Kronos
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IL COMMENTO ■ SERGIO ROMANO
Articolo 18, resa dei conti in Parlamento
La riforma del mercato del lavoro, a cui il Governo di Mario Monti ha lavorato nelle scorse settimane, pia­ce, tutto sommato, a una larga par­te del mondo politico e sindacale. Ma cor­regge un articolo dello Statuto dei lavorato­ri sui licenziamenti (l'art. 18) che nella sua versione attuale permette al giudice di ordi­nare all'azienda il reintegro del lavoratore licenziato per una causa non «giusta».
È una formula ambigua che ha avuto l'ef­fetto di frenare in molti casi l'espansione del­le imprese e che il Governo ha ora modifi­cato con una distinzione fra il licenziamen­to per motivi disciplinari e quello per ragio­ni economiche. Nel primo caso il giudice, se giungerà alla conclusione che l'azienda vuo­le sbarazzarsi di un lavoratore «scomodo», potrà ordinare il reintegro; nel secondo ca­so il lavoratore licenziato verrà compensa­to con una buona liquidazione. Non è una modifica rivoluzionaria ma infrange un ta­bù del principale sindacato italiano (la CGIL) e soprattutto della sua componente metalmeccanica (la FIOM). I metalmecca­nici sono pronti a cogliere questa occasione per scendere nelle piazze e mettersi alla te­sta di coloro che maggiormente si oppongo­no al rigore fiscale del Governo.
La CGIL, che non è priva di una corrente ra­gionevole e moderata, teme di perdere i me­talmeccanici.
E il Partito democratico di Pier Luigi Bersani, risultato di una fusione fra ex comunisti ed ex democratici cristiani di si­nistra, non vuole perdere il suo antico rap­porto di fratellanza o cuginanza con la CGIL. In altre parole la FIOM tiene in ostaggio la CGIL e la CGIL tiene in ostaggio il PD. Può il PD tenere in ostaggio il Governo Monti?
Per meglio comprendere la situazione conviene ricordare ancora una volta che quello formato da Mario Monti non è un Governo tecnico. È un esecutivo composto da tecnici, per iniziativa del presidente della Repubblica, che governa grazie a una maggioranza parlamentare molto simile, per certi aspetti, alla «Grosse Koalition» tedesca: un'alleanza di convenienza, sino alle elezioni della primavera del 2013, fra il PdL di Silvio Berlusconi, il PD di Bersani e l'UDC (Unione di Centro) di Pier Ferdinando Casini. Il Governo ha potuto contare sull'unità della coalizione finché l'Italia sembrava avvicinarsi pericolosamente al baratro dell'insolvenza, e ha fatto approvare dal Parlamento leggi abbastanza innovative come quelle sulle pensioni e le liberalizzazioni.
Ma la situazione finanziaria è considerevolmente migliorata, il differenziale tra i Bund tedeschi e i titoli italiani si è molto ridotto, la riforma del mercato del lavoro colpisce interessi consolidati e i partiti hanno ormai una so la preoccupazione: quella di conquistare il maggior numero di voti nelle elezioni della prossima primavera.
Monti, dal canto suo, ha chiuso le consultazioni con i sindacati e ha ribadito di non essere disposto a modificare il nuovo articolo 18. Ma non può spingere la propria fermezza sino ad adottare una linea che piacerebbe ai partiti di Berlusconi e Casini, ma metterebbe in serio imbarazzo quello di Bersani.
Non potrà quindi chiedere subito un voto di fiducia sul pacchetto confezionato dal Governo (come è accaduto nel caso della riforma del sistema pensionistico) e dovrà necessariamente difendere la sua proposta in Parlamento lungo un percorso che potrebbe comportare accomodamenti e compromessi.
Nella politica italiana sono rari i casi in cui qualcuno vince e qualcuno perde. Il Paese preferisce le mezze vittorie e le sconfitte temperate da qualche premio di consolazione, purtroppo anche quando la chiarezza gioverebbe al suo futuro.
cdt, oggi
Col mio superavvocato, se ci provano, gli chiede 10 milioni d'euro.

A me ne basta uno.
