consiggglio mp3

Run the Park ha scritto:
Tocca a me appoggiartelo :)

Downward spiral è IMO l'unico disco veramente bello dei NiN.

Mmmmmh.. e non appoggio :D

Questa sera mi ascolterò:

One Last Laugh In A Place Of Dying ... God Machine
 
FUORI ORARIO
della Banda Bardò :up:

Le rose profumano, non sanno che è il loro mestiere
Le nonne imbiancano soltanto per dovere
Sono tempi scuri in cui è difficile trovare ombra
I fiori sanno sempre ripararsi dalla vergogna

I dubbi esplodono davanti a due sentieri:
uno fatto di specchi ma senza desideri,
l'altro di spine e voglia di ricominciare,
lascio quello che trovo e cerco di trovare

FUORI ORARIO SI CONQUISTA
la medaglia dell'esperto equilibrista
un funambolo che vola fischiettando a squarciagola
come dire... la fatica è una storia che non mi riguarda

e no! e no! e no! no che non mi fermerò
manca il paradiso e la voce di Charlot!!

I fiori dicono che è tempo di fiorire
e non sono curiosi su come andrà a finire
Sono tempi scuri in cui è difficile trovare ombra
Lascio il tempo che trovo...

FUORI ORARIO MI GUADAGNO
una candela, e mi imprestano una sfera
per rileggere il passato un po' falso e comandato
come: l'uomo sulla luna
come pioggia sulla sfortuna!

e no! e no! e no! no che non mi fermerò
datemi una chitarra e me la canterò
 
Sti Deus(dream sequence) mi gasano......

Sto ascoltando tutto con maggior interesse....

Il problema, adesso, è collocarlo........

Ho fatto una unica compilation ed è un bel casino.
 
Run the Park ha scritto:
Mi mancano un po' i riferimenti per rispondere a questo post, ho scoperto già parecchio tempo fa che non sarei stato un musicista.

Direi solo che esistono varie qualità di semplicità, ma non saprei elaborare ulteriormente questo concetto senza finire nel "mi piace" / "non mi piace"

Al di là dell'effetto Mozart(sembra che l'ascolto di Mozart abbia effetti positivi sul QI e venga usato anche in medicina)se è vero che ogni composizione risente del contesto storico e culturale nel quale è stato composto è anche vero che una sua bellezza sembra staccarsi da questo e assumere un valore assoluto.
Non sono un sostenitore dell'idea di bellezza assoluta ma certe risposte a livello neurologico all'ascolto della musica sono simili a quelle derivanti dalla assunzione di droghe.
Mi piace pensare che queste risposte prescindano da altre informazioni elaborate precedentemente; che ascolti Gesualdo da Venosa, Cherubini, Bach, Mozart, Ravel, Seal, Amstrong, i ritmi africani o la musica cinese......

E in parte è così; per la parte musicale.

Forse, oggi, i testi assumono una importanza maggiore.
 
Stamattina, dall'aula di musica
provenivano dei suoni...
notturni di chopin...
che dire....
celestiale, armoniosa, romantica,
gli spiriti che ascoltano...
un po' si riconoscono...
 
gli afterhours in US

Afterhours
di Manuel Agnelli
I retroscena del viaggio del “comandante” Manuel: il leader della band milanese racconta il tour americano con Greg Dulli, Mark Lanegan e Jeff Klein: 26 show, 15.000 km in furgone, puzza di piedi e tante soddisfazioni. Come quella volta che Jack dei White stripes osò sfidarli e... perse

È realtà. Finalmente, dopo tanto parlare, progettare e organizzare, il primo tour degli Afterhours in America non è più solo un sogno. Il nostro On the Road americano ha messo in fila fra il 18 maggio e il 21 giugno ben 26 concerti in 36 giorni, con 15.000 Km di spostamenti macinati viaggiando dalle 4 alle 8 ore ogni giorno.

Ero già stato negli Usa e sapevo che là la vita non è facile per una band sconosciuta, ma ero consapevole anche che girare con musicisti come i Twilight Singers, Mark Lanegan e Jeff Klein ci avrebbe offerto la possibilità di suonare in locali decenti e quel minimo di credibilità per non essere presi a “bananate” dopo i primi trenta secondi... Un’altra cosa che ci dava forza è il fatto che avevamo fatto delle date anche in Europa dove l’accoglienza era stata più che ottima. Ma l’America resta la patria del rock’n’roll e quindi eravamo consapevoli che fosse molto saggio tenere la cresta molto, molto bassa.

Prima data: Minneapolis. Quando abbiamo iniziato a suonare c’erano circa 200 persone sulle 800 che avrebbero riempito il locale per il momento clou della serata. Molti se ne stavano fuori a bere e a chiacchierare, ma a metà concerto erano rientrati tutti per sentirci e il locale era praticamente pieno. Ci hanno addirittura acclamati, e questo ci ha dato subito un’importante iniezione di fiducia. Siamo ripartiti da Minneapolis più agguerriti che mai. Giravamo con un tour bus per i Twilight Singers, mentre noi After avevamo un normalissimo furgone.

Avevamo battezzato la nostra carovana “DulliPalooza” (un gioco di parole tra Greg Dulli e Lollapalooza, il famoso tour itinerante della scena rock “alternativa”, ndr), vista l’atmosfera da studenti in gita. Quando percorri 15.000 km in un mese chiuso dentro una scatola di latta, i problemi sono gli stessi di quando vai due settimane in vacanza in tenda con gli amici: «Non lasciare lo spazzolino qua», «le tue calze puzzano», «tu russi»... Ma l’esperienza è stata così positiva da aver compattato pazzescamente la band. L’impegno che avevamo era fisicamente massacrante e sarebbe stato imperdonabile crollare perché eravamo stati in giro a bere tutta la notte, così siamo stati molto attenti a non eccedere e ci siamo divertiti lo stesso come matti. Quando abbiamo suonato a Nashville, il tormentone nazionale del po-po-ro-po-po-po-po di Seven Nation Army dei White Stripes non era ancora esploso. I Mondiali di calcio sarebbero cominciati qualche giorno più tardi, ma la sfida Italia-Usa per noi è cominciata lì. Dopo il concerto sono venuti a complimentarsi nei camerini Jack White dei White Stripes e i ragazzi dei Raconteurs (side-project di Jack White, ndr). Nel locale c’era una sala da biliardo e il chitarrista e il batterista hanno avuto la pessima idea di sfidare Giorgio (il batterista degli After, ndr) ed Enrico (fiati), rimediando una stracciata memorabile. Poi siamo andati insieme in uno strip-club dove abbiamo bevuto e chiacchierato, finendo la serata con una gara a chi tirava le bottiglie vuote di birra più lontano, una roba che non facevo da quando avevo 18 anni.

Verso la fine del tour la partita mondiale con gli Stati Uniti ha ovviamente diviso la nostra carovana in fazioni opposte. Gli americani contestavano il risultato (sono stati espulsi due giocatori Usa, ndr) e hanno proposto una rivincita a calcetto. Ho subito fatto una mossa alla Moggi, chiedendo a Mark Lanegan, che girava con noi e dormiva nella cuccetta di fianco alla mia, di giocare nella nostra squadra. Lui ha risposto che ci doveva pensare e io: «Mark tu non vuoi perdere, vuoi vincere…». «Effettivamente...».

Lo avevo quasi convinto, provocando la reazione di Greg che gli urlava: «Ma tu sei americano! Allora devi giocare con gli americani!».?E Mark, sornione: «Ma loro mi vogliono così tanto...». Purtroppo quel giorno c’è stato un problema tecnico che ha rovinato l’umore a tutto lo staff e così la partita di calcetto è saltata. Peccato perché far giocare Lanegan contro Greg sarebbe stato uno spasso.

E pensare che inizialmente avevo qualche timore per le questioni organizzative. Temevo possibili problemi di ego degli artisti, invece è stato tutto molto semplice, e tutto è andato sempre molto bene, sia sopra che dietro il palco. A New York c’erano molti discografici, rappresentanti di management e agenzie che erano venuti a sentirci. Siamo piaciuti così tanto che sono tornati tutti anche nell’ultima data del tour a Los Angeles, nel magnifico Avalon. Il risultato per noi è molto importante: torneremo presto a fare un altro piccolo tour e una serie di showcase.

Ovviamente eravamo stanchi e molto emozionati, perché New York è una data fondamentale, ma il clima rovente, il locale così pieno e la risposta della gente ci hanno galvanizzati ed è stato un gran concerto: quando c’è tensione le cose funzionano meglio. Una cosa che ricorderemo sempre è stata Seattle: suonare Where Did You Sleep Last Night coi Twilight Singers e Mark Lanegan, gente che è stata parte della storia del grunge, nella città di Kurt Cobain è stato semplicemente incredibile. Anche New Orleans è una città magica per la musica ma il pubblico americano in realtà è stato ricettivo ovunque. Credo che a loro siano piaciuti di noi certe melodie, l’uso di strumenti “strani” come il flauto traverso, la melodica o il clarinetto basso che suona Enrico, ma anche il modo di suonare il violino di Dario, o il mio modo di pormi sul palco. Comunque l’essere riusciti a coinvolgere così tanta gente che non ci conosceva ci ha fatto capire che è la nostra musica a valere. Ci ha fatto sentire nuovi, freschi, originali. Gli Afterhours in Italia sono un gruppo che tutti ormai conoscono ma lì in America ci siamo liberati dell’idea che la gente ha di noi, eravamo di nuovo noi stessi dopo tanto tempo. E ora abbiamo benzina per i prossimi dieci anni...

xl.repubblica.it
 

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