scandali finanziari/immobiliari. Proprio su quel fronte le autorità di regolamentazione hanno affermato in Congresso che si dovranno migliorare sia il coordinamento che la qualità dei "fusibili", i "circuit breakers", che dovrebbero togliere la corrente quando gli scambi rischiano di scappare fuori di mano come è successo giovedì scorso.
 
TREMANO 8 BIG DELLA FINANZA PER I GIOCHETTI CON LE AGENZIE DI RATING
di WSI-ANSA

Goldman Sachs, Morgan Stanley, UBS, Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Credit Agricole e Merrill Lynch (Bank of America) sono indagate dal procuratore di New York Cuomo sulle truffe coi derivati. E ci sarebbero anche tre banche europee.


Otto banche internazionali sono nel mirino del procuratore di New York, Cuomo, in un' inchiesta su informazioni diffuse alle agenzie di rating L'inchiesta tende ad accertare se gli istituti abbiano fornito informazioni false alle agenzie di rating, secondo il New York Times. Oltre ai grandi istituti di Wall Street come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup e Merrill Lynch (controllata da Bank of America), sarebbero coinvolte nell'inchiesta UBS, Credit Suisse, Deutsche Bank e Credit Agricole.

***

Il procuratore generale di New York Andrew Cuomo avrebbe aperto, secondo quanto rivela il New York Times, un'inchiesta su 8 tra le principali banche del mondo: Goldman Sachs, Morgan Stanley, UBS, Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Credit Agricole e Merrill Lynch, ora controllata dalla Bank of America.

L'ACCUSA - L'accusa è di aver fornito false informazioni ad alcune tra le principali agenzie di rating tra le quali Standard & Poor's, Fitch e Moody's allo scopo di far sopravvalutare l'afffidabilità di titoli creati per sostenere i mutui da loro concessi.

Si tratta in sostanza di far sopravvalutare le obbligazioni create dal raggruppamento di tanti mutui in un maxibond, a sua volta frazionato in titoli trasferiti al pubblico degli investitori. In pratica le banche che prestano il denaro in questo modo trasferiscono il rischio del pagamento delle rate al mercato dei risparmiatori.

Se i mutui sono classificati dalle agenzie di rating come «prime» il rischio è minore perchè gli indebitati sono più affidabili, se sono classificati come «subprime» è ovviamente maggiore.
 
TREMANO 8 BIG DELLA FINANZA PER I GIOCHETTI CON LE AGENZIE DI RATING
di WSI-ANSA

Goldman Sachs, Morgan Stanley, UBS, Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Credit Agricole e Merrill Lynch (Bank of America) sono indagate dal procuratore di New York Cuomo sulle truffe coi derivati. E ci sarebbero anche tre banche europee.


Otto banche internazionali sono nel mirino del procuratore di New York, Cuomo, in un' inchiesta su informazioni diffuse alle agenzie di rating L'inchiesta tende ad accertare se gli istituti abbiano fornito informazioni false alle agenzie di rating, secondo il New York Times. Oltre ai grandi istituti di Wall Street come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup e Merrill Lynch (controllata da Bank of America), sarebbero coinvolte nell'inchiesta UBS, Credit Suisse, Deutsche Bank e Credit Agricole.

***

Il procuratore generale di New York Andrew Cuomo avrebbe aperto, secondo quanto rivela il New York Times, un'inchiesta su 8 tra le principali banche del mondo: Goldman Sachs, Morgan Stanley, UBS, Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Credit Agricole e Merrill Lynch, ora controllata dalla Bank of America.

L'ACCUSA - L'accusa è di aver fornito false informazioni ad alcune tra le principali agenzie di rating tra le quali Standard & Poor's, Fitch e Moody's allo scopo di far sopravvalutare l'afffidabilità di titoli creati per sostenere i mutui da loro concessi.

Si tratta in sostanza di far sopravvalutare le obbligazioni create dal raggruppamento di tanti mutui in un maxibond, a sua volta frazionato in titoli trasferiti al pubblico degli investitori. In pratica le banche che prestano il denaro in questo modo trasferiscono il rischio del pagamento delle rate al mercato dei risparmiatori.

Se i mutui sono classificati dalle agenzie di rating come «prime» il rischio è minore perchè gli indebitati sono più affidabili, se sono classificati come «subprime» è ovviamente maggiore.

Questa notizia è talmente surreale che neanche monty phiton avrebbe potuto far di meglio.

Ma se è evidente anche ai polli e alle gallinnelle padovane che le agenzie di rating sono gli sgherri dei padroni, ci vuole Cuomo o Einstein per trovare le prove?

Questi americani peggiorano sempre di più, quei qazzo di documentari di Fox TV gli stanno mandando in pappa il cervello. Ma mandiamogli Piero angela no? Un po' di sano positivismo scientifico non potrebbe che fargli bene.
 
" LA CRISI E' DEVASTANTE " INTERVISTA A JACQUES ATTALI

Finché c’è vita c’è speranza, per dirla alla Alberto Sordi. Ciononostante anche se non tutto è perduto siamo messi male e non ce ne rendiamo conto come dovremmo.


A partire da noi europei, cittadini, governanti, élites, almeno a leggere Sopravvivere alla crisi dell’intellettuale francese Jacques Attali. Il quale, se deve indicare un film che rispecchi il suo pensiero sul nostro oggi fosco e turbolento, indica Blade Runner , capolavoro di Ridley Scott tratto da un romanzo di Philip K. Dick che immagina un futuro cupo, devastato nell’ambiente e nelle relazioni umane, e che solo nella prima versione tagliata e piegata al mercato prefigura una possibile speranza.

Di Attali l’editore Fazi ha appena dato alle stampe il suo saggio-pamphlet Sopravvivere alla crisi . Conferenziere, giornalista, considerato una delle menti più brillanti d’Europa, già primo presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, già alla guida della Commissione per la liberazione della crescita nel governo Sarkozy e al contempo direttore della Ong per il microcredito nei paesi in via di sviluppo Planet Finance, questo intellettuale sempre di corsa nel libro uscito in Francia nel 2009 scrive, sulla scorta del quasi crack finanziario mondiale, che la crisi non è finita, che nessuno può ritenersi in salvo. I fatti della Grecia sembrano avergli dato ragione. Ne parla dal suo studio parigino con la scure dei minuti a scandire il tempo della conversazione telefonica.

Professore, a suo parere come si stanno comportando i paesi europei di fronte a quanto accade ad esempio in Grecia?

«Il fatto è che in Europa la gente e gli Stati non vogliono valutare cosa accade, i governi non vogliono sembrare pessimisti, ma non ci rendiamo conto del pericolo e della sua gravità, non lo si vuole vedere».

In un passaggio del libro lei muove un’accusa dura all’Unione Europea: non dispone di creatività sufficiente per fronteggiare le sfide attuali.

«Sì, perché non facciamo abbastanza innovazione, non ce ne occupiamo e non ci investiamo a sufficienza, non c’è innovazione ad esempio nel rapporto tra università e aziende e non vengono prese decisioni per sviluppare la crescita. C’è un difetto di creatività, col che intendo che manca un modo nuovo di porsi di fronte a situazioni nuove».

A suo giudizio l’Unione europea attraverso l’Euro sta proteggendo in misura adeguata i paesi membri da un collasso?

«Sono convinto che fin quando non avremo un ministro delle finanze europeo che possa controllare le tasse, fino a quando la banca centrale non avrà un ministro che possa esercitare il controllo adeguato, l’euro sarà una moneta fragile».

In un passo del suo saggio lei scrive che in situazioni estreme e di pericolo per la sopravvivenza è legittimo opporsi anche con mezzi illegali. Ad Atene ci sono stati scontri. Prefigura moti violenti?

«È bene chiarire che sono contrario a qualsiasi violenza, che non penso sia giusto reagire violentemente. Ma il fatto è che tutti, il governo, i cittadini greci, sono stati in qualche modo truffati, anche il governo greco dovrebbe essere infuriato».

Sempre dal suo saggio: lei sostiene che ognuno di noi dovrà affrontare i problemi da solo. Però, per restare alla Grecia, se Atene si salverà sarà grazie al soccorso europeo. Questo non la contraddice?

«No. La Grecia doveva risolvere il problema da sola, non fare troppi debiti, se avesse agito così in modo corretto non saremmo ora qui a discuterne. E nel futuro non può sperare in una seconda chance perché non l’avrà. Non ci si può aspettare aiuti da altri, un supporto dall’esterno, perché la crisi c’è, è innegabile. Neppure l’Italia è lontana da una “lista” di crisi».

Perché l’Italia?

«Perché il vostro paese, come la Spagna, ha molti, troppi debiti, e dovrebbe impegnarsi per diventare credibile».

Possiamo farcela?

«Avete tutti i mezzi e le risorse per uscire dalla crisi, serve che abbia un governo sufficientemente forte e che si renda conto che non stiamo affatto uscendo dalla crisi. A mio parere il governo italiano, ma anche l’opposizione e l’opinione pubblica, sono troppo ottimisti, nel senso che non c’è piena consapevolezza della situazione».

Però ad Atene, come accade quasi sempre, chi paga lo scotto più caro e sulla propria pelle sono i ceti più popolari e chi ha meno garanzie. Non è ingiusto?

«Quando una nazione ha un deficit eccessivo perché spende troppo tutti dovrebbero pagare ma in modo equo. E tutti dovrebbero pagare sempre le tasse. Il dramma autentico è che questa generazione ha speso troppo, ha speso i soldi della prossima generazione».

A suo parere le innovazioni e le ricchezze saranno gestite sempre più spesso in modo autoritario. Considera le democrazie a rischio?

«No, tutt’altro, non penso che le nostre democrazie siano in pericolo. Anzi, non solo le giudico sufficientemente forti ma credo che questa crisi le renderà più forti e che il Parlamento europeo alla fine ne uscirà o potrà uscirne rafforzato».

Trasformare le minacce in opportunità: è quanto lei auspica nel libro. Scusi, ma come, in che modo?

«È importante e anzi essenziale vedere una minaccia quando non la si può evitare. Solo ora iniziamo a capire, nel nostro mondo, che siamo minacciati. Faccio un paragone calcistico: è come una partita, se non sai la forza dei tuoi avversari perdi perché non puoi prendere le contromisure, se invece sai quanto sono forti puoi studiarli e prepararti e allora potrai vincere il match».

Se dovesse indicare un libro che rispecchia il suo pensiero, che titolo darebbe?

«Il mio».

E un film?

«Blade Runner, il film di Ridley Scott».

( Fonte: l'Unità.it)
 
E ora scopriamo che la Fed è di proprietà delle banche che salva

di Marcello Foa – 18/05/2010

Fonte: il giornale

Ma chi possiede davvero la Federal reserve ovvero la Banca centrale americana? La risposta sembra ovvia: dovrebbe essere un’istituzione pubblica, indipendente dal governo. E invece no: è privata e i suoi azionisti sono le principali banche americane. Sì, proprio quelle banche che la stessa Federal Reserve ha salvato un anno e mezzo fa, d’intesa con il Tesoro Usa, stampando vagonate di dollari e di Buoni del Tesoro, trascinando governi e Istituti centrali del mondo occidentale nella stessa direzione, con le conseguenze che oggi ben conosciamo ovvero l’esplosione dei debiti pubblici nei Paesi più progrediti. E’ come se a controllare la Federazione degli arbitri fossero le squadre di calcio. Sorpresi?

Eppure non è l’unica anomalia. Per capire che cosa sta avvenendo in questi giorni sui mercati ci si può limitare alle solite spiegazioni oppure chiedersi se all’origine di sommovimenti brutali e non sempre giustificati ci siano delle asimmetrie, delle falle di sistema, interessi lobbistici. Sia chiaro: non si tratta di scovare Grandi Fratelli, ma di capire come va il mondo e, dunque, in campo finanziario, come va l’America. Il responso non è affatto confortante. Il Paese che siamo stati abituati a considerare come un modello, mostra lacune sconcertanti per chi, seguendo i principi liberali, ritiene indispensabile la trasparenza delle regole e l’indipendenza assoluta di chi governa o stabilisce le regole. Purtroppo la crisi del 2008 sembra essere passata invano. Le tare emerse allora non sono state corrette. Anzi…

La Federal Reserve non è un attore imparziale e nemmeno trasparente. Non è sottoposta ad alcun organismo di controllo e non risponde al Congresso del suo operato. E’ un’immensa scatola nera che rifiuta di aprirsi, anche a distanza di anni. Ancora oggi, ad esempio, i cittadini americani non sanno come sono stati usati centinaia di miliardi stanziati dal governo per salvare le banche. Sono state presentate petizioni, il Congresso ha votato, i giudici hanno emesso sentenze: tutto inutile. La Federal Reserve non spiega come ha aiutato… i propri azionisti. E non è l’unica anomalia. Quegli azionisti, ovvero le banche, continuano ad essere molto potenti, troppo potenti; al punto di influenzare il mondo politico. Se si scorre la lista degli ultimi ministri del Tesoro ci si accorge che Clinton nominò Robert Rubin, dapprima banchiere di Goldman Sachs e poi di Citigroup; Bush scelse Heny Paulson, presidente di Goldman Sachs; il riformista Obama ha chiesto consiglio allo stesso Rubin che gli ha piazzato come superconsulente Lawrence Summers e, al timone, il suo pupillo, il raccomandatissimo Timothy Geithner, che come presidente della Federal Reserve di New York si segnalò per la sua strettissima amicizia con i grandi banchieri di Wall Street. Risultato: negli ultimi 15 anni non è stata approvata una sola legge contraria agli interessi del mondo finanziario, che anzi ha ottenuto quello che voleva, a cominciare dall’abolizione del Glass Steagal Act, che ha fatto saltare le separazioni tra banche commerciali e banche d’affari. Gli Hedge funds continuano ad operare senza regole, spesso da paradisi fiscali. Nessun limite è stato posto agli Otc, ovvero i mercati fuori dai circuiti borsistici tradizionali. E le banche che nel 2008 stavano per fallire non sono state costrette a ricapitalizzare adeguatamente. Insomma, tutto è rimasto come prima. Una gran festa per gli speculatori, che dopo aver scaricato sulla comunità delizie come i subprime ora si avventano sull’euro.
 
I bastardi britannici ci provano un’altra volta

di Lyndon H. LaRouche, Jr.
10 maggio 2010 – Leesburg (Virginia, USA)

Alla fine della scorsa settimana, quei PIGS dei britannici sono riusciti ad imporre alla Germania, per una seconda volta, come nel 1923, una dinamica iperinflattiva di collasso economico, grazie allo schema trilionario di “salvataggio” imposto alla zona dell’euro. Soltanto l’adozione immediata di una legge simile alla Glass-Steagall potrà impedire agli Stati Uniti d’America di condividere lo stesso destino della Repubblica Federale della Germania, che è il principale tra gli obiettivi – le vittime designate dell’Europa continentale – di distruzione totale.

Alla Germania della Cancelliera Sig.ra Merkel non è stata data altra scelta. Soltanto l’adozione repentina di misure equivalenti al ritorno alla legge Glass-Steagall, varata sotto il Presidente americano Franklin Roosevelt, potrebbe determinare quella svolta nelle condizioni globali capace di impedire che la politica iperinflattiva, che i britannici hanno imposto all’Europa, scaraventi l’intero pianeta nell’epoca più buia della storia a noi nota.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto