Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi

a proposito della Cina, Roubini la vede invece già in recessione o quasi :eek: :

http://www.rgemonitor.com/roubini-m...l_wears_prada_why_0_growth_is_the_new_size_68

(è di un paio di settimane fa...)

;) La recessione cinese è +4%/5%,
ma se leggi l'artcolo ( Bloomberg appena uscito )
con le varie views e ;) i meccanismi che permetteranno alla Cina
di attraversare la tempesta,
le cifre messe in campo, quasi ( per ora ) :eek:600 MLD USD,
che EQUIVALGONO se paragonate a noi occidentali ( USA compresi )
a :eek: 4.000 MLD USD.

P.S Le Banche cinesi non sono afflitte da " assett tossic "
e possono lavorare in leva:D, ti lascio immaginare......
 
fonte : http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000947.html

PROVACI ANCORA, ZIO SAM



di Costanza Russo 13.02.2009
Il Financial Stability Plan della nuova amministrazione americana avrà un effetto leva da duemila miliardi di dollari. Cinque le linee di intervento: capitale bancario, creazione di un fondo di investimento con capitali pubblici e privati, sostegno per nuovi prestiti a consumatori e imprese, misure per evitare il pignoramento della casa ai mutuatari insolventi. Ma è soprattutto su trasparenza e responsabilità delle istituzioni creditizie che si distacca dal piano Paulson, imponendo regole dettagliate per l'utilizzo del denaro pubblico.


Il piano presentato dal Treasury americano o Geithner test, come definito da una parte della stampa economica internazionale, introduce elementi di rilevante novità rispetto al precedente piano Paulson, che continua comunque a rimanere in vigore.
Il Financial Stability Plan si caratterizza innanzitutto per l’intervento dei privati, questa volta non solo auspicato, ma istituzionalizzato. Poi per l’abbandono della logica delle mere iniezioni di capitale, che lascia spazio al controllo statale dei bilanci delle banche e quindi all’acquisto di asset da parte di un fondo. Nonché per il tentativo di andare dritti al cuore del problema, il mercato dei prodotti cartolarizzati, e per ovviare a quella che, nella sua applicazione pratica, era risultata essere una debolezza del programma Paulson: la mancanza di trasparenza e accountability delle banche che ricevevano fondi pubblici.
Il piano, che si ritiene avrà un effetto leva da 2mila miliardi di dollari, prevede cinque linee di intervento: sostegno al capitale bancario, creazione di un fondo misto di investimento, iniziative a sostegno di nuovi prestiti a consumatori e imprese, oneri di trasparenza e responsabilità delle istituzioni creditizie e sostegno ai mutuatari per evitare il pignoramento.

PROGRAMMA DI ASSISTENZA AL CAPITALE BANCARIO (CAP)
Per ottenere una valutazione realistica e di lungo periodo delle effettive condizioni di salute delle banche, il Tesoro americano, di concerto con tutte le autorità di supervisione, condurrà un test di stress sui loro bilanci, per valutare se hanno il capitale necessario a esercitare attività di prestito e se sono in grado di assorbire le perdite potenziali che potrebbero derivare da un declino economico più severo di quello che ci si attende. Al test devono sottoporsi obbligatoriamente tutti gli istituti con asset consolidati superiori a 100 miliardi di dollari e solo così potranno avere accesso ai fondi pubblici. Questi opereranno come una forma di “contingent equity” che servirà da ponte per l’ingresso di capitale privato e assicurerà nel breve termine che le banche continuino o incrementino i prestiti all’economia reale. Il sussidio avrà la forma di azioni privilegiate convertibili, il cui dividendo e prezzo di conversione deve ancora essere stabilito. Il fine è comunque quello di congegnare l'equity in modo che le banche abbiano incentivo a sostituirla con capitale privato o a riscattarla. Su specifica autorizzazione, gli istituti potranno chiedere di “scambiare” le azioni relative al precedente piano con quelle dell’attuale. La gestione dei fondi pubblici investiti sarà affidata a un Trust. La maggiore incognita del Cap riguarda l’esatto ammontare di fondi necessari, che potrà essere stabilito solo dopo che i test siano giunti a compimento.

CREAZIONE DI UN PUBLIC-PRIVATE INVESTMENT FUND (PPIF)
Nel public-private investment fund saranno convogliati capitali pubblici e privati. Il fondo acquisterà gli asset tossici delle banche, per ridurre la componente di maggior rischio dei loro bilanci e incentivare così l’attività di prestito. Il capitale pubblico, inizialmente 500 miliardi, che potranno arrivare fino a mille, sarà fornito dalla Federal Reserve e dalla Fdic, l’agenzia di tutela dei depositi. Nulla si dice invece su chi siano i “privati” interessati – o meglio, che possano avere incentivo – alla partecipazione al fondo. Ad ogni modo, la presenza di capitale privato farà sì che la valutazione del prezzo degli asset illiquidi sia affidata al mercato. Questo dettaglio ha però due conseguenze. Quella positiva è che si può sperare che venga così fissato un valore “giusto” per tali strumenti e che quindi si ristabilisca la fiducia tra gli operatori finanziari, con beneficio anche per i contribuenti che eviterebbero il rischio di pagare troppo o troppo poco, ipotesi questa che comporterebbe la necessità di ulteriori interventi pubblici. Quella negativa è che in realtà anche il fondo misto può divenire “avverso al rischio”, per cui pagherebbe il prezzo più basso possibile: avrebbe l’effetto di comportare immediate perdite contabili per gli istituti che si intendevano aiutare. Le stesse banche potrebbero mostrarsi dunque riluttanti a partecipare al programma. Non a caso, stante il silenzio del legislatore americano sul modus operandi del fondo, vi è già chi propone soluzioni pratiche al problema. (1)

SOSTEGNO AI PRESTITI A CONSUMATORI E IMPRESE
Il governo americano intende aumentare di 200 miliardi di dollari, con effetto leva fino a mille miliardi, una misura già presente nel piano Paulson, ma sinora inutilizzata: la Talf, Term asset-backed securities loan facility. Si tratta di finanziare l’acquisto da parte di investitori privati di prodotti cartolarizzati (Abs) garantiti da prestiti per l’acquisto di auto, carte di credito, o concessi a studenti e piccole imprese, assistiti da rating AAA, nonché commercial mortgage-backed securities (Cmbs), anch’essi a tripla A. Il Tesoro prevede, dietro consultazione con la Fed, di estendere l’ambito di applicazione della misura anche ai non-Agency residential mortgage-backed securities (Rmbs) e ad asset garantiti da obbligazioni societarie. La Federal Reserve continuerà il precedente programma di acquisto di obbligazioni emesse da agenzie governative (le Gse, come Fannie Mae, Freddie Mac e le Federal Home Loans Banks) e mortgage backed securities, per un totale di 600 miliardi. La misura mira evidentemente a riattivare il mercato dei prodotti cartolarizzati ormai in stallo.

TRASPARENZA, ACCOUNTABILITY E MONITORAGGIO DEI FONDI
Su trasparenza, accountability e monitoraggio dei fondi si registra forse il punto di maggior rottura con il piano Tarp. Anche perché le valutazioni del Troubled Asset Rescue Plan emerse dai primi audit sono state nel complesso negative, pur considerando la frammentaria applicazione e le continue modifiche effettuate. È risultato che parte dei soldi pubblici erogati sono stati utilizzati per pagare bonus ai manager, o sono stati trattenuti in bilancio piuttosto che investiti in attività di prestito. Addirittura, in alcuni casi sono serviti per operazioni di fusioni e acquisizioni che hanno prodotto un ulteriore taglio di posti di lavoro. Il nuovo piano prevede, al contrario, che le banche debbano dimostrare come “ogni dollaro ricevuto” abbia permesso loro di continuare a concedere o a generare nuovi prestiti rispetto a quanto sarebbe stato possibile senza il sostegno pubblico. Inoltre devono presentare un piano dettagliato di utilizzo dei fondi e un resoconto mensile di quanti prestiti hanno concesso a consumatori e imprese e quanti prodotti cartolarizzati (Abs, Mbs) hanno acquistato. I dati verranno resi pubblici sul sito del programma. (2)
Gli istituti partecipanti saranno altresì soggetti a restrizioni sui dividendi trimestrali e sull’acquisto di azioni proprie e sulle acquisizioni di imprese, tutte operazioni che in ogni caso dovranno essere autorizzate dal Tesoro. Si prevedono limiti agli stipendi degli amministratori, incluso il caso di stockoption pagabili solo dopo l’uscita del Tesoro, nonché all’acquisto di beni di lusso da parte delle imprese. Si predispospongono anche misure che evitino ogni ingerenza politico-lobbista nell’utilizzo, nella richiesta o nella restituzione dei fondi. Al fine di garantire la massima trasparenza verso i contribuenti, il Tesoro pubblicherà sul sito tutti i contratti effettuati nell’ambito del piano, compresi dettagli sulla quantità di azioni ricevute, sul prezzo di esercizio delle garanzie e sui tempi di rimborso. I dati dovranno essere comparati con i prezzi di mercato di analoghe transazioni, se disponibili.

EVITARE I PIGNORAMENTI
Evitare il più possibile i pignoramenti: è il filo conduttore che pervade l’ultima parte del piano, che si occupa del sostegno al mercato immobiliare.Èperò anche la più scarna e si attendono maggiori dettagli nelle prossime settimane.
Per aiutare i soggetti che rischiano di perdere la casa, il Tesoro e la Fed, da un lato, investiranno fino a 600 miliardi nell’acquisto di obbligazioni e prodotti cartolarizzati emessi dalle Gse e impegneranno risorse fino a 50 miliardi per prevenire pignoramenti “evitabili” di case già occupate. Dall’altro, obbligheranno tutte le istituzioni che aderiscono al programma a partecipare a piani di rinegoziazione dei mutui-foreclosure mitigation secondo regole stabilite dal Tesoro. È anche previsto di dare maggior flessibilità ai programmi Hope for Homehowners e Fha.
Qui l’interrogativo di fondo riguarda i soggetti specificamente deputati a effettuare la rinegoziazione dei mutui e a evitare i pignoramenti: giudici fallimentari? Camere di conciliazione? E che incentivo sarà dato alle banche per partecipare a tali piani?

(1) Si veda Sachs, A strategy of contingent nationalisation, in www.voxeu.org
(2) www.financialstability.gov
 
Una truffa perpetrata ai danni del comune di Mi che, iMHO, dipinge bene la mentalità dei signori che stanno dietro gli sportelli...


Comune Milano: per GdF, da derivati banche avrebbero guadagnato oltre 96 mln22/01/2009 16.58MILANO (MF-DJ)--"Le banche, a seguito delle condotte illecite poste in
essere nelle diverse operazioni per la ristrutturazione del debito del
Comune di Milano, dal giugno 2005 all'ottobre 2007, avrebbero guadagnato
complessivamente un importo superiore ai 96 milioni di euro con pari
decremento patrimoniale del Comune di Milano".

E' quanto scrive la Guardia di Finanza di Milano in un comunicato stampa
dove si annuncia la notifica di nove informazioni di garanzia per
l'inchiesta sui derivati del Comune del capoluogo lombardo.

Il Nucleo, si legge nel comunicato, di Polizia Tributaria della Guardia
di Finanza, unitamente a personale dei Carabinieri della Sezione di
polizia giudiziaria presso il Tribunale di Milano, ha eseguito la notifica
di avvisi di garanzia e contestuale invito a presentarsi davanti
all'autorita' giudiziaria nei confronti di nove persone. Si tratta, allo
stato, di sette funzionari degli istituti di credito, selezionati quali
"arranger" dal Comune di Milano per l'emissione obbligazionaria per la
ristrutturazione del debito del Comune, di un direttore generale del
medesimo ente e di un esperto esterno.

L'ipotesi di reato contestata, emersa dall'attivita' investigativa
svolta dalla Guardia di Finanza, e' quella di truffa aggravata nei
confronti dell'ente pubblico, posta in essere dagli istituti di credito
con il concorso dei pubblici funzionari.

La truffa, sostengono le fiamme gialle, e' stata attuata attraverso una
falsa certificazione della sussistenza delle condizioni di convenienza
economica per l'ente territoriale, richiesta per l'emissione del prestito
obbligazionario in vista della ristrutturazione del debito comunale, in
luogo della rinegoziazione dei mutui contratti in precedenza. Nella
contrattazione con il Comune di Milano, infatti, non sarebbero stati presi
in considerazione, dagli istituti di credito coinvolti, nel calcolo della
riduzione delle passivita' totali: l'esistenza di un precedente contratto
derivato; il profitto delle controparti bancarie (in tal modo le
passivita' del Comune si sarebbero espanse in modo da escludere la
convenienza economica dell'operazione).

Inoltre viene contestata la mancata tutela, garantita all'ente pubblico
dalla normativa inglese vigente che regola tale tipo di contratto
(stipulato a Londra) della qualificazione di "intermediate customer" ad
esso spettante e quindi violando le protezioni di trasparenza (es. tutela
degli interessi del cliente, gestione di conflitti di interesse, rapporto
di fiducia con la clientela) assicurate dai principi del Financial
Services Authority Handbook a tale tipologia di clienti.

Inoltre, conclude il comunicato, dagli atti risulta che le banche hanno
attestato falsamente immediati vantaggi per il Comune derivanti da una
riduzione di costi per diverse decine di migliaia di euro, in realta' pari
all'illecito profitto ottenuto dagli istituti di credito, mantenuto
occulto nei confronti dell'ente pubblico
 
EDITORIALE – Prime crepe
Troppe attese dalla magia di Obama
Gerardo Morina
Un cavaliere senza macchia, l’uomo del miracolo, il giovane redentore della Nuova America, il mago dalla bacchetta straordinaria, il presidente onnipotente (anche se, a onor del vero, si è sempre solamente limitato a dire: «Yes, we can»).

C’è un afflato quasi mistico che gli elettori hanno assegnato alla figura di Barack Obama nel momento in cui gli hanno regalato la Casa Bianca.
Un’imbattibile lusinga,certo, per chi la riceve, ma anche un peso, una responsabilità e un traguardo quasi impossibile da raggiungere perché troppo carico di aspettative. Insomma, un onere eccessivo per un essere umano che, al di là delle sue indubbie qualità, i media hanno in gran parte contribuito a porre sulla ribalta nazionale e internazionale.

Un essere umano il quale sarà giovane, avvenente,intelligente, comunicativo e democratico finché si vuole, ma che ha inevitabilmente dei limiti e non può essere esente da sbagli.

Non deve stupire, quindi, che l’America, la stessa America che l’ha votato, inizi a sollevare una palpebra, risvegliandosi da uno stato di semi-trance post-elettorale.

Ha cominciato, mercoledì scorso, Kathleen Parker, brillante editorialista del «Washington Post», indubitabile obamiana, ma, quando occorre, giornalista dalla tastiera tosta.

La Parker va giù di brutto scrivendo che le prime settimane della presidenza Obama non sono state altro che «un esercizio di dilettantismo».
«Ciò che manca nel passaggio di Obama dalla teoria alla pratica» – nota l’editorialista – «non è l’intelligenza che gli elettori gli hanno riconosciuto. Al neo-presidente manca semplicemente quell’esperienza che molti hanno fatto a gara nel far finta che non contasse».
La Parker va ancora più a fondo: «Si nota anche un’assenza di maturità, quella qualità che possiedono gli adulti di incarnare quella capacità di leadership che diventa palpabile appena mettono piede in una stanza».

E poi c’è un altro fatto, dice la Parker. «Obama è una persona che tiene enormemente a piacere.
Non si tratta di un difetto del suo carattere. Essendo cresciuto in culture multiple – bianca e nera, americana e indonesiana – Obama ha dovuto adeguarsi cercando al massimo di piacere agli altri».
Ma se tale caratteristica può servire in fase elettorale, conclude l’editorialista, poco si adatta ad una figura presidenziale che, se necessario, deve apparire anche impopolare nelle sue scelte.

Certo, la realtà l’ha messo subito e implacabilmente alla prova, chiedendo prima di tutto a Obama quasi un miracolo per porre rimedio alla crisi economica.
E le delusioni non sono mancate. Martin Wolf, fra i più importanti editorialisti economici del «Financial Times», si è detto scettico sul nuovo programma di salvataggio del sistema finanziario elaborato dalla nuova Amministrazione USA, temendo che non sia sufficientemente aggressivo.
In un editoriale, Wolf ha scritto che un politico, specialmente in tempi straordinariamente difficili come questi, deve basare il suo comportamento su previsioni pessimistiche, e un eccesso di azione è molto meglio di un’azione insuffiente.
Il governo Obama, secondo Wolf, sembra invece essersi incamminato sulla strada sbagliata, con un approccio definito «ottimistico» e «indeciso», mentre gli Stati Uniti avrebbero bisogno di una strategia aggressiva ed estremamente focalizzata.

Sul piano della politica internazionale sono d’altro canto piovute su Obama accuse di incoerenza.
Perché chiudere Guantanamo, hanno osservato i critici, e nel contempo autorizzare la CIA a proseguire le «extraordinary rendition», ovvero le catture, le deportazioni da uno Stato all’altro e le detenzioni clandestine di sospetti?
Sotto questo profilo Obama non ha fatto altro che proseguire una pratica, instaurata da Bill Clinton e resuscitata dopo l’11 settembre da George W. Bush.
L’incredibile è però il fatto che mentre Bush veniva su questo punto periodicamente stigmatizzato, questa volta un’organizzazione come Human Rights Watch (vedi «Corriere della Sera» del 2 febbraio scorso) ha osservato che «in determinate circostanze» le «rendition» hanno legittimità, esprimendo così un parere opposto a quello manifestato dalla medesima associazione per i diritti umani quando alla Casa Bianca c’era Bush.

Sì insinua allora un sospetto, che potrebbe trasformarsi in una certezza: che a Obama, in base alla teoria dei due pesi e delle due misure, si perdoni di più in quanto democratico e che l’ala «liberal» decreti da sola quale sia l’atteggiamento da adottare.

Ma c’è di più. Nella squadra di Obama prosegue l’emorragia dei ministri. Il primo a ritirarsi è stato il governatore del New Mexico Bill Richardson, democratico, che ha rinunciato alla sua nomina a ministro del Commercio dopo che il suo nome è rimasto coinvolto in un’inchiesta di presunti appalti truccati.
A Richardson hanno fatto seguito altri nomi eccellenti, primo fra tutti quello del ministro della Sanità designato Tom Daschle, uscito di scena il 3 febbraio scorso dopo che il Senato gli aveva chiesto di render conto di tasse inevase per 140 mila dollari.
Stessa sorte, e per lo stesso motivo, ha subito Nancy Killefer, che Obama aveva scelto per portare rigore nella gestione del bilancio federale. Infine, giovedì scorso se n’è andato anche il senatore repubblicano Judd Gregg, candidato all’incarico di Segretario al Commercio, il quale si è chiamato fuori adducendo «conflitti insanabili» con il presidente, non escluso il pacchetto di stimolo per il rilancio dell’economia nazionale.

Che qualcosa non stesse funzionando nella sua Amministrazione si è accorto qualche tempo fa lo stesso Obama riconoscendo: «I screwed up», «Ho fatto una cavolata». Ma le «cavolate» risultano molteplici.
Evidentemente il tanto decautato sistema di filtro e valutazione dei candidati messo a punto durante la lunga fase di transizione non ha poi funzionato così bene. Ingenuità, inesperienza? Sta di fatto che il presidente ha presunto che tutti gli uomini da lui scelti fossero uomini nuovi e senza macchia.
E che la promessa fatta subito dopo la sua elezione di creare un governo «bipartisan» includendo anche ministri repubblicani fosse di agevole attuabilità.
La realtà ha dimostrato invece il contrario: che i controlli non bastano mai e che il gabinetto misto si è dovuto fermare finora a due ministri repubblicani, quello della Difesa Robert Gates e quello dei Trasporti Ray LaHood. Per altri posti si vedrà. Perché la bacchetta magica va, il più delle volte, aiutata.
14.02.09 01:05:47

da corriere del ticino,oggi
 
;) Outlook 2009/210/211 per l'Oil/petrolio di Morgan Stanley,
può essere utlie per le innumerevoli correlazioni valutarie/macro/Paesi petroliferi/industria/inflazione etc. etc. :

2009
M.S vede prezzo Oil Barile a 35 USD circa di media,
con possibile plafond/bottom a 25 USD Barile circa entro
indicativamente Giugno 2009.

2010 a 55 USD Oil Barile di media

2011 a 85 USD Oil Barile di media
 
La prima buona notizia da 6 mesi

:clapclap::clapclap:Ma sarà vero? :-?:-?
Dal Corriere della Sera

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