come difendersi dal BAIL IN

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Henry Tougha 20 ore fa 3 Commenti
Si Intensifica la Fuga di Capitali da Italia, Francia e Spagna. (E le Banche Tedesche Sono Davvero Sicure?)

Il portale FXStreet pubblica una breve analisi sulla nuova crisi che si profila nell’eurozona. Con l’entrata in vigore delle direttive sul bail-in, si intensificano le fughe di capitali dai paesi periferici verso quelli centrali, e gli squilibri Target2 raggiungono nuovi massimi. In questo contesto i paesi centrali non hanno nessuna intenzione (da un certo loro punto di vista giustamente) di collaborare per risolvere la situazione.
Nota: un paio di considerazioni personali sul finale ci trovano in totale disaccordo, ma sono segnalate come tali.

di Mike Shedlock, 11 gennaio 2016
C’è paura!
Il denaro depositato presso la BCE, pur con un tasso negativo dello 0,3%, ha raggiunto un nuovo punto massimo all’inizio del 2016.
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Possibili spiegazioni
1. C’è dovunque paura di subire perdite

2. Non c’è richiesta di nuovi prestiti

3. I debitori non vengono ritenuti solvibili

4. Insufficienza di capitali nelle banche

5. Fallimento della politica della BCE-UE

Per incoraggiare nuovi prestiti, il presidente della BCE Mario Draghi lo scorso dicembre ha ridotto ulteriormente il tasso sui depositi ‘parcheggiati’ presso la BCE da -0,2% a -0,3%.
Chiaramente non è servito.


Ora guardiamo agli squilibri su Target2, un’ottima misura della fuga di capitali da alcuni paesi dell’eurozona verso altri.
Squilibri Target2 (in miliardi di euro)
Paese / Bilancio / Commento
Spagna / -241,8 / Il peggior dato dal 2012
Italia / -229,6 / Il peggior dato di sempre
Grecia / -97,3 / Il meno peggio dal primo trimestre 2015
BCE / -73,8 / Il peggior dato di sempre
Francia / -73,5 / Il peggior dato dal 2011
Germania / +592,5 / Il valore più alto dal 2012
Lussemburgo / +140,4 / Il valore più alto di sempre
Olanda / +49,4 / Il valore più alto da settembre 2015
Finlandia / +31,8 / Il valore più alto da agosto 2015
Cipro / +2,4 / Il secondo valore più alto di sempre



Mancanza di fiducia
Target2 è una misura della fuga dei capitali tra i paesi dell’eurozona. Per esempio, un depositante greco, spagnolo o italiano non si fida della propria banca, e così apre un nuovo conto e trasferisce il proprio bilancio su una banca tedesca, olandese o lussemburghese.
La banca ricevente a sua volta deposita i soldi presso la BCE, pur ad un tasso d’interesse negativo, piuttosto che comprare obbligazioni greche, spagnole o italiane.

L’Europa teme il bail-in
Facciamo un passo indietro e chiediamoci: cosa ha determinato la fuga dei depositanti dalle proprie banche, innanzitutto?
La risposta è la paura del bail-in, di confische, controlli sui capitali e banche in fallimento, come abbiamo già visto in Grecia e a Cipro.
Esempi più recenti includono Portogallo e Italia.

Non c’è più domanda di obbligazioni bancarie italiane
Reuters riporta che gli italiani, preoccupati, corrono a vendere le obbligazioni bancarie.
Lo scorso dicembre gli italiani sono corsi a vendere le proprie obbligazioni bancarie, a partire dal venerdì dopo aver visto le perdite imposte agli investitori di quattro piccole banche che hanno avuto bisogno di un salvataggio.
L’Italia ha salvato Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFe alla fine di novembre, sulla base delle nuove regole europee che spostano le perdite sugli investitori nel momento in cui una banca entra in difficoltà, togliendo il carico al contribuente.
Circa 130.000 azionisti e obbligazionisti hanno subito perdite per un totale di 790 milioni di euro, vedendo i propri depositi cancellati. È stata la prima volta dagli anni ’30 che gli obbligazionisti non subivano perdite per una crisi bancaria. Il suicidio di un pensionato che ha perso i propri risparmi a causa di questa operazione si è aggiunto al clamore generale.
“I risparmiatori in Italia stanno correndo a vendere le proprie obbligazioni subordinate”, ha detto Giuseppe Sersale, gestore di un fondo di Anthilia Capital. “Gli investitori al dettaglio, spaventati dalle proteste scatenate dal salvataggio delle quattro banche, stanno cercando di vendere le proprie obbligazioni, ma non c’è nessuno che le compra”.

Le nubi si addensano
La paura cresce ogni giorno. E perché non dovrebbe?
Pater Tenebrarum, sul blog Acting Man, scrive “La direttiva UE sul Bail-in: Le nubi si addensano”.
In questo articolo, Tenebrarum discute il bail-in forzato, ponendo l’attenzione su due casi recenti, uno in Austria e uno in Portogallo.
Nel caso del Portogallo, cinque tipi di obbligazioni sono stati declassati dalla “good bank” alla “bad bank” in un colpo solo, spazzando via chiunque detenesse quelle obbligazioni, nel momento in cui la BCE ha scoperto un buco finanziario in una banca che si credeva salva dopo un’operazione nel 2014.
Il meccanismo di bail-in di per sé non è il problema.
Tenebrarum scrive così (e io mi trova d’accordo)…
In principio il BRRD o ‘direttiva sul bail-in’, come è chiamata, è un’idea piuttosto buona. Il fatto che prestare denaro a delle banche con una riserva frazionaria, o anche soltanto depositarlo presso di esse, implichi dei rischi, è un principio che va ristabilito. Uno non può aspettarsi che le banche e i loro creditori siano sempre salvati dal contribuente, in ogni caso. Imponendo arbitrariamente un trattamento iniquo a classi comparabili di creditori, stanno involonariamente affrettando questa consapevolezza.

Nervosismo da bail-in
Questi bail-in stanno causando un convulso nervosismo.
Potete fidarvi delle banche spagnole?

delle banche italiane?

delle banche francesi?

delle banche greche?
I depositanti stanno dicendo, in misura crescente, di no.
E le banche che ricevono i nuovi depositi, in Germania, Olanda, ecc., non vogliono affatto condividere i rischi con i paesi da cui provengono quei depositi.
La crescita costante, mese dopo mese, degli squilibri Target2, è la conseguenza di tutto ciò.
La scelta è vostra
Tenebrarum conclude con qualche citazione di Ludwig von Mises, che va al nocciolo della questione. La migliore è questa:
Scusate, ragazzi e ragazze, dovete scegliere. Potete avere capitalismo, libertà, prosperità e responsabilità personale, o socialismo, tirannia, povertà e ‘sicurezza’. Non entrambe.” [Evidentemente su questo, come sulla posizione riguardo la bontà ‘di principio’ del bail-in, non ci troviamo affatto d’accordo — ma capiamo anche che chi propone queste citazioni fa di mestiere il consulente finanziario; Nota di VdE]

Le banche tedesche sono sicure?
Vi lascio con una domanda importante: pensate che le banche tedesche siano sicure?
Se sì, vi sbagliate.


Pensate un attimo a Target2: se Spagna, Italia, Grecia, o qualsiasi altro paese lascia l’eurozona, qualcuno dovrà subire le perdite determinate dagli squilibri Target2.
Come farà la BCE ad allocare le perdite?
Contribuenti, depositanti e obbligazionisti verranno tirati in ballo direttamente. In alternativa la BCE dovrà violare il trattato di Maastricht e stampare denaro per coprire le perdite. In questo caso l’euro subirà un forte colpo.
Nulla è sicuro in Europa!
 
E’ chiaro che ora il “BAIL IN” è un evidente suicidio politico/economico, una sorta di cerino acceso in una camera piena di gas, basta accenderne uno solo. Ho sempre sostenuto che un intervento di ristrutturazione del debito non deve coinvolgere i risparmiatori, neanche sopra i 100.000 euro, ma solo azionisti ed obbligazionisti ovvero solo coloro che hanno sottoscritto capitale di rischio o di debito, il risparmio è un bene prezioso tutelato almeno sino ad ieri dalla Costituzione, dall’ Articolo 47


BAIL IN: MONTE DELLO SFASCIO DI SIENA! | icebergfinanza
 
BAIL IN - La tutela dei depositi bancari nel resto d'Europa e nel mondo



Dal primo gennaio 2016 è entrata in vigore anche in Italia la normativa che consente il bail in, cioè il coinvolgimento di chi ha depositi in una banca in difficoltà.
Anche i correntisti, oltre che gli azionisti e gli obbligazionisti sono quindi a rischio, poichè possono essere chiamati a contribuire forzosamente al salvataggio della "loro" banca.


Di seguito la prima parte del capitolo del libro "Il Bail in" (edito da Milano Finanza - Italia Oggi, distribuito anche in edicola), capitolo in cui ho affrontato la tematica di come vengono tutelati i risparmiatori che hanno conti bancari al di fuori dall' Italia.


Infatti la scelta della banca in cui depositare i propri risparmi può estendersi, per i residenti italiani, anche alle banche estere.


Aprire un conto in una banca di un Paese solido come la Svizzera è infatti semplice e perfettamente lecito.


E’ un concreto dato di fatto che la globalizzazione, tramite remote banking e la riduzione delle commissioni bancarie richieste dalle banche estere, renda possibile e semplice scegliere in quale nazione ed in quale banca depositare i propri soldi, uscendo dalla fuorviante logica della “banca sotto casa, di cui mi fido perché li conosco”.






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La tutela dei depositi bancari nel resto d'Europa e nel mondo



La normativa UE sul bail-in, che diverrà obbligatoria anche in Italia a partire dal primo gennaio 2016, assieme al decreto legge per evitare il bail in di quattro banche italiane in grave difficoltà:
Queste sono le tematiche che possono stimolare il risparmiatore attento ed evoluto a cercare le migliori condizioni di sicurezza per i propri soldi.


Esaminiamo come queste problematiche sono state affrontate in altri Paesi.


Una sorta di comparazione, utile all’ investitore anche per comprendere dove i propri risparmi sono maggiormente tutelati e quindi scegliere dove avere un conto bancario ed un portafoglio titoli.


La globalizzazione consente infatti di avere senza alcun problema pratico ne legale conti correnti anche in Paesi diversi da quello di residenza.


[FONT=&quot]La normativa [/FONT][FONT=&quot]svizzera: [/FONT]
[FONT=&quot]sicurezza, stabilità e tutela per i correntisti, ma anche per le banche[/FONT]
[FONT=&quot]
[/FONT]
Il fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008 e le pesanti difficoltà di UBS nello stesso periodo hanno obbligato la Svizzera a ripensare profondamente la tematica che riguarda la tutela dei depositi bancari in relazione alla stabilità delle banche in caso di crisi sistemica oppure riguardante un singolo istituto.


Ripercorriamo dapprima il percorso che ha consentito alla Svizzera di uscire pressoché indenne dalla crisi del 2008.


La Confederazione Elvetica si attivò prontamente nel 2008 al fine di evitare che il contagio derivante dalla filiale USA di UBS si estendesse a tutto il sistema bancario svizzero.


Fu un vero e proprio aiuto di stato, dato che la legislazione elvetica lo consente.


La Banca Nazionale Svizzera (BNS) acquistò grossi quantitativi di titoli "tossici", inseriti nello StabFund, il fondo di stabilizzazione creato ad hoc da parte dello Stato.


In questo modo si ottenne tempo; tempo per attendere, senza far fallire UBS, che il panico sui mercati si attenuasse, ma anche tempo per poter ricollocare sul Mercato questi titoli con condizioni migliori di quelle dell’ autunno 2008.


La Confederazione, tramite un prestito di 6 miliardi di franchi da convertire in azioni divenne di fatto socio ed azionista di UBS: una sorta di nazionalizzazione parziale dell’ istituto.


La BNS capitalizzò con 54 miliardi di dollari lo StabFund, al fine di poter comprare titoli “illiquidi”, talvolta molto simili ai famigerati ABS e CMO, con l’ obbiettivo di poter procedere in tempi migliori ad una loro liquidazione.


In tal modo 39,1 miliardi di dollari in titoli “tossici” furano momentaneamente “sterilizzati”, consentendo ad UBS di uscire dalla crisi.


L’ operazione fu consentita dalla flessibilità di una legislazione liberista unita ad un intervento di stato.


Il connubio è solo apparentemente strano, in quanto anche Germania e Gran Bretagna, paesi con una efficiente e libera economia di mercato, hanno “partecipazioni statali” in banche ed industrie: Royal Bank of Scotland fu salvata in modo analogo a quello utilizzato con UBS, anche CommerzBank e DeutscheBank erano e sono tuttora pesantemente partecipate da capitali pubblici, come del resto VolksWagen, altra azienda “too big to fail”.


Il salvataggio di UBS fu una manovra davvero brillante:
- la Confederazione vendette le sue azioni UBS nell'estate 2009 realizzando un guadagno di 1,2 miliardi di franchi.


- Lo StabFund ha potuto vendere, frazionatamente in 6 anni, quasi tutti i titoli “tossici”, conseguendo un utile per la Banca Nazionale Svizzera di quasi 4 miliardi di franchi.


Questo brillante salvataggio ha reso “più ricchi” i cittadini ed i residenti in Svizzera: infatti la Banca Nazionale, per statuto, deve distribuire gli utili ai Cantoni, da questi ai Comuni, consentendo di finanziare opere pubbliche e welfare, abbassando al contempo la tassazione per aziende e privati.


Peraltro molti posti di lavoro sono stati persi, ma con un ammorbidimento tramite laute buonuscite, derivanti proprio dall’ enorme utile conseguito tramite il salvataggio. I proventi del salvataggio hanno consentito di ridurre il personale compensando chi lasciava il posto di lavoro con contributi fino alla pensione o con importi una tantum se volontariamente scelti da chi aveva già prospettive di impiego in altri istituti.


La Svizzera si è giovata di un importante vantaggio competitivo, nei confronti della disunita UE e degli indebitati USA: le riserve di denaro pro capite in Svizzera sono di gran lunga le maggiori del mondo (staterelli petroliferi degli emirati arabi esclusi, per dovere di precisione), quindi stanziare decine di miliardi per riportare stabilità è stato relativamente facile, essendo questa solo una piccola frazione del patrimonio complessivo a disposizione: ecco un caso in cui “piccolo è bello”, con otto milioni di persone che hanno a disposizione riserve maggiori dei centinaia di milioni di residenti nella UE.


Fin qui la storia recente, ma la Svizzera ha profondamente ripensato e migliorato anche le strutture preposte a contrastare una eventuale nuova crisi sistemica.



Il sistema bancario elvetico: protezione dei correntisti e solidità delle banche


Oggi il settore bancario elvetico è più efficiente e più stabile, al prezzo di strutture societarie più snelle, quindi con riduzioni di personale, peraltro anche connesse alla sempre maggiore informatizzazione dei servizi finanziari.


I criteri di patrimonializzazione delle banche (ad esempio il Core Tier 1, il rapporto fra patrimonializzazione della banca ed impieghi a rischio) sono più alti rispetto a quelli UE, quindi ogni singola banca deve avere una riserva rischi maggiore di quella delle banche europee.



Inoltre in Svizzera non si effettuano stress test (troppo spesso, in UE, non propriamente a sorpresa) bensì i parametri di Basilea 3 debbono essere rispettati costantemente, in ogni momento.


Ciò impedisce i giochi di “bilanci creativi”, con bad banks in cui sistematicamente, prima dello stress test, viene spostata parte delle poste passive o deteriorate, oppure operazioni infragruppo e cross border (transfrontaliere) fra banche che hanno lo status di multinazionale.


Per inciso: Unicredit è una multinazionale, Banca Intesa possiede da anni una sorta di bad bank, ben prima delle recenti risoluzioni del governo italiano.


Ecco che, mentre altrove un Core Tier 1 viene artificiosamente portato da 2 a 9 al fine di rientrare nei parametri richiesti dalla UE, in Svizzera detto coefficiente deve per legge essere costantemente superiore ad 11, con banche che superano quota 20: venti milioni di capitalizzazione, reale e costante, per ogni milione potenzialmente a rischio.


Di conseguenza la rischiosità, sia per il correntista/investitore sia per la banca è decisamente bassa.
Anche in Svizzera esiste un Fondo di Tutela dei Depositi: esso garantisce fino a 100.000 franchi, per ogni titolare di relazione bancaria.


Rispetto al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) italiano, esso presenta due fondamentali differenze: è adeguatamente capitalizzato ma soprattutto garantisce la liquidità presente sul conto, mentre i titoli – quali che essi siano – sono e restano di esclusiva proprietà dell’ avente diritto economico: il correntista investitore.


Infatti la legislazione elvetica ha mantenuto la originale e sana impostazione di cosa debba fare, in primis, una banca.

Una banca deve essere una cassaforte sicura, e la Svizzera è la più grossa e sicura cassaforte del pianeta.


Di conseguenza, le banche elvetiche sono custodian banks (banche depositarie) e custodiscono, in nome e per conto del cliente, i titoli che sono stati affidati loro:
di fatto si comportano come “cassette di sicurezza” in merito al portafoglio titoli.


In altre giurisdizioni, ad esempio, verrebbe considerato elusivo trasformare la liquidità in titoli a basso rischio (ma solo in Italia esiste il peculiare reato di elusione), al fine di salvarli da un possibile bail in.


Di conseguenza la normativa italiana, troppo spesso in contrasto con quella UE, in caso di bail in (o di manovre di ristrutturazione del debito pubblico) colpirebbe ogni forma di deposito, anche il portafoglio titoli.
La capitalizzazione del Fondo Interbancario di Garanzia italiano non consentirebbe inoltre di tutelare i primi 100.000 euro, neanche in caso di fallimento di una media banca regionale, come quelle attualmente in pre default.


Abbiamo visto che l’ investitore può considerarsi sicuro depositando i propri soldi in una banca svizzera, ma come reagirebbe il sistema bancario elvetico di fronte ad un nuovo 2008?


In Svizzera è consentito il bail in?


Il bail in è tecnicamente contemplato, ma di fatto la sua possibilità di applicazione è puramente teorica.
Il modello elvetico è stato modificato al fine di impedire la diffusione di crisi sistemiche, di evitare un effetto domino. Il fatto di non far parte della UE ha reso il compito più facile, non dovendo armonizzare decine di legislazioni spesso in contrasto fra loro.


UBS, che nel 2008 era una unica enorme multinazionale (UBS fattura ben di più dell’ intero PIL svizzero!), oggi è divisa in molte banche indipendenti. La stessa UBS Svizzera è solo una filiale con licenza bancaria propria, una delle banche che fanno capo al colosso; in tal modo si rende più efficiente ogni processo decisionale, in relazione anche alle diverse normative e legislazioni di ogni Paese.


Anche le altre banche svizzere “too big to failCredit Suisse, Raiffeisen e ZürcherKantonalBank (la Banca del Cantone di Zurigo, a capitale pubblico) hanno adottato, su indicazione di FINMA (l’ omologo elvetico di Consob) accorgimenti per evitare un possibile “contagio” in un mondo sempre più interconnesso.


La Svizzera ha assunto un approccio proattivo e più conservativo relativamente alla regolamentazione post-crisi rispetto all'UE.


Lo ha fatto anche con tempi rapidi, ben prima della crisi di Cipro, che ha fornito il precedente legale per la attuale normativa UE che obbliga gli stati membri ad adottare il modello del bail in.


Il modello elvetico: un misto fra bail out e (teorico) bail in


Di fatto la normativa adottata in Svizzera incoraggia le banche a proporre agli investitori titoli che le proteggano in caso di crisi sistemica: Obbligazioni Subordinate, Co Co Bonds, Credit Linked Notes e simili.


Sono invece vietati gli strutturati opachi e “ad orologeria”, del tipo utilizzato in Grecia ed in Italia (Santorini, Alexandria dell' affaire Monte Paschi ed altri nomi che mascherano operazioni tese a danneggiare i correntisti ed i risparmiatori).


Non sono consentite neanche le polizze assicurative opache (in UE è consentito ad esempio mantenere il prezzo di carico iniziale per anni: solo a scadenza il sottoscrittore scopre il vero valore di quanto c’è nella polizza) e le strutturazioni tramite packaging e repackaging che non consentono di sapere cosa ci sia nella “salsiccia riciclata”.


Il caso di Carige Vita, uno strumento assicurativo in apparenza, ma di fatto un veicolo che consentì di rifilare obbligazioni islandesi ad oltre 2.000 ignari risparmiatori poco prima del default dell’ Islanda (il valore della polizza andò a zero) non sarebbe possibile secondo la legislazione elvetica, che impone la trasparenza e la accessibilità alla composizione analitica degli strumenti finanziari, inclusi i portafogli dei Fondi Comuni.


L’ informativa per l’ investitore deve essere chiara ed esplicita: non deve accadere che il risparmiatore scambi un titolo speculativo per una normale obbligazione.


D’altra parte i tassi negativi applicati anche dalla Banca Nazionale Svizzera rendono molto appetibile questa categoria di obbligazioni: in Svizzera il rendimento di una obbligazione senior è spesso negativo (al pari del bund tedesco, ma anche i BOT italiani al momento restituiscono meno di quanto si investe), il rendimento sui depositi bancari è al massimo allo 0,10 % annuo, ma solo se vincolati.


L’ alternativa sono questi titoli, più rischiosi, ma solo relativamente: le banche svizzere, per via dei loro parametri di capitalizzazione, sono estremamente poco soggette a rischi, rispetto a quelle di molte nazioni confinanti: il premio per il rischio è quindi accettabile, soprattutto da investitori corporate ed institutional.


Molte aziende e istituti anche esteri sono infatti disposti ad avere ottimi rendimenti in franchi svizzeri (valuta rifugio per eccellenza) a fronte di una rischiosità comunque bassa.


Anche “le assicurazioni” contro il fallimento, i CDS, Credit Default Swap, che nel 2007 e 2008 hanno suscitato grande apprensione sul mercato USA, sono utilizzati in maniera efficiente: chi liberamente decide di “assicurare” una banca svizzera in caso di fallimento riceve, sottoscrivendo un CDS, un ottimo rendimento, soprattutto se rapportato al basso rischio.


La banca ha di conseguenza una minore necessità di riserve straordinarie, potendo contare su questo ammortizzatore, che ne aumenta inoltre il rating ed attutisce la volatilità dei prezzi delle sue azioni in caso di ribassi generalizzati in Borsa.


Ci si ricorda bene del fatto che la crisi USA partì dal settore immobiliare: i mutui subprime ebbero effetti devastanti, quando il mercato immobiliare andò in crisi dopo la precedente bolla speculativa, alimentata proprio dall’ accesso al credito troppo facile.


Il Consiglio di stabilità finanziaria (Financial Stability Board - FSB) ha tracciato delle linee guida anche in relazione alcapitale di assorbimento totale delle perdite (Total Loss-Absorbing Capital - TLAC), per assicurare che tutte le banche dispongano di una struttura finanziaria adeguata.


Il sistema bancario svizzero ha elaborato un modello operativo che consente di attutire anche le ripercussioni di una eventuale crisi immobiliare, dato che in Svizzera il settore edilizio è in ottima salute ma i prezzi delle case sono rincarati molto negli ultimi anni.


Questo modello è l’ opposto di ciò che venne fatto in USA con i mutui subprime: in Svizzera la banca concede il mutuo a condizioni più rigide, e si assicura tramite gli strumenti finanziari sopra descritti. I bassi tassi di interesse sono di aiuto: chi paga il mutuo ha una bassa quota-interessi (attorno all’ 1% annuo), chi intende sottoscrivere obbligazioni che rendano in modo accettabile è maggiormente interessato ad Obbligazioni Subordinate e Co Co bonds, emessi da istituti molto solidi.


Il Mercato finanziario dei Credit Linked Notes, obbligazioni strutturate legate al rischio di credito, è florido in molte parti del mondo, ma i sottostanti svizzeri sono particolarmente allettanti: per via della loro solidità il rapporto fra rischio e rendimento è molto favorevole per l’ investitore. Anche questo contribuisce alla stabilità del sistema.


Fin qui sono state descritte molteplici forme di bail out.


In questo caso chi ci rimetterebbe in situazioni di crisi acuta o sistemica sarebbero solo i sottoscrittori, che diverrebbero creditori nei confronti di un soggetto potenzialmente insolvente; sarebbero coinvolti anche gli azionisti, ovviamente, che hanno investimenti a rischio di ribasso delle quotazioni del titolo.


Il bail in è tecnicamente contemplato anche in Svizzera; ricordiamo uno degli aspetti del bail in:
può accadere che il cliente della banca, ad esempio anche obbligazionista si trovi azionista senza volerlo, oppure che parte dei suoi risparmi vengano prelevati forzosamente.
Questo aspetto ha due facce: una indubbiamente negativa (quella per il correntista), ma anche una positiva in merito alle quotazioni di azioni ed obbligazioni della banca.


Infatti la possibilità tecnica, considerata come soluzione di estrema ed ultima istanza, che il correntista venga fatto partecipare al salvataggio fa si che le emissioni descritte in precedenza vadano in crisi più difficilmente.


Ecco che queste stesse emissioni possono allora essere collocate in maggior quantità, risultando il primo pilastro di una serie di misure ben più ampie e robuste di quelle messe in atto dalla UE.


Di fatto il bail in, per una banca svizzera, significherebbe un suicidio, dato che vige un regime di libera concorrenza fra banche, ben diverso dal cartello posto in essere dall’ Associazione Bancaria Italiana.


L’ associazione Swiss Bankers è anch’ essa una lobby, certo. Però ha una policy orientata al liberismo, ad una sana competizione fra banche volta a migliorare l’ efficienza complessiva del settore bancario svizzero.
Di conseguenza, proprio al contrario di quanto avvenne in USA nel 2008, il moral hazard è disincentivato.

Infatti se una banca si espone troppo e non mantiene una elevata capitalizzazione, aumentando gli impieghi a rischio perché (ad esempio) concede troppi mutui o prestiti, ecco che la clientela si rivolge immediatamente ad altre banche.
La trasparenza e l’ accountability molto elevate, nonché la facilità con cui si può trasferire il conto corrente aiutano la valutazione di “come sta” la propria banca.


In ultimo: le cosiddette “banche private” sono quelle che si dedicano esclusivamente alla gestione patrimoniale ed agli investimenti per i propri clienti; di fatto hanno impieghi a rischio pressoché nulli, dato che non fanno banca commerciale (niente crediti incagliati o deteriorati) e non concedono mutui o prestiti.
Di conseguenza l’ investitore che desidera una sicurezza di fatto totale per i propri risparmi può aprire un conto e relativo deposito titoli presso una banca che è specializzata nella gestione di patrimoni.


Questo è uno dei motivi dei tantissimi conti bancari elvetici facenti capo a persone ed aziende non residenti in Svizzera.
E’ infatti pienamente lecito affidare i propri risparmi alla più sicura cassaforte del mondo, presso una banca che non ha problemi di default.




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La seconda parte del capitolo, che include la normativa USA, UK e di altri paesi, nonchè le considerazioni sul MORAL HAZARD, verrà postata nei prossimi giorni.


In relazione alle normative italiane paragonate a quelle UE (l' Italia non è compliant UE) ed estere, ecco due links:


PaoloOliveri: DENTRO LA GABBIA
 
QUESTA POI....

Reuters: In arrivo la flessibilità delle regole per le piccole banche di Germania e Regno Unito?

Reuters riporta di un documento in cui Germania e Gran Bretagna – sulla base di argomentazioni anche condivisibili – lanciano l’allarme sugli effetti “potenzialmente gravi e indesiderabili”, che si potrebbero verificare applicando alle loro piccole banche, che operano sul territorio, le stringenti regole europee adatte agli istituti finanziari più grossi. Chiedono dunque flessibilità nell’applicazione delle regole, quella flessibilità che le istituzioni europee sono sempre pronte ad applicare, discrezionalmente, a favore di alcuni, ma sulla quale si irrigidiscono quando la convenienza politica lo richiede. Vedi il caso delle quattro piccole banche italiane in difficoltà, sulle quali la Commissione europea si è impuntata e ha impedito la ricapitalizzazione da parte del Fondo interbancario di garanzia, mandando al macello i piccoli risparmiatori e gettando nel panico l’intero settore bancario italiano.

di Huw Jones, 18 gennaio 2016


In alcuni documenti dell’UE a cui Reuters ha avuto accesso, Germania e Gran Bretagna sostengono che i rigorosi requisiti patrimoniali previsti per le banche dell’Unione europea rendono più difficile competere per gli Istituti di credito più piccoli, e dovrebbero essere ridimensionati.
È un segnale di come i politici stiano diventando più accomodanti verso gli Istituti di credito, nel tentativo di aumentare il flusso di fondi alle imprese in un periodo di crescita economica lenta.
A seguito della crisi finanziaria 2007-09 l’Unione dei 28 paesi ha introdotto regole più severe per le banche che hanno costretto i contribuenti a salvare le banche sottocapitalizzate.
Germania e Gran Bretagna, due dei maggiori centri bancari dell’Unione, dicono che i nuovi requisiti patrimoniali dell’UE ricalcano l’accordo globale di Basilea III, che è rivolto ai grandi istituti di credito che hanno una potenza economica tale da potersi conformare a regole complesse.
Il documento, scritto da Germania e Gran Bretagna, dice : “La complessità generale del quadro attuale dà luogo ad alcuni effetti potenzialmente molto gravi e indesiderabili, che riteniamo richiedano una discussione approfondita al fine di poter dare risposte politiche adeguate“.
Aggiunge poi che la complessità del quadro normativo è un fattore che contribuisce ad una maggior concentrazione nel settore ed agisce come una significativa barriera all’ingresso, riducendo in tal modo la diversità.
Il documento prosegue dicendo che un quadro normativo che consenta alle banche di tutte le dimensioni di prosperare sarebbe più favorevole alla concorrenza e all’innovazione, e aiuterebbe i clienti a ottenere prodotti migliori.
Attualmente, i responsabili delle piccole banche hanno meno tempo per concentrarsi sul “servizio all’economia”, in quanto devono dedicare moltissimo del loro impegno al rispetto di regole complicate, come la segnalazione dei dati alle autorità di regolamentazione, dice il documento.
La Germania e il Regno Unito ritengono che per l’Unione europea sia giunto il momento di considerare come poter arrivare a un quadro prudenziale più proporzionato e adeguato alle banche ed istituti di credito più piccoli e meno complessi.
La Gran Bretagna ha già fatto dei cambiamenti per aiutare le nuove banche ad entrare nel mercato, come ad esempio l’autorizzazione con procedura d’urgenza e requisiti iniziali di capitale agevolati, ma il settore è ancora dominato da un piccolo gruppo di Istituti di credito principali come HSBC (HSBA.L), Lloyds (LLOY.L), Barclays (BARC.L) e RBS (RBS.L).
Gran Bretagna e Germania hanno detto che le autorità di vigilanza bancaria continuano a sbagliare per eccesso di cautela, mentre si tratterebbe di applicare agli istituti di credito più piccoli delle regole che siano proporzionate alle loro dimensioni.
Il documento ha aggiunto che gli Stati Uniti non applicano le regole di Basilea alle loro banche locali, il che significa che queste banche sono più in grado di far credito all’economia locale, dando così luogo a un vantaggio competitivo nei confronti dell’UE.
I due paesi sostengono che gli obblighi di rendicontazione delle norme attuali potrebbero essere ridimensionati secondo un “regime su misura veramente semplificato”, che offra ai clienti e al sistema finanziario la stessa protezione.
Le banche in Germania e in Gran Bretagna hanno già espresso preoccupazioni per l’attuazione generalizzata delle regole rigorose dell’Unione sui bonus anche alle banche piccole, dove i bonus sono molto più modesti.
 
Banche, l’esproprio ai correntisti preparato a tavolino dalla Commissione UE

ECONOMIA, NEWS domenica, 31, gennaio, 2016
“Sacrificio dei risparmiatori preparato a tavolino dalla Commissione Europea, complice il Governo Renzi. Ora lo dice Banca d’Italia”. Il responsabile economico della Lega Nord Claudio Borghi Aquilini commenta così la comunicazione a “Domande e risposte” pubblicata ieri da Banca d’Italia, relativa al decreto che ha azzerato i risparmi di migliaia di cittadini.
Dal palco della manifestazione organizzata dai risparmiatori espropriati in piazza Santi Apostoli a Roma l’economista della Lega lancia pesanti accuse a Governo e UE: Quale altra prova occorre per capire la portata dell’inganno? Bankitalia ha confessato!

L’avevamo immaginato fin dall’inizio, ma ora è scritto nero su bianco: i titoli non erano affatto rischiosi, bensì sono stati trasformati in una trappola mortale dalla direttiva europea, nonostante Bankitalia avesse avvisato del rischio.



La cosa più sconcertante però è la modalità con cui si è arrivati alla valutazione stracciata dei crediti che ha provocato tale disastro:

secondo Bankitalia la decisione omicida è stata imposta in una misteriosa “interlocuzione con la Commissione europea nei giorni immediatamente precedenti la risoluzione” in cui il prezzo venne indicato, non si sa come né da chi, come “unica soluzione accettabile”.


Dunque abbiamo un governo che senza fiatare procede all’esecuzione di migliaia di risparmiatori sulla base di un diktat europeo comunicato in un incontro segreto? E Bankitalia non alza un dito pur sapendo che si stavano mandando al macello risparmiatori inconsapevoli?


A questo punto sono necessarie le dimissioni del ministro dell’economia Padoan, killer dei risparmiatori su commissione, e del Governatore di Bankitalia Visco, svegliatosi con grave ritardo”.



Secondo Borghi Aquilini poi “l’ultima beffa del comunicato di Bankitalia è il rimando alla corte costituzionale sulla tutela del risparmio: le uova vanno protette prima di romperle, inutile rinsavire dopo il danno.

Dimissioni subito e risarcimento immediato per i risparmiatori, finanziato recuperando parte dei nostri 63 miliardi regalati all’Unione Europea per i fondi salvastati”.
Claudio Borghi
 
Reuters riporta di un documento in cui Germania e Gran Bretagna – sulla base di argomentazioni anche condivisibili – lanciano l’allarme sugli effetti “potenzialmente gravi e indesiderabili”, che si potrebbero verificare applicando alle loro piccole banche, che operano sul territorio, le stringenti regole europee adatte agli istituti finanziari più grossi. Chiedono dunque flessibilità nell’applicazione delle regole, quella flessibilità che le istituzioni europee sempre pronte ad applicare, discrezionalmente, a favore di alcuni, ma sulla quale si irrigidiscono quando la convenienza politica lo richiede. Vedi il caso delle quattro piccole banche italiane in difficoltà, sulle quali la Commissione europea si è impuntata e ha impedito la ricapitalizzazione da parte del Fondo interbancario di garanzia, mandando al macello i piccoli risparmiatori e gettando nel panico l’intero settore bancario italiano.
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Reuters: In arrivo la flessibilità delle regole per le piccole banche di Germania e Regno Unito?
Reuters riporta di un documento in cui…
vocidallestero.it
 
Reuters riporta di un documento in cui Germania e Gran Bretagna – sulla base di argomentazioni anche condivisibili – lanciano l’allarme sugli effetti “potenzialmente gravi e indesiderabili”, che si potrebbero verificare applicando alle loro piccole banche, che operano sul territorio, le stringenti regole europee adatte agli istituti finanziari più grossi. Chiedono dunque flessibilità nell’applicazione delle regole, quella flessibilità che le istituzioni europee sempre pronte ad applicare, discrezionalmente, a favore di alcuni, ma sulla quale si irrigidiscono quando la convenienza politica lo richiede. Vedi il caso delle quattro piccole banche italiane in difficoltà, sulle quali la Commissione europea si è impuntata e ha impedito la ricapitalizzazione da parte del Fondo interbancario di garanzia, mandando al macello i piccoli risparmiatori e gettando nel panico l’intero settore bancario italiano.






Reuters: In arrivo la flessibilità delle regole per le piccole banche di Germania e Regno Unito?
Reuters riporta di un documento in cui…
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Speriamo non si verifichi un'Europa dei 2pesi e delle 2 misure..... meglio uscirne senza tanti rimpianti... se la tengano quelli bravi...
 

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