CHE VOI SAPPIATE, DELLA VITA C'ERA ANCHE LA VERSIONE SENZA ANSIA?

Come potrebbe reagire l'oro alla crescita dell'inflazione?
La storia ci insegna che il metallo prezioso da sempre ha reagito positivamente alla crescita delle pressioni inflattive.



Uno dopo l'altro, le materie prime dall'alluminio al gas naturale sono aumentate
mentre i focolai di Covid-19 mettono nuovamente in crisi le catene di approvvigionamento.

L'oro potrebbe essere il prossimo metallo a trovarsi di nuovo sotto la luce dei riflettori,
anche se per ragioni molto diverse rispetto all’inflazione.


Di questa opinione ci sono anche due dei più grandi nomi del settore minerario canadese,
gli ex dirigenti di Goldcorp Inc., David Garofalo e Rob McEwen,
i quali ritengono che gli investitori di tutto il mondo capiranno presto che le pressioni inflazionistiche,
di cui tutti stanno parlando e che stiamo vivendo in prima persona tutti i giorni con l'aumento dei prezzi dei carburanti,
sono meno transitorie di quello che tutti i banchieri centrali ritengono
e soprattutto probabilmente saranno più durature nel tempo di quanto ci si possa aspettare.


L'oro come spesso abbiamo ricordato in queste pagine, è uno dei principali strumenti per proteggersi dall'inflazione.

L'inflazione ricordiamo anche che è uno dei principali responsabili dell'erosione del nostro capitale e di conseguenza del potere di acquisto.

Lo stesso potere di acquisto al contrario, viene mantenuto con l'investimento in oro fisico.


Se dovesse prospettarsi effettivamente uno scenario di crescita inflattiva,
il prezzo dell'oro non tarderebbe molto a crescere con obiettivi anche piuttosto ambiziosi anche vicini ai $3.000.

Ed è per questo motivo che David Garofalo e Rob McEwen hanno una prospettiva molto rialzista sull'oro.

L'espansione monetaria e del debito globale per far fronte alla pandemia,
così come i fattori secondari associati alle interruzioni dell'offerta,
faranno tornare le persone ai metodi tradizionali di protezione della ricchezza.


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Tuttavia, guardando ai prezzi dell’oro, gli investitori al momento
non riescono a trovare la motivazione per acquistare il bene rifugio per eccellenza.

La grande volatilità che stiamo assistendo nel mercato dell'oro
è determinata sostanzialmente dai movimenti dei rendimenti del Treasury USA decennale in aumento,
con la conseguenza di un irrigidimento della curva complessiva,
segnando un cambio di direzione rispetto al recente appiattimento.

In particolare l'incertezza che regna dietro le aspettative su un eventuale Tapering da parte della Federal Reserve Usa,
sta di fatto tenendo in scacco i mercati che non riescono a trovare una giusta direzionalità.


In ogni caso l’oro ha delle caratteristiche che lo rendono lo strumento più adatto
alla protezione del capitale e soprattutto alla diversificazione di portafoglio.

La sua universalità e la sua storia di 4.000 anni significano che l'oro
è posizionato meglio delle criptovalute
come copertura in una situazione di crescente pressione inflazionistica
che avrà conseguenze abbastanza importanti non solo nel nostro capitale ma anche nella vita di tutti i giorni, se non prendiamo le dovute contromisure.
 
Alcuni giorni orsono nel corso di una diretta televisiva, il direttore del Riformista, Piero Sansonetti
ha interrotto con la bava alla bocca Maurizio Belpietro, il quale stava semplicemente citando alcuni dati
che sembrerebbero avvalorare la tesi secondo cui i vaccini anti-Covid non impediscono il contagio,
ma solo le forme gravi della malattia.

In pratica con il suo “stai incitando la gente a non vaccinarsi; stai dicendo una cosa folle, folle!”,
Sansonetti ha cercato di imporre una sorta di divieto morale al direttore de La Verità,
reo evidentemente di aver espresso qualche legittimo dubbio sul dogma sanitario imperante.



Sulla stessa linea, seppur in maniera decisamente più garbata, si è mossa Myrta Merlino,
quando ha cercato di rimettere ordine nell’acceso diverbio, riportato su queste pagine, tra David Parenzo e Paolo Brosio.

Ebbene, personalmente ho trovato l’intervento della conduttrice, generalmente persona abbastanza equilibrata, agghiacciante,
tanto per usare un aggettivo adeguato.

Dice infatti la Merlino, rivolgendosi con tono di rimprovero a Brosio, anch’egli reo di aver espresso dubbi e perplessità sui vaccini,
“…una persona come te, che ha una capacità di comunicare molto grande, che sa parlare alle persone,
se immette nel dibattito pubblico tutta una serie di dubbi deve sapere che questo può avere un rischio,
perché poi quando la gente non si vaccina e se in troppi non si vaccinano il nostro Paese è meno sicuro di come lo è oggi.”


Ergo, posta così la questione, solo il fatto di manifestare un pensiero critico

nei riguardi di ciò che ci viene imposto dall’alto rappresenta un vero e proprio alto tradimento,

un atto di grave slealtà nei confronti del popolo italiano, il quale

–così almeno se ne deduce dalle parole della popolare giornalista partenopea-

sarebbe in guerra con un virus ancor più mortale di quello dell’Ebola.



Ma dal momento che i numeri dicono tutto il contrario,

con un tasso di letalità reale che l’illustre virologo Giorgio Palù,

attuale presidente dell’Agenzia italiana del farmaco,

lo scorso anno stimava tra lo 0,3 e lo 0,6%,

essenzialmente concentrata tra le categorie più fragili della popolazione,

l’approccio apocalittico usato dalla Merlino e dalla stragrande maggioranza dei suoi colleghi

appare tanto delirante quanto inaccettabile.



Inaccettabile, in particolare, perché utilizzato per tappare la bocca a chiunque,

per l’appunto, non sia d’accordo con la politica sanitaria imposta dall’alto.
 
E questa strisciante censura mediatica nei riguardi del pensiero critico,
segnalata più volte in questi giorni da Maria Giovanna Maglie,
costituisce a mio parere un altro, preoccupante aspetto di una deriva democratica
di cui quasi nessuno nel mondo dell’informazione sembra preoccuparsi.

Il risultato di un simile appiattimento del dibattito
è quello di farci compiere ancora ulteriori passi verso l’inferno di un regime sanitario
che nessuno ha sicuramente pianificato, ma che per tanti, troppi personaggi della politica,
della cosiddetta scienza medica e dell’informazione continua a rappresentare una manna caduta dal cielo di Pechino.


Solo il fatto di farmi passare per negazionista se mi permetto di ritenere più ragionevole

la strategia di alcuni Stati europei di grande tradizione democratica,

che hanno lasciato ai cittadini la libertà di scelta sul vaccino, dovrebbe farci riflettere.




Quando in un sistema democratico l’informazione diventa strumentale per imporre un pensiero unico,

così come sta oramai avvenendo da quasi due anni,

il futuro di quello stesso sistema appare quanto mai oscuro.
 
Le parole pesano come un macigno.

Soprattutto se a pronunciarle è uno che di nome fa Walter Ricciardi,
da inizio pandemia consigliere di Roberto Speranza.

L’uomo che sussurra al ministro della Salute ha rilasciato ben due interviste, a Repubblica e al Messaggero,

per lanciare il suo (solito) allarme in vista dell’inverno,

per proporre di togliere il green pass a chi si fa il tampone

e per uscire allo scoperto sull’intento liberticida delle restrizioni anti-Covid.


Nessuno, fino ad ora, aveva mai avuto il coraggio di affermarlo chiaramente.

Ricciardi finalmente lo fa: d’ora in poi, ragiona, bisogna limitare la libertà “solo ai vaccinati e ai guariti dal Covid”.



Sul futuro dell’Italia, il medico vede buio pesto.

“Se non ampliamo il numero di vaccinati con la prima dose e se non somministriamo rapidamente la terza,
avremo una risalita forte, più di quella che vediamo ora“.

Quando?

“Avverrà presumibilmente tra gennaio e febbraio.
Di sicuro però la mortalità sarà più ridotta di quella delle prime grandi ondate proprio grazie ai vaccini,
che comunque un po’ proteggeranno”.


Ma è sul green pass che il professore si fa più deciso.

Visto che, a quanto pare, l’effetto sperato del lasciapassare non c’è stato,
il governo già pensa di rendere ancor più stringenti le norme.


L’idea di Draghi e Figliuolo era più o meno questa:
se li obbligheremo a mostrare il green pass per lavorare,
alla fine gli italiani tutti si convinceranno che è meglio farsi inoculare il siero
anziché pagare 200 euro di tamponi al mese.

Non è andata così.

A Trieste sono scoppiate le proteste dei portuali.

A Milano lo stesso.

A Roma sappiamo cos’è accaduto.

Ma anche a Pesaro e in altre città d’Italia qualcuno inizia a storcere il naso riguardo alle limitazioni alle libertà personali.


Come risponde Ricciardi?

Con un’ulteriore tirata di cinghia: proroga dello stato di emergenza e nuove “misure di controllo”.
 
“Finora i Green pass hanno funzionato – ritiene il professore –

ma sono convinto che, per la stagione invernale che ci costringe più al chiuso e a contatto con gli altri,

bisognerebbe rivederne la concessione limitando le libertà legate al green pass solo ai vaccinati e ai guariti dal Covid”
.


Avete capito?

Visto che ormai senza lasciapassare non si può far nulla (lavorare, cinema, ristorante, ecc ecc)
se non andare in autobus, significherebbe impedire ai non vaccinati di vivere.

Neppure pagando i test anticovid.

Un piccolo passo verso quel “lockdown” mirato ai no vax evocato da Abrignani.


Come abbiamo detto più volte: si scende all’inferno a piccoli passi.


Oggi tolgono il diritto al lavoro,

domani “le libertà” in generale se non ci si vaccina.


Attenzione: se lo Stato lascia libertà di scelta (il siero non è obbligatorio)

non può poi surrettiziamente costringere i cittadini a inocularselo

minacciando di rinchiuderli in casa senza lavoro e senza le altre “libertà”.



“Chi non è vaccinato – insiste il professore – può accedere ad alcuni luoghi
o usare alcuni servizi come i trasporti a lunga percorrenza anche mostrando il tampone effettuato 48 ore prima.
Sono dell’idea, invece, che il tampone sia il punto debole del sistema.
Non assicura la protezione e la non trasmissione del virus, se non al 30%.
Ecco perché gli accessi ai luoghi pubblici o a quelli di lavoro andrebbero limitati solo ai vaccinati con green pass,
escludendo la possibilità a chi ha un tampone valido”.
 
....fare scorta di candele..........e stufe a legna.



Le aziende dell’energia sono senza energia.

Ma cosa sta succedendo?

Come spesso avviene, guardare l’Inghilterra ci permette di capire meglio i trend che si stanno generando.

Vediamo quello che accade come nelle scene consequenziali di un film.


Scena uno: Salgono i prezzi del gas.
Stiamo assistendo ad una serie di rialzi dei prezzi davvero impressionanti.
Si tratta di un aumento “senza precedenti” dell’energia all’ingrosso.

C’è stata una stretta mondiale sulle forniture di gas ed energia.

Un inverno freddo in Europa lo scorso anno ha messo sotto pressione le forniture
e, di conseguenza, i livelli di gas immagazzinati sono molto più bassi del normale.

C’è stato un aumento della domanda dall’Asia, in particolare dalla Cina, di gas naturale liquefatto.

Ciò ha contribuito a far salire i prezzi del gas all’ingrosso in tutto il mondo.

Da gennaio sono aumentati del 300%.

I fornitori non sono in grado di trasferire l’aumento completo ai consumatori
a causa di un limite di prezzo sulle bollette delle famiglie, provocando il collasso di un certo numero di aziende.


Scena due: Falliscono gli operatori di mercato.
In pratica molti operatori in questo settore hanno fissato dei “TETTI” ( in termine tecnico si chiama Price-Cap)
ad eventuali rialzi delle bollette, immaginando che i prezzi non avrebbero mai raggiunto quei livelli.

Ora, non solo i livelli sono stati raggiunti, ma sono stati anche abbondantemente superati
e le compagnie che vendono energia al mercato non sono in grado di sostenerli e così stanno fallendo una dietro l’altra.

Nella grafica sotto vediamo quante aziende sono fallite dal primo settembre scorso e quanti utenti (più di due milioni) sono rimasti senza energia.



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Scena tre: Falliti gli operatori le utenze vanno in Black-out.
Un certo numero di aziende energetiche del Regno Unito è fallito nelle ultime settimane
dopo che i prezzi globali del gas all’ingrosso sono aumentati fino al 250% dall’inizio dell’anno.

Negli ultimi due mesi, più di due milioni di famiglie hanno visto fallire i propri fornitori di energia a causa dell’aumento dei prezzi del gas.

L’authority per l’energia inglese è intervenuta per trovare un nuovo fornitore di energia per queste famiglie.

Vanno affrontati urgentemente i fallimenti strutturali nel mercato al dettaglio,
riformando il limite di prezzo in modo che possa rispondere più rapidamente agli shock dei prezzi nei mercati dell’energia all’ingrosso
e concentrandolo sui più clienti vulnerabili, che avranno più bisogno di aiuto.



Scena quattro: Ripensare il mercato.
Ci sono molte domande da farsi su come sono state gestite le aziende.

La realtà è che la maggior parte delle aziende fallite, se non tutte,
lo hanno fatto perché vendevano contratti energetici a lungo termine ma acquistavano energia a breve termine,
e quindi quando il costo all’ingrosso è aumentato, non erano in grado di mantenere i prezzi promessi o addirittura il limite di prezzo.

Se prima questi sembravano pratiche corrette
oggi appaiono come comportamenti irresponsabili e sconsiderati
e ora ai clienti viene detto di sostenere i costi.

Ma la situazione sta diventando disperata anche per alcune aziende ben gestite.


Molte altre falliranno nelle prossime settimane.



Scena cinque: Ripensare le nostre abitudini.
Come posso risparmiare sulle mie bollette?

Invece di cercare un affare più economico,
le famiglie vengono incoraggiate a migliorare l’efficienza energetica delle case, ma soprattutto a cambiare abitudini.

Siamo degli straordinari energivori.

Ne usiamo a quantità industriali nelle nostre case, quando le nostre case non sono industrie.

L’Energy Saving Trust afferma che i cambiamenti alle nostre case e alle nostre abitudini
potrebbero compensare gli attuali aumenti dei prezzi.

Ecco una grafica, espressa in Sterline, che ci fa comprendere come i cambiamenti d’abitudine possono migliorare il quadro generale.



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Perché il Regno Unito è particolarmente colpito?

I prezzi del gas stanno aumentando in tutta Europa, ma ci sono altre ragioni per cui il Regno Unito è duramente colpito:

  • Il Regno Unito è uno dei maggiori utilizzatori di gas naturale in Europa:
  • l’85% delle case utilizza il riscaldamento centralizzato a gas e genera anche un terzo dell’elettricità del paese

  • Le forniture di energia rinnovabile sono diminuite perché è stata l’estate meno ventosa dal 1961:
  • nell’ultima settimana, il vento ha fornito solo il 9% dell’energia per Inghilterra, Galles e Scozia

  • Un recente incendio in un sito della rete nazionale nel Kent ha chiuso un cavo elettrico che forniva elettricità dalla Francia.


E in Italia?

Le cose non sono molto diverse dal resto d’Europa

anche perché l’Italia è completamente dipendente da altri Paesi

per ciò che concerne gli approvvigionamenti di gas (arrivano da Russia e Nord Africa).


Ma come vediamo dalla grafica sottostante,
al 9 Ottobre il nostro Paese era quello che deteneva la quota di stoccaggio maggiore,
la quota di riserve maggiore rispetto al resto dei Paesi europei.

Magra consolazione.

Non basterebbero comunque in caso di necessità.



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dal
 
La scorsa settimana ho sentito l'intervista di quel dirigente d'azienda che
- personalmente - reputo un "coglione piangina".

"stiamo pagando il gas Euro 0,95 x mc.".

Te lo ripeto, sei un "coglione piangina", ma c'è un motivo per dirtelo.
Tu - sicuramente - hai stipulato un contratto a prezzi variabili.

Ti piaceva guadagnare quando il prezzo diminuiva, vero ?

Ed ora paghi perchè il prezzo aumenta.

E te lo ripeto, sei stato un "coglione", perchè chi lavora
nel settore sapeva perfettamente la previsione di aumento dei prezzi,
ma tu non ti sei fidato.

Sai quanto pago io e tutti i miei Clienti residenziali - oggi - e sino a luglio del prossimo anno
il gas metano : Euro 0,336 x mc. - scritto nero su bianco.
 
Maria Rita Gismondo parla del Covid e nel farlo se la “prende” col ministro Roberto Speranza.

La direttrice del laboratorio di microbiologia clinica,
virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano dice un secco no al vaccino ai bambini,
con l’approvazione per la fascia 5-11 anni che è in programma prima di Natale:

“Al momento non credo che i dati a nostra disposizione giustifichino questo tipo di vaccinazione, per almeno due motivi:
in quella fascia di età la severità della malattia e la mortalità è quasi pari a zero.
Peraltro, sappiamo che l’immunità di gregge non sarà mai raggiunta,
quindi il rapporto rischio/benefici ad oggi non sembra giustificarne la vaccinazione”.



“Credo – prosegue l’invettiva della virologa nell’intervista ad Affari Italiani – che il Covid sia ancora un problema sanitario importante,
ma certamente non meno di quella pandemia silente che non suscita alcun interesse mediatico,
causata dalla mancata assistenza sanitaria generata dall’emergenza Covid.

Non conosco il motivo.

Certo è che tra tanta comunicazione su Covid,
si potrebbe dare spazio anche al resto della sanità, che non è meno importante.



Parliamo sempre e troppo di Covid e le altre patologie?

E i malati oncologici?

E chi soffre di problemi cardio-respiratori e di tanti altri problemi?


Sono – sottolinea – ancora migliaia di interventi chirurgici restano in lista di attesa.

Ora stanno finalmente riprendendo molte chemioterapie, dopo che alcune sono state addirittura sospese.

C’è l’assoluta necessità di garantire da parte dello Stato pari attenzione.


Bisogna rassicurare la gente e dirle che riavrà la sanità totale, non solo Covid”.


Gli effetti del Covid sulla sanità italiana sono stati a dir poco nefasti:

“La sospensione della sanità ordinaria e la paura di recarsi in ospedale per paura del contagio
ha provocato un aumento del 20% della mortalità cardiovascolare e di quella in generale.

Gli effetti del Covid sugli screening oncologici e sul trattamento dei tumori del seno
e del colon-retto suggeriscono all’incirca 10.000 morti
nella prossima decade
in eccedenza per tumore del seno e del colon-retto,
che è pari all’1% di aumento dei decessi per queste tipologie di tumori.
Siamo di fronte a un’altra pandemia di cui nessuno parla”.
 
Scivolone per Tesla nelle quotazioni del pre-market di Wall Street.

Dopo che i follower di Elon Musk su Twitter (a rispondere sono stati oltre 3,5 milioni)
si sono espressi in maggioranza (57,9% contro 42,1)
sulla vendita del 10% delle azioni Tesla del magnate sudafricano,
Wall Street si è dimostrata “fredda”, facendo registrare al colosso dell’automotive una perdita del -7,82% nel pre-market.


Musk, dopo la decisione del “referendum” su Twitter, dovrebbe vendere una quota che rappresenta, circa,
meno del 2% di Tesla ed è valutata oltre 21 miliardi di dollari.

Musk, la cui ricchezza personale è calcolata in 338 miliardi, dispone di 170,5 milioni azioni Tesla,
che venerdì ha chiuso alla Borsa di New York a 1.222 dollari/azione.


Comunque, si legge sul Wall Street Journal, la perdita pre-mercato ha ridotto i guadagni di Tesla previsti per l'anno.

Il titolo era aumentato di quasi il 75% fino a venerdì, donando il “lascia passare” alla Casa
per il ristrettissimo e super esclusivo “club” di società con un valore di mercato di un 1 trilione o più,
rendendo “Mr. Musk” la persona più ricca del mondo.

Ma ora, appunto, c’è stata una contrazione del rialzo.


Ma cosa c’è dietro l'incremento non indifferente del prezzo in Borsa di Tesla?

Oltre a una forte mania commerciale collettiva, c’è sicuramente la sua capacità
di affrontare le interruzioni della catena di approvvigionamento globale:
la crisi dei chip che sta mettendo in ginocchio i mercati di tutto il mondo, infatti,
costerà al solo settore automobilistico oltre 200 miliardi di dollari quest’anno tra consegne mancate e in ritardo.
 

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