CI SARANNO SEMPRE DEI SASSI SUL TUO CAMMINO. DIPENDE DA TE SE FARNE DEI MURI O DEI PONTI

Tutto va bene, ma intanto la FED abbassa i tassi di interesse di un quarto di punto, per la seconda volta quest’anno.

Dopo il ribasso di luglio la FOMC, Federal Reserve Open Market Committee, ha deciso un secondo taglio dello 0,25%,
portando i tassi di riferimento ad un range fra 1,75% e 2,00%.

La decisione poi è completata dalla decisione di cambiare un indicatore di base della politica monetaria: lo IOER, interest on excessive reserve,
cioè l’interesse che la FED paga sui depositi overnight delle banche, solitamente superiore di 5pb rispetto a quello di rifinanziamento,
è stato ribassato di 30pb, allineandolo quindi a quello di riferimento.
Questo apre la strada, in futuro , perfino ad una politica di tassi negativi simile a quella della BCE.

Non è stata una decisione all’unanimità, perchè tre direttori regionali hanno votato contro, anche se in senso opposto:
Esther George di Kansas City ed Eric Rosengren di Boston hanno votato contro perchè contrari al ribasso,
mentre James Bullard dell’Ohio avrebbe preferito un ribasso di 50pb.

Il board della FED quindi non ha deciso all’unanimità e questo indica delle visioni diverse nell’evoluzione dell’economia USA.
Ovviamente una parte del board teme una possibile recessione nel 2020, mentre un’altra parte vede i dati attuali,
che comunque vedono una disoccupazione bassa ed una crescita economica ancora positiva.

L’unico dato comune, che alla fine ha giustificato la mossa, è l’inflazione comunque bassa.

Intanto la Banca Centrale Giapponese ha deciso di mantenere i tassi invariati allo 0,1%, ma..



.. lascia aperta la porta di ad un incremento dello stimolo per il prossimo ottobre.

Nel frattempo comunque il tasso obiettivo sul debito pubblico resta paria zero.
Perchè la Banca Centrale può intervenire per guidare i tassi, pur non finanziando completamente il debito stesso.
 
Ma come ? Ma se questa estate esponenti dei pidioti hanno fatto fuoco e fiamme
per una moto d'acqua.
"I mezzi delle Forze dell'ordine servono a garantire la sicurezza di tutti noi e non servono a far divertire i parenti dei ministri" e
"Le moto d' acqua servono alle Forze dell'ordine per garantire la nostra sicurezza, non per giocare".
Adesso non servono più ?
Non è bastata Milano per far danni adesso li facciamo su scala nazionale,ammazza che salto di qualità
la prossima mossa quale sarà ? Dotare le forze dell’ordine ordine di fionde e cerbottane,
sia mai che dovessero far male a qualche risorsa e togliere il pane di bocca alle Coop

Il 5 settembre Luciana Lamorgese ha giurato al Quirinale, diventando ufficialmente il nuovo ministro dell'Interno.

Trascorse appena due settimane, la neo titolare del Viminale ha rispolverato un decreto che Matteo Salvini aveva mandato a prendere la polvere in soffitta.

Di cosa si tratta?

Di un decreto direttoriale (frutto della riforma Madia)
con il quale il dicastero dispone la soppressione delle squadre nautiche della Polizia di Stato,
chiudendo decine e decine di presidi sui litorali italiani, trasferendo il personale "marittimo"
verso questure e commissariati e, di fatto, chiudendo in garage un centinaio di mezzi d'acqua
 
Secondo l’ultimo sondaggio realizzato da EMG Acqua, il partito di Matteo Salvini è dato al 33,1% dei voti, facendo il vuoto dietro di sé.

La seconda forza politica è ancora il Partito Democratico, nonostante l'addio di Matteo Renzi.
Il Pd rimane sopra la soglia del 20%, ma perde il 2,8% e si trova così al 20,2.

Sotto, di circa due punti, ecco il Movimento 5 Stelle.
La compagine pentastellata rimane impantanata, non riuscendo più a risalire.
La rivelazione dell’istituto demoscopico per Agorà racconta appunto di un M5s al 18%.

Poi, ecco Fratelli d’Italia e Forza Italia: il partito di Giorgia Meloni ottiene il 7,3% dei fanta-voti,
mentre gli azzurri di Silvio Berlusconi il 7%.

Ecco, dunque il dato forse più interessante, ovvero quello del bacino elettorale di Italia Viva, il nuovo partito "centrista" di Renzi.
Quanto vale? Ad oggi, un risicato 3,4%.

Alle sue spalle, +Europa con il 2,7% e
La Sinistra, 2%.
 
Oggi il Messaggero parla della possibilità di una scissione anche nel Movimento Cinque Stelle,
tanto per fare da contraltare a quella avvenuta nel PD, con la nascita del gruppo renziano,
e per ridurre il peso eccessivo di Di Maio, che combina la carica politica di portavoce del M5s e quella governativa di ministro degli esteri.

Ora dato che ormai non c’è nessun freno nè morale nè ideale a quello che succede nella maggioranza,
non possiamo che studiare il fenomeno dal punto di vista meramente economico, per prevedere quello che può succedere a Camera e Senato.

Avere un gruppo parlamentare significa godere dei contributi della Camera e del Senato per le iniziative di governo e per le attività politiche,
e parliamo di diversi milioni, circa 52 per anno.

Una cifra che fa gola a molti e che viene distribuita ai gruppi ma, ovviamente, avere un proprio gruppo significa gestirselo in proprio.
Questo è però controbilanciato dai regolamenti di Camera e Senato sulla formazione dei gruppi stessi:

  • alla Camera sono necessari 20 deputati per formare un gruppo;

  • al Senato 10 senatori, ma devono rappresentare un gruppo politico che si sia presentato alle elezioni.
Renzi ha assorbito un senatore che rappresentava i Socialisti Italiani, quindi non ha avuto problemi al Senato,
ma in caso di scissione dei M5s dovrebbero finire come “Componente” del gruppo misto, molto meno vantaggiosa.

Certo potrebbero godere del loro stipendio pieno, il che è un incentivo non indifferente. Quindi per concludere:

  • alla Camera potremmo avere tranquillamente fino ad una decina di gruppi parlamentari;

  • al Senato è meno probabile, ma potremmo avere un super-gruppo misto.
Politicamente poi ogni gruppo potrebbe chiedere il proprio spazietto di nomine ministeriali e nei vari enti, con un fiorire di “Generi” e di “Cugini”.

Tanto, alla fine, cosa cambia? Tutti vivrebbero felici e contenti.
 
Una cagata pazzesca. Devo sempre avere il cellulare a portata di mano.
E se mi fregano il cell ? Oppure se è scarico ? O addirittura se si rompe ?

Non pare che ci sia stata la dovuta attenzione dei media alla rivoluzione in atto per l’applicazione della direttiva europea PSD2
in particolare nel punto dei cambiamenti delle procedure di accesso che devono diventare “Strong Customer Authentication”, ovvero autenticazione forte, robusta.

Eppure chi si è trovato ad andare nelle filiali delle banche nei giorni e settimane scorse apparivano palpabili le perplessità,
i malumori e le esposizioni dei correntisti per le problematiche in particolare quelle su riguardanti la sicurezza;
problematiche che generalmente il personale bancario, forse non eccelsamene preparato per affrontare anche i meriti procedurali e tecnici del cambiamento,
affronta sovente rimandando le questioni ai piani superiori o tecnici e comunque ripetendo laconicamente
che è un cambiamento o matrimonio con la PSD2 che “sa da fare” perché così vuole l’Europa,
ridotti ad una sorta di bravi quando si rivolgevano a don Abbondio per un matrimonio che “non sa da fare” perché così vuole don Rodrigo.

Curioso che le banche europee, invece, nella stragrande maggioranza si ritengano già “compliant” alla nuova “Strong Customer Authentication” – SCA.

Invece, molte banche e gruppi bancari italiani vogliono il cambiamento radicale che tende, apparentemente,
a spostare il traffico delle operazioni bancarie verso il cellulare come dispositivo principe.

La semplice discriminazione che la app sia gratuita ed invece la sostituzione della chiavetta generatrice di OPT sia costosa
anche per 30 euro connessa alla complicazione (inutile agli fini della SCA?) del micro-tastierino che hanno queste nuove chiavette,
fa si che molti correntisti vengano indotti verso l’operatività solo da cellulare.

Eppure il cellulare, per come molte app bancarie si scopre funzionino alla fine del processo di installazione,
rende operativo l’accesso e le disposizioni di ordini di pagamento per semplice e solo inserimento della password PIN, spesso a sei cifre,

Questa modalità per solo inserimento del PIN appare assai a rischio di hackeraggio, perché un maleintenzionato violando il cellulare con un malware
compromette proprio quella differenza ed indipendenza di almeno due parametri tra quelli del “possesso”, “conoscenza” e “inerenza”,
che realizzano il principio di sicurezza forte previsto dalla SCA, come meglio era sintetizzato nel precedente articolo.

Dunque, queste app. totalmente operative per solo inserimento del PIN non appaiono coerenti con la stessa direttiva europea che ha introdotto la SCA.

Il paradosso è che sono andate a sostituire precedenti sistemi che invece apparivano rispettare pienamente il requisito di forte autenticazione,
“strong Authentication” utilizzando login e password (parametro di conoscenza) e OTP generata dalla chiavetta (parametro di possesso) tenuti separati e non compromettibili l’uno con l’altro.

Come venirne fuori? Rinunciare ad operare online?

Certamente molto disagevole una volta che ci siamo abituati ad operare online.

Ma un escamotage c’è, per parecchi sistemi bancari.

Quello di utilizzare un cellulare pulito e senza sim, un “cellulare muletto”, alla stregua di una semplice chiavetta generatrice di OTP,
e tenere questo cellulare in sicurezza e non collegato, collegandolo semplicemente alla wifi di casa
o al router wifi abilitato dal proprio cellulare operativo, quello con la SIM telefonica, solo nel momento delle operazioni di accesso al conto.

Non deve essere un cellulare nuovo o sofisticato, il vecchio smarthphone di qualche anno fa che ammuffiva nella scrivania
e che stavate per buttare tra i rifiuti speciali, va benissimo, basta che funzioni il wifi.

In sostanza il problema della sicurezza è intrinseca all’utilizzo del cellulare come telefono e come sistema per navigare in internet
e ricevere e trasmettere sms e posta elettronica. Portandolo sempre con se, lasciandolo in tasca, negli armadietti,
nel cassetto della scrivania, quotidianamente utilizzandolo per ricevere e trasmettere.

Il cellulare che si utilizza correntemente è esposto ai rischi dovuti alle connessioni non sicure ed alle ricezioni di messaggi infetti,
al caricamento di app che poi si rivelino infette o infettabili ed anche a bachi di sistema che rendono vulnerabile il cellulare
alla semplice ricezione di un sms, come recentemente accertato da un team di ricercatori e segnalato dall’articolo
“TUTTI GLI SMARTPHONE POSSONO ESSERE INTERCETTATI, e non dipende dal modello….”

Le app bancarie verificano l’IMEI del cellulare, ovvero quel codice univoco che individua ciascun cellulare ed è quel codice che la polizia vi chiede quando ve lo rubano.
Non possono verificare la SIM perché sottometterebbe l’operatività della app alla scelta del gestore telefonico, o ancor più al cambiamento di questa scelta.

Dunque, basta pulire (disinstallare) il cellulare “muletto” di tutte le applicazioni, accedere con un account ai sistemi di distribuzione delle app
(google e apple store ad esempio) e installare la app sul “muletto”.

All’avvio della installazione la app si accorge che una app operativa è già stata installata su un altro cellulare
e vi chiederà se volete il trasferimento della operatività al cellulare “muletto”.

Una volta resa operativa la app sul muletto con il nuovo PIN dispositivo che avete deciso,
cancellate l’account di accesso al sistema di distribuzione delle app, ed il gioco è fatto.

Avete quindi alla fine una app operativa sul “muletto” che è gestibile in sicurezza, da accendere e utilizzare
solo nel caso di voler fare una operazione bancaria e, soprattutto, non asservito alla SIM telefonica.

Semplice no?

Per ora appare interessante questo semplice escamotage, in attesa di quando penseranno ad altri stratagemmi
per veicolare milioni di correntisti attraverso una nuova cruna di ago.
 
Altro inciucione megagalattico.
io darò qualcosa a te (il simbolo) e tu darai qualcosa a me .....
però ricorda....tu conti 1

Riccardo Nencini (classe 1959) inizia la sua esperienza politica giovanissimo, come capogruppo del Psi nel consiglio comunale di Firenze.
Deputato nel 1992, nelle file del partito del garofano, nel 1994 viene eletto al parlamento europeo (Psi-Alleanza democratica).
Nel 2000 è eletto al Consiglior regionale della Toscana, di cui diventa presidente, carica che mantiene fino al 2010.
Successivamente per tre anni è assessore al Bilancio per la Regione.
Dal 2008 al 2019 è segretario del rinato Psi, di cui ora è presidente.
Nel 2013, entrato con il suo partito nella coalizione Italia Bene Comune, viene eletto al Senato in una lista del Pd.
Nel 2014 entra nel governo Renzi, come viceministro alle Infrastrutture e Trasporti. Viene confermato nel governo Gentiloni.
Nel 2018, dopo aver lanciato la lista Insieme, che mette insieme Verdi, Psi e i prodiani di Area civica,
viene rieletto al Senato conquistando il seggio nel collegio uninominale di Arezzo.

L’accordo con Nencini sarebbe molto importante per Renzi.
Grazie a lui, infatti, l’ex premier potrebbe avere un gruppo tutto suo anche al Senato.

Il regolamento di Palazzo Madama, infatti, vieta la costituzione di un gruppo a chi non abbia partecipato alle ultime elezioni con un proprio simbolo.

Unica soluzione, dunque, è quella di confluire nel gruppo misto.

Ma l’accordo con Nencini risolverebbe tutto e Renzi, così, oltre alla Camera potrebbe piantare la sua bandierina anche al Senato.
Se l’asse con Nencini dovesse saltare Renzi è pronto a mostrare i muscoli facendo la conta dei senatori a lui vicini all’interno del gruppo misto.
In tal caso la presidente Loredana De Petris (eletta con Liberi e Uguali) potrebbe saltare.

Su Facebook Nencini ha voluto chiarire la propria posizione:
“Purtroppo tv e giornali non ci aiutano a spiegare quanto succede e sui social leggiamo di tutto.
Siamo stati chiari, il segretario Maraio (Psi, ndr) ed io. Stiamo valutando la nascita di un gruppo parlamentare socialista
cui aderirebbero i senatori fuoriusciti dal Pd. Così stanno le cose.
Chi esce dal Pd, immagino vorrà darsi una sua organizzazione, quando e come lo deciderà non è affar nostro.
Noi restiamo dove stiamo, nel Psi. Punto e basta. Tutto il resto è fantasia purissima”.
 
L’operazione politica di Renzi merita alcune riflessioni. Il leone era ferito, ma non morto.

Dopo il 4 marzo dello scorso anno l’ex segretario del Pd era uscito di scena,
aveva evitato il governo-inciucio coi 5Stelle aprendo la strada al governo 5Stelle-Lega.

Poi si è messo a fare footing sul ponte vecchio di Firenze dove Dante ammirava Beatrice.

Un anno e mezzo fuori dal palcoscenico politico.

Poi è arrivata la crisi di governo agostana e, con una mossa del tutto contraria a quello che aveva sempre detto, ha aperto ad un governo Pd-5Stelle.

Un’operazione impossibile che ha visto la luce solo perché lui e Grillo l’hanno voluta.

La scusa era quella di disinnescare le clausole di salvaguardia, ma in realtà i motivi erano altri:
evitare che Salvini andasse spedito a Palazzo Chigi in caso di elezioni anticipate
e la creazione dei gruppi parlamentari renziani in modo che, da una posizione di forza,
il boy scout di Rignano potesse essere decisivo sia nelle decisioni del nuovo governo senza passare da Zingaretti,
sia di piazzare molti dei suoi uomini nelle aziende di Stato.

Oltre 400 nomine
dovranno farsi dall’autunno alla prossima primavera, quindi “piatto ricco mi ci ficco”.

Fatto sta che, con questa mossa, Di Maio sarà costretto a sedersi al tavolo
con chi – fino a ieri – era quello di “Banca Etruria”, dei risparmiatori truffati, della schiforma costituzionale e del bail-in.

In tutto questo il vero sconfitto è Grillo, che pensava di condurre l’azione di governo grazie ai voti di Renzi ma senza Renzi.
Un errore che solo un rinnegato come l’Elevato poteva commettere, mettendo il M5S sotto scacco mortale.

Ora non sappiamo se sia più sprovveduto Grillo o Zingaretti, fatto sta che il MoVimento
perde definitivamente la sua connotazione anti-establishment ed alternativa a Renzi,
mentre Zingaretti si ritrova da solo in un governo che non voleva e con i gruppi parlamentari del Pd pieni zeppi di renziani.

Non a caso Lotti, Guerini e Morani non hanno lasciato i Dem.

Il Matteo toscano, pur uscendo dal Pd, rimarrà nel Pd attraverso i suoi uomini, controllandone le decisioni.
E dire che Zingaretti in agosto aveva avuto l’occasione di tornare a votare liberandosi di Renzi e portando i suoi in Parlamento.
Ha preferito la strada suicida del governo con Conte e Di Maio.
Insomma, dicendola alla Dostoevskij, il segretario del Pd ha dimostrato di essere un “idiota”.

Da questo momento in avanti tutto cambia.

Renzi ha in mano le leve del Conte bis, sarà infatti lui a dettare l’agenda di governo.

Nel caso Di Maio e Conte si opponessero, la minaccia di staccare la spina sarà sempre dietro l’angolo.

Che brutta fine per il MoVimento
.
Andare al governo con Renzi-Boschi e dipendere completamente da loro
senza neppure avere la maggioranza dei ministri, spartiti alla pari col Pd.

Un suicidio politico
che determinerà la fine dei 5Stelle, relegati a costola minoritaria dei nemici di sempre.
Gianroberto Caseleggio si sta rivoltando nella tomba.

Le prossime tappe sono già scritte.

A dicembre disattivazione delle clausole di salvaguardia, di cui Renzi e i suoi si attribuiranno la paternità politica,
e nuova legge elettorale proporzionale nel tentativo di evitare che Salvini stravinca.

Poi, in primavera, un bel #GiuseppiStaiSereno sarà il segnale della fine del governo
più innaturale e trasformista della Repubblica. MoVimento 5 Stelle e Pd distrutti.

E se Di Maio pensa di portare a casa almeno la riduzione del numero dei parlamentari si sbaglia di grosso.

Renzi deve far tornare i suoi uomini in Parlamento (circa una cinquantina),
che altrimenti non avrebbero alcun interesse ad abbandonare il Pd per seguirlo in un’impresa dal futuro politico ancora incerto.

Italia Viva”, così si chiama il nuovo soggetto renziano, otterrà alle prossime elezioni un risultato mono-cifra,
quindi Renzi non ha alcun interesse a ridurre di quasi il 40% il numero dei parlamentari
perché parecchi dei suoi fedelissimi resterebbero fuori dalla nuova compagine parlamentare.

Di Maio, Grillo e Zingaretti hanno dimostrato di essere tre principianti.


L’apertura di Renzi al governo coi grillini non era sincera sin dall’inizio,
il senatore di Firenze nutre un odio viscerale verso di loro,
ma con questa operazione li ha letteralmente usati per tornare al potere senza passare dalle urne,
scippando a Zingaretti e a Di Maio la golden share dell’esecutivo, che dipenderà principalmente da lui.

E non ci meraviglieremmo se Giuseppe Conte, sempre pronto ad annusare occasioni di potere per se stesso,
strizzi l’occhio ai nuovi gruppi renziani. Il personaggio ha dato ampia prova del suo trasformismo più di una volta.

Il capo politico del MoVimento e il segretario del Pd si sono fatti fregare come due polli.

Ora lo spiedo è caldo e Renzi è pronto per l’antipasto.

Pranzo e cena arriveranno a primavera. Buon appetito, sulla pelle degli italiani.
 
Se non fossero così idioti come hanno dimostrato di essere,
e 5stalle dovrebbero staccare la spina ora, subito dopo la finanziaria.
 
E venne il terzo giorno di rifinanziamento bancario, ed andò molto male.

La FED ha proposto,come nei due giorni precedenti, operazioni di repo per 75 miliardi di dollari,
solo che questa volta la domanda è stata per 83,87.

Questo, brutalmente, significa che le istituzioni finanziarie USA non sono riuscita a finanziarsi dalla FED 8,87 miliardi di dollari
!

Interessante anche l’evoluzione della domanda in tre giorni:

17/9 53 miliardi

18/9 80 miliardi – assegnati 75

19/9 83,87 miliardi – assegnati 75

Sembra che si sia rotta una diga e che adesso non ci siano più remore a chiedere fondi.
Basti notare che sono stati distribuiti 200 miliardi di dollari con queste operazioni.

In tre giorni si è fatto un QE grande come quello della BCE previsto per 9 mesi!

Ecco i dati delle operazioni di rifinanziamento odierne:



Il taglio come vediamo è stato sui titoli di credito verso agenzie federali e nei Mortgage Backed sempre di agenzie federali.

Ora la situazione è molto semplice: con 9 miliardi di domanda non soddisfatta, e domanda non soddisfatta per due giorni consecutivi, avremo:

  • una pressione sulla FED perchè prosegua, anzi ampli, queste operazioni di rifinanziamento;

  • un aumento sui tassi effettivi pagati dalle banche per rifinanziarsi ed infatti il tasso effettivo è superiore al tasso IOER,
  • cioè quello che paga la FED sui depositi overnight, che è il tasso massimo desiderato dalla FED e che proprio ieri è stato ribassato di 30 pb.

  • Il tasso effettivo supera il tasso massimo di 25pb, 0,25%.
So che a molti sembra una cifra piccola, ma è indice che la FED non riesce, in questo momento a controllare i tassi di interesse, e questo non è bello.

Facciamoci due domande:

  • dove è finita tutta la liquidità sinora immessa sul mercato?
  • In una serie di beni finanziari e non sono che, evidentemente, hanno valori elevati in modo artificioso, ma non hanno la necessaria liquidità.
  • La mossa della FED può rinviare il momento della loro liquidazione, e quindi del forte calo dei relativi mercati, ma lo vorrà fare? e fino a quando?
  • Non è una cosa semplice da valutare: nove giorni prima del crash del 1929 Irving Fisher, uno dei più noti economisti del XX secolo,
  • disse che le azioni “Reached what looks like a permanently high plateau“, “Hanno raggiunto quello che sembra un livello permanentemente alto”;

  • I vasi sono comunicanti, non possiamo pensare che una crisi di liquidità non passi i confini.
  • Già qualche giorno fa abbiamo mostrato come gli swap sulle posizioni euro-dollaro mostrassero delle forti tensioni.
  • Magari fra un paio di settimane rimpiangeremo un’eccessiva timidità di Draghi
 
Riporto il commento all'ultimo libro di tremonti:

"Prima gli «illuminati», poi le élite sconfitte dalla storia, infine i «cuochi che prendono il controllo della nave».

Per capire il grande disordine che oggi investe le nostre vite, Giulio Tremonti prende spunto da tre profezie che emergono dal profondo della storia.

Quella di Marx sulla deriva del capitalismo globale,

la previsione del Faust di Goethe sul potere mefistofelico del denaro e del mondo digitale
(dove al posto del vecchio cogito vale un categorico digito ergo sum!),

infine l'intuizione di Leopardi sulla crisi di una civiltà che diviene cosmopolita.

Tre chiavi di lettura che l'autore, testimone diretto di tanti «misteri» della storia recente,
intreccia con la personale esperienza di studioso e di protagonista della politica.
La storia, che doveva essere finita, sta tornando con il carico degli interessi arretrati e la giovane «talpa»
del populismo sta scavando il terreno su cui, appena caduto il muro di Berlino, è stata costruita l'utopia della globalizzazione.

Oggi sembra di essere tornati agli anni '20 di Weimar, in una società stravolta e incubatrice di virus politici estremi ..."
 

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