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Fukushima: Ondata di radiazione sarà dieci volte più grande di tutti della Radiazione da test nucleari combinate
(E le radiazioni di Fukushima è arrivato sulla costa
 
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SOFFERENZE BANCARIE - UNICREDIT CEDE AL FONDO CERBERUS QUASI UN MILIARDO DI CREDITI CHE ORMAI VALGONO SI’ E NO 80 MILIONI – E’ LO SCOPPIO DELLA BOLLA DEL CREDITO AL CONSUMO DEGLI ANNI DI VACCHE GRASSE

Nel comunicato si tace il prezzo della transazione ma è sensato ipotizzare che Cerberus abbia messo sul piano decisamente meno degli 80 milioni circa che le sofferenze dovrebbero ormai valere a bilancio per la banca. Anche perché statisticamente dalla cessione delle sofferenze si tirano su davvero pochi spiccioli…



Carlotta Scozzari per Dagospia
UNICREDIT
La notizia cattiva è che Unicredit ha dovuto sopportare sofferenze per quasi un miliardo su vecchi contratti di credito al consumo (quei finanziamenti che andavano alla grande negli anni delle vacche grasse e che servivano per comprare a rate, su cui spesso gravavano interessi molto elevati, elettrodomestici, vacanze, auto e così via). Il che significa che il credito, del valore nominale di 950 milioni, ormai è pressoché carta straccia e non vale quasi più nulla.
TORRE UNICREDIT
La buona notizia è, però, che la banca di Piazza Cordusio non solo è riuscita a trovare qualcuno disposto a pagare qualcosa per comprare le sofferenza in questione e spazzarle via una volta per tutte dal bilancio, ma che addirittura si tratti di un investitore straniero.
E' di oggi, la vigilia di Natale, la notizia che Unicredit ha concluso un accordo con il fondo Cerberus european investments per la cessione "pro soluto" (ossia chi cede il prestito non è poi tenuto a rispondere dell'eventuale inesigibilità) di un portafoglio di crediti non garantiti e in sofferenza derivanti da contratti di credito al consumo e prestiti personali.
FAMIGLIA GHIZZONI
"Il portafoglio - spiega una nota delle banca guidata dall'amministratore delegato Federico Ghizzoni - ammonta, al lordo delle rettifiche di valore, a 950 milioni di euro, con un coverage superiore al 90%", il che significa che a bilancio, al netto delle svalutazioni, dovrebbe valere meno di 95 milioni, presumibilmente intorno agli 80. Nel comunicato si tace il prezzo della transazione ma è sensato ipotizzare che Cerberus abbia messo sul piano decisamente meno degli 80 milioni circa che le sofferenze dovrebbero ormai valere a bilancio. Anche perché statisticamente dalla cessione delle sofferenze si tirano su davvero pochi spiccioli...
http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-101556/464622.htm
 
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STAMPA LIBERA ha aggiunto M5S in aula al blog
10:17
23/12/2013 Ale Di Battista: "Abbiamo l'esperienza per governare il Paese!" #èsololinizio senti mo' ale di battista............................................alla camera.......................................................... drin drin.......................................ciapa i rat:D:D:D:D:D:D:cool::cool::cool::cool::cool::cool::cool::cool::hua::prr::vado::vado::fiu:

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debito pubblico"?



La Norvegia non ha il nostro debito pubblico, perchè:
1 - Non ha aderito all'euro. La moneta Norvegese è la Corona (coniata in una banca centrale statale)
2 - Non ha privatizzato le principali banche del paese (DnB NOR) e le aziende energetiche: petrolio (Statoil), energia idroelettrica (Statkraft), alluminio (Norsk Hydro) e le telecomunicazioni (Telenor)
3 - Circa il 30% di tutte le aziende quotate alla borsa di Oslo è statale
4 - I titoli di stato rendono il 6,75% netto ai risparmiatori
5 - Pur essendo il principale produttore di petrolio europeo, NON fa parte dell'OPEC (per la cronaca, l'Italia è il secondo produttore europeo e in Basilicata è stato individuato il più grande giacimento d'Europa su terraferma)

Naturalmente, in Norvegia, non si sognano di parlare di privatizzazione dell'acqua o privatizzazione della raccolta di rifiuti, come fanno i nostri politici e NON hanno un debito pubblico schiacciante come il nostro, anzi! Hanno un avanzo di bilancio statale del 16,5%, mentre noi, che abbiamo privatizzato quasi tutto, abbiamo un debito pubblico pari al 127% del nostro PIL

In pratica questa situazione garantisce alla Norvegia un debito che ammonta al 48,4% del PIL, permettendole di incassare ogni anno più di quanto spende. E l'Italia (e tutti gli altri paesi del mondo) cosa sta aspettando?

Fonti:
Cos?ha la Norvegia che l?Italia non ha? N. Forcheri | STAMPA LIBERA

Cosenostreacasanostra: Cos'ha la Norvegia che l'Italia non ha? N. Forcheri

http://www.ecplanet.com/node/33874




fonte: Ecco Cosa Vedo






Pubblicato da Massimo Bernardi a 23:50 Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su Facebook
 
USCITA DALL’EURO: QUANTI SOLDI CI DEVE LA BCE?



Come ogni anno, quando si avvicina la fine, comincia puntuale la girandola delle previsioni sulla crescita prossima ventura. Qualcuno, fulminato sulla via di Bruxelles, comincia a vedere la luce in fondo al tunnel e folgorato dall’abbagliante miraggio, inizia a diffondere in giro i numeri che ha visto durante i momenti dell’estasi. In particolare il governo Letta ha dato le sue stime del miracolo: 1% di aumento del PIL nel 2014, 2% nel 2015. Ha usato numeri semplici, facilmente memorizzabili. Una successione aritmetica di ragione 1. Poteva anche usare la ragione 2 per dare più coraggio e speranza al popolo vessato: 2% nel 2014, 4% nel 2015, 6% nel 2016. Oppure la successione di Fibonacci: 1,1, 2, 3, 5, 8, 13 e così via. Pensa che bello, saremmo cresciuti nella stessa maniera in cui si riproducono i conigli. Ovviamente i fulminati hanno gioco facile a sparare numeri a caso, contando sul fatto che gli italiani hanno la memoria corta e sono troppo impelagati con le contingenze del presente per ricordarsi le dichiarazioni di un anonimo presidente del consiglio di cui molto presto non sentiremo più parlare. Renzi incombe, lui è il nuovo che avanza. E ha la benedizione del solito granitico manipolo di gonzi del PD per continuare a distruggere l’Italia.


Eppure, tutti noi ormai stiamo vivendo sulla nostra pelle o a un palmo dal nostro naso, quali siano davvero le cifre che contano in una nazione: il numero di suicidi, la disoccupazione, i cassaintegrati, gli esodati, gli emigrati, la perdita del potere di acquisto, le aziende che chiudono, il calo della produzione industriale. Cosa volete che conti l’aumento di un misero punto percentuale di PIL in mezzo a un deserto sociale ed economico, come quello che abbiamo davanti gli occhi tutti i giorni. Il PIL può aumentare perché aumentano le rendite degli speculatori o diminuiscono le importazioni, oppure più semplicemente perché aumenta l’anemica inflazione, senza creare un solo posto di lavoro in più. Il PIL insomma può aumentare mentre il deserto intorno a noi continua inesorabilmente ad avanzare. Tuttavia, grazie alla mobilitazione dei forconi e alla loro lenta ma irreversibile presa di coscienza, abbiamo capito una cosa importante. Sebbene in modo ancora frammentario e approssimativo, la gente ha capito qual è la causa principale dei nostri problemi: l’euro. Dal micidiale sistema di aggancio rigido delle monete europee del 1979, passando per il divorzio fra Banca d’Italia e Tesoro del 1981 fino alla perdita definitiva della sovranità monetaria del 1999. Senza la leva valutaria del tasso di cambio e strangolato dai vincoli di bilancio, uno Stato può solo assistere impassibile al suo declino. La legge di Murphy non sbaglia mai: se una cosa può andare male prima o dopo lo farà. E l’euro che è uno dei progetti più strampalati e sbagliati della storia non poteva che finire così. Nel caos, nella rivolta sociale, nel disordine istituzionale.


E intanto, mentre cresce la protesta, abbiamo capito che tutti i mali endemici del nostro paese, la corruzione, la casta, l’evasione fiscale, la malavita, sono solo dei dannosi effetti collaterali che non hanno nulla a che vedere con la ripresa dell’economia. Una bazzecola in confronto ai fiumi di soldi che andranno via dall’Italia in seguito all’adesione ai trattati europei, dai fondi di salvataggio al Fiscal Compact, agli insostenibili interessi sul debito, alle perdite per mancanza di competitività, alle crescenti spese per pagare i sussidi di disoccupazione, alla scomparsa della capacità produttiva e delle competenze imprenditoriali e tecniche, alla svendita del patrimonio pubblico e privato italiano. Come dire che per prendere un camorrista basta rinforzare gli organi di polizia e di magistratura, ma per fare un operaio qualificato servono invece anni e anni di dedizione e formazione. E abbiamo capito che le misure di austerità servivano solo a renderci più poveri, a creare maggiore disoccupazione, ad abbassare le nostre pretese salariali, ad equilibrare i nostri conti con l’estero riducendo le importazioni, mentre numeri (questa volta consuntivi) alla mano, i tagli alla spesa e gli aumenti di tasse hanno peggiorato i nostri conti pubblici. La favoletta che lo Stato funziona come una famiglia e se risparmia crea i presupposti per la crescita, ormai viene creduta soltanto da chi non riesce a capire il funzionamento delle tabelline, delle moltiplicazioni, delle frazioni. Non conosce la differenza fra micro e macroeconomia. Non sa che l’economia è spesa e senza spesa non c’è economia.


E abbiamo capito che se le banche non prestano più o la gente e le imprese non si indebitano, la moneta scompare dal mercato e senza moneta non possiamo più finalizzare i nostri scambi o rimborsare i nostri debiti precedenti, con tutto ciò che ne consegue in termini di recessione senza fine e fallimenti a catena. E abbiamo capito che l’unico interesse dei tecnocrati di Bruxelles è il salvataggio delle banche e le loro interminabili riunioni notturne servono solo a decidere se a pagare debbano essere i governi, i contribuenti oppure gli obbligazionisti, gli azionisti e i correntisti delle banche con i prelievi forzosi. Cioè sempre noi cittadini, perché ormai è stato deciso nei piani alti che tutti devono pagare le perdite delle banche tranne coloro che hanno realmente creato i buchi di bilancio con la loro pessima gestione finanziaria. E abbiamo capito che la Germania non ha alcuna intenzione di fondare i favolosi Stati Uniti d’Europa, perché ciò comporterebbe un trasferimento perenne di ricchezza dal nord al sud del continente. E abbiamo capito anche che i tedeschi, in occasione proprio degli accordi sull’unione bancaria, hanno messo un limite temporale all’euro: 10 anni. Fino al 2024 infatti i panni sporchi delle banche verranno lavati innanzitutto all’interno dei singoli paesi di origine, non ci sarà alcuna mutualizzazione delle perdite, i tedeschi non pagheranno più per salvare gli altri, dopo invece si vedrà. E in quel dopo sono sottointesi tutta la diffidenza e lo scetticismo che ormai la Germania nutre sulla possibilità di sopravvivenza dell’euro. E abbiamo capito infine che la Storia non fa sconti a nessuno e se qualcuno, per quanto abile e potente esso sia, cerca di riportare indietro le lancette della Storia, interrompendo bruscamente il cammino di emancipazione dei popoli dalla schiavitù e dall’oppressione, prima o dopo paga dazio.


E’ vero che c’è stato un periodo ormai lontano nel passato in cui gli interessi dei singoli individui potevano spontaneamente e inconsapevolmente indirizzarsi verso l’interesse della collettività, Adam Smith non era un balordo, ma un profondo conoscitore delle dinamiche economiche e politiche della società in cui viveva. Ma Smith non poteva sapere che più di duecento anni dopo i suoi studi, i processi di concentrazione e fusione avrebbero creato alcuni singoli individui giuridici, alcune società, alcune multinazionali, alcuni colossi bancari capaci di eguagliare e in certi casi superare la capacità finanziaria di interi Stati, mettendo in aperto conflitto i propri interessi con quelli della collettività. Smith, consapevole dell’importanza giuridica e regolatrice degli Stati e sinceramente persuaso dei benefici della libera concorrenza, sarebbe impallidito al solo pensiero di una simile distorsione. Il buon Smith avrebbe tuonato inorridito che non può esistere una società privata capace di concorrere con la responsabilità legislativa e la funzione di garante dei diritti dello Stato, e se una mostruosità del genere è accaduta è solo perché lo Stato non è riuscito a far rispettare i vincoli della libera concorrenza, che in teoria (e solo in teoria purtroppo) non avrebbero potuto ammettere l’espansione di una società privata oltre un certo limite.


Smith era in primo luogo un giurista e un filosofo affascinato dai meccanismi di scambio e produzione, e non poteva prevedere le derive dell’infernale commistione fra sfera pubblica e sfera privata, che consente oggi a banchieri e politici di scambiarsi ruoli e poltrone incuranti dei danni economici e crimini sociali di cui si rendono continuamente protagonisti. Tuttavia se al tempo di Smith l’idea salvifica della massimizzazione dell’interesse privato poteva funzionare, data la ridotta dimensione del nascente settore privato capitalista e bancario, oggi il paradigma va completamente ribaltato: soltanto perseguendo l’interesse della collettività, attraverso un rafforzamento delle istituzioni pubbliche dello Stato, sarà possibile sperare di difendere i propri interessi individuali di privati cittadini dall’aggressione feroce di quella parte ingigantita e fuori controllo del settore privato stesso. E’ una guerra senza quartiere per la sopravvivenza: o vincono loro oppure noi. Non ci sono vie di mezzo. O i giganti tornano bambini, attraverso una lenta ma determinata attività di regolamentazione e riconquista dello spazio pubblico di manovra, oppure noi finiremo per essere sbranati dalle loro fauci. Questa volta la mano invisibile che dovrà indirizzare inconsapevolmente tutte le nostre scelte future sarà l’interesse collettivo, il quale in un mondo complesso come quello attuale è l’unico che può garantirci un duraturo e stabile benessere privato. Dopo Smith, sono arrivate per fortuna migliaia e migliaia di pagine sulla teoria dei giochi per spiegarci come i processi di coordinamento e cooperazione fra gli individui riescano a massimizzare meglio i singoli obiettivi rispetto alla sregolata condotta competitiva e aggressiva degli operatori. E purtroppo per noi, le grandi imprese ci hanno preceduto su questo cammino e conoscono talmente bene le suddette teorie da averle usate per costruire i cartelli, i trusts, le holdings, i monopoli, gli oligopoli, gli organismi internazionali che ci stanno massacrando.


Tuttavia siccome la Storia è più potente di qualsiasi gruppo di potere costituito e la Storia ha sempre posto un argine alla diffusione delle dittature, militari o finanziarie che siano, ecco che comincia a piccoli passi la controffensiva popolare e democratica. Iniziata con i movimenti no global, continuata attraverso i presidi dei ragazzi di Occupy Wall Street e indignados, e infine inoculata all’interno di alcuni partiti politici tradizionali, come il Front National in Francia o il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord in Italia. O in nuove e promettenti associazioni politiche come la nostra, ARS Associazione Riconquistare la Sovranità, che ha fatto della regolamentazione finanziaria e del ritorno alle linee guida costituzionali il maggiore punto di forza del suo programma. Qui in Europa la lotta al leviatano della finanza sta sempre più prendendo la forma di un convinto e ben documentato anti-europeismo, dato che quest’ultimo è stato la base istituzionale che ha consentito a banchieri e multinazionali di taglieggiare i popoli e i lavoratori europei. Il tentativo estremo di tutti i faccendieri e lobbisti d’Europa di scalzare la normale dialettica democratica e la prassi politica degli Stati nazionali, per mettere al centro delle trattative unicamente i loro affari e profitti. Tentativo tanto ardito quanto fallimentare. Non ci riusciranno. Hanno già perso. Il popolo ha iniziato a capire. Questi ultimi frenetici colpi di coda per continuare a depredare le nazioni sono la più palese rappresentazione della loro sconfitta. Ormai non costituisce più vergogna andare in giro con la bandiera del proprio paese sulle spalle, mentre quel pezzo di stoffa blu con dodici stelle gialle in cerchio viene sempre più associato nell’immaginario collettivo ai regimi totalitari, al nazismo, al fascismo, al medioevo. Il cambio di rotta è già avvenuto nella testa della gente. E chiunque abbia un minimo di conoscenza della Storia, sa che la creazione di un simbolo o un mito negativo contro cui combattere è il primo passo indispensabile per convincere la gente a combattere davvero nelle strade e nei palazzi che contano. Per rimettere al centro la sovranità popolare al posto di quella elitaria o dinastica.


Oltre alla denuncia, è nostro dovere quindi riflettere sulla fase costruttiva e cominciare a ragionare su cosa succederà dopo la cacciata dei tiranni. Si dovrà in particolare capire come verranno gestiti lo smantellamento dei caracollanti palazzi di Bruxelles, Francoforte e Strasburgo e la transizione ai rinnovati istituti democratici nazionali. Se parlamentari, commissari, burocrati, lobbisti vari verranno rimpatriati e giudicati secondo le loro colpe, appare molto più complessa la risoluzione delle controversie che potrebbero sorgere in seguito alla messa in liquidazione della Banca Centrale Europea BCE, il vero fulcro di potere e ricchezza finanziaria dell’attuale classe dominante. La BCE infatti ha un capitale sociale di circa €10 miliardi, di cui €1,25 miliardi versati da Banca d’Italia (12,5% di quota azionaria), che in teoria andrebbero persi nel caso in cui l’euro scomparisse come moneta. Ma rimarrebbe ancora in piedi la questione legata alla ridenominazione degli attivi di bilancio che ad oggi superano i €200 miliardi. La parte di attività in euro dovrà sicuramente essere ridenominata nelle varie valute nazionali e poi utilizzata per coprire le passività in euro, rappresentate principalmente dai depositi di riserve detenuti dalle varie banche europee e straniere. Mentre ben altra destinazione dovranno avere le attività denominate in valuta estera e le riserve auree, visto che Banca d’Italia ha versato a suo tempo €5 miliardi complessivi di oro (15% del totale) e valuta estera (yen e dollari). Queste riserve dovranno rapidamente rientrare in patria e servire come ulteriore garanzia a sostegno del corso della nuova lira, qualora dovessero iniziare improbabili attacchi speculativi ribassisti nei confronti della nostra moneta nazionale. A chi interesserebbe infatti una lira troppo svalutata? Non certo a tedeschi, francesi e americani, che con la nostra ritrovata competitività commerciale dovranno fare i conti.


I €900 e passa miliardi di banconote circolanti di proprietà del portatore verranno convertite a vista in nuove monete nazionali dalle rispettive banche centrali, mentre gli attivi corrispondenti alla parte di banconote trattenuta dalla BCE (€73 miliardi circa) verrà nuovamente spartita fra le autorità monetarie dell’eurozona. Ma c’è un altro grande mistero che aleggia intorno alla faccenda della liquidazione della BCE, che riguarda i famigerati crediti/debiti del sistema di pagamento transfrontaliero TARGET2. Secondo i ripetuti chiarimenti forniti dagli stessi funzionari e governatori della BCE, questi saldi contabili sarebbero solo degli indicatori statistici e non avrebbero alcun valore effettivo, ma c’è da giurarci che i tedeschi, i quali hanno maturato negli anni un credito di oltre €500 miliardi (vedi grafico sotto), rivendicheranno il risarcimento di questa quota in valuta estera. Trattandosi infatti di crediti e debiti delle banche centrali che si maturavano ad ogni scambio commerciale o finanziario che avveniva fra i residenti dei paesi membri dell’eurozona, questi saldi rispecchiano quello che un tempo veniva finalizzato tramite i passaggi di valuta nazionale. Se venisse concordata questa linea di pensiero, l’Italia, che ha un debito di €200 miliardi circa, dovrebbe conferire ai creditori, in base ad un preciso programma di rientro, il corrispettivo in moneta nazionale della passività maturata. Ma ripetiamo che si tratta di ipotesi, perchè essendo la moneta unica tra Stati sovrani un’eccezione e un’anomalia senza precedenti nella storia internazionale, la sua frantumazione aprirà sicuramente parecchie diatribe e controversie.






La cosa importante da tenere sempre presente è però che l’euro finirà. Non sappiamo ancora bene come e quando, ma l’unica certezza su cui dovranno ruotare tutti i nostri ragionamenti, è che il destino della moneta unica è già segnato. I movimenti e i presidi del popolo sono i primi veri segnali di risveglio dell’Italia, da cui dovremo ripartire per ricostruire la nostra nazione dalle fondamenta. Dobbiamo essere così bravi e determinati da non far disperdere tutte queste energie positive, cercando di farle convogliare in una proposta politica seria, credibile, efficace. Dato che l’euro è stato più uno strumento politico di abbattimento degli Stati nazionali, è con la politica, all’interno dei parlamenti e dei governi, che dobbiamo scardinarlo. Noi ci siamo e ci saremo sempre in questa lotta decisiva, con tutta la nostra buona volontà e l’amore che nutriamo per il nostro paese. Perché è chiaro che quando si scatenerà il caos e il panico tra la gente, bisognerà stare attenti allo sciacallaggio disordinato e agli ultimi disperati tentativi di sopravvivenza dell’inqualificabile classe dirigente uscente, che tenterà sicuramente di saccheggiare ancora tutto ciò che è sfuggito ai nostri calcoli e alle nostre previsioni. Qualcuno forse lascerà l’Italia, qualcuno cercherà di mischiarsi e confondersi tra la folla, qualcun altro in modo sfrontato e indegno tenterà ancora di difendere l’indifendibile. E prevediamo già che questa battaglia sarà dura, complessa, in certi casi anche violenta, ma alla fine, come ripetiamo spesso noi di ARS, ci libereremo!!! E con questo auspicio, vi auguro di trascorrere delle serene feste natalizie e spero di ritrovarvi presto su queste frequenze.






Pubblicato da PIERO VALERIO a 17:51 Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su Facebook



Etichette: Associazione Riconquistare la Sovranità (ARS), Banca d'Italia, Banche Centrali, Banche Europee, BCE, Euro, Eurozona, Fine dell'Euro, Lira
 
grosse operazioni”.
Scie chimiche. Un video indagine che porta argomenti nuovi per capire »











La storia dell’umanità è una farsa? Ecco le prove!


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31 dicembre 2013 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
La storia dell’umanità su questo pianeta è la più grande menzogna mai raccontata e scritta. Non vedo l’ora che la verità venga esposta e che i falsi libri di storia vengano bruciati! I mass-media sono complici di un insabbiamento di proporzioni epiche.
fonte
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L’antropologo, Dott. Semir Osmanagich, fondatore del Parco Archeologico Bosniaco, il sito archeologico più attivo del mondo, dichiara che le prove scientifiche, ‘inconfutabili’, venute alla luce, sull’esistenza di antiche civiltà con tecnologia avanzata, non ci lasciano altra scelta se non quella di riscrivere la nostra storia, la storia dell’Umanità Terrestre. Un attento esame, su l’età di alcune strutture, rivela definitivamente che sono state costruite da civiltà avanzate di oltre 29.000 anni fa.

“Riconoscere che siamo testimoni di prove fondamentali dell’esistenza di antiche civiltà avanzate risalenti a oltre 29 mila anni fa, e facendo un attento esame delle loro strutture sociali, costringe il mondo a riconsiderare totalmente la sua comprensione sullo sviluppo della civiltà attuale e della sua storia”, spiega il Dott. Semir Osmanagich. “I dati conclusivi del 2008 riguardanti il sito della Piramide Bosniaca, e confermati quest’anno da diversi laboratori indipendenti che hanno condotto test al carbonio radiofonico, hanno rilevato che il sito risale a più o meno 29.400 anni fa, minimo”.


La datazione delle prove al radiocarbonio è stata fatta dal RadioCarbon Lab di Kiev, in Ucraina, su materiale organico presente nel sito bosniaco della Piramide. Il fisico Dr. Anna Pazdur dell’Università polacca di Slesia, ha annunciato la notizia in una conferenza stampa a Sarajevo nell’agosto del 2008. Il professore di Archeologia Classica presso l’Università di Alessandria, Dott. Mona Haggag, ha descritto questa scoperta come “scrivere nuove pagine della storia europea e mondiale”. La data di 29.000 anni del Parco Archeologico Bosniaco, è stata ottenuta da un pezzo di materiale organico recuperato da uno strato di argilla che si trovava all’interno dell’involucro esterno alla piramide. Ne consegue una data campione ottenuta, durante la stagione 2012, dai test fatti su materiale che si trova sopra il calcestruzzo, di 24,8 mila anni, il che significa che questa struttura ha un profilo di costruzione che risale a quasi 30 mila anni.

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“I popoli antichi che hanno costruito queste piramidi conoscevano i segreti della frequenza e dell’energia. Hanno usato queste risorse naturali per sviluppare tecnologie, e per intraprendere la costruzione di scale che non abbiamo visto in nessun altro posto della terra”, ha detto il dottor Osmanagich. “Le prove dimostrano chiaramente che le piramidi furono costruite allineandole con la griglia energetica della Terra, ed erano come macchine che fornivano energia al potere della guarigione”.
Studiosi di storia antica negli Stati Uniti, hanno notizie altrettanto sorprendenti su qualcosa trovato negli angoli più lontani del globo. Per esempio la scoperta di Rockwall al di fuori di Dallas, Texas, è solo un esempio di come stiamo riesaminando antichi misteri che rivelano molto sul nostro passato. Il sito Texano è un complesso e poderoso muro di dieci miglia di diametro costruito oltre 20.000 anni fa e coperto dal suolo sette piani sotto terra. La domanda è: da chi è stata costruita questa struttura e per quale scopo e, soprattutto, la conoscenza data da queste civiltà del passato, in che modo può aiutarci a comprendere il nostro futuro?
Nuove tracce rivelate o antiche civiltà ri-scoperte hanno acceso una innata curiosità per le origini umane, come risulta dalla recente copertura nei media mainstream. Il numero di novembre 2013 di National Geographic: I 100 più grandi misteri rivelati delle Civiltà Antiche dice,
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“A volte le culture si lasciano dietro misteri che confondono coloro che vengono dopo di loro, dai menhir ai manoscritti codificati, ci indicano che gli antichi hanno avuto uno scopo profondo”.

Scienziati lungimiranti continuano a perseguire la conoscenza del nostro passato che è utile per determinare un futuro migliore. Il rinomato autore Michal Cremo, nel suo libro Forbidden Archeology, teorizza che la conoscenza dell’avanzato Homo-sapiens è stata soppressa o ignorata dalla comunità scientifica perché contraddice le attuali opinioni sulle origini umane che non vanno d’accordo con il paradigma dominante.
Gobekli Tepe
I risultati indicano chiaramente che simili civiltà avanzate di esseri umani erano presenti in tutto il mondo in quel momento storico. Ad esempio, il Gobekli Tepe che si trova nella Turchia orientale, è un vasto complesso di enormi cerchi di pietre megalitiche, con un raggio tra i 10 e i 20 metri, molto più grandi di quelle del noto sito di Stonehenge in Gran Bretagna. Agli scavi di Gobekli Tepe che hanno avuto inizio nel 1995, sono stati fatti dei test al carbonio radiofonico i quali hanno rivelato che la struttura risale almeno a 11600 anni fa. L’archeologo tedesco Klaus Schmidt dell’Istituto Archeologico Tedesco di Berlino in Germania, con il supporto dell’ArchaeoNova Institute di Heidelberg, sempre in Germania, ha condotto lo scavo di questi preistorici circoli megalitici scoperti in Turchia.
“Gobekli Tepe è uno dei più affascinanti luoghi neolitici del mondo”, ha sostenuto il Dott. Klaus Schmidt. Ma, come spiega in un recente rapporto, per capire le nuove scoperte, gli archeologi hanno bisogno di lavorare a stretto contatto con gli specialisti di religioni comparate, con i teorici dell’architettura e dell’arte, con i teorici della psicologia evolutiva, con i sociologi che utilizzano la teoria delle reti sociali, e altri ancora.

“E’ la complessa storia delle prime, grandi comunità insediate, la loro vasta rete, e la loro comprensione comune del loro mondo, forse anche delle prime religioni organizzate e delle loro rappresentazioni simboliche del cosmo”, come riportato da Klaus Schmidt .
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Oltre alle strutture megalitiche, sono state scoperte figure e sculture, raffiguranti animali di pre natura storica, come i dinosauri e altri animali selvatici. Dal momento che gli scavi iniziarono nel 1995, quattro dei circoli sono stati parzialmente ripuliti, ma si pensa che ci siano ancora fino a 50 ambienti nascosti sottoterra. Questi enormi monoliti svettanti, di sette metri di altezza e 25 tonnellate di massa a Gobekli Tepe, sono situati proprio nel cuore di ciò che percepiamo come l’origine della civiltà. Questo offre ai ricercatori, delle nuove linee guida per la vera storia della terra e delle nostre antiche civiltà.

“L’obiettivo della ricerca archeologica non è quello di scoprire semplicemente tutti i circoli megalitici, ma sopratutto cercare di capire il loro scopo”, ha aggiunto Schmidt.

Piramide Bosniaca: Prova di civiltà avanzate di oltre 30.000 anni fa
Ormai è l’ottavo anno di scavo nel sito della Piramide Bosniaca, che si estende sui sei chilometri quadrati del bacino del fiume Visoko, 40 km a nord ovest di Sarajevo. Composto da quattro antiche piramidi quasi tre volte più grande di Giza, e da un vasto complesso di tunnel sotterranei situati sotto la piramide. La colossale piramide centrale del Sole è alta ben 420 metri e ha una massa di milioni di tonnellate rendendo le piramidi bosniache le più grandi e antiche piramidi conosciute sul pianeta (quella di cheope è alta ‘solo’ 146 metri). Il Dr. Osmanagich ha stupito l’intera comunità scientifica e archeologica con la raccolta e formazione di un team di ingegneri interdisciplinari, fisici e ricercatori da tutto il mondo per condurre un’indagine aperta e trasparente del sito e per cercare di scoprire la vera natura e il vero scopo di questo complesso piramidale.
“Questa è una cultura sconosciuta che ci presenta arti e scienze altamente avanzate, in grado di formare strutture veramente enormi e noi crediamo in questo processo dimostrando una capacità di sfruttare le risorse energetiche pure”, commenta Tim Moon, che ha recentemente aderito al team di Osmanagich.
Il progetto archeologico ci ha consegnato un altro importante rinvenimento trovato questo anno nel complesso dei tunnel sotterranei, conosciuto come Ravine. Mentre esploravano un tunnel che conduce verso la Piramide del Sole, la squadra ha portato alla luce diverse pietre megalitiche. Nel mese di agosto un enorme pietra stimata in 25.000 kg è stato scoperta a circa 400 metri di profondità. “Qui abbiamo una pietra massiccia sepolta sotto centinaia di migliaia di tonnellate di materiale. Inoltre abbiamo individuato dei muri di fondazione lungo tutto il suo perimetro formati da blocchi di pietra tagliata”, ha aggiunto Tim Moon.

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Grandi quantità di reperti sono state recuperate dalle gallerie associate che portano al sito, tra effigi, dipinti su pietra, oggetti d’arte e una serie di geroglifici e testi antichi scavati nelle pareti dei tunnel.

Il Dr. Osmangich sottolinea che è giunto il momento di condividere liberamente la conoscenza, in modo che si possa capire e imparare dal nostro passato.
“E’ tempo per noi di aprire le nostre menti alla vera natura della nostra origine. La nostra missione è quella di riallineare la scienza con la spiritualità, al fine di progredire come specie, e questo richiede un chiaro percorso di conoscenza condivisa”.




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per nascondere la propria mano nella strategia del terrore »











IDA MAGLI: nec spe, nec metu


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2 gennaio 2014 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
“Né con speranza, né con timore”. Questa l’amara constatazione, che si tramuta in grido di sfida, che emana dalle pagine di “Difendere l’Italia”, recente saggio della “martellatrice” dell’Europa delle banche e dell’omologazione, dell’Europa suicida.
Un saggio da cui il “sogno” di arrestare un decadenza oramai evidentemente inarrestabile richiama, più che una concreta e vicina prospettiva di fattibilità politica, il suono delle parole che già decenni or sono affermò Jean Thiriart, evocando il senso del dovere attivo: “un uomo difenderà la sua donna contro due teppisti senza preoccuparsi della sua inferiorità numerica, egli lo farà perche ‘questo deve fare’. Ugualmente, in pieno inverno, un uomo si getterà nell’acqua fredda per salvare un giovane senza attendere l’arrivo dei pompieri o di un’ambulanza perché ‘questo si deve fare’ ”.

Un disincantato grido di dolore per la nostra nazione e per la nostra più grande patria europea per la quale oramai compiono impunemente le loro scorribande i signori del denaro e delle banche, che si sono appropriati della scaturigine di ogni possibile sovranità politica, come lucidamente osservato dall’Autrice: “Hanno in mano l’arma assoluta, la creazione del denaro, e l’hanno usata con la spietatezza, non di chi minaccia, non di chi vuole intimorire, ma di chi vuole distruggere l’Europa”. Un “Laboratorio per la Distruzione”, che sta scientificamente, e con la complicità degli amministratori della cosa pubblica, conducendo gli italiani e gli europei sulla strada dell’estinzione.
Il “Verbo” del politicamente corretto e il ricorso ai giri di parole sono del tutto alieni a Ida Magli. Ciò diviene evidente quando esplicitamente descrive la situazione in cui è precipitata con velocità sorprendente la nazione, travolta dal crollo delle istituzioni, del Papato, del Parlamento, di ogni residuale senso di forza, vitalità e virilità. Travolta dalla dismissione di ogni forma di sovranità e dalla demonizzazione di ogni istanza politica in tal senso diretta. Travolta dall’abbandono forzoso delle scienze umane che formavano la consapevolezza di un popolo e di una classe dirigente, sacrificate sull’altare della necessità di cancellare un intero continente inducendo i suoi cittadini a “non pensare”.
E’ questa l’altra arma formidabile messa in campo dalla cricca mondialista: la creazione di una generazione incapace di qualsivoglia spirito critico, in preda a un delirio collettivo, a uno stato onirico, a un ribaltamento del sistema logico preparati in ogni loro dettaglio, complici il sincretismo buonista ecclesiastico, la scuola e il mondo della cosiddetta “cultura”. Un popolo incapace di comprendere la natura devastatrice di questa “terza guerra mondiale” che viene combattuta contro i popoli del vecchio continente non già da un nemico esterno e facilmente individuabile, bensì dai loro stessi governanti che la storia in futuro dovrà ricordare come colpevoli di un vero e proprio genocidio.
Chiunque provi a parlare di “impreparazione” di questa classe politica e delle autorità morali ed ecclesiastiche che ci spingono sempre più vicini all’orlo del baratro, sbaglia. Come l’Autrice ci ricorda nelle sue impietose osservazioni, si tratta di complicità. Di collusione col nemico, di subalternità alle direttive della grande piovra del Laboratorio per la Distruzione e dei suoi tentacoli bancari, finanziari, massonici. Al popolo, deve essere offerto un Verbo che non può essere messo in discussione. Il popolo non deve pensare. Neanche dinanzi all’evidenza, ai suicidi, alla disperazione, alla morte di ogni aspetto della vita civile, politica e culturale che aveva contraddistinto una millenaria civiltà.
Ida Magli, come già detto, non ama girare attorno alle questioni, o ricorrere a espedienti dialettici che evitino di épater le bourgeois. Lo si nota nella sua ricostruzione storica, quando stabilisce la logica connessione consequenziale della guerra in corso che vede contrapporsi i poteri finanziari euro-americani e la sovranità delle nazioni con la seconda guerra mondiale “guidata dall’Inghilterra e soprattutto dagli Stati Uniti d’America in modo che alla fine l’Europa potesse essere plasmata secondo il progetto unificatore che non era ancora stato possibile realizzare. Fu, infatti, questo uno dei principali motivi per i quali Churchill non volle mai concedere un armistizio a Hitler sebbene gli fosse stato chiesto insistentemente più volte. L’America a sua volta condusse bombardamenti distruttivi, spietati, contro gli uomini, contro la Cultura, contro la Storia, contro l’Arte, senza alcuna giustificazione strategica di carattere militare. (…) Uno scopo, quindi c’era: cancellare per sempre la storia e la civiltà d’Europa (…) Per questo la guerra non finiva mai. Si fermò soltanto quando non ci fu più nulla da distruggere e gli uomini furono ridotti a poche, misere larve spaurite in cerca soltanto di un rifugio dove nascondersi. L’America dichiarò allora (…) che l’Europa, insieme ai suoi nefandi figli, non esisteva più e che adesso, nell’uguaglianza universale, era lei la padrona del mondo”. Alla faccia dei “politicamente corretti” di ogni risma. Alla faccia dei “sovranisti-buonisti” che fanno la caricatura della Merkel in divisa da SS con il simbolo dell’Euro al posto della svastica.
Il rullo compressore della Magli, nelle pagine di “Difendere l’Italia”, continua la sua marcia passando alla descrizione del momento attuale, del silenzio complice di quella Chiesa che si cristallizza nella conservazione di una stantia ritualità aliena alle sue stesse origini ma che tace sul velo di morte che la finanza apolide sta stendendo sugli uomini, e dei crimini di quegli addetti alla cosa pubblica succubi di un “sopra-potere che guida tutto e tutti nascostamente verso mete preordinate. (…) Sotto le vesti del Bilderberg e degli altri Club dell’area occidentale, il Laboratorio per la Distruzione ha preso il comando dei governi e dei politici d’Europa ai quali è delegato soltanto il compito di realizzare, in totale asservimento, l’omogeneizzazione e l’unificazione dei popoli e degli Stati, distruggendoli nell’unificazione europea”.
Le soluzioni, che l’Autrice si sforza di vedere (“senza speranza”) e di affermare (“senza paura”) risiedono nella denuncia più radicale delle organizzazioni sovranazionali, nella riconquista della piena sovranità monetaria, politica, economica. Nel blocco immediato di ogni omologazione mondialista e di ogni religiosità dell’ “accoglienza”. Nella riaffermazione dello spirito popolare delle nazioni, dell’italianità in ogni sua manifestazione politica, culturale, etnica. Nella riscoperta del nostro intrinseco valore paesaggistico, artistico, musicale (“la capacità genetica musicale è l’unica – sostiene Ida Magli – della quale (almeno ad oggi, visto che è praticamente vietato fare ricerca sull’eredità genetica della cultura) abbiamo prove troppo evidenti per essere smentite”).
Una battaglia, in sintesi, per l’affermazione di un’identità e per la rinascita dell’intelligenza, dello spirito critico di una nazione, fuori da ogni falso dogma imposto da chi anela alla morte del nostro popolo: “come sappiamo ormai molto bene, qualsiasi forma di valutazione è proibita, visto che valutare implica stabilire differenze. Il tabù dell’uguaglianza uccide le differenze, ma contemporaneamente uccide le intelligenze”.
Nei racconti di “Marcovaldo”, Italo Calvino raccontava in tre passaggi l’Uomo dinanzi alla modernità: il grigiore dell’esistenza, l’illusione di poter tornare a vedere la “Natura”, e infine l’immancabile delusione, dovuta dall’impossibilità di raggiungerla. Le parole dell’Autrice di “Difendere l’Italia”, appellandosi sempre agli Uomini, ci danno invece i precetti per aprire una quarta fase, una fase nuova: la necessità, anche dinanzi alle preponderanti forze nemiche, di continuare a lottare. E’ un naturale atto di ribellione contro quei poteri che perseguono l’obiettivo della nostra estinzione con un’arma assolutamente nuova: ci spingono a darci la morte da noi stessi. E’ un atto dovuto ai nostri figli, per poterli, un giorno, guardare negli occhi senza provare vergogna.
E’ la necessità, sostiene Ida Magli, di “diventare Eroi proprio nell’epoca e nella società che ha affermato di non averne bisogno”.
Ida Magli, “Difendere l’Italia”, BUR
 

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