Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi

riporto un commento di Gabriel (noto come deutschmeister di là :) ) da Mazzalai ...



GRIDA MANZONIANE....


E arrivano le "grida" di manzoniana memoria...Il Washington Post, molto embedded con l'amministrazione dell'Abbronzato, anticipa le linee guida del futuro sistema regolatorio pseudomondiale...
Icerbergfinanza, per primo in Italia, le rilancia....

http://media.washingtonpost.com/wp-srv/politics/pdf/nearfinaldraft_061709.pdf?sid=ST2009061603317


Strapotere della FED, con conseguente venir meno dell'equilibrio fra poteri tipico dei regimi democratici....possibile promozione del nostro Draghi al futuribile Financial Stability Board, con funzioni non più solo consultive...
"agenzie" per il controllo delle attività finanziarie rivolte direttamente ai consumatori, con inevitabile burocratizzazione e rigoglìo del "sottobosco"...
tentativo di regolazione dei CdS, senza loro abolizione o creazione di casse di compensazione mondiali...creazione di nuovi supercontrollori sottratti al controllo democratico del parlamento ( quis custodiet ipsos custodes? )...etc etc


Insomma, molte chiacchiere, molto fumo, e poco bisturi incisivo, che avrebbe potuto per es rivolgersi a:

- aumento drastico dei margini, o addirittura abolizione della marginazione, nel mercato dei futures su commodities ( sottraendo alle Moire quello spaventoso potere speculativo sulle materie prime, in grado di affamare o rovinare l'umanità...)

- abolizione delle regole di accountability che consentono contabilità parallele, ombra, scheletri negli armadi, e quant'altro....

- creazione di agenzie multiple di rating mondiali a controllo governativo o supergovernativo, in concorrenza tra loro...

- abolizione della residenza off-shore per tutti quei veicoli finanziari ( hedge, private e venture funds, etc ) che interagiscono su borse regolamentate...

- limiti alla riserva frazionaria e alla possibilità di creare "moneta indiretta" da parte delle banche, nonchè stretta, omogenea a livello mondiale, sui parametri patrimoniali di vigilanza...


Le Moire tengono per il bavero ( l'espressione in inglese è molto più cruda...) l'Abbronzato...


ad maiora


Gabriel


aggiungo sullo strapotere prossimo della FED http://globaleconomicanalysis.blogspot.com/2009/06/obamas-blueprint-for-reform.html ... paragonato al rifiuto di sostenere la California http://globaleconomicanalysis.blogspot.com/2009/06/minnesota-governor-announces.html
 
insomma chi ha contribuito in maniera decisiva al disastro ora viene eletto salvatore

più che piano socialista sembra un altro passo verso il nuovo ordine mondiale tanto caro a tanti complottisti .... tutta questa globalizzazione sfrenata senza regole a cosa serve se non a distruggere il benessere delle nazioni ricche ? autolesionismo sospetto ... poi uno si chiede come mai la gente aumenta il sostegno alla Lega :)

uno cerca 'nuovo ordine mondiale' per esempio su comedonchisciotte e esce una sfilza di articoli :) ... tanto per dirne uno http://www.comedonchisciotte.org/si...s&file=article&sid=5840&mode=&order=0&thold=0 e http://www.comedonchisciotte.org/si...s&file=article&sid=5845&mode=&order=0&thold=0

il primo link di Paologorgo a me non funzionava ... http://www.financialstability.gov/docs/regs/FinalReport_web.pdf
 
ECONOMIA

LA RECESSIONE CHE SI AVVITA SU SE STESSA

ALFONSO TUOR«L’ ottimismo non basta a generare una ripresa globale». Questo titolo, del tutto azzeccato, del «Financial Times», è l’epitaffio sui tentativi messi in atto a partire dal vertice del G20 di inizio aprile a Londra di convincere che era prossima l’uscita dalla crisi. Questo sforzo delle autorità politiche e monetarie era confortato dal leggero miglioramento di alcuni dati economici. Questi, in realtà, mettevano in evidenza semplicemente due fenomeni: in primo luogo che l’economia non era più in caduta verticale e, secondariamente, che le imprese stavano ricostituendo le scorte ridotte al minimo nei mesi precedenti.
In questi giorni la spugna è stata gettata dapprima dal vertice del G8 di Lecce, in cui i ministri dell’Economia hanno ammesso che è ancora troppo presto per parlare di uscita dalla crisi, e poi dalla Banca centrale europea, la quale ha previsto che quest’anno e l’anno prossimo le banche dei Paesi di Eurolandia accuseranno 283 miliardi di dollari di perdite dovuti a prestiti in sofferenza a causa della pesante contrazione dell’economia. Queste perdite sono destinate ad aggiungersi a quelle dei titoli tossici che sono ancora nascosti nelle pieghe dei bilanci e che non sono stati finora denunciati. Di transenna, è utile ricordare che il Bafin, l’organo di sorveglianza del sistema bancario germanico, stima che le sole banche tedesche abbiano ancora da denunciare più di 1.000 miliardi di dollari di perdite. Se l’Europa candidamente riconosce i propri guai, al di là dell’Atlantico la situazione del sistema bancario è ancora peggiore, nonostante tutte le rassicurazioni della Federal Reserve e dell’amministrazione Obama.
La situazione non potrebbe essere diversa. La crisi è stata determinata dall’esplosione dei debiti di famiglie ed imprese e dal collasso del sistema bancario, travolto dai meccanismi dell’ingegneria finanziaria che esso stesso aveva creato. Come ogni famiglia sa benissimo, la riduzione dell’ammontare di un’enorme quantità di debiti è un processo lungo (che non si può esaurire in po
chi mesi). Questo processo provoca una riduzione dei consumi, che a sua volta frena la crescita economica. La recessione aumenta il numero delle persone senza lavoro e riduce le vendite delle aziende, rendendo difficile il loro risanamento finanziario. Per contrastare questa spirale recessiva e per evitare il crollo del sistema finanziario sono scesi in campo Governi e banche centrali.
Ora si può cominciare a sostenere che questi interventi di entità eccezionale hanno indubbiamente rallentato la caduta dell’economia, ma non sono stati sufficienti per avviare una ripresa. Uno studio di due noti economisti, Barry Eichengreen di Berkeley e Kevin O’Rourke, mette in luce che questa crisi sta seguendo pari pari quanto successo all’inizio della Grande Depressione degli anni Trenta. Più precisamente, il calo della produzione industriale è uguale a quello del primo anno della Grande Depressione negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e Germania. La diminuzione è maggiore in Francia e in Italia ed è addirittura di molto superiore in Giappone. In secondo luogo, il commercio internazionale si è contratto di più e le borse hanno perso più terreno. Gli autori dello studio mettono pure in evidenza che gli interventi monetari e fiscali sono stati di dimensioni nettamente superiori a quelli degli anni Trenta e quindi vi è ancora speranza che il prosieguo della crisi sia diverso da quello degli anni Trenta.
Il problema è che i dati di fatto rischiano di essere più forti delle speranze e dell’ottimismo di facciata. La principale ragione è semplice: questi interventi di emergenza non possono essere protratti a tempo indefinito. Essi erano pensati per dare avvio ad una ripresa che producesse anche l’effetto taumaturgico di far dimenticare le cause e quindi le responsabilità dell’attuale crisi. Basti ricordare che, nonostante le centinaia di miliardi di dollari iniettati nel sistema bancario in Europa e negli Stati Uniti, il sistema finanziario è in stato comatoso e le banche non falliscono solo perché vi è un’implicita garanzia statale. Anche il tentativo di riorientare il sistema finanziario, affinché sia uno strumento a favore dello sviluppo dell’economia reale, è stato nel frattempo archiviato, pensando di risolvere con la riforma di due regolette e un rafforzamento degli organi di sorveglianza i problemi gravissimi venuti alla luce con lo scoppio di questa crisi. Insomma, si sono spesi tanti soldi per aiutare la finanza e un po’ di soldi per rilanciare l’economia, senza aver ottenuto risultati significativi.
Quale strada verrà seguita ora? Molto probabilmente quella di raddoppiare la scommessa come in una partita a poker. Ma nell’attuale economia globale gli attuali interventi, propri di una emergenza limitata nel tempo, non possono essere continuati a lungo, anche perché potrebbero cominciare a produrre effetti perversi, come una forte inflazione e svalutazioni competitive che porterebbero dritto dritto al protezionismo. Ad esempio, negli Stati Uniti il disavanzo pubblico, che già quest’anno supererà il 13% del PIL, non può lievitare all’infinito, così come la Federal Reserve non può stampare nuova moneta all’infinito. Anche se Washington, alle prese con l’acuirsi della crisi e con un sistema finanziario al collasso, tenterà di seguire questa via, il limite è posto dalla fiducia degli investitori (che sono poi i Paesi stranieri) nei titoli di stato americani e nel dollaro. In proposito negli ultimi tempi si stanno moltiplicando i segnali di preoccupazione.
Le prospettive non sono allegre, perché gli Stati Uniti, e soprattutto l’amministrazione Obama, hanno rinunciato a tentare di affrontare la crisi con l’adozione di misure temporanee, atte ad attutirne gli effetti, e con progetti di riforma del sistema finanziario e del sistema monetario in grado di creare le premesse per una ripresa sana e duratura. Quest’abdicazione americana fa sì che oggi siano gli altri Paesi, dalla Cina alla Russia fino alla Germania di Angela Merkel, a denunciare i pericoli potenziali della politica seguita dagli americani. Il cancelliere tedesco ha parlato di scelte che portano al disastro e ha invitato la Banca centrale europea a non seguire le orme della banca centrale americana.
In conclusione, la ripresa non è prossima, mentre appaiono vicine altre forti eruzioni di questa crisi iniziata nell’estate del 2007 con lo scoppio del bubbone dei mutui ipotecari americani subprime.

 
intervento di Soros nello speciale sulla crisi su ilsole24ore

Qualcuno impedisca che si formino le bolle

di George Soros


Non sono a favore di una regolamentazione eccessiva. Dopo esserci spinti troppo in là sulla strada della deregulation, contribuendo alla crisi che stiamo vivendo, dobbiamo resistere alla tentazione di sbilanciarci troppo sull'altro versante. I mercati sono imperfetti, è vero, ma i regolatori lo sono ancora di più. Non sono soltanto umani, sono anche burocratici e soggetti a influenze politiche: per questo la regolamentazione va mantenuta a livelli minimi.
La riforma dovrebbe essere impostata su tre princìpi. Il primo è che i regolatori, dal momento che i mercati tendono a creare bolle speculative, devono accettare di assumersi la responsabilità di impedire che tali bolle si gonfino a dismisura. L'ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan e altri hanno espressamente rifiutato questa responsabilità. Se i mercati non sono in grado di riconoscere una bolla, è la loro tesi, nemmeno i regolatori ne sono in grado. È vero, ma le autorità devono comunque assumersi questo compito, anche sapendo di essere destinate a sbagliarsi. Potranno contare sul beneficio di un feedback da parte dei mercati, che consentirà loro di ricalibrare costantemente la propria azione e correggere gli errori.

Il secondo principio è che, per controllare le bolle, non è sufficiente tenere sotto controllo la massa monetaria, bisogna tenere sotto controllo anche la disponibilità di credito. E questo non può essere fatto solo ricorrendo a strumenti monetari, bisogna usare anche sistemi di controllo del credito come depositi di garanzia e requisiti patrimoniali minimi. Attualmente questi valori vengono stabiliti indipendentemente dagli umori del mercato. Il compito delle autorità consiste anche nel reagire a questi umori. I depositi di garanzia e i requisiti patrimoniali minimi devono essere aggiustati in base alle condizioni del mercato. I regolatori dovrebbero variare il rapporto prestito/valore sui mutui commerciali e residenziali allo scopo di ponderare il rischio e prevenire bolle immobiliari.

Il terzo principio è che bisogna ridefinire il concetto di rischio di mercato. La teoria del mercato efficiente sostiene che i mercati tendono verso l'equilibrio e le deviazioni avvengono in modo casuale: inoltre, i mercati teoricamente dovrebbero funzionare senza discontinuità nella sequenza dei prezzi. In queste condizioni i rischi di mercato possono essere equiparati ai rischi relativi ai singoli operatori di mercato. Fintanto che essi riescono a gestire adeguatamente i propri rischi, i regolatori non dovrebbero avere nulla da ridire.

Ma la teoria del mercato efficiente è irrealistica. I mercati sono soggetti a squilibri che i singoli operatori possono ignorare se pensano di poter liquidare le proprie posizioni. I regolatori non possono ignorare questi squilibri. Se troppi operatori sono sullo stesso lato, diventa impossibile liquidare le proprie posizioni senza provocare una discontinuità o, peggio, un collasso. In quel caso le autorità potrebbero essere costrette a intervenire in soccorso. Questo significa che nel mercato esiste un rischio di sistema, oltre ai rischi che la maggior parte degli operatori di mercato percepivano prima della crisi.

La cartolarizzazione dei mutui ha aggiunto un aspetto nuovo al rischio di sistema. Gli esperti d'ingegneria finanziaria dicevano che quello che stavano facendo era ridurre il rischio diversificandolo geograficamente: in realtà lo stavano incrementando creando una situazione di agency problem. Gli agenti avevano più interesse a massimizzare il reddito da commissioni che a proteggere gli interessi dei detentori dei titoli. Questa è la verità che è stata ignorata sia dai regolatori che dagli operatori di mercato. Per evitare che il fenomeno si ripeta è necessario che gli agenti abbiano un interesse diretto, ma il 5% proposto dal governo è più simbolico che sostanziale. Il requisito minimo a mio parere sarebbe il 10 per cento. Per consentire possibili discontinuità nei mercati, i titoli detenuti dalle banche dovrebbero avere un rating di rischio più alto di quello stabilito dagli Accordi di Basilea.

Le banche dovrebbero pagare la garanzia implicita di cui godono sfruttando meno la leva finanziaria e accettando restrizioni sul modo d'investire i soldi dei correntisti; non dovrebbe essere consentito loro di speculare per proprio conto usando soldi altrui.
Probabilmente non è pratico separare le banche d'affari dalle banche commerciali, come fecero gli Stati Uniti nel 1933 con la legge Glass-Steagall. Ma dev'esserci una barriera interna che separa il proprietary trading (l'attività di compravendita titoli che una banca effettua per conto proprio) dal commercial banking. Il proprietary trading dev'essere finanziato con il capitale proprio della banca. Se una banca è troppo grande per essere lasciata fallire, i regolatori devono impegnarsi ancora di più per proteggere i suoi capitali da rischi indebiti. Devono regolamentare i compensi dei trader che agiscono per conto diretto della banca, creando un bilanciamento tra rischi e ricompense. In questo modo si potrebbe dirottare il proprietary trading verso gli hedge fund, che sono un contesto più appropriato a gestirlo. Anche gli hedge fund e gli altri grandi investitori devono essere attentamente monitorati per accertarsi che non creino pericolosi squilibri.

Per concludere, ho opinioni molto marcate sulla regolamentazione dei derivati. L'opinione prevalente è che questo tipo di prodotti finanziari andrebbe scambiato su mercati regolamentati. Non è sufficiente. L'emissione e lo scambio di derivati devono essere regolamentati rigorosamente, come i titoli azionari. Le autorità devono garantire che i derivati siano omogenei, standardizzati e trasparenti. I derivati personalizzati servono solo a migliorare il margine di profitto di chi li ha concepiti. Anzi, alcuni tipi di derivati non dovrebbero proprio essere commercializzati. Penso in particolare ai Cds (credit default swaps). Si pensi alla recente bancarotta della AbitibiBowater e a quella della General Motors. In entrambi i casi, alcuni obbligazionisti detenevano dei Cds e avevano da guadagnare più da un fallimento che da una riorganizzazione. È come comprare un'assicurazione sulla vita intestata a qualcun altro e detenere una licenza di ucciderlo. I Cds sono strumenti di distruzione che vanno messi al bando.
 
Aspetta solo che arriva Draghi al governo e vedrai che bella riforma delle pensioni e una bella tassa patrimoniale del 20% con la scusa di ridurre il debito pubblico :rolleyes:

interessante ...senza andare ot ...secondo te quali patrimoni verrebbero colpiti da questo balzello ?
solo queli Immobiliari ? o anche i ns bond - azioni etc (indi i patrimoni mobiliari) o il cash sui CC?
 
Un allineamento al 20% delle rendite finanziarie ci sta tutto :D.
Non capisco perchè si debba pagare il 27% sui liquidi in c/c, il 12,5% sui bond, l'irpef sugli immobili cumulata al reddito personale...
 
diciamo tutto quanto ? :rolleyes:... per ora è solo una delle mie peggiori visioni, ma d'altra parte mi sembra che già Rovati, il socio di Prodi, aveva parlato di patrimoniale quando erano al governo. E cosa c'è di meglio che un governo tecnico per fare queste cose, che non si prende responsabilità politiche ? il 1992 è troppo recente per dimenticare, con le manovre di Draghi e dei suoi amici per appropriarsi di aziende dello stato e, soprattutto, portare la Banca D'Italia sotto il controllo di mani private :rolleyes:

@tommy271, parlavo di patrimoniale, non di tassa sui gain. Stai tranquillo che se capita davvero, non ci troverai niente da ridere.

Ok, patrimoniale. Sicuramente ci sarà poco da ridere ma è digeribile.:cool:
Dagli enormi deficit che si andranno a formare oltre alla cura inflattiva esiste anche quella dell'inasprimento fiscale...
 
(ANSA) - ROMA, 18 GIU - Le esportazioni italiane ad aprile nel complesso sono diminuite del 28,7% rispetto allo stesso mese del 2008 e del 2,9% rispetto a marzo. Lo rende noto l'Istat, spiegando che a livello tendenziale e' il dato peggiore dal dicembre 1986. Le importazioni sono diminuite invece del 30% rispetto all'aprile 2008, mentre sono scese del 3,6% rispetto al marzo 2009. Verso i paesi Ue, l'export e' sceso del 33,8% e l'import del 30,2%, dati peggiori dal 1993. In calo del 46,8% l'export di autoveicoli. Il saldo complessivo per il mese di aprile e' stato negativo per 277 mln di euro, a fronte del disavanzo di 1,02 mld dello stesso mese del 2008. Nei primi quattro mesi dell'anno, l'export verso il mondo ha fatto segnare una flessione del 24,4% mentre l'import e' arretrato del 24,3%. Il saldo del periodo e' stato negativo per 4,71 mld, comunque in miglioramento rispetto al disavanzo di 6,11 mld dei primi quattro mesi del 2008. A livello tendenziale, tutti i settori di attivita' economica mostrano andamenti negativi, con un calo del 47,9% per il coke e prodotti petroliferi raffinati, un -40,5% dei mezzi di trasporto ed un -35,4% per i metalli di base. Anche dal lato dell'import, andamento negativo per tutti i settori, ad eccezione del +4% per articoli farmaceutici e chimico-medicinali.
 

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