Atto di Sindacato Ispettivo N° 2-00229 sul signoraggio
Atto n. 2-00229 Fonte:
Atti del Senato [1] Pubblicato il 9 giugno 2010
Seduta n. 393
LANNUTTI – Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell’economia e delle finanze. -
Premesso che:
nel 2005, anche grazie alla preziosa e corposa consulenza tecnica, soprattutto del professor Giacinto Auriti, una sentenza del giudice di Pace di Lecce condannò la Banca d’Italia per “esproprio illecito” di moneta ed illegittimo signoraggio monetario;
secondo il magistrato che accolse la richiesta di un cittadino pugliese membro dell’Associazione difesa degli utenti dei servizi bancari e finanziari (Adusbef) difeso dall’avvocato Antonio Tanza, vice-presidente nazionale Adusbef, la Banca centrale europea (BCE) e la sua “articolazione” italiana, ovvero la Banca d’Italia, si erano appropriate illegalmente della moneta italiana con l’emissione dell’euro, e che quindi, non esisteva il debito pubblico, trattandosi invece di credito pubblico e la massa monetaria messa in circolazione nell’ambito dei Paesi aderenti al sistema dell’euro apparterrebbe alla collettività dei cittadini con la conseguenza che ciascuno potrebbe rivendicare il reddito, pro quota, derivante dalla stampa e dalla circolazione di questa massa monetaria, oggi invece percepito dalla Banca centrale europea e poi ridistribuito tra le diverse Banche centrali nazionali;
sulla base degli approfondimenti eseguiti, a quanto risulta all’interpellante, il giudice di pace dottor Cosimo Rochira affermò che la proprietà della moneta, la politica monetaria e i suoi proventi siano di competenza esclusiva dello Stato e per riflesso della collettività nazionale. Conseguentemente, per il periodo preso in esame 1996/2003, la sottrazione del reddito di signoraggio in danno della collettività (quota attribuita a soggetti privati dalla Banca d’Italia) può determinarsi, alla luce dei criteri precedentemente esposti e dei prospetti analitici di calcolo sopra riportati, in complessivi euro 5.023.632.491, corrispondente a un danno medio rilevato per cittadino residente alla data del 31 dicembre 2003 di 87 euro;
l’ex Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio evitò in extremis il pignoramento della propria scrivania il 20 dicembre 2005, qualche giorno prima di dimettersi travolto dagli scandali che riguardassero anche l’ex patron della Banca Popolare di Lodi, Giampiero Fiorani, e la contiguità con gli scalatori di Banca Antonveneta, più noto al pubblico come “I Furbetti del quartierino”;
come richiamato da un dispaccio dell’Ansa del 19 dicembre 2005 la Banca d’Italia «”ha evitato in extremis, il pignoramento della scrivania del Governatore della Banca d’Italia Fazio, che doveva essere eseguito domattina alle ore 10,00 da un ufficiale giudiziario, per effetto della sentenza emessa dal Giudice di Pace di Lecce il 15 settembre 2005, che aveva condannato Via Nazionale, diramazione della Bce, a rimborsare un socio Adusbef, per l’illecito diritto di signoraggio, quantificato da una perizia tecnica in 5 miliardi di euro, ossia 87 euro per ogni cittadino italiano residente”. Lo rende noto l’Adusbef, precisando che Palazzo Koch “ha infatti inviato un vaglia cambiario 276,68 euro (87 euro più le spese), corrispondente all’ importo precettato, a favore di Giovanni De Gaetanis, il socio Adusbef che assistito dall’avvocato Antonio Tanza aveva proposto e vinto il ricorso pilota davanti al Tribunale di Lecce, che aveva dichiarato, seppur in prima istanza, nullo un diritto feudale di signoraggio (come la carica del Governatore) quantificato in 5 miliardi di euro”. La sentenza del tribunale di Lecce è “il primo colpo giudiziario in assoluto al diritto di signoraggio. Il signoraggio è un antico istituto derivante dal sovrano che, battendo moneta, ne garantiva il valore nel tempo ed in cambio di quella specifica garanzia feudale (come la carica a vita del Governatore della Banca d’Italia), tratteneva una parte di quell’oro. Oggi – aggiunge l’Adusbef – che neppure le riserve auree garantiscono più la moneta, al punto che è sparita la scritta pagabili al portatore, è rimasto quel diritto feudale di signoraggio i cui proventi vengono incamerati dalla Banca d’Italia, che non appartiene più allo Stato ma a banche private ed altri soggetti che incassano parte di tale introiti”. “I cittadini quindi hanno continuato a pagare quella che è diventata una sorta di tassa agli istituti di credito, in violazione dello stesso statuto della Banca d’Italia che all’articolo 3, comma 3, parla chiaro: la banca appartiene allo Stato. Quindi, è stata la conclusione del giudice, la sottrazione del reddito da signoraggio in danno alla collettività è di 87 per singolo cittadino residente alla data del 31 dicembre 2003, per un controvalore di 5.023.632.491 euro, che deve essere restituito”»;
ma una sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, pubblicata il 24 luglio 2007, pur non entrando nel merito del signoraggio, accolse il ricorso della Banca d’Italia, poiché non compete ai giudici sindacare il modo in cui gli Stati svolgono le funzioni di politica monetaria, di adesione ai trattati internazionali e di partecipazione agli organismi sovranazionali. Contro la sentenza del giudice di pace la Banca d’Italia aveva infatti presentato ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento oltre che la condanna al risarcimento danni per “lite temeraria” per il cittadino pugliese;
le Sezioni Unite civili della Suprema Corte, cassando punto per punto le motivazioni del giudice di pace, hanno accolto il ricorso di via Nazionale sottolineando, tra l’altro, che accettare un simile pronunciamento, comunque, metterebbe in discussione le scelte con cui lo Stato, attraverso i suoi competenti organi istituzionali, ha configurato la propria politica monetaria, in coerenza con la decisione di aderire ad un sistema elaborato in ambito europeo e di fare parte delle istituzioni create all’interno di detto sistema;
nella sentenza n. 16751 depositata il 24 luglio 2007, i giudici di Piazza Cavour sanciscono quindi che tra le funzioni che rientrano nelle prerogative della sovranità degli Stati (come le politiche monetarie, nel caso specifico), non può interferire alcuna giurisdizione, sia civile che penale, tanto meno amministrativa o dei giudici onorari. L’autore della citazione in giudizio per la Banca d’Italia è stato quindi condannato al pagamento di circa 1.500 euro per le spese processuali. La Suprema Corte non ha accolto la richiesta di risarcimento danni per “lite temeraria”, constatando la buona fede del cittadino pugliese;
prima del 1° gennaio 2002, anno nel quale anche nel nostro Paese è entrato in circolazione l’euro a seguito della sottoscrizione del trattato di Maastricht, l’Italia ha volontariamente devoluto la prerogativa sovrana del conio della moneta alla Banca centrale europea adottando l’euro come valuta avente corso legale nel Paese, due erano i modi più frequenti per approvvigionarsi della nuova moneta necessaria al finanziamento del sistema economico: l’acquisizione di titoli del debito pubblico effettuata mediante operazioni di mercato aperto, con le quali veniva fornita nuova moneta al Ministero del tesoro. Sino al 1981, per proteggersi dai casi nei quali la domanda di titoli del debito pubblico era inferiore all’offerta, per la Banca d’Italia vigeva l’obbligo di acquisto dei titoli non collocati sul mercato. In pratica la Banca d’Italia non poteva rifiutare il finanziamento del fabbisogno pubblico, anche a costo di creare base monetaria in eccesso. Dal 1981, con il cosiddetto “divorzio” fra la Banca d’Italia e il Ministero del tesoro, inauguratasi con l’asta dei BoT del luglio 1981, iniziava un nuovo regime di politica monetaria, che esimeva la Banca d’Italia dal garantire in asta il collocamento integrale dei titoli offerti dal Governo, liberandola dal precedente obbligo, anche se la prassi fu di fatto mantenuta sino all’adozione della moneta unica;
il secondo sistema di monetizzazione del debito, in caso di disavanzo pubblico, era quello di chiedere alla Banca centrale di emettere moneta e versarla sul conto che il centro di spesa del Governo, gestito dal Ministro del tesoro, aveva aperto presso la Banca d’Italia;
dall’abuso di questa pratica, negli anni ‘70 e ‘80, l’economia nazionale ebbe gravi danni a causa del susseguirsi di tassi di inflazione sempre più elevati, come ugualmente accadde per i tassi di interesse, causando un abnorme e inarrestabile aumento del debito pubblico, che ha raggiunto la soglia di 1.800 miliardi di euro, pari a 30.000 euro di gravame sulle spalle di ognuno dei 60 milioni di residenti;
negli anni successivi, venne mostrata maggiore attenzione alla quantità di moneta emessa ricercando, per le nuove emissioni, una corrispondenza tra la quantità di moneta immessa nel sistema e la ricchezza reale prodotta dal Paese giungendo, nel 1993, alla chiusura del Conto di tesoreria;
tale chiusura fu stabilita con la legge 26 novembre 1993, n. 483, la cui applicazione portò all’azzeramento del conto di tesoreria e, conseguentemente, del debito contratto dal Ministero del tesoro verso la Banca d’Italia;
nei giorni scorsi, a causa della crisi greca e della speculazione sull’euro da parte della grande finanza internazionale e delle grandi banche di affari, l’Unione europea ha deliberato aiuti per 750 miliardi di euro e la BCE, contravvenendo ai Trattati che impongono una netta separazione tra politica monetaria e Governi, ha deciso di acquistare titoli pubblici degli Stati aderenti in difficoltà, senza peraltro rendere trasparenti tali iniziative ai mercati ed ai cittadini, sia in termini di masse monetarie impegnate che di titoli pubblici acquistati in quali Stati;
considerato che:
nonostante la crisi sia stata generata dai banchieri e dalle principali banche di affari, che hanno speculato con i CDS (Credit Default Swap) e derivati OTC (Over The Counter) negoziati al di fuori dei mercati regolamentati per un controvalore di 600.000 miliardi di dollari,12 volte più del PIL (prodotto interno lordo) che ammonta a 50.000 miliardi di dollari, attentando alla sovranità degli Stati con la complicità delle agenzie di rating e delle compiacenti banche centrali, anche l’Europa con la ingente massa monetaria ben superiore ai 750 miliardi di euro, fornisce liquidità a buon mercato (i tassi di riferimento BCE sono fissati all’1 per cento) per speculare contro l’euro ed indebolire le economie reali degli Stati sovrani;
Goldman Sachs, la banca di cui il Governatore Draghi era vice-presidente per l’Europa, ai tempi in cui venivano falsificati i conti della Grecia, assieme ad altre banche di affari, è stata accusata dalla Procura di Pescara di una gigantesca frode fiscale ai danni dello Stato italiano con il meccanismo dei dividend washing (lavaggio dei dividendi);
altre banche di affari, come UBS, Deutsche Bank Depfa e JP Morgan, sono state rinviate a giudizio dal pubblico ministero di Milano Alfredo Robledo per truffa ai danni del Comune di Milano per aver collocato strumenti derivati rischiosi, che ammontano a ben 35,5 miliardi di euro complessivi, come emerso nel corso dell’indagine conoscitiva sull’utilizzo degli strumenti di finanza derivata nelle pubbliche amministrazioni svolta dalla 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro) del Senato;
il 19 maggio 2010, a margine del processo che si sta celebrando a Milano sui derivati, a quanto risulta all’interpellante, il pubblico ministero Robledo ha affermato che l’Italia non è la Grecia ma ha una particolarità, è l’unico Paese europeo con contratti derivati in capo a comuni, province e regioni che prima o poi scoppieranno e nessuno è in grado di dire che cosa succederà. La politica dovrebbe intervenire, con la possibilità di rinegoziare i contratti, ma a livello di Stati. Tali affermazioni sarebbero state rese in una pausa dell’udienza del processo in cui 4 banche, Ubs, Deutsche, Depfa e Jp Morgan rispondo di truffa aggravata per 100 milioni di euro ai danni del Comune di Milano insieme ad altri 13 imputati come persone fisiche. Spiega Robledo: “Io pongo il problema indipendentemente da quello che sarà l’esito di questo processo”;
sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro, direzione II, a firma della dottoressa Maria Cannata, dirigente generale, è pubblicato l’elenco degli degli Specialisti in titoli di Stato. Si può leggere in una nota datata 8 febbraio 2010 che, a decorrere dall’8 febbraio 2010, a seguito del cambio di denominazione sociale richiesto da una delle controparti, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 13 maggio 1999, n. 219, l’elenco degli specialisti in titoli di Stato è composto, in ordine alfabetico, dai seguenti operatori: Banca IMI SpA; Barclays Bank PLC; BNP Paribas; Citigroup Global Markets Ltd; Commerzbank A.G; Crédit Agricole Corp. Inv. Bank; Credit Suisse Securities (Europe) Ltd; Deutsche Bank A.G; Goldman Sachs Int. Bank; HSBC France; INGBankN.V; JP Morgan Securities Ltd; Merrill Lynch Int; Monte dei Paschi di Siena Capital Services Banca per le Imprese SpA; Morgan Stanley & Co. Int. PLC; Nomura Int. PLC; Royal Bank of Scotland PLC; Société Générale Inv. Banking UBS Ltd; UniCredit Bank A.G;
si chiede di sapere:
se alla chiusura del conto di Tesoreria, il Ministero dell’economia e delle finanze abbia corrisposto a suo tempo denaro (o altre utilità) alla Banca d’Italia in cambio della chiusura del medesimo conto e, in particolare, se la contropartita fosse rappresentata da titoli del debito pubblico;
se il debito derivato da una procedura che non ha comportato alcun costo per la Banca d’Italia, eccetto i minimi costi di produzione della cartamoneta, ossia il reddito da signoraggio sia da considerare un debito senza alcun fondamento economico e giuridico e, quindi, non possa formalmente considerarsi tale;
poiché ci troviamo di fronte ad un attivo di patrimonio, che si è formato come diretta conseguenza di una devoluzione della sovranità monetaria ad organo diverso dallo Stato, a cui questo dovrebbe appartenere di diritto, ed essendo innanzi ad un attivo formatosi con uno scambio che appare vantaggioso per la sola Banca d’Italia, con sicuro danno dei cittadini i quali, oltre ad avere subito un danno a causa dell’innalzamento dei prezzi generato dall’inflazione causata dalla stampa di una ingente ed eccessiva quantità di moneta al fine di coprire il disavanzo pubblico, hanno visto trasformare il valore di questa moneta ceduta al Tesoro, da positivo in negativo, cioè in debito pubblico che dovrà essere coperto con tassazione presente e futura, nei loro confronti, se il Ministro in indirizzo ritenga giuridicamente possibile attivarsi con iniziative di competenza per richiedere ed ottenere l’annullamento unilaterale di tale debito;
se il Governo non debba chiarire, anche in sede internazionale, la genesi del signoraggio che arricchisce gli oligarchi ed i banchieri centrali impoverendo i cittadini;
se alla luce della crisi generata dai banchieri e dalle banche di affari, che hanno speculato sulla sovranità monetaria appioppando derivati a piene mani ad enti locali per un valore di 35,5 miliardi di euro arrivando a frodare il fisco italiano con il cosiddetto lavaggio dei dividendi, il Ministro in indirizzo non debba valutare l’opportunità di espungere dall’Albo di riferimento degli specialisti in titoli di Stato le banche coinvolte;
se alla luce delle “malefatte” bancarie, ad avviso dell’interpellante, spesso avvenute in Italia con il concorso diretto del controllore, ossia di quella Banca d’Italia le cui quote azionarie sono riferibili alle stesse banche vigilate in un rapporto singolare che mina l’autorevolezza delle istituzioni, il Governo non avverta l’obbligo di promuovere l’introduzione, nella manovra finanziaria in esame in Parlamento, di una tassa sulle banche, per risarcire anche in via indiretta utenti, consumatori, enti locali, piccole e medie imprese e clienti costretti a subire costi dei servizi bancari più onerosi al mondo, dalla speculazione finanziaria che ha arricchito i banchieri ed impoverito le famiglie.
ma come si fa un senatore della Repubblica dire queste sciocchezze addirittura voler far pagare la manovra ai banchieri è una cosa inconcepibile
Giovedi, 17 Giugno 2010 - 10:28
"Germania e Francia sono d'accordo a far pagare chi ha causato la crisi". Lo ha detto il cancelliere tedesco, Angela Merkel, secondo la quale "dobbiamo prepararci per il G20 e il G8, in modo da andare li' con una posizione europea il piu' unita possibile, che include una tassazione della leva del credito delle banche e deimercati finanziari".
non c'è più religione
Ue, intesa per la tassa sulle banche
Cameron: "Mai poteri da Londra a Bruxelles"
La proposta sull'imposta sulle transazioni finanziarie sarà avanzata al prossimo G20 ma Merkel avverte: "Pronti a procedere anche da soli". Il premier britannico: "Niente euro per noi". Accolta la richiesta italiana di considerare il debito privato nella valutazione dei conti pubblici. Tremonti: "Un nostro successo"
BRUXELLES - I leader Ue hanno raggiunto l'intesa sull'introduzione di una tassa sulle banche di cui ogni paese deciderà i criteri. I 27 avrebbero anche concordato di inserire nelle conclusioni una frase in cui ci si impegna pure a promuovere l'idea di una tassa sulle transazioni finanziarie nel corso della prossima riunione del G20 a Toronto, come chiesto da Francia e Germania. E proprio la cancelliera Merkel ha messo in chiaro che se anche il G20 non dovesse appoggiarla, la Ue andrà avanti da sola e la tassa potrebbe entrare in vigore già nel 2012.
Si tratta di un "prelievo" sugli istituti finanziari per far sì che contribuiscano al costo della crisi: l'idea era già nella bozza di conclusioni discussa questa mattina dai capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell'Unione Europea. "Bisogna tassare chi ha messo a rischio il mercato", ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, sostenendo "l'idea sia di una tassa sulle banche sia di una tassa sulle transazioni finanziarie". Il consiglio europeo intende inoltre rafforzare la parte sia preventiva che correttiva del Patto di stabilità e crescita con possibili sanzioni o incentivi collegati al risanamento dei conti pubblici. Anche il bollettino della Banca Centrale Europea diffuso oggi "guarda con favore l'impegno di adottare, ove necessario, ulteriori misure volte ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di bilancio per e oltre il 2010". Tuttavia, ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel
Barroso, "il taglio dei bilanci non deve soffocare la crescita". Mentre l'Ocse avverte: "Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte".
In serata, da registrare la soddisfazione di Tremonti per il comportamento della delegazione italiana: ""Ho appena parlato per telefono con il presidente Berlusconi - ha detto il ministro dell'Economia a Roma - ha ottenuto uno straordinario successo per il nostro Paese. Le politiche europee considereranno il debito pubblico ma anche la dinamica e la complessiva stabilità".
Il "muro" di Cameron. Londra "non sosterrà mai un trasferimento di poteri da Westminster a Bruxelles": lo ha affermato il premier britannico David Cameron, al termine del vertice Ue, ribadendo che "questa è una linea rossa invalicabile" per il suo governo. Cameron guarda con interesse alle tendenze intergovernative in atto in Europa, contro i progetti di una maggiore integrazione europea: "E' questa la direzione che io voglio", ha rilevato. Però ha sottolineato che "è nell'interesse della Gran Bretagna che la zona dell'euro sia un successo". Cameron ha ricordato la grande quantità di scambi tra Gran Bretagna e partner, e la necessità di avere "un approccio pragmatico". Ha però ribadito che la sterlina "non entrerà a fare parte della moneta unica". Cameron ha accolto con favore la decisione di non appoggiare l'ipotesi di creare nuove istituzioni per il governo dell'economia e l'accordo raggiunto affinché sull'esame delle manovre Bruxelles tenga conto delle prerogative nazionali.
"Chi ha provocato la crisi venga alla cassa". Accantonata dal G20 delle finanze di inizio mese, l'idea di creare una nuova tassa a carico delle banche, ma anche di tutta la finanza, rispunta al vertice dei capi di stato e di governo dell'Ue. A sostenere questa proposta sono innazitutto Germania e Francia, e oggi la cancelliera Angela Merkel, giungendo al consiglio europeo ha affermato che bisogna "invitare con più insistenza coloro che sono responsabili della crisi a passare alla cassa ". La Merkel voleva sfruttare il vertice di oggi per cercare una posizione comune dell'Ue in vista delle riunioni di capi di stato e di governo di G8 e di tutto il G20 a fine giugno in Canada. Oltre alle banche, Parigi e Berlino volevano convincere gli altri partner europei a creare una nuova tassa anche sulle transazioni finanziarie. Finora anche a livello europeo non erano state trovate intese su questo versante, quindi quella di oggi è una grossa novità.
Prelievo sulle banche: appuntamento a ottobre. Il prelievo sulle banche, si sottolinea nel documento. dovrebbe comunque essere parte di un quadro "credibile". Per i 27 occorre portare avanti con "urgenza" la valutazione sulle caratteristiche del prelievo e le questioni relative a "condizioni di parità" nella sua applicazione. Il vertice chiede quindi a Consiglio e Commissione di effettuare i necessari approfondimenti e riferire nuovamente in materia al vertice che si terrà il prossimo ottobre.
Considerare anche il debito privato. Per quanto riguarda le procedure di sorveglianza sui bilanci pubblici, nella bozza si afferma che deve essere data "un'importanza di gran lunga maggiore ai livelli di indebitamento e alla sostenibilità" come previsto inizialmente dal Patto di stabilità e di crescita. Trova così conferma l'apertura alla richiesta italiana di considerare, nella valutazione della dinamica dei conti pubblici, non solo il debito pubblico ma anche quello privato e in ogni caso un dato aggregato di entrambi i fattori. Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva minacciato il veto dell'Italia qualora le nuove regole non avessero tenuto conto di questo parametro.
La posizione italiana. "Nel documento di stamani è stato inserito il riferimento al debito privato. Un passo in avanti rispetto al documento di Lussemburgo, sul quale io avevo fatto un blocco completo: nel documento di oggi il debito privato entra tra i parametri di convergenza per il patto di stabilità", ha detto Frattini ai giornalisti. "La maggiore resistenza è già stata espressa dalla Germania che ha un debito privato molto grande ma una perplessità così forte non è stata espressa finora da nessun altro paese. La Francia è possibilista. Belgio, Polonia e Spagna sono a favore", ha precisato il titolare della Farnesina.
Favorire anche la crescita. Nella bozza si legge ancora come nel mettere a punto nuove manovre "la priorità dovrebbe essere data a strategie di risanamento dei conti pubblici favorevoli alla crescita e imperniate soprattutto sul contenimento della spesa. Il miglioramento del potenziale di crescita dovrebbe essere considerato fondamentale per agevolare il risanamento dei conti pubblici nel lungo termine".
Il bollettino Bce di giugno. "E' essenziale che tutti i Paesi onorino gli impegni di correggere i disavanzi e i debiti pubblici elevati e di ridurre la vulnerabilità delle proprie finanze", sottolinea la Banca Centrale Europea nel bollettino mensile di giugno, in linea con la bozza in discussione al Consiglio Europeo. Secondo la Bce a tale scopo "andrebbero specificate in ogni aspetto le misure concrete di aggiustamento necessarie per conseguire gli obiettivi di bilancio. Tutti i Paesi devono fare in modo che sia garantita la fiducia nella sostenibilità dei conti pubblici".
Misure per favorire la ripresa. Ma la Bce sottolinea anche l'importanza di adottare riforme strutturali "di cruciale importanza", che "rafforzino la crescita e l'occupazione". Tra queste, sottolinea la Bce, "le contrattazioni salariali dovrebbero consentire un opportuno aggiustamento dei salari alle condizioni di competitività e di disoccupazione. Altrettanto essenziali sono le misure tese a incrementare la flessibilità dei prezzi e la competitività non di prezzo". Per quanto riguarda i Paesi dell'area euro, Padoan ha affermato: "In alcuni casi gli aggiustamenti fiscali sono talmente importanti, che sarebbe pericoloso farli solo con tagli". Quanto all'Italia, il vice segretario dell'Ocse ha sottolineato: "La dinamica del debito in Italia è migliore di quella di altri paesi, che hanno un debito più basso ma una dinamica più pericolosa".
L'Ocse: "Non solo tagli, anche aumenti tasse". Mentre l'Ocse ammonisce: "Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte. E' non è indifferente per la crescita decidere quali imposte aumentare", ha detto il vice segretario generale e capo economista dell'organizzazione, Pier Carlo Padoan, a margine della Conferenza internazionale su 'Investimenti di lungo termine nell'età della globalizzazione'.