Un metodo almeno altrattanto intelligente (anzi, forse di più, dato che non pretende di sovrapporre alcun modello teorico alla realtà) è descritto da Taleb proprio sotto quello dei
theoretical weightings (p 151 in fondo e pag 152)--- ved all1
Non contenendo nessuna formula 

....
tu l'hai allegramente bypassato come se fosse una cosa da "smanettoni praticoni".
Invece ... il calcolo dei pesi empirici alla volatilità potrebbe essere la base
DI PARTENZA per ragionamenti interessanti.
Bè, lo sapevo che mi sgamavi, direi quasi che ci contavo
Alla tua osservazione rispondo un sonoro «E certo! Fosse facile!».
Due osservazioni, ma alla fine è una sola: in primo luogo vorrei capire se, a tuo avviso, un modello come quello di Haug è classificabile come «
empirical»; e, se non lo è... abbiamo parlato tanto di
overfitting di là, come pretendi che determinare un peso "empirico" sulla base del comportamento dei prezzi non produca un adattamento ai dati molto più pericoloso di quanto non lo sia un peso "teorico"?
Qui si tratta di guardare come si muovono i prezzi in un certo intervallo di tempo, fare una qualche misura di sintesi e pesare il Vega con quella: qualcosa che secondo me comporta molti più problemi di quelli che risolve.
Arriviamo spesso a questo punto: conveniamo che un modello ha dei difetti e dei limiti palesi, ma finchè non c'è qualcosa di meglio che risolve più problemi di quanti ne crea dobbiamo rassegnarci al modello "vecchio".
A questo punto sorge spontaneo chiederti: ma tu 'sto Vega come lo pesi?
Perchè io ho anche scritto di "limiti" al Vega sommato, e mi sembra comunque un criterio sensato per capire almeno il segno della propria esposizione.
Come ho già scritto, io non pretendo che i pesi "teorici" mi dicano esattamente qual è il mio Vega: che me ne faccio?
Mi basta che spannometricamente mi dicano il segno e a grandi linee una magnitudo ('tanto', 'poco'): tu pensi che un modello "empirico" potrebbe farlo meglio e, se sì,
quale modello?