CI SARANNO SEMPRE DEI SASSI SUL TUO CAMMINO. DIPENDE DA TE SE FARNE DEI MURI O DEI PONTI

Fossi in lui, tornerei con la lega........

In politica tutto cambia velocemente.
E questo vale anche per il neonato governo giallo-rosso.

Matteo Renzi
, il vero responsabile insieme a Beppe Grillo della nascita del Conte bis,
dopo pochi giorni dalla nomina dei sottosegretari ha deciso di formare i suoi gruppi parlamentari.

L’operazione ha tre obiettivi.

Il primo è quello di fare da terza gamba del governo, in modo da influire direttamente sulle 400 nomine nelle aziende di Stato senza passare da Zingaretti;
il secondo riguarda la convenienza elettorale, infatti nel caso di elezioni anticipate non dovrà raccogliere le firme per parteciparvi.
La terza è quella di sedersi al tavolo dei vertici di maggioranza e incidere come vuole lui, detenendo sostanzialmente la golden share dell’esecutivo.

Dunque, rispetto a due settimane fa quando Pd e 5Stelle erano in trattativa per la formazione del governo, c’è un elemento nuovo: il partito di Renzi.

Il M5S ha formalmente accettato di sedersi al tavolo col Pd solo perché non c’erano né Renzi né i renziani
(sarebbe stata una umiliazione troppo forte per i pentastellati), infatti il dialogo è avvenuto tra Di Maio, Conte e Zingaretti.

Tant’è che tra sottosegretari e viceministri non si vedono “toscani”.

Ora, con la nascita dei gruppi autonomi renziani, tutto cambia.

Da adesso in poi
il capo politico del M5S dovrà necessariamente sedersi e rapportarsi con quelli di “Banca Etruria,
che un tempo erano finiti nel tritacarne di “Mafia Capitale” e più recentemente del “partito di Bibbiano”.

Vuoi o non vuoi, caro Luigi, con Renzi e Boschi da ora in poi ti dovrai rapportare.

Paradossalmente, se si vuole cercare una chiave di lettura grottesca,
nei gruppi parlamentari renziani potrebbero confluire anche alcuni esponenti di Forza Italia:
vedere il M5S in un governo sostenuto esplicitamente da Renzi e berlusconiani sarebbe il culmine del ridicolo per i grillini.

Ma non è tanto questo il punto politico.

Nelle intenzioni del senatore di Firenze c’è l’interesse ad attribuirsi la paternità del mancato aumento dell’Iva
e l’approvazione – nel più breve tempo possibile – di una legge elettorale proporzionale che eviti a Salvini di vincere, o quantomeno di stravincere.

E non si illudano i 5Stelle che i renziani votino alla Camera la riduzione del numero dei parlamentari,
non a caso ne hanno impedito la calendarizzazione – come invece voleva Di Maio – all’apertura dei lavori a Montecitorio.

Dopo di che non è nelle intenzioni di Cavallo Pazzo quella di morire grillino.
Per questo, nel momento opportuno, cioè quando converrà a lui, staccherà la spina a Conte.

Le rassicurazioni di Renzi non valgono nulla: da “Enrico stati sereno” ai “#senzadime” la letteratura di giravolte del Matteo toscano è molto ampia.

Luigi Di Maio, se non vuole la sua morte politica e quella del MoVimento (che sta diventando una costola minoritaria del Pd), ha un’opportunità più unica che rara.

Dovrebbe giocare d’anticipo e aprire lui una crisi di governo

evidenziando che non erano queste le condizioni politiche iniziali che lo hanno portato a sedersi, a fatica, col Pd.

La situazione è mutata
, un fatto nuovo così importante è idoneo a rimettere in discussione la tenuta politica del governo.

Sedersi al tavolo con Renzi è troppo, “io non ci stò”: questo è ciò su cui Di Maio potrebbe puntare,
ed avrebbe tutte le ragioni di questo mondo. Il capo politico dei 5Stelle ha ancora l’ultima chance per salvare se stesso e tutto il M5S,
facendo fuori i suoi rivali interni Grillo e Conte, che della sopravvivenza del MoVimento non gliene frega assolutamente nulla.

Una mossa del genere
da parte di Di Maio salverebbe in extremis il M5S, che ne uscirebbe politicamente rafforzato, con Renzi e il Pd a pezzi.

La politica è visione, strategia.

Chi non rischia non ha futuro
.

Forse potrà conservare per qualche anno la poltrona, ma prima o poi tutti i nodi vengono al pettine
e si rischia di fare la fine di un Alfano qualsiasi: da Ministro degli Esteri a Res nullius.
 
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Dalla scorsa notte un po’ di caos e di panico è sceso nel sistema bancario americano, con un’esplosione del tasso REPO.

Questi tassi sono essenziali perchè sono i tassi di rifinanziamento del sistema bancario USA e la scorsa notte sono letteralmente esplosi,



Si tratta di un incidente simile a quello accaduto in Cina nel 2013 e che allora mandò in crisi il sistema bancario prima dell’intervento della PBOC.

Ora veniamo al CAOS ed al PANICO. Di fronte a questa situazione la FED di New York , che si occupa delle operazioni sul mercato aperto, ha:

  1. prima annunciato un’operazione di REPO aperta a tutto il sistema bancario per rimandare i tassi quasi a zero dal 10% raggiunto,
  2. con un’iniezione di 75 miliardi di dollari, da effettuarsi fra le 9.30 e le 9,45 tempo della East Coast;

  3. dopo 15 minuti LO HA CANCELLATO per motivi tecnici;

  4. quindi l’ha rifissata ritardandola di mezzora.
Il panico ed il caos sono evidenti, come un problema di organizzazione alla FED,
perchè questa è la seconda operazione che viene ad essere cancellata per motivi tecnici in breve tempo
(c’è stato un ritardo nelle operazioni POMO ,cioè di riacquisto permamente, non un bel segno).

Quindi la FED interviene pesantemente sul mercato per la prima volta in un decennio.

Una Operazione REPO sul mercato aperto è un’operazione classica con cui la Banca Centrale compra titoli dalle banche iniettando liquidità.

Questo dovrebbe calmare il mercato interbancario e fornire fondi e sicurezza, evitando che le banche cessino di prendere a prestito l’una dall’altra facendo saltare tutto il sistema.

Qualcuno ha fatto notare che la crisi di liquidità attuale delle banche USA è stata improvvisa e talmente repentina
da far aumentare perfino il costo delle operazioni swap verso altre valute: il costo di prendere in prestito dollari dando in prestito euro
(o altre valute, come Sterlina, Yen, Dollaro australiano) è praticamente raddoppiato in una settimana.



Perchè questo è successo? Perchè questa fortissima scarsità di dollari?
Pochi ne hanno chiara l’idea, ma potrebbe esserci il combinarsi di più cause:

  • troppi titoli di stato, per l’aumento del debito pubblico, hanno drenato la liquidità, ;
  • periodo di pagamento delle tasse, con ulteriore richiesta di liquidità e privati ed aziende che hanno venduto titoli alla banche per avere cash;
  • molti dealer hanno venduto alle proprie controparti bancarie i titoli perchè ritengono siano al massimo.
Tutto questo ha drenato liquidità lentamente a partire da giugno, quando vi erano stati i primi segnali di stress, ma il sistema è andato avanti come la famosa rana bollita……
 
Siamo riusciti ad ottenere alcuni dati riservati sui prelievi bancomat effettuati presso il gruppo Unicredit in Italia ed a livello internazionale.

Con questi dati da un lato siamo in grado di demolire alcuni luoghi comuni che legano evasione all’uso del contante,
dall’altro siamo in grado di quantificare l’eventuale gettito di imposta di una tassa del 2% sui prelievi, cosi come caldeggiato da alcuni.

Quello che stiamo per scrivervi, vi avverto, non vi piacerà per nulla.

Unicredit è presente con sportelli automatici ATM propri in tre mercati europei:

  • Italia, con 5527 ATM, di cui 30% di solo prelievo, 46% di prelievo e versamento e 24% casse automatizzate;
  • Germania con 906 ATM, di cui 18% di solo prelievo e 82% di prelievo e versamento;
  • Austria con 484 ATM, di cui 61% di solo prelievo e 39 % di prelievo e versamento.
Il nostro paese per il gruppo è quello che presenta un profilo più completo, con la possibilità di compiere operazioni complete di cassa senza cassiere.

Quanti sono stati i prelievi da questi sportelli?
Questi sono due dati generali di prelievi complessivi nell’anno 2015 e 2018

ITALIA

PRELIEVI 2018 41.438

PRELIEVI 2015 39.833

dati in milioni di euro



AUSTRIA

PRELIEVI 2018 4.953

PRELIEVI 2015 5.304

dati in milioni di euro

GERMANIA

PRELIEVI 2018 6.049

PRELIEVI 2015 6.453

dati in milioni di euro

In Italia vi è stata una crescita dei prelievi, in controtendenza rispetto a Austria e Germania,
ma bisognerebbe sapere quanti erano gli sportelli nel 2015, per poter dare una valutazione completa.

Quanto si preleva in media per sportello nel 2018?:

ITALIA: 7.551 euro

GERMANIA: 6.676 euro

AUSTRIA: 10.233 euro

La posizione degli ATM Unicredit rispetto a Austria e Germania è più simile a quella tedesca che a quella austriaca.
A Vienna evidentemente si preleva molto di più rispetto all’Italia, e moltissimo di più rispetto alla Germania.
Il nostro paese non ha una movimentazione di contate poi così particolare,
e le banche sicuramente ne tengono conto nell’installare i propri macchinari.

Certo un ATM in Austria rende molto di più….

Ora il Centro Studi Confindustria ha ipotizzato una tassa del 2% per scoraggiare “L’Uso del contante”, per motivi che sono solo nella testa del CSC.

Quanto costerebbe ai clienti di Unicredit??

Eccovi la Cifra: 834,76 milioni di euro.

Ora è difficile capire quanto siano i prelievi Bancomat Unicredit rispetto al totale dei prelievi bancomat nel sistema di bancario italiano.
Si stima, in generale, che Unicredit abbia una quota del 11% del mercato. Utilizzando questo metro grezzo abbiamo che

Una tassa sui prelievi costerebbe 7.588,73 milioni di euro ai cittadini italiani.

Dato che le cifre devono essere sempre relativizzate, per comprenderne la dimensione, sono:

  • più di quanto previsto sia la spesa 2019 del reddito di Cittadinanza (7,1 miliardi)
  • circa 126 euro per ogni abitante in Italia, neonati e centenari compresi
  • quasi il doppio dell’ultima IMU sulla prima casa del 2014, che era ammontata a 4 miliardi
In Centro Studi Confindustria ha parlato di una tassa sui prelievi oltre i 1500 euro,
ma si tratta di una tassa ingiusta anche perchè già esistono limiti all’uso del contante.
Non è che Confindustria vuole rendersi amico qualche istituto di credito?
Non bastano le laute commissioni sull’uso del bancomat?
 
Se seduti su quei banchi del parlamento, ci fossero REALMENTE i rappresentanti del popolo,
la prima legge da votare sarebbe quella ANTI-RIBALTONI.
L'eletto in un partito non può "scendere" da quel partito ed andare alla concorrenza.

Ieri mattina i numeri erano ancora in bilico.

Servono almeno venti deputati per formare un nuovo gruppo (con relativi uffici, staff e finanziamenti) a Montecitorio, e non era chiaro se Matteo Renzi li avesse.


O almeno dal Nazareno si tentava tutto il possibile per trattenere gli incerti e impedire alle file della scissione di ingrossarsi.

A sera l'ex premier ha annunciato: con lui ci saranno «25 deputati e 15 senatori».
E questi ultimi sono quelli che «pesano» di più ai fini della maggioranza: si dice che da Forza Italia ne potrebbero arrivare almeno due.

«Cercano di comprarseli uno per uno per evitare che vengano con noi», si era lamentato Renzi nei giorni scorsi,
quando diversi esponenti a lui vicini erano stati indicati come sottosegretari.
Il lavorio si estende anche oltre confine: ieri, ad esempio, è arrivata notizia dall'ufficio stampa dei Dem della nomina di Pina Picierno a
«vice presidente della delegazione degli europarlamentari Pd, con delega alla tesoreria».
La Picierno è una degli europarlamentari in quota Renzi, che potrebbe essere tentata di seguirlo
(come farà probabilmente presto Nicola Danti, appena entrato nel parlamento di Strasburgo subentrando al dimissionario Roberto Gualtieri, diventato ministro dell'Economia).
L'incarico, arrivato ieri, ha il sapore dell'incentivo a restare.

Il gruppo alla Camera si farà, nei prossimi giorni: Roberto Giachetti, già candidato «turbo-renziano» alla segreteria del Pd antagonista di Zingaretti,
ieri ha rotto un silenzio che durava da giorni per annunciare che sarà della partita, con i parlamentari a lui vicini..

Al Senato, il socialista Nencini potrebbe dare la propria disponibilità ad usare il simbolo «Insieme», con cui è stato eletto
(e che ha diritto anche a ricevere il 2 per mille di contributi volontari), per costituire un gruppo autonomo.

«Centristi, radicali, azzurri: in molti ci fanno sapere di essere interessati. Si parte con il minimo tecnicamente indispensabile, ma poi ci allargheremo», assicurano i renziani.

Al Nazareno si guarda con preoccupazione anche all'impatto economico della scissione:
senza i contributi dei transfughi, al partito verranno a mancare oltre due milioni di euro.

Ma si guarda con apprensione anche a quanto può avvenire nei territori, tanto più laddove si deve votare per Regionali e Comunali.
La nascita di gruppi renziani potrebbe terremotare diverse giunte.

In Puglia il segretario regionale ha convocato lo stato maggiore del partito per capire le conseguenze dell'uscita dal Pd di Teresa Bellanova, ministra e pugliese influente.

A Milano la componente renziana ha un forte peso anche organizzativo grazie alla ex vice di Pisapia Ada Lucia De Cesaris.

In Campania hanno peso le uscite del parlamentare Gennaro Migliore e del sindaco di Ercolano Bonajuto,

In Liguria quella di Raffaella Paita.
 
Vorrei sbagliarmi, ma lo so che non mi sbaglio.
Ma da Forza Italia arrivera' scodinzolando ed abbaiando gioiosamente un'alluvione di voltagabbana,
come da sempre e' avvenuto a cominciare dal governo di ribaltone di Dini.

Mi sono sempre meravigliato di come ad ogni tornata elettorale Berlusconi riuscisse a mettere in lista candidati
pronti a passare con la sinistra alla prima occasione, mentre nel blocco sociale che votava Forza Italia
c'erano migliaia di persone in gamba e con alte qualifiche professionali, pronte a giurare odio eterno ai comunisti
come il piccolo Annibale lo giuro' ai Romani sugli altari di Cartagine.

L'unica risposta ragionavole che posso darmi e' che ormai tra FI e renzi, a parte il teatrino mediatico di finta rivalita', le differenze siano minime.
 
Ed il capo supremo. Colui che dovrebbe difendere e rappresentare i cittadini, cioè gli elettori ?
Se ne impippa .......

Sergio Mattarella invece l'ha presa meglio, derubricando l'accaduto a «un fatto partitico-parlamentare»
che non riguarda direttamente le competenze del Colle e che non dovrebbe, per il momento
avere conseguenze catastrofiche sulla coalizione giallorossa.

Almeno ufficialmente, il Quirinale si tiene a distanza e non vuole entrare nella polemica.

Certo, pure lassù hanno notato la singolare coincidenza tempistica, però insomma, la scissione «non è un fulmine a ciel sereno», la cosa era nell'aria da mesi.
Magari, chissà, servirà per fare chiarezza. Quanto poi ai timori sulla tenuta del quadro politico, «nessuna preoccupazione», assicurano,
perché «non viene meno la maggioranza di governo».

L'attenzione del capo dello Stato, lo ha ripetuto lui stesso varie volte, è rivolta al rispetto delle scadenze economiche e degli impegni internazionali,
al controllo della spesa pubblica, alla prossima Finanziaria, ai rapporti con l'Unione europea.
E la «separazione consensuale» tra renziani e Pd non dovrebbe cambiare la linea dell'esecutivo.

Come dire, sono affari vostri. E infatti adesso sono affari di Giuseppe Conte.
 
Oggi spera di incorporare nella manovra i risparmi di Quota 100, Reddito di cittadinanza e anche la minore spesa per interessi.

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Ma c'è stato un tempo non molto lontano in cui il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri criticava questo metodo.

Prima che il predecessore Giovanni Tria raggiungesse l'accordo di dicembre con la commissione
il governo aveva dato mandato al ministro di negoziare un deficit nominale al 2,4%, molto oltre il limite massimo concesso.

Gualtieri, allora presidente della commissione problemi economici del Parlamento europeo criticò in particolare il fatto
che Tria avesse indicato questa percentuale «come tetto più che come obiettivo» e avesse alluso al fatto che il deficit
sarebbe potuto essere inferiore se alcune misure allo studio fossero state modulate in modo diverso.
Era l'annuncio dei famosi risparmi da Quota 100 e Reddito di cittadinanza,
che poi si sono realizzati anche quando il governo si è ridimensionato su un livello di deficit più basso al 2,04%.

Oggi Gualtieri prepara a uno scenario molto simile, con la maggioranza che si aspetta nel 2020 un più alto rispetto all'1,6% concordato con l'Europa.

L'unico modo per non fare una manovra lacrime e sangue, che riporti l'indebitamento netto nei limiti,
è sperare che l'Europa accetti di contabilizzare risparmi e anche la lotta all'evasione.
Un classico della sessione di bilancio che si ripete, ma che alle istituzioni europee non piace per nulla.
Soprattutto ora che la auspicata riforma dei Patti Ue si è arenata sui veti dei paesi del Nord.

Il governo si sta preparando a varare misure che siano il più possibile neutre dal punto di vista dell'impatto sui conti.
Ieri è ad esempio rispuntata l'idea di una aliquota unica per gli immobili.

A rilanciarla il viceministro all'Economia Antonio Misiani.
Parlando alla presentazione del rapporto sulle piccole e medie imprese della Cna,
l'esponente Pd ha ripreso un'idea dell'ex viceministro leghista Massimo Garavaglia, anche lui al convegno, sul riordino della riscossione degli enti locali.

Poi ha rilanciato «l'unificazione dell'Imu-Tasi», da realizzare subito. Si tratta di un'idea della Lega.
Con il precedente esecutivo, oltre all'accorpamento, erano allo studio misure per ridurre la pressione sugli immobili,
su pressioni di Confedilizia che ieri è tornata all'attacco.

«Il problema della patrimoniale Imu-Tasi non è la sua complessità, bensì il suo peso, giunto ormai a 22 miliardi annui.
La commissione Finanze della Camera lo ha compreso e, nel corso delle audizioni in luglio,
aveva spostato l'obiettivo dall'unificazione dei due tributi locali alla loro riduzione.
Confidiamo che la nuova maggioranza voglia proseguire su questa strada», ha commentato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.

Difficile che l'esecutivo giallorosso decida di ridurre le imposte.
Più probabile che la pressione fiscali aumenti, attraverso la revisione delle tax expenditures, una delle poche coperture già individuate.

Sempre made in Carroccio un'altra idea che sta appassionando Il Pd,
cioè la trasformazione del taglio del cuneo fiscale in una riduzione dei contributi.
 
Commenti del popolo.

"Negli Usa, in Francia, in Germania ed in qualunque altro Paese dell'Occidente democratico, la Polizia gli avrebbe sparato;
Solo in Italia accade che Carabinieri e Polizia siano stati messi in condizione di rischiare di perdere la vita per paura
di quei magistrati che preferiscono indagare le vittime piuttosto che i carnefici, specie se si tratta di "risorse" della sinistra antirazzista, finto-buonista e criminale."

"Sapete che gliene frega agli italiani di sinistra? Un bel niente. E' gente che apprezza l'anarchia, e quando pensa ai concetti di ordine e disciplina, pensa al fascismo.
E' gente che spesso inneggia a droga, ateismo, materialismo, senza valori morali. Disperati, che non hanno niente da perdere.
Che volete che sia, il pestaggio di un militare per questa gente?"

"Ieri mi hanno criticato perche' ho messo in discussione il comunicato dell'Esercito che diceva che il criminale era stato immobilizzato dai militari
con le tecniche di combattimento militare (Monsieur de La Palice si sara` fatto due risate nella tomba).
Il video mostra che tali tecniche sembrano consistere nello stare alla larga dal soggetto, quasi scappare, farsi ferire, e poi sperare che la folla gli salti addosso.
Come diceva Sordi dei Tedeschi in Un Americano a Roma: "A Cicalo`...E quanno 'a vincono 'a guera questi?"
 

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