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Moneta-Debito: Iniziamo l'anno riflettendo sul
Grande Inganno Internazionale
Moneta come contenitore di riserva di un valore reale
Moneta-Debito – Come schiavizzare l'umanità rendendo
tutti gli uomini debitori del loro stesso denaro: nessun
politico d'ora in poi potrà permettersi più questo
orribile lusso…
►La grande scoperta del Professor Giacinto Auriti
►Moneta-Debito, il Grande Inganno usurocratico:
Approfondimenti storici e notizie utili

di Nicola Arena e Sergio Basile

Moneta-Debito - Iniziamo l'anno riflettendo sul grande inganno
Venezia, CatanzaroOggi viviamo in un mondo dominato dalla falsità e dalla negazione del diritto. Quando parliamo di diritto ci riferiamo anche al diritto d’informazione, intesa come fonte di conoscenza della verità. Questa conoscenza in un mondo normale dovrebbe avvenire per mezzo dell’istruzione scolastica e già dalle scuole elementari si dovrebbe insegnare il concetto di moneta e le nozioni basilari dell’economia. Purtroppo – in base ad una strategia ben studiata ed affinata, specie dal dopoguerra ad oggi - questi argomenti sono ritenuti un tabù e al popolo non è permesso di scoprire il grande inganno che condiziona la vita di tutti, quello della MONETA DEBITO. Scoprirlo significherebbe sfatare e smascherare finalmente in un sol colpo fittizi tecnicismi usurocratici che si nascondono dietro concetti stereotipati come rating, spread, debito pubblico, sistema target 2, ecc… Esasperazioni tecnocratiche che hanno in effetti un sol scopo, quello di nascondere il problema centrale: un sistema usurocratico retto con la complicità della casta politica – e di molti dissidenti della domenica - e fondato sull'impero bancario mondiale e/o globalizzato. Questo cari lettori è e sarà il vero tema dell'anno che ci apprestiamo a raccontarvi ed a vivere.
Una domanda elementare: cos'è il denaro?
A tal proposito, per comprendere a fondo il problema, dobbiamo porci una domanda elementare: Cos’è il denaro? Il denaro da sempre è uno strumento di misura del valore (come insegnava Aristotele già 2500 anni fa). Quando la moneta era d’oro, lo strumento rappresentava sia l’unità di misura che il valore del materiale impiegato per la sua costruzione (un materiale che, per la sua rarità o per l’utilità del suo impiego, veniva convenzionalmente accettato da tutti) e quindi LA PROPRIETA’. Dall’avvento della moneta nominale le cose sono notevolmente cambiate. Ecco perchè!
Dalla creazione della Banca d'Inghilterra
Dal 1694 (anno di creazione della Banca d’Inghilterra) la moneta pur mantenendo le caratteristiche dell’unità di misura, ha perso via via (fino ad arrivare a Bretton Woods ed ai "capolavori" FED e BCE) tutte le altre. Invece dell’oro vi è un pezzo di carta e al posto della proprietà abbiamo il debito (come insegna il grande professor Giacinto Auriti). Perché ricordiamo LA MONETA viene emessa dalle banche centrali (in mano a privati) solo PRESTANDOLA.
Il Grande Inganno, da Bretton Woods: Popoli Debitori del loro Denaro
Così i popoli sono diventati, inconsapevolmente, i debitori del loro denaro. Oggi con questa trasformazione possiamo affermare che la moneta è diventata un contenitore di riserva di un valore reale di costo nullo. Purtroppo però non tutti sanno che la banca presta solo un contenitore VUOTO. Ricordiamo che dal 15 agosto 1971, il Presidente Americano Nixon dichiarò unilateralmente la fine degli accordi di Bretton Woods. Attraverso quella dichiarazione il dollaro e tutte le altre monete mondiali, non potevano più essere convertite in oro.

La Grande Scoperta del Professor Giacinto Auriti
Questo ha segnato una tappa fondamentale nella comprensione del valore indotto della moneta, scoperto in maniera a dir poco geniale dal Professor Giacinto Auriti. Poiché da quella data il dollaro continua ad avere valore, significa che la moneta ha valore puramente convenzionale e non più creditizio. Ha valore cioè perché viene ACCETTATA da tutti i cittadini partecipanti alla convenzione, quindi per porre fine a questo gioco al massacro che finirà per schiavizzare mediante il debito l'intera umanità – asservendolo al volere ed al potere di una mera élite costituita da una manciata di banchieri – necessita urgentemente che la moneta sia dichiarata DI PROPRIETA’ DEI CITTADINI che compongono la comunità che utilizza quello strumento monetario e ne creano il valore. Se ai cittadini di una comunità, viene quindi preclusa la possibilità di quantificare e conservare, attraverso lo strumento monetario, né il proprio lavoro né i propri prodotti che producono, per i loro scambi commerciali, sono costretti ad utilizzare il baratto. Che significato avrebbe nell’era della tecnologia ritornare al baratto?
Portata politica della scoperta del Valore Indotto
Ma soprattutto, con la scoperta del valore indotto (che certifica di fatto anche la possibilità di creare denaro in quantità sempre sufficiente a soddisfare le esigenze di tutti), quale politico potrebbe permettersi di precludere al popolo, che egli rappresenta, questa possibilità che in questi tempi moderni è diventata un assoluto bisogno? Quale criminale rappresentante politico di una comunità potrebbe arrogarsi il diritto di negare questa esigenza vitale? A queste domande vi è un’unica risposta e cioè: NESSUNO.
Nessun Politico può più permettersi questo orribile lusso!
Nessun politico può arrogarsi il diritto di privare il popolo che egli rappresenta di uno strumento di vitale importanza, che è GRATUITO. Uno strumento che deve rappresentare la quantità in maniera speculare corrispondente ai beni prodotti e producibili. E’ ovvio che sulla base di questo principio, dire che c’è poca moneta in circolazione è un’assurdità che non può essere supportata da nessuna spiegazione logica. Sulla base di questo potrebbe essere realizzata un’unica moneta mondiale DI PROPRIETA’ DEGLI ABITANTI DEL PIANETA TERRA e non più di una cricca parassitaria di bancheri privati. Sarebbe il coronamento di un sogno che sancisca l’affermarsi di una verità ormai inconfutabile e la fine dell’era della MONETA DEBITO. Ma anche la fine di un'epoca: quella della privazione della capacità monetaria ai danni dei popoli, nel nome di un presunto ideale di giustizia… Lo sapeva bene Stalin: il primo in epoca moderna (A.D. 1937) a fare gli interessi di questa famosa cricca massonico-bancaria, privatizzando – per primo – la Banca Centrale Russa (Gosbank) , mentre nel mondo dilagava la favoletta dell'uguaglianza e della lotta di classe, per confondere un pò le ancque, e creare utili contrapposizioni funzionali ai loschi interessi della casta massonico-bancaria al fine di poter rendere credibile il proprio piano di dominio globale. E ciò proprio a partire dal dogma della moneta-debito.
di Nicola Arena e Sergio Basile (Copyright © 2014 Qui Europa)
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Il Grande Inganno – Approfondimenti e Notizie Utili
(da "Qui Europa" del 27 Agosto 2012)

di Sergio Basile
Louis Even e la storiella che tutti dovrebbero conoscere
Emblematico, in tal senso è il racconto di Louis Even, il sostenitore più convinto del Credito Sociale. “Cinque naufraghi riuscirono a raggiungere un’isola deserta. Si trattava di un muratore, un contadino, un allevatore, un agronomo e un ingegnere. Secondo le rispettive competenze, i cinque si dettero da fare per realizzare una comunità organizzata. Ciascuno diede il suo apporto in funzione alle sue competenze. L’economia dell’isola era incentrata sul baratto. Sull’isola vi era però armonia. Successivamente arrivò sull’isola il sopravvissuto di un altro naufragio. Sbarcò da una scialuppa portando con sé una pressa, una cassa piena di carta e un barile sigillato. Il nuovo arrivato fu ben accolto. Si trattava di un banchiere. Il neo-arrivato, preso atto delle attività dei cinque, disse: “Per far funzionare bene le cose vi manca solo il denaro”. Allora con la carta e la pressa iniziò a stampare 1000 dollari, coprendoli in garanzia con un barile d’oro portato in salvo dal naufragio. Egli prestò duecento dollari a testa all’interesse del 2% annuo. Prestito garantito dai frutti delle attività, dalle capanne e dagli attrezzi dei beneficiari del credito.
L’inganno del banchiere
Ma la felicità sull’isola durò ben poco. L’ammontare del loro debito, ben presto, – capitale più gli interessi maturati – divenne superiore all’intero importo del circolante, cioè superò i 1000 dollari stampati ed immessi nell’economia dell’isola. In quell’isola era così nato il debito pubblico. Un debito destinato ad aumentare anno dopo anno. Il risultato diretto di questo fu l’incremento incessante e progressivo dei beni del banchiere, che – con questo stratagemma – stava diventando il padrone indiscusso di tutti i beni presenti sull’isola. Non solo, il banchiere ben presto finì anche per interferire nella vita politica (privata e pubblica) degli abitanti dell’isola, dicendo loro – in virtù del suo potere – come dovevano fare o non fare. Tutti i cittadini divennero dunque succubi e schiavi del banchiere. Ma se il denaro se lo fossero stampato loro, senza l’intromissione di quel banchiere venuto dal mare, si sarebbero ridotti a questo stato di indebitamento, subalternanza e condizionamento? Sicuramente no! L’interesse sul debito non sarebbe mai scoppiato.
La reazione degli isolani
Questo perché il denaro rappresentava il valore dei beni presenti sull’isola (era il corrispettivo e l’espressione dei beni, dei servizi e delle attrezzature presenti) e quindi, essendo loro i proprietari dei beni, avrebbero dovuto essere anche i proprietari del denaro sul quale nessuno avrebbe potuto pretendere ilpagamento di interessi. I cinque allora, compreso il sottile inganno, si ribellarono, e ricacciarono violentemente in mare il disonesto banchiere. Come ciliegina sulla torta, Even racconta che, “quando i cinque andarono a dissotterrare il barile che doveva rappresentare la copertura aurea della moneta stampata dal banchiere, scoprirono che esso era pieno di sassi”. Cioè, il denaro stampato dal banchiere disonesto, non era altro che misera carta straccia! Assolutamente non garantita da alcun lingotto d’oro.
Uso improprio della tassazione
Tale racconto e tutt’altro che paradossale: si pensi ad esempio che già nel 1696, in Inghilterra, a fronte di 1.750.000 sterline stampate, esisteva una riserva di cassa di sole 36.000 sterline d’oro. Fin da allora, in aggiunta – come accade esattamente anche oggi – il 40-50% delle finanze statale furono dirottate in spese per armamenti e guerre. Anche se oggi c’è chi le chiama “missioni di pace”! Tra interessi bancari passivi e guerre, gli stati – sotto l’egida di organismi internazionali – spendono oggi tra il 60 e il 70% dei fondi reperiti attraverso – spesso e volentieri – barbare forme di tassazione. Allora comprendiamo meglio la celebre frase dell’economista francese Jean-Baptiste Colbert che nel Seicento scriveva: “La tassazione è l’arte di spennare l’oca in modo tale da avere il massimo di piume con il minimo possibile di starnazzi”.
Origini storiche del Signoraggio
Un tempo il potere di coniare moneta era riservato alla massima autorità: imperatori, re, principi. Ricchi mercanti e possidenti di argento e orogiungevano dunque alla zecca dello Stato o del Regno, e trasformavano in monete i metalli preziosi. Una piccola parte di questo metallo veniva trattenuta dal signore di turno come compenso per l’operazione di conio. Questo compenso si chiamava signoraggio: privilegio gelosamente difeso dall’autorità statale. Ma poi qualcosa iniziò subdolamente a cambiare, il demone del denaro prese il sopravvento, ed il gioco fu ben presto chiaro, anche se non del tutto per l’ingenuo popolino.
Società private chiamate “Banche Nazionali”
William Paterson – ricco speculatore – sul finire del Seicento, nel Regno Unito ottenne dal sovrano il privilegio di coniare moneta. Nacque così la “Banca d’Inghilterra”: istituzione rigorosamente privata, malgrado il nome ingannevole. Paterson sintetizzò il senso dell’operazione con una frase disarmante quanto emblematica: “La banca trae beneficio dall’interesse che pretende su tutta la moneta che crea dal nulla”. Sul modello della banca di Paterson furono istituite: nel 1695 la Bank of Scotland, nel 1765 la Königliche Giro und Lehnbanco di Berlino, nel 1782 il Banco di San Carlo di Madrid, nel 1800 la Banca di Francia. Le banche di emissione, dunque, dopo il 1694 divennero quasi tutte private. Negli Usa ciò accadde il 23 dicembre 1913 con il “celeberrimo” Federal Reserve Act: l’atto istitutivo della Banca Centrale americana, la più grande banca privata del mondo. Nel 1937, Stalin privatizzò anche quella dell’Unione Sovietica: con la complicità del petroliere ebreo-americano Armand Hammer.
La nascita della Banca d’Italia
Nel Bel Paese, nel 1874, le banche autorizzate a emettere moneta erano sei: la Banca Nazionale del Regno d’Italia, la Banca Nazionale della Toscana, la Banca Toscana di Credito, la Banca Romana, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Nel 1893, dopo lo scandalo e il fallimento della Banca Romana, i 4 istituti dell’Italia centro-settentrionale vennero fusi, dando vita alla Banca d’Italia, che nel 1926 restò l’unica con diritto di battere moneta. Mussolini – bisogna dargliene atto – durante il suo ventennio cercò con ogni mezzo di mantenere l’autonomia della Banca d’Italia. Costretto a sottostare alle minacce di Usa e Inghilterra, non poté nazionalizzarla, (per non andare in urto con i due massimi creditori internazionali dell’Italia) ma, con la riforma del 1926, escogitò un sistema di controllo – indiretto – dell’Istituto di emissione della lira. La Banca d’Italia rimase un Istituto indipendente – prima una Società autonoma, poi una Società per Azioni – la cui proprietà però fu affidata a Enti statali, Casse di Risparmio e Banche d’interesse nazionale che qualche anno dopo sarebbero diventate (con l’IRI) proprietà dello Stato. Ciò, evidentemente, evitò lo scoppio del debito pubblico, salvaguardando da minacce esterne la sovranità monetaria nazionale; e custodendola nelle mani del popolo italiano. Né è prova – tra l’altro – il fatto che Mussolini, in quegli anni, riuscì addirittura ad ottenere il pareggio di bilancio: e ciò, senza alcuna manovra lacrime e sangue stile Monti, per intenderci.
Lo snaturamento del ruolo finanziario e monetario dello stato
Un colpo mortale allo snaturamento del ruolo della Banca Centrale fu dato nei primi anni Ottanta da Carlo Azeglio Ciampi (governatore di Bankitalia) e daBeniamino Andreatta (ministro del Tesoro). Nel 1981, infatti, fu sancito ildiritto della Banca Centrale a non sottoscrivere i Titoli di Stato del debito pubblico: grande primo regalo fatto alla speculazione internazionale. Stranamente in quell’anno – è bene rammentarlo – iniziò a collaborare col governo – come consulente finanziario – un giovane di “belle speranze” chiamato Mario Monti. Ovviamente, per l’Italia, fu l’inizio dell’era del debito pubblico, che ben presto andò “alle stelle” per la gioia della speculazione internazionale.
Il Sacco del Britannia
L’indipendenza monetaria poi fu duramente minata negli anni Novanta daRomano Prodi (uomo Goldman Sachs, che avviò un piano di privatizzazioni e liberalizzazioni senza precedenti) e da Giuliano Amato, che da presidente del Consiglio, con il celeberrimo decreto “Carli-Amato” del 1992, privatizzò la Banca d’Italia, derubando gli Italiani della propria sovranità nazionale. Essa passò dunque – mediante il trasferimento del 96% delle azioni – nelle mani di banche private come Banca Intesa e Unicredit. Allo stato restò un misero 4% Mediante Inps e Inail. Nel 1992, poi, il Ministro del Tesoro, Guido Carli, abolì il controllo del governo sul tasso di sconto: che rimase prerogativa unica della Banca d’Italia, e quindi della speculazione privata. Oggi prerogativa – ricordiamolo – della privata BCE di Mario Draghi. Il piano segreto concordato sul Real Panfilo della Regina Elisabetta II, chiamato Britannia (che vide tra i protagonisti guardacaso proprio uomini come Draghi, Amato, Carli, Andreatta, Prodi e Ciampi: uomini di destra e di sinistra tutti insieme appassionatamente) fu attuato in pieno, e oggi quasi terminato – pare – proprio all’azione del governo dei banchieri di Mario Monti. Un particolare curioso, che poniamo poi alla vostra attenzione, riguarda la recente nomina a capo di Bankitalia diIgnazio Visco: Visco – pochi lo sanno – è un uomo del BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali) di Basilea (Istituto di coordinamento di tutte le Banche centrali del mondo) controllato oggi dalla Federal Reserve e dalla Banca d’Inghilterra, che ne posseggono nel complesso il 40% delle azioni. A Capo di Bankitalia, oggi vi è pertanto un uomo espressione di questo ingannevole status quo internazionale.
Un passaggio fondamentale
Fin dalla nascita dlla Banca d’Inghilterra – passaggio fondamentale da comprendere – la convertibilità in oro di quella cartamoneta fu da subito unfatto formale: essa – è doveroso saperlo – fu sospesa nel 1914, molto prima del dollaro: giunta solo il 15 agosto 1971, qualche anno dopo, cioè, dall’assassinio del Presidente John Kennedy. Ma il culmine degli eccessi fu raggiunto con la cessazione della convenzione raggiunta con la Firma degli Accordi di Bretton Woods, nel 1944, che – complice il Presidente Usa, Nixon – legalizzò l’incontrovertibilità tra oro e banconote circolanti: trasformando gli stati in una sorta di aziende in bancarotta più o meno perenne!
la nascita del Debito Pubblico permanente
Il tumore del debito, quindi, cominciò ad incancrenirsi fin dal 1694: da quando cioè si diffuse la moda di delegare l’emissione del denaro a banchieri privati: i nuovi reggenti, gerarchi, dei popoli. Non fu, dunque, più il ricco signore – o lo Stato – mediante il trasferimento del proprio oro a garantirsi i benefici del signoraggio, ma bensì i banchieri privati: speculatori il cui mestiere non fu (e non è) quello di perseguire gli interessi della Nazione, ma bensì il perseguimento dei propri utili. Da allora l’umanità poté assistere ad un sostanziale e aberrante cambiamento: la trasformazione del debito pubblico da temporaneo (in genere ripagato da governi o creditori dopo guerre o missioni di vario tipo) apermanente. Non bisogna, infatti, mai dimenticare che il debito pubblico nell’Inghilterra di fine Settecento, in meno di un secolo, passò da 13 milioni di sterline all’incredibile cifra di 245 milioni di sterline. Esso non si sarebbe mai più ridotto!
L’ UE e l’inganno del Trattato di Lisbona: l’Europa degli speculatori
In tal ottica l’amara torta in Europa fu confezionata dall’Ue con il Trattato di Lisbona (Art. 123) che addirittura obbligò gli stati ad indebitarsi con le banche private – ed a tassi da usura – per ottenere in cambio denaro atto a mandare avanti la macchina statale: delegittimando una volta per tutte le banche centrali nazionali e la loro autonomia. Ma non è finita! Anche i giudici e gli arbitri del mercato sono stati comprati! Come? Semplice! Delegando – con insane leggi – ad affaristi privati e lobbisti (società di rating) il compito di decidere (attraverso semplici voti) la misura degli interessi passivi che gli stati sotto mira di un “golpe finanziario” devono pagare ai banchieri privati. E di conseguenza il livello iniquo di tassazione che la popolazione di quel disgraziato paese deve sopportare per ripagare gli interessi “illegittimni” ai soliti banchieri privati. Tutto ciò, cari lettori, è davvero pazzesco! Sembra la trama di un film horror, ma non è altro che la dura e cruda realtà.
La schiavitù dei popoli e la reticenza dei media
Ma come porre i suddetti stati in perenne condizione di instabilità esubalternanza economica? Semplice! Nel Vecchio Continente ci ha pensato sempre l’Ue, introducendo l’euro e il suo connesso sistema di regolamentazione interbancaria, il cosiddetto “Sistema Target 2”, del quale abbiamo abbondantemente parlato. Sistema che finisce per premiare l’economia pesante tedesca (posta al centro del sistema) a discapito di quella dei paesi del Sud Europa e dell’Italia. Una mega truffa legalizzata dunque! Ma c’è di più! L’attuale sistema, in Italia, oltre che su una serie infinita di contraddizioni e paradossi, si basa su un atto illegale, del quale però i giornali e i TG non parlano.
Italia – La beffa della Legge 262/2005
Il 28 dicembre 2005, con la Legge 262 di tutela del Risparmio, articolo 19 c.10, si stabilì che entro il 12 gennaio 2009, tutte le quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti privati (come Banca Intesa, Unicredit ed altre) dovessero essere ri-trasferite a enti statali. Ma nulla di ciò è mai avvenuto: i proprietari di Bankitalia sono ancora oggi banchieri privati, detentori illegittimi della sovranità monetaria degli Italiani. Un altro motivo per ritenere ancor più illegale ed iniquo il debito pubblico che oggi Monti e l’Ue (con la complicità della casta parlamentare) vogliono far pagare in maniera fraudolenta ed immorale a noi cittadini Italiani, e non solo.
Ecco come “Mammona” si sta impadronendo del mondo
Da quanto detto emergono con chiarezza inconfutabile i tratti di un vero e proprio complotto orchestrato da oscuri burattinai e dai loro complici: politici traditori degli stati. Gioco al massacro diretto da una decina di banchieri internazionali che – mediante le loro logge e organizzazioni segrete – tengono sotto scacco i popoli, divenendo sempre più, letteralmente, i padroni del mondo. Acquistando stati o pezzi di essi. E ciò, mediante crisi provocate, privatizzazioni, vendite forzate, mutui inevasi e svendite di patrimoni pubblici nazionali. Ecco perché chi si pone a favore del governo di Mario Monti è, oggi, in mala fede e dovrebbe essere accusato di alto tradimento e attentato alla Costituzione ed alla sovranità nazionale. O almeno, frattanto, avere il buon gusto di dimettersi e scomparire per sempre dalla scena pubblica. Eclissarsi nella polvere! Un'ultima curiosità: i protagonisti in negativo di questa storia – qualora per qualcuno ciò non fosse ancora chiaro – sono tutti, o quasi tutti, "fratelli".
Il futuro è nelle nostre mani
Quadro, questo, semplice e drammatico nello stesso tempo! Ditelo a tutti! Dite la verità! La rinascita dell’Italia e dell’Europa dei popoli e della giustizia parte dalla piena consapevolezza della "truffa legalizzata” del Debito Pubblico". Smascheriamo insieme – specie a partire dalla prossima campagna elettorale, e sul web – i politici corrotti e falsi: i meschini servi di questi “pseudo-padroni del mondo”. Sarà un buon passo verso un probabile e ancora possibile riscatto! L'importante non è tanto restare vivi, quanto restare umani e liberi! L'importante è capire che i proprietari della moneta sono i cittadini e non una cricca di privati parassiti. Giacinto Auriti l'aveva capito! Impariamo da lui!



 
camerieri dei banchieri
Il Vero Significato della Moneta: lo Schiavo è chi
non lo comprende!
Il Valore della Moneta come strumento di misura. Ecco
perchè non si può che essere per la "proprietà
popolare della moneta"

di Nicola Arena, Sete di Sovranità e Giustizia

Per comprendere davvero il significato della moneta
Roma - Per comprendere davvero il significato di "moneta" bisognerebbe osservare e abbracciare il creato (dalle galassie ai pianeti, agli spazi siderali) e l’essenza di tutti gli esseri viventi e degli oggetti inanimati, delle montagne, dei fiumi, degli oceani di tutte le infinità di piante ed esseri viventi che ne popolano gli spazi. Ma perché dovremmo sforzarci mentalmente per trovare analogie fra cose apparentemente così lontane fra loro? Semplicemente perché non sono poi così distanti. Quando osserviamo un deserto o l’orizzonte sul mare cosa notiamo? Distese immense, ovvero distanze che esistono e che sono state create per noi. Quando osserviamo gli animali, le piante, la materia in genere, notiamo i loro colori, le loro forme, riusciamo ad immaginare persino il loro peso. Siamo proiettati quindi all’interno di un sistema finito dove esiste già tutto basta solo osservare, comprendere ed utilizzare per i nostri bisogni con il massimo rispetto.

L'Esistenza di Dio e il "Primo Principio della Termodinamica"

L’esistenza di Dio è confermata da tutto ciò che ci circonda e che basta semplicemente osservare. Persino attraverso una grande verità scientifica, come il primo principio della termodinamica, che rappresenta una formulazione del principio di conservazione dell'energia e afferma che: "l'energia di un sistema termodinamico non si crea né si distrugge, ma si trasforma, passando da una forma a un'altra". In pratica significa che tutto esiste già e noi non possiamo crearlo, possiamo solo trasformare le cose per il nostro fabbisogno e benessere. Per trasformare le cose c’è bisogno di misurarne le quantità, utilizzando una parte delle quantità stesse come riferimento, cioè le unità di misura: della lunghezza, del peso, del tempo… e soprattutto del Valore.
Qui entrano in gioco le misure…
L’uomo per semplicità e per convenienza ha inventato dei sistemi per quantificare le distanze. Utilizzando una parte di esse come unificazione convenzionalmente accettata da tutti. Così nacquero varie unità di misura e sottomultipli di esse: Passo veneto, yarda, pollice, spanna, metro ecc. Nacquero le prime fabbriche per la produzione dei “metri”: metro da sarto, flessometro, righello metrico, metro ripiegabile ecc.. Volendo adesso controllare “l’ovvio” possiamo notare che la fabbrica può produrre lo strumento di misurazione, possedendone il brevetto per la costruzione e quindi Si appropria del diritto di produrre “lo strumento che misura la lunghezza” utilizzando un campione di una grandezza fisica esistente, ma non può appropriarsi della “Lunghezza” perché questa già è insita nel creato.
I Sistemi Ponderali
Alche altre unità di misura sono state inventate Convenzionalmente per misurare il peso degli oggetti. Ad esempio in Oriente antico si utilizzavano come pesi le pietre semplicemente livellate da un lato oppure modellate ad esempio in forma ellissoidale con le estremità appiattite, oppure in forma di animale (pesci, anatre, leoni e bovidi vari, stambecchi, gazzelle, falchi, ippopotami, topi, rane) o di figura umana. Sovente un'iscrizione indicava il peso e l'unità di misura rappresentata. I musei conservano molti di questi pesi. Ogni nazione adottava le proprie unità di misura e nei paesi anglosassoni tuttora si utilizza la libbra, lo stone, l’oncia. Nel sistema metrico internazionale è usato il grammo ed i suoi multipli e sottomultipli: etto, Kilogrammo, tonnellata, milligrammo ecc. Gli strumenti di misurazione adeguatamente calibrati sono quindi costruiti da fabbriche che, possedendo il brevetto per la costruzione, hanno il diritto di produzione dello “strumento che misura il peso” utilizzando un campione di una grandezza fisica esistente, ma non possono appropriarsi del “peso” perché questo è una caratteristica dei corpi e quindi già fa parte del creato. Si dovrebbe parlare più correttamente di massa, ma non stiamo però qui a specificare il concetto fisico, perché non è nel nostro intento.

Il Valore delle Convenzioni
Questi brevi esempi servono per spiegare un concetto fondamentale, ovvero che ogni unità di misura è un’invenzione dell’uomo e deriva da necessità pratiche. Inoltre va evidenziata una realtà (ampiamente marcata nei numerosi video del professor Giacinto Auriti) cioè che ogni unità di misura possiede la qualità di quello che deve misurare (il metro ha la qualità della lunghezza, perché misura la lunghezza – il Kilogrammo ha la qualità della pesantezza perché misura la pesantezza e cosi via). Le convenzioni, sono delle fattispecie giuridiche oggetto di diritto atte a regolare, legittimare e rendere convenienti questi strumenti sempre al servizio dell’umanità.
La Misurazione del Tempo
Per quanto riguarda l’aspetto temporale della nostra esistenza, da tempi lontani l’uomo ha cercato di misurare il ciclo vitale e il susseguirsi delle stagioni della fase diurna e di quella notturna, stando sempre in simbiosi con la natura, sentendone gli effetti e servendosi di quei comportamenti naturali che ne scandivano il cambiamento. Con la tecnica si utilizzarono questi elementi per creare un sistema di misurazione del tempo. Le clessidre, i calendari solari, quelli lunari, le meridiane, gli orologi a pendolo e quelli meccanici per arrivare ai più moderni e sofisticati sistemi di misurazione infinitesimale del tempo come gli orologi atomici. Per semplificare, oggi esistono moltissime fabbriche produttrici di orologi che, possedendo il brevetto per la costruzione, possono quindi produrre lo “strumento di misura del tempo” ma non possono appropriarsi del “tempo” perché questo è una creazione di Dio, non materiale, ma solo percettibile attraverso i suoi effetti, ed è immutabile.
La Moneta come unità di misura del Valore
Come per altre unità di misura, per rendere più semplici gli scambi commerciali, ove non era più possibile col baratto, l’uomo ha inventato la moneta come unità di misura del valore e come abbiamo spiegato precedentemente, ogni unità di misura ha la qualità di quello che deve misurare: quindi la moneta misura il valore perché ha valore convenzionalmente accettato. Come la fabbriche che producono i flessometri o le aste graduate non possono essere proprietarie della lunghezza; come le fabbriche che producono bilance o pesi calibrati non possono essere proprietarie del peso (caratteristica fisica di tutti i corpi); come le fabbriche che producono orologi, non possono essere proprietarie del tempo, così anche le banche che producono strumenti monetari non possono essere le proprietarie del valore economico, che è creato dall’uomo per convenzionzione ed è rappresentato nello strumento moneta.Come affermava il grande professor Giacinto Auriti: "chi crea il valore della moneta è la gente che accettandola in cambio di beni e servizi, ne prevede l’utilizzo futuro". Quindi attraverso i vari passaggi fra accettanti si crea la circolazione economica. Più avviene velocemente questa circolazione e maggiore sarà il valore della moneta, cioè il potere d’acquisto.
Moneta e dovere tecnico e morale dello Stato
Uno stato può e deve quindi creare moneta a sufficienza per soddisfare le necessità dei propri cittadini, emettendo moneta e accreditandola ai cittadini stessi, i quali si tratterranno una parte per i propri bisogni vitali e una parte la destineranno all’origine per i fabbisogni della Nazione. Non occorrerà quindi pagare le tasse per avere servizi, le tasse serviranno solo per regolare la quantità di moneta in circolazione.
Proprietà Popolare della Moneta
Quando finalmente ogni cittadino avrà compreso l’importanza della Proprietà Popolare della Moneta, i politici saranno i "camerieri" (o meglio i fedeli ed onesti collaboratori) dei cittadini (oggi invece, come affermava Ezra Pound, "i politici sono i camerieri dei banchieri"). La moneta quindi ritornerà ad essere un semplice strumento di proprietà di ogni essere umano che finalmente ne potrà disporre a proprio piacimento realizzando così la piena indipendenza e la libertà di vivere in armonia con il creato.
Nicola Arena (Copyright © 2013 Qui Europa)

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L’eccezione tedesca nel collocamento dei titoli di stato


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29 marzo 2013 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
Bisogna tenere conto di due cose per capire questo articolo, che non ha specificato
1. i titoli di stato sono considerati altamente liquidi nelle operazioni tra banche cioè alla stregua di moneta, sono moneta
2. la differenza tra mercato primario e mercato secondario è unicamente che il primo è l’oligopolio delle banche dealer che vanno alle aste pubbliche del debito con una sorta di diritto di prelazione sui titoli e un monopolio effettivo sugli stessi e sul loro tasso di rendimento (http://www.stampalibera.com/?p=59366)
Semmai dall’articolo sotto appare chiaramente che:
1. E’ la BUBA a stampare i TDS E NON LO STATO, a riprova dello scippo totale di sovranità degli Stati.
2. La BUBA, ma anche tutte le BC ivi compresa la BCE, si comporta come una vera e propria banca di investimento, o fondo avvoltoio secondo le parole della Kirchner: cioè specula in borsa, emette strumenti derivati e altri certificati strutturati e lo fa con i nostri TDS, che utilizza come moneta, ma i cui interessi sono “spalmati” dal verbo “to spread” sui popoli, di preferenza i cosiddetti PIIGS. E lo fa grazie ai differenziali di rendimento dei TDS e ai vari trucchi e sotterfugi che i paesi cosiddetti ‘forti’ utilizzano per derubare i cosiddetti paesi deboli o PIIGS.
Chiaro?
Nicoletta Forcheri
1/4/2013


Fonte: http://www.economiaepolitica.it/?s=la+bundesbank+compra+i+bund+tedeschi&x=9&y=8

Scritto da Manfredi De Leo il 07 Dicembre 2011

1. L’esito della recente asta dei titoli pubblici tedeschi ha sollevato un interessante dibattito intorno alle specificità del meccanismo di collocamento dei titoli pubblici che sembrano distinguere la Germania dagli altri paesi dell’eurozona. Il dibattito prende spunto dai dettagli presenti nel resoconto ufficiale della procedura d’asta, laddove si comunica che sono stati emessi tutti i 6 miliardi di euro di titoli inizialmente previsti dal governo, ma al contempo si afferma che – di questi – solamente 3,6 sono stati collocati presso investitori privati. Si tratta dunque di capire esattamente cosa è successo a quei 2,4 miliardi di euro di titoli residui, che sono stati dichiarati emessi, ma non sono stati sottoscritti dai partecipanti all’asta.​
Il resoconto ufficiale dell’asta definisce quella particolare quota dell’emissione come “Ammontare messo da parte per operazioni sul mercato secondario”. Dunque il 40% dei titoli emessi è stato trattenuto con lo scopo di essere successivamente venduto sul mercato secondario: una quota consistente dei titoli è stata, in altri termini, emessa ma non collocata presso gli investitori privati. Una simile operazione sembra possibile solamente qualora si ammetta l’intervento della Bundesbank, che avrebbe sottoscritto una parte della nuova emissione – come suggeriscono numerosi commentatori[1].​
Ciò significherebbe che la Germania opera al di fuori delle regole comuni dell’eurozona[2], ossia in deroga a quegli stessi principi che hanno impedito, ad esempio, alla Banca Centrale Greca di intervenire a sostegno dei titoli pubblici ellenici tra il Dicembre 2009 ed il Maggio 2010, quando la spirale nei tassi di interesse pretesi dai mercati finanziari internazionali in sede d’asta ha di fatto costretto Atene a ricorrere ad un prestito istituzionale, vincolato all’adozione delle cosiddette misure di austerità. L’“eccezione tedesca” alle regole europee sull’emissione di titoli del debito pubblico appare ancora più significativa se si considera che la pratica di trattenere una quota (anche consistente) dell’emissione “per operazioni sul mercato secondario” non costituisce affatto un’anomalia nelle ordinarie operazioni di collocamento dei bund, ma ne rappresenta piuttosto il regolare funzionamento: come illustrato dal seguente grafico, la Germania trattiene regolarmente una quota delle emissioni, esattamente come accaduto in quest’ultima, discussa, asta di bund decennali.​
Cercheremo di dimostrare che la Bundesbank sostiene attivamente il collocamento dei titoli pubblici tedeschi, esercitando un’influenza dominante sul prezzo dei titoli di nuova emissione, senza però ricorrere alla sottoscrizione degli stessi sul mercato primario, ma articolando il proprio intervento in modo tale da aggirare i divieti imposti dal Trattato di Maastricht, e praticare di fatto il finanziamento diretto del debito pubblico tedesco.​
2.Iniziamo col dire che il dibattito sull’asta dei titoli tedeschi ha il grande pregio di restituire il meccanismo di emissione dei titoli pubblici – fatto di regolamenti, prassi e rapporti di forza tra governi, banche private nazionali e internazionali – ad un contesto istituzionale più complesso di quella ‘forma di mercato’ che gli viene attribuita dalle istituzioni europee, e che giustifica il divieto di acquisto dei titoli pubblici imposto alle banche centrali, chiamate appunto a non interferire con il regolare funzionamento del mercato del credito.​
Vogliamo capire come sia possibile che un titolo pubblico venga emesso, ma non collocato. Precisiamo innanzitutto cosa si intende per collocamento: un titolo si definisce collocato quando viene sottoscritto per la prima volta. L’ufficio governativo responsabile dell’emissione dei titoli del debito pubblico tedesco è l’Agenzia per il debito (Finanzagentur), la quale gestisce le procedure d’asta e poi trattiene i titoli non collocati presso quella platea di investitori privati che hanno l’accesso riservato al mercato primario, platea costituita da una quarantina di banche e società finanziarie tedesche ed internazionali. L’idea, suggerita da molti commentatori, che i titoli non collocati vengano di fatto sottoscritti dalla banca centrale tedesca è stata immediatamente contestata, poiché sembra scaturire da una errata interpretazione del particolare ruolo svolto da quest’ultima all’interno del processo di emissione dei titoli. Come vedremo, sebbene sia effettivamente possibile confutare la tesi secondo cui la Bundesbank sottoscrive i titoli pubblici tedeschi direttamente sul mercato primario, la banca centrale tedesca può contare su altri e diversi canali per intervenire sui titoli di nuova emissione, con risultati assolutamente equivalenti all’azione diretta sul mercato primario.​
La Bundesbank agisce per conto dell’Agenzia per il debito tedesca in qualità di “banca custode e non di prestatore di ultima istanza”, come sostiene Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore del 26 Novembre 2011: i titoli trattenuti risultano in sostanza congelati presso la banca centrale tedesca, senza che questa corrisponda al governo alcuna somma di denaro in cambio, ossia senza che quei titoli risultino effettivamente sottoscritti. Spiega ancora la Bufacchi: “L`agenzia del debito tedesco riprende poi quei titoli invenduti e li ricolloca in tranche sul secondario, nell`arco di qualche giorno o in casi di mercati ostici di qualche settimana.” Dunque sembra, a prima vista, che la Germania non stia procedendo alla cosiddetta ‘monetizzazione’ del debito pubblico. A confermare questa interpretazione interviene anche la prestigiosa rivista The Economist, pubblicando sul proprio sito l’articolo Fun with bunds in cui, “per evitare che i bloggers passino molto tempo immersi nei meccanismi d’asta delle obbligazioni europee”, si affida la soluzione al dilemma alle parole di un rappresentate della PIMCO, una delle più importanti società private di investimento a livello internazionale: “La Finanzagentur ha emesso solamente 3,6 miliardi in cambio di liquidità. Loro hanno collocato 3,6 miliardi sul mercato ed hanno trattenuto 2,4 miliardi sui loro libri contabili. In futuro potranno vendere l’ammontare trattenuto sul mercato secondario, ottenendo la corrispondente liquidità. Potreste aver letto che la Bundesbank ha acquistato la quota dell’emissione che non è stata collocata in asta; ciò non è corretto. La Bundesbank non sta finanziando la Germania; opera semplicemente come un’agenzia per la Finanzagentur.”​
La pratica dell’Agenzia tedesca per il debito, consistente nel trattenere una quota dell’emissione, viene dunque presentata, molto semplicemente, come un metodo per procrastinare il collocamento di quei titoli, in attesa di più favorevoli condizioni sui mercati finanziari: una mera questione di tempo, poiché i titoli emessi ma non anche collocati saranno, prima o poi, effettivamente collocati.​
3. Dopo aver “passato molto tempo immersi nei meccanismi d’asta delle obbligazioni europee”, è forse possibile mettere in discussione la validità di questa lettura del problema, ed incentrare l’interpretazione del particolare meccanismo di emissione dei titoli pubblici tedeschi non tanto sul ‘quando’ i titoli trattenuti verranno sottoscritti, quanto piuttosto sul ‘dove’ quei titoli verranno poi, effettivamente, collocati.​
La struttura istituzionale conferita generalmente agli odierni processi di emissione dei titoli del debito pubblico si fonda su una netta distinzione tra il mercato primario, dove i governi collocano i titoli di nuova emissione, ed il mercato secondario, dove i titoli già emessi possono essere liberamente scambiati. Tale distinzione è rilevante, all’interno della cornice istituzionale dell’eurozona, poiché il Trattato di Maastricht (comma 1 art. 101[2]) vieta esplicitamente alle banche centrali dell’eurozona l’acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi membri solamente sul mercato primario: la BCE e le banche centrali dei paesi membri sono dunque lasciate libere di acquistare titoli del debito pubblico dei paesi membri dell’eurozona sul mercato secondario, e siamo certi che stiano operando in questo senso quantomeno a partire dal Maggio 2010, nel contesto del Securities Markets Programme[4]. Si noti come la chiara distinzione tra mercato primario e mercato secondario, ovvero la regola per cui sul mercato secondario possono essere scambiati solamente titoli già emessi sul mercato primario, sia il presupposto della logica seguita dalle istituzioni europee, le quali prevedono contemporaneamente il divieto imposto da Maastricht, che si riferisce al mercato primario, ed il Securities Markets Programme, che limita al mercato secondario la libertà di intervento delle banche centrali. Nelle parole dell’allora Governatore della BCE Trichet: “le nostre azioni sono pienamente conformi al divieto di finanziamento monetario [del debito pubblico] e dunque alla nostra indipendenza finanziaria. Il Trattato vieta l’acquisto diretto, da parte della BCE, dei titoli del debito emessi dai governi. Noi stiamo acquistando quei titoli solamente sul mercato secondario, e dunque restiamo ancorati ai principi del Trattato”.[5]
Alla luce di quanto detto circa la pratica – operata negli anni dalla Germania – di destinare una quota rilevante delle emissione ad operazioni sul mercato secondario, risulta evidente che, quando consideriamo il mercato dei titoli pubblici tedeschi, la distinzione tra mercato primario e mercato secondario si fa quantomeno labile: tramite la quota di titoli di nuova emissione regolarmente trattenuta dall’Agenzia del debito, infatti, la Germania è in grado di collocare i propri titoli del debito pubblico direttamente sul mercato secondario. Ciò è rilevante perché se il mercato primario dei titoli pubblici è esplicitamente riservato, in tutti i paesi dell’eurozona, ad un gruppo di investitori privati, sul mercato secondario operano – accanto agli investitori privati – anche le banche centrali dei paesi membri. Questo significa che il tasso di interesse che si determina sul mercato primario può essere spinto al rialzo da una carenza di domanda di titoli che non ha ragione di esistere sul mercato secondario, laddove l’azione della banca centrale implica una domanda potenzialmente infinita per i titoli pubblici: sul mercato primario, dove non operano le banche centrali, può sussistere una situazione di eccesso di offerta di titoli che conduce ad un rialzo nei tassi di interesse, quale quello osservato in Grecia nei primi mesi del 2010, ed in Italia a partire dall’Agosto 2011, mentre sul mercato secondario l’intervento della banca centrale ha il potere di creare tutta la domanda necessaria a spingere al ribasso il rendimento dei titoli pubblici. Pertanto, il semplice fatto che il collocamento dei bund di nuova emissione avvenga, in parte, direttamente sul mercato secondario ha un impatto significativo sul tasso di interesse dei titoli pubblici tedeschi, garantendo alla Germania un minor costo dell’indebitamento pubblico, a prescindere dalla possibilità (pure presente) che i titoli di nuova emissione collocati sul mercato secondario vengano sottoscritti direttamente dalla Bundesbank. La particolare struttura istituzionale del processo di emissione dei titoli pubblici tedeschi sopprime di fatto la distinzione tra mercato primario e mercato secondario, aprendo lo spazio per il finanziamento del debito pubblico tramite la banca centrale – spazio negato agli altri paesi membri dell’eurozona.​
Il complesso meccanismo di emissione dei titoli pubblici appena descritto consente alla Germania di proporre, in asta, un tasso dell’interesse molto basso, come avvenuto il 23 Novembre: se gli investitori privati si rifiutano di sottoscrivere i titoli del debito pubblico tedeschi a quei tassi, giudicati poco remunerativi, lo Stato trattiene la quota dell’emissione non collocata e procede, successivamente, al collocamento di quei titoli sul mercato secondario, dove l’azione della banca centrale è in grado di orientare i livelli del tasso dell’interesse vigente, o addirittura di tradursi in un intervento diretto, con la Bundesbank che sottoscrive i titoli del debito non collocati sul mercato primario. In assenza di un simile meccanismo, i governi sono costretti ad accettare il tasso di interesse che gli investitori privati pretendono sul mercato primario, laddove la loro disponibilità a sottoscrivere i titoli pubblici rappresenta l’unica possibilità che lo stato ha di finanziare il proprio debito. L’“eccezione tedesca” può essere concepita come un metodo che permette di aggirare i divieti imposti dal Trattato di Maastricht, e viene da chiedersi per quale motivo gli altri paesi dell’eurozona non si siano dotati di un simile dispositivo, capace di arginare le pretese dei mercati finanziari internazionali sui rendimenti dei propri titoli pubblici.​
[1] Alesina e Giavazzi sul Corriere dela Sera del 24 Novembre 2011 affermano che “l’asta dei Bund è stata sottoscritta solo grazie alla Bundesbank che ha acquistato il 40% dei titoli offerti da Berlino.”. Lo stesso giorno, simili affermazioni compaiono sui più importanti quotidiani. Sul Sole 24 Ore Bufacchi sostiene che: “va scartata la maxi-quota, pari al 39% dei 6 miliardi, che è stata sottoscritta dalla Buba [Bundesbank] per essere rivenduta sul secondario per via del peculiare meccanismo usato fin dagli anni 70 nelle aste dei titoli di Stato tedeschi.”; Quadrio Curzio commenta che “senza l’intervento della Bundesbank poteva andare anche peggio” sul Messaggero; Tabellini afferma, sul Sole 24 Ore, che: “la Bundesbank di fatto continua ad agire come prestatore di ultima istanza quanto meno in via temporanea nei confronti dello Stato tedesco. I titoli non venduti in asta infatti sono stati assorbiti dalla Bundesbank, che da sempre svolge questo ruolo per garantire la liquidità dei titoli tedeschi.”
[2] “La banca centrale tedesca ha subito assorbito tutti i titoli invenduti. È esattamente ciò che la Bundesbank stessa non vuole che la BCE faccia con Italia e Spagna. […] ha comprato direttamente dal governo, un comportamento in apparenza illegale ai termini del trattato: finanziamento monetario del deficit.” Fubini, Corriere della Sera del 24 Novembre 2011.
[3] “È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE o da parte delle Banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate “Banche centrali nazionali”), a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle banche centrali nazionali.” (Cfr. Versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità Europea, Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, 24/12/2002, corsivo nostro).
[4] “Nei termini definiti in questa Decisione, le banche centrali dell’Eurosistema possono acquistare […] sul mercato secondario titoli di debito […] emessi dai governi centrali o da enti pubblici dei Paesi Membri e denominati in euro.” (Cfr. Decision of the European Central Bank of 14 May 2010 establishing a securities markets programme, Official Journal of the European Union, 20/05/2010, corsivo nostro).
[5] Cfr. Speech by Jean-Claude Trichet, President of the ECB, at the 38th Economic Conference of the Oesterreichische Nationalbank, Vienna, 31 May 2010.

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l'importante nella vita e' andar di corpo:D
 
La Fine dell'Era della Grande Usura – La
Proprietà Popolare della Moneta
Vittime di una guerra selvaggia, ideologica e monetaria.
Come l'usura internazionale schiavizza i popoli
La Geniale intuizione del Prof. Giacinto Auriti:
in danaro non nasce direttamente dalla banca
Questo è l'Inganno più grande della storia
►Chi crea davvero valore? Il popolo che accetta la moneta!
►L'Errore Fondamentale: identificare il simbolo con ciò che
esso raffigura. Come confondere contenitore e contenuto
►Valore e Truffa della Moneta Debito: i grandi usurai sono
destinati a perdere!

di Nicola Arena

Una Guerra Ideologica e Monetaria
Venezia, Roma, Francoforte - di Nicola Arena - L'Italia, dal punto di vista economico-finanziario, ormai è chiaro - più o meno a tutti - sta disputando una sanguinosa e cruenta – quanto impari – guerra. Ma di che guerra si tratta? E' una crisi mondiale come qualcuo vorrebbe farci credere? Una crisi continentale e/o congiunturale? Legata magari alla storia dei mutui sub-prime Usa? Beh, no di certo, niente di tutto questo, malgrado le apparenze e la propaganda dei media, costante e martellante. Una propaganda (ideologica) non priva di una folle frenesia che sfocia nel delinquenziale… Una guerra ideologica in primis, dunque, ma di carattere monetario di scorta. Non crisi mondiale, pertanto, ma inganno monetario proteso al furto sistemico della nostra sovranità monetaria, e non solo: della nostra stessa dignità di esseri umani. Ma quanto di parla di moneta è bene chiarire alcuni punti e uscire da alcuni luoghi comuni. La prima differenza da capire è quella tra simbolo e valore.
Simbolo e valore
Bisogna cioè distinguere il denaro dai simboli monetari. Sussiste in tal senso la seguente equivalenza o relazione: SIMBOLO MONETARIO + VALORE = DENARO VERO. La Banca Centrale Europea, oggi, non emette DENARO (non potrebbe mai farlo), la BCE emette solo simboli monetari, i quali diventano denaro vero solo dopo che vengono accettati dagli stati che, attraverso il lavoro della gente, creando beni e servizi (che verranno valorizzati dagli stessi cittadini: lavoratori e contribuenti) ne sancisce il completamento.
Il Denaro non nasce direttamente dalla Banca
Il denaro quindi non nasce direttamente dalla Banca, come ci hanno fatto credere da sempre. Il denaro nasce nel momento in cui viene completato dal VALORE. Cos’è il valore? Su questo il Prof. Giacinto Auriti ha scritto vari libri e detto molto. Egli scrisse in particolare un'opera che possiamo considerare una sorta di bibbia economico-monetaria, “Il valore del diritto”, della quale ne consigliamo la lettura e l’approfondimento. Il VALORE è il frutto di una elaborazione mentale (si da valore ad un qualcosa, perché prevediamo di poterne godere in un tempo successivo), è un calcolo di convenienza o di necessità vitale o (attraverso la propaganda distorta e pubblicità ingannevole) di una falsa credenza di necessità.
Valore e Truffa della moneta Debito
Solo concentrandosi sull’importanza del VALORE possiamo comprendere la grande TRUFFA della MONETA DEBITO. La dimostrazione della certezza di una tesi è confermata dalla confluenza di diverse teorie che conducono allo stesso risultato. La prima tesi è puramente contabile: 1) la Banca Centrale mette al passivo di bilancio il denaro emesso, come abbiamo detto precedentemente, dovrebbe contabilizzare al passivo solo i costi di produzione del simbolo (perchè, RIBADIAMO, non fabbrica il VALORE), creando quindi un clamoroso FALSO IN BILANCIO. 2) La seconda tesi è matematica: SIGNORAGGIO uguale alla differenza fra VALORE (creato dall’uomo) NOMINALE E VALORE INTRINSECO della moneta, (SIGNORAGGIO = VALORE NOMINALE – VALORE INTRINSECO) quest’ultimo coincide con i reali costi di produzione sostenuti dalla banca di emissione. 3) La terza Tesi è giuridica e si basa sul diritto di proprietà della moneta.
Chi crea valore? Il popolo che accetta la Moneta, non la banca
Ribadendo i concetti ampiamente dimostrati dal Prof. Giacinto Auriti: chi crea il valore non è chi emette ma chi accetta cioè il popolo intero che usa quello strumento monetario. E’ dunque naturale, per certezza assoluta di diritto, che il popolo deve essere il vero proprietario del denaro emesso e non la Banca Centrale. Il VALORE essendo un concetto astratto come ad esempio il tempo non può essere toccato o visto ma compreso e per interpretarlo deve essere quindi MATERIALIZZATO cioè reso visibile attraverso i simboli. Un simbolo rappresenta quasi sempre qualcosa. Il simbolo è creato dagli uomini per convenzione, per una semplice convenienza, per una istantanea comprensione del concetto che si vuole esprimere.

L'Errore Fondamentale
Il grave errore – fondamentale – è quello di identificare il simbolo con quello che esso raffigura, divenendo così vittime inconsapevoli. Solo quando la gente imparerà a dissociare il simbolo dal suo VALORE, potrà comprendere il grande inganno della MONETA DEBITO. Poiché IL VALORE è una certezza mentre il simbolo è solamente un modo per renderlo visibile, se ne deduce che il simbolo può essere modificato ma il VALORE NO. Spesso la malvagità di alcune persone, comprendendo e approfittandosi di questa verità oggettiva, facendo leva sulla buona fede dei più, modifica lentamente i simboli o le parole associate ad un’azione rappresentativa di essi, confondendo di fatto le persone. Questo genera disordine con interpretazione dapprima soggettiva e poi, accettata passivamente dalla massa, diventa FALSA verità oggettiva del concetto.
Il Paradigma delle "Missioni di Pace" e dei "Rimborsi Elettorali"
Un esempio lo traviamo quando si parla di MISSIONI DI PACE (che di fatto sono atti di guerra), oppure di RIMBORSI ELETTORALI (che di fatto sono tasse per finanziare i partiti) o innumerevoli altri. La gente è portata a confondere il contenitore con il contenuto e, non distinguendone più la differenza, alla fine valorizza il contenitore. Il più eclatante di questi è chiamare denaro un semplice simbolo monetario inducendo la gente a pensarlo come tale. Quando la moneta era d’oro il contenuto coincideva col simbolo ovvero era visibile, reale e MATERIALE (poichè l’oro nonostante abbia un valore convenzionale, è accettato spontaneamente per le sue qualità fisiche e gli svariati modi di utilizzo). Quando si è sostituito il simbolo monetario all’oro che rappresentava, il popolo, è stato indotto inconsciamente a credere e quindi ACCETTARE il simbolo (carta, metallo ecc.) come VALORE.
Il più Grande Inganno della Storia
I grandi usurai hanno realizzato così il più grande inganno della storia: LA MONETA DEBITO. L’inganno dura però fino a quando è abilmente nascosto. Il 15 agosto del 1971, i grandi usurai hanno commesso però un grosso passo falso, il più grande, che li porterà ad essere sconfitti definitivamente. Dopo aver annullato unilateralmente gli accordi di Bretton woods, hanno sganciato totalmente il simbolo dal VALORE rappresentativo. Ammettendo di fatto la separazione del simbolo dal VALORE. (La carta moneta è pura carta… nulla più!).
Auriti e la scoperta del Valore indotto della Moneta
Il prof. Giacinto Auriti con la scoperta del VALORE INDOTTO DELLA MONETA ha sancito definitivamente la fine della grande usura e la nascita di una nuova era quella della PROPRIETA’ POPOLARE DELLA MONETA. Per adesso fino a quando la gente non l’avrà recepita i grandi usurai continueranno a farla da padrone, ma come diceva Lincoln poiché la verità non si può nasconderla a tutti per sempre, arriverà presto la fine dell’era dell’Usura e inizierà l’era della verità.
Nicola Arena (Copyright ©



 
La questione monetaria
Ing. Lino Rossi
1 – Messa al passivo delle “banconote in circolazione”
Estratto dal bilancio presentato dal governatore Mario Draghi il 31 maggio 2006.
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ricec/relann;internal&action=_framecontent.action&Target=_top

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È la Banca d’Italia stessa che nella definizione delle “BANCONOTE IN CIRCOLAZIONE” ci racconta che esse sono REDDITO.1)
Nel momento in cui si pongono nelle passività i suddetti “redditi” succede che gli stessi vengono sottratti al CONTO ECONOMICO, così come definito dall’art. 2425 del C.C.. Significa due cose:
1) il reddito così trattato non viene sottoposto a nessun tipo di imposizione fiscale, né a nessun tipo di rientro nelle casse dello Stato;
2) lo stesso viene fatto sparire dalla contabilità per prendere la misteriosa via del “NERO”.
Il mondo accademico prova a correre in soccorso a bankitalia spiegando meglio la faccenda. Dal libro universitario di economia aziendale (Produzione e Mercato - A. Birolo G. Tattara - Ed. Il Mulino - 1991 - ISBN 88-15-02961-3): "Si osservi che il biglietto di banca rappresenta un debito della banca centrale nei confronti di chi lo possiede. Quando un biglietto torna alla banca centrale, il debito che esso rappresenta è automaticamente estinto; l'eliminazione del debito comporta dunque la distruzione della moneta".
Quindi è tutto chiaro!? Bankitalia si è sbagliata a definire le “banconote in circolazione” come “reddito” perché in realtà è un debito e quindi fa benissimo a mettere quelle somme nelle passività. La banconota che torna alla banca centrale viene distrutta.
Vengono spontanee alcune domande:
a) da quando in qua un soggetto percepisce gli interessi di un debito da esso stesso contratto?
b) quando un debito non viene richiesto da nessuno è ancora tale? Nessuno infatti ha titolo per andare alla Banca d’Italia ad esigere la restituzione di quel “debito”!
c) da quando in qua un debitore “distrugge” il credito altrui? Quelle banconote sono della collettività e servono per scambiare i beni che la collettività stessa produce. Ciò verrà spiegato in seguito.
Il mondo accademico in questo caso ha sicuramente svolto l’ingrato compito di “Avvocato delle cause perse”.
Vediamo di quali cifre stiamo parlando. Dai bilanci ufficiali presenti sul sito della nostra banca centrale troviamo:
anno
Banconote in circolazione [€]
1996
54.799.175.735
1997
58.914.304.307
1998
63.220.005.474
1999
70.614.050.000
2000
75.063.752.000
2001
64.675.772.000
2002
62.835.488.000
2003
73.807.446.000
2004
84.191.125.720
2005
94.933.679.360
2006*
100.000.000.000*
* stima
Si tratta quindi di circa il triplo della manovra finanziaria in esame questi giorni. Sottolineo la misteriosa forte contrazione degli anni 2001 e 2002. Si comprenderà meglio in seguito l’assurdità di questa stranezza.
Quando troviamo:
- nella seconda edizione di “Euroschiavi” di Marco Della Luna ed Antonio Miclavez, Arianna editore –
alle isole Cayman sono stati trovati i seguenti conti:
700 26891 A01 N BANCA D'ITALIA UFFICIO RISCONTRO VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA
709 27154 A01 N BANCA D'ITALIA SERVIZIO RAPPORTI CON L'ESTERO, UFFICIO RISCONTRO 2484 VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA;

- sul web - http://spazioinwind.libero.it/cobas/finanzaloro/bancaditalia.htm - La Banca d'Italia nel 1994, tramite l'Ufficio italiano cambi (Uic), è entrata - con 100 milioni di dollari - in una società controllata dall'Hedge Fund Ltcm e costituita nel paradiso fiscale delle CAYMAN ISLAND dai soci promotori dello stesso Ltcm !!!
- nel Corsera del 26-10-95 il Financial Time ha scritto che per questo investimento la Banca d'Italia ha perso la sua "credibilità morale";
- ne Il Sole 24 Ore dell’ 8-10-98 - "E' assurdo utilizzare riserve nazionali per investire su un fondo come Ltcm, che era chiaramente speculativo", dichiara Edward Thorp, "padre" degli Hedge Fund americani;
- nel libro “Il Potere del denaro svuota le democrazie” di Giano Accame, ed. Settimo Sigillo – un esplicito riferimento alla presenza della Banca d’Italia alle isole Cayman.
COSA POSSIAMO PENSARE?
Possono essere informazioni vere o false; poco importa; andare a rintracciare i fondi neri è sempre un’impresa complessa. Ciò che conta è che quei soldi non sono dove dovrebbero essere, ovvero nelle casse dello Stato a lenire il nostro enorme debito pubblico.
Ma l’argomento del contendere è “solo” di 100 miliardi di euro?
Dal sito http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Debito-Pub/index.htm scopriamo che il debito pubblico nazionale il 31/12/2005 era pari a 1.511 miliardi di € dei quali l’80% sono titoli di Stato; oltre 1.200 miliardi di €.
http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Debito-Pub/Dati-Stati/Composizio/2005/Composizione-dei-Titoli-di-Stato-in-11.pdf
Quindi apparentemente lo Stato è indebitato con i Cittadini possessori di tutti questi titoli di debito pubblico. È questa solo una parte della verità. La verità completa è scritta fra le righe degli atti ufficiali.

Dalla sentenza con la quale il tribunale di Roma ha condannato il Prof. Giacinto Auriti per temerarietà, il 20 settembre 1994, apprendiamo: " .... la Banca d'Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell'Istituto di emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono, invece, appostati nell'attivo. "
Della seduta della Camera dei Deputati tenutasi il 17/03/1995, il deputato Pasetto rivolse una interrogazione al Ministro del Tesoro per sapere se non intendesse promuovere una riforma legislativa diretta a definire la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo originario di proprietà di tutti i cittadini appartenenti alla collettività nazionale italiana, con conseguente riforma dell'attuale sistema dell'emissione monetaria, che trasforma la banca centrale da semplice ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari. Nel rispondere a tale interrogazione, il Sottosegretario di Stato per il Tesoro, Carlo Pace, ha affermato: è inesatto sostenere che la banca centrale è proprietaria dei valori monetari, avendo per legge il compito istituzionale di emettere moneta e quindi crearla e di immetterla in circolazione "mediante il trasferimento ad altri soggetti, normalmente verso il corrispettivo di titoli o valute estere, attraverso le operazioni a tal fine legislativamente previste (quali, ad esempio, quelle di risconto o di anticipazioni, disciplinate dagli articoli 27 - 30 del Regio Decreto 28 Aprile 1910, n. 204, e successive modificazioni)"; ciò premesso, "in sostanza, per tutta la durata della circolazione, la moneta rappresenta un debito una passività dell'Istituto di Emissione; e come tale è iscritta, nel suo Bilancio, fra le poste passive".
Proviamo a seguire la procedura vigente passo dopo passo. La collettività ha prodotto nuovi beni e servizi che non può immettere con successo sul mercato perchè manca la necessaria monetizzazione pari ad esempio a 5 miliardi di €. Lo Stato emette titoli di debito pubblico pari a 5 mld di € per il quale l’autorità monetaria emette nuova moneta.
Prima di questo istante ci trovavamo in questa configurazione:
- debito dello Stato: 1.500 mld di €;
- banconote in circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia: 100 mld di euro.
Dopo l’effettuazione dell’operazione ci troveremo in questa configurazione:
- debito dello Stato: 1.505 mld di €;
- banconote in circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia: 105 mld di euro;
- nuovi 5 mld di € di titoli di debito pubblico all’attivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia;
- nuovi 5 mld € virtuali monetizzano la società.
Qualora la Banca d'Italia decidesse o avesse la possibilità di trasferire ai risparmiatori quei nuovi titoli di debito pubblico in cambio di 5 mld di €, cosa succederebbe nella sua Contabilità in termini di situazione patrimoniale, conto economico e trattamento fiscale?
Succederebbe che la banca d'Italia incasserebbe 5 mld di € che stornerebbe dalle banconote in circolazione, così come pure stornerebbe dall'attivo i titoli di Stato.
Ma i 5 miliardi di € ricevuti dai risparmiatori che fine fanno? Essi sono annullati contabilmente dalla messa al passivo delle monete emesse a costi pressoché nulli nel passaggio precedente. La parola “Cayman” in questi casi risulta particolarmente sinistra per la collettività ed interessante per chi smaneggia quelle somme. Otterremmo quindi la seguente configurazione:
- debito dello Stato: 1.505 mld di €;
- banconote in circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia: 100 mld di euro;
- ritorno alla configurazione di partenza dei titoli di debito pubblico all’attivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia;
- 5 mld di € in nero da sistemare da qualche parte.
Il mondo accademico giura che quei 5 mld vengono distrutti, ma qualche dubbio appare lecito. Ipotizziamo che gli si creda e si creda anche alle tiepide ed incerte dimostrazioni presentate da bankitalia nei suoi bilanci. Otterremmo la seguente configurazione:
- debito dello Stato: 1.505 mld di €;
- banconote in circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia: 100 mld di euro.
Ma questo non è ciò che serve alla collettività; ad essa serve una monetizzazione di 5 mld di euro SENZA contrarre nessun indebitamento, perché è essa che ha prodotto quei nuovi beni e quindi quei 5 mld di € sono dello Stato che la rappresenta.
La procedura è identica anche nei paesi “comunisti”. Non è difficile ora comprendere la genesi del pressoché generalizzato indebitamento pubblico di tutti gli Stati.
Se invece lo Stato emettesse per proprio conto le monete oppure la banca centrale gli cedesse le monete emesse a costi tipografici e questi ne postasse l’importo all’attivo del proprio bilancio, la configurazione che si otterrebbe sarebbe la seguente:
- lo Stato non si indebiterebbe;
- il corpo sociale beneficerebbe dei 5 mld di € per effettuare le transazioni necessarie alla messa sul mercato dei nuovi beni prodotti da esso stesso.
È proprio questo ciò che serve alla collettività.
2 – Perché lo Stato ha delegato ad un organismo privato sovranazionale la gestione della moneta?
Il motivo “ufficiale” è che storicamente spesso è successo che il potere politico non ha operato ragionevolmente con le proprie monete, provocando fenomeni negativi quali gli aumenti dei prezzi determinati dalla produzione di troppa moneta.
In risposta a due interrogazioni del 3 novembre e 1° dicembre 1994, rispettivamente dei senatori Natali e Orlando (appartenenti il primo al gruppo di Alleanza Nazionale, ed il secondo al gruppo di Rifondazione Comunista), il Sottosegretario di Stato per il Tesoro, Vegas, ha ripetuto quale fosse il compito istituzionale dell'Istituto di Emissione ed ha ribadito che questo non fosse proprietario dei valori monetari e che per tutta la durata della circolazione la moneta rappresentasse un debito, come tale iscritto nel bilancio dell'istituto fra le poste passive.
Come ulteriore argomentazione il Sottosegretario Vegas ricordò come nella attuale dottrina economica e nelle opinioni pubbliche degli Stati europei fosse avvertita e radicata l'esigenza "di non concentrare nelle mani di uno stesso soggetto politico, quale potrebbe essere l'autorità di governo, il potere di creare moneta e quello di spenderla, onde impedire che la moneta diventi strumento di lotta politica"; e ricordò che tale esigenza aveva trovato esplicito riconoscimento giuridico nel Trattato di Maastricht, che "sancisce il principio cardine dell'autonomia delle banche centrali dalle autorità governative statali, affidando in via esclusiva alle prime le funzioni monetarie e lasciando invece alle seconde la cura della politica fiscale e di bilancio".

Infatti un sistema economico si ha:
P.I.L.
=
V
*
M
=
P
*
B
Dove: P.I.L. è il prodotto interno lordo, espresso in €/anno;
V è la velocità della circolazione monetaria, espressa in utilizzi/anno;
M è la massa monetaria presente sul mercato, compresi i risparmi correttamente impiegati negli investimenti ad esempio dal sistema bancario, espressa in €;
P sono i prezzi dei beni e servizi prodotti e commercializzati in un anno, espressi in €;
B sono i beni ed i servizi prodotti in un anno;
nel momento in cui uno Stato mette in circolazione troppa moneta, cedendo alle richieste sindacali e/o corporative e/o lobbistiche, “gonfiando” M, a parità di beni e servizi prodotti, succede automaticamente che i prezzi aumentano.
Ma è anche vero che se una collettività produce nuovi beni e servizi, deve disporre di una adeguata monetizzazione senza indebitamento, perché altrimenti l’equilibrio non verrà mai raggiunto (esattamente ciò che accade a noi).
Si aprono ora due scenari, quello attuale e quello che dovrebbe essere se si rispettasse la Costituzione ed il Diritto Naturale.

COME FUNZIONA OGGI
Lo Stato monetizza il sistema economico indebitandosi della necessaria nuova moneta, introducendo un grave elemento di instabilità progressiva: la MONETA DEBITO. La banca centrale di emissione in cambio di titoli di debito pubblico crea le banconote dal nulla a costi tipografici, posta al passivo il valore nominale delle suddette banconote ed aggrava perennemente e progressivamente la situazione finanziaria dello Stato. Non è dato conoscere la destinazione delle banconote ottenute dalla vendita dei titoli di debito pubblico ai risparmiatori, azzerate contabilmente dalla suddetta fittizia messa al passivo del loro valore facciale.
COME DOVREBBE FUNZIONARE
Lo Stato monetizza il sistema economico stampando la necessaria nuova moneta e ponendo il valore nominale delle stesse all’attivo della Sua contabilità: MONETA CREDITO.
ULTERIORI OSSERVAZIONI
Ipotizzando che sia corretto definire l’inflazione come l’aumento dei prezzi P, perché l’autorità monetaria agisce su di essa sempre restringendo l’accesso al credito, ovvero contenendo M, quando non è l’eccesso di M a cagionare l’inflazione stessa?
Quando i prezzi P aumentano a causa del rincaro di alcune materie prime importanti come ad esempio il petrolio, il rame, ecc. non abbiamo certamente la circolazione monetaria in eccesso; anzi, per avere l’equilibrio bisognerebbe aumentarla proporzionalmente senza indebitare nessuno. Gli attuali aumenti del TUS sono del tutto ingiustificati; determineranno un peggioramento del debito pubblico, con tutte le ricadute che conosciamo. L’emissione di “moneta credito” risolve agevolmente il problema ristabilendo il necessario equilibrio senza alcuna sorta di problema sociale.

Quando i prezzi P aumentano a causa di carenze strutturali come ad esempio la mancanza di un adeguato numero di punti vendita rispetto al fabbisogno (come in Italia negli anni ’70 ed ‘80), non abbiamo certamente la circolazione monetaria in eccesso; anzi, per avere l’equilibrio bisognerebbe aumentarla proporzionalmente senza indebitare nessuno. Gli aumenti di quegli anni del TUS erano del tutto ingiustificati; hanno drasticamente contribuito al peggioramento del debito pubblico. L’emissione di “moneta credito” risolve agevolmente il problema ristabilendo il necessario equilibrio senza alcuna sorta di problema sociale.
Quando i prezzi P aumentano a causa dell’aumento del debito pubblico, alimentato dalla spirale perversa della “moneta debito” (come in Italia negli anni ’70 ed ’80, ma soprattutto in America Latina ed in alcuni Paesi in via di sviluppo), non abbiamo certamente la circolazione monetaria in eccesso; anzi, per avere l’equilibrio bisognerebbe aumentarla proporzionalmente senza indebitare nessuno. Gli aumenti del TUS sono del tutto ingiustificati; contribuiscono tragicamente al peggioramento del debito pubblico ed al collasso sociale. L’emissione di “moneta credito” risolve agevolmente il problema ristabilendo il necessario equilibrio senza alcuna sorta di problema sociale.
Prima domanda per i negazionisti:
come si può monetizzare un sistema economico in stato di carenza monetaria, senza indebitarlo?

Per chi non è negazionista la risposta è immediata: lo Stato stampa la moneta necessaria al raggiungimento dell’equilibrio, postandone il valore facciale all’attivo.
La risposta dei negazionisti non è nota.

Seconda domanda per i negazionisti:
vista l'autonomia delle banche centrali dalle autorità governative statali, qual è l’autorità che valuta il comportamento delle banche centrali stesse? A chi rispondono del loro operato? Che senso ha parlare di democrazia se lo strumento fondamentale di gestione della cosa pubblica non è nelle mani dei rappresentanti del popolo?
Va sicuramente sottratta al potere politico la facoltà di violare il Diritto Naturale, ma non si ravvisano certamente nelle questioni monetarie gli estremi per effettuare questa sottrazione. La questione monetaria è un tutt’uno con la “res publica”.
Ing. Lino Rossi
P.S.:
Numerosi lettori mi hanno invitato a trarre le conclusioni della prima parte, peraltro “ovvia” ed a portata di chiunque abbia avuto la pazienza di seguire tutti i passaggi; infatti Loro stessi Vi sono pervenuti. Esse si possono sintetizzare in questa maniera:

- il danno che ha subito lo Stato da questa procedura illegale è pari all’ammontare dei titoli del debito pubblico in essere, ovvero oltre 1200 miliardi di euro, dei quali 1100 già fatti sparire in nero e 100 sotto forma di banconote in circolazione; non ci sono elementi per determinare la genesi e la sorte dei 300 miliardi di euro rimanenti di debito, diversi dai titoli di debito pubblico;
- la convinzione che lo Stato è debitore nei confronti dei risparmiatori possessori dei titoli del debito pubblico è assolutamente incompleta e quindi errata e fuorviante. La realtà è ben espressa dalla presente affermazione, dedotta dai documenti ufficiali con il metodo matematico-deduttivo posto a fondamento della nostra civiltà:
lo Stato è debitore dei confronti dei risparmiatori possessori dei titoli del debito pubblico dell’importo dei titoli stessi ma è pure creditore per lo stesso importo nei confronti della propria banca centrale di emissione, perché la stessa gli ha sottratto negli anni quelle risorse in base ad una procedura ingannevole e contraria alla Costituzione, al buon senso ed al Diritto Naturale.

NOTE
1) A pagina 441 del bilancio bankitalia 2005 infatti troviamo:
BANCONOTE IN CIRCOLAZIONE
La BCE e le dodici BCN dell’area dell’euro, che insieme compongono l’Eurosistema, emettono le banconote in euro dal 1° gennaio 2002 (Decisione BCE 6 dicembre 2001, n. 15 sulla emissione delle banconote in euro, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 337 del 20.12.2001, pp.52-54, e successive modifiche). Con riferimento all’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese l’ammontare complessivo delle banconote in euro in circolazione viene redistribuito sulla base dei criteri di seguito indicati.
Dal 2002 alla BCE viene attribuita una quota pari all’8 per cento dell’ammontare totale delle banconote in circolazione, mentre il restante 92 per cento viene attribuito a ciascuna BCN in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione al capitale della BCE (quota capitale). La quota di banconote attribuita a ciascuna BCN è rappresentata nella voce di stato patrimoniale Banconote in circolazione. La differenza tra l’ammontare delle banconote attribuito a ciascuna BCN, sulla base della quota di allocazione, e quello delle banconote effettivamente messe in circolazione dalla BCN considerata, dà origine a saldi intra Eurosistema remunerati. Dal 2002 e sino al 2007 i saldi intra Eurosistema derivanti dalla allocazione delle banconote sono rettificati al fine di evitare un impatto eccessivo sulle situazioni reddituali delle BCN rispetto agli anni precedenti. Le correzioni sono apportate sulla base della differenza tra l’ammontare medio della circolazione di ciascuna BCN nel periodo compreso tra luglio 1999 e giugno 2001 e l’ammontare medio della circolazione che sarebbe risultato nello stesso periodo applicando il meccanismo di allocazione basato sulle quote capitale. Gli aggiustamenti verranno ridotti anno per anno fino alla fine del 2007, dopodiché il reddito relativo alle banconote verrà integralmente redistribuito in proporzione alle quote, versate, di partecipazione delle BCN al capitale della BCE (Decisione BCE 6 dicembre 2001, n. 16, sulla distribuzione del reddito monetario delle BCN degli Stati membri partecipanti a partire dall’esercizio 2002, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 337 del 20.12.2001, pp.55-61, e successive modifiche).
Gli interessi attivi e passivi maturati su questi saldi sono regolati attraverso i conti con la BCE e inclusi nella voce di conto economico interessi attivi netti.
Il Consiglio direttivo della BCE ha stabilito che il reddito da signoraggio della BCE, derivante dalla quota dell’8 per cento delle banconote a essa attribuite, venga riconosciuto separatamente alle BCN il secondo giorno lavorativo dell’anno successivo a quello di riferimento sotto forma di distribuzione provvisoria di utili (Decisione BCE 17 novembre 2005, n. 11, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 311 del 26.11.2005, pp.41-42). Tale distribuzione avverrà per l’intero ammontare del reddito da signoraggio, a meno che quest’ultimo non risulti superiore al profitto netto della BCE relativo all’anno considerato o che il Consiglio direttivo della BCE decida di ridurre il reddito da signoraggio a fronte di costi sostenuti per l’emissione e la detenzione di banconote. Il Consiglio direttivo della BCE può altresì decidere di accantonare l’intero reddito in discorso o parte di esso a un fondo destinato a fronteggiare i rischi di cambio, di tasso di interesse e di prezzo dell’oro. La distribuzione dell’acconto sugli utili da parte della BCE, corrispondente alla quota di reddito da signoraggio della BCE stessa riconosciuta all’Istituto, è registrata per competenza nell’esercizio cui tale reddito si riferisce, in deroga al criterio di cassa previsto in generale per i dividendi e gli utili da partecipazione.
Per l’esercizio 2005 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso che l’intero ammontare del reddito da signoraggio resti attribuito alla BCE stessa.
http://www.disinformazione.it/
 
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EURODISASTRO – Se avessimo una Banca Centrale statale e non avessimo aderito all’euro il nostro debito pubblico sarebbe di soli 192 miliardi anziché 2000 miliardi!


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24 ottobre 2013 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
Fonte: http://www.ioamolitalia.it/blogs/vivere-senza-l-euro/eurodisastro—se-avessimo-una-banca-centrale-statale-e-non-avessimo-aderito-all-euro-il-nostro-debito-pubblico-sarebbe-di-soli-192-miliardi-anziche-2000-miliardi.html
di Stefano Di Francesco
19/10/2013 19:04:13


Sarà poi vero che siamo un popolo di ladri, manigoldi, evasori, spendaccioni il cui unico scopo nella vita è rubare al prossimo? Sarà poi vero che solo noi, solo qui in Italia, abbiamo questa morale così incline alle furberie, alla corruzione, al malcostume?
Bèh..in parte è vero, non siamo sicuramente tra i più onesti e virtuosi del mondo, ma esistono popoli e nazioni dove la corruzione è molto maggiore che da noi, dove la tangente è la regola ed il malcostume quotidianità. Pensiamo ai paesi del sud-est asiatico: Cina, Corea, Filippine, Taiwan, … rubano anche lì, però le loro economie vanno a velocità dieci volte la nostra. Forse il problema non è lì.
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Ma che strano!! Il debito pubblico italiano se fosse stato monetizzato attraverso la Banca Centrale piuttosto che attraverso la vendita di titoli sul mercato finanziario sarebbe di soli 192 miliardi di euro, il 12,3% del PIL e non il 132% come oggi!!!
Possiamo quindi affermare che il debito è praticamente oggi composto di soli interessi e che non dipende dalla spesa, dalla mala gestione, dalla corruzione e tanto meno dall’evasione fiscale.
Si tratta di capire che sono state la sciagurata decisione di non consentire più alla Banca d’Italia di sottoscrivere il debito nazionale, l’emissione di BTP a tassi ben superiori all’inflazione, la necessità di innalzare detti interessi per collocare il debito sul mercato, l’adesione all’Euro ed alle tante troppe sovrastrutture che ci sono state imposte con la sua adozione, le cause del debito pubblico e non la mala gestione della cosa pubblica.
Sprechi ci sono stati, ci sono e probabilmente ci saranno anche in futuro. Ma è un dato di fatto che l’Italia da vent’anni a questa parte ha prodotto avanzi primari di bilancio per una cifra superiore a 730 miliardi di euro!!
Sono gli interessi passivi che lo Stato paga ogni anno ad aver trasformato questo avanzo in un deficit dopo l’altro, consentendo al debito pubblico di arrivare a quasi 2100 miliardi di euro!
Inoltre questi interessi fluiscono per circa il 90% nelle casse del sistema bancario globale (italiano ed estero). Trattasi di 70/80 miliardi che le banche incassano senza rischio e che si guardano bene dal reimmettere nel sistema economico, tant’è che riducono il credito di 50 miliardi l’anno al sistema Imprese -Famiglie! Che bel risultato !come sono efficienti i mercati finanziari!!
Dobbiamo tornare padroni del nostro destino, gli italiani decidano per l’Italia.


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13 GEN 2014 14:58
GERMANIA-CRAC – RICORDATE ALLA MERKEL CHE LE BANCHE TEDESCHE, APPESANTITE DAI CREDITI IN SOFFERENZA (500 MLD), SONO STATE SALVATE DA TUTTA L’AREA DELL’EURO (ITALIA COMPRESA)

Facile adesso per la Germania pretendere la ristrutturazione del debito pubblico greco, ormai venduto, o il ‘bailin’ dei depositanti ciprioti. E diventare intransigenti dopo aver inondato l’Europa del credito facile creato dalle proprie esportazioni e di cui ci si è nel frattempo largamente disfatti…



Antonio Foglia (banchiere) per "il Corriere della Sera"
Con un efficace paragone, l'economista Luigi Zingales ricorda che l'euro è un progetto analogo alla Conquista del Messico da parte di Cortes che si bruciò le navi alle spalle per impedire ogni tentazione di ritirata ai suoi uomini. Quando partì l'euro, chi lo volle sapeva che si trattava di un progetto incompleto che avrebbe probabilmente avuto bisogno di importanti aggiustamenti. Il vertice europeo del giugno 2012 mise a fuoco quelli più urgenti.
BUNDESBANK
Tra essi, si individuarono una Banking Union per evitare la balcanizzazione del mercato comune, oltre che del sistema bancario, e una Fiscal Union per prendere atto che, entrando nell'euro, tutti gli Stati nazionali si ritrovarono indebitati in una moneta che non potevano più emettere. E debiti pubblici in moneta estera superiori al 60% del Pil si sono storicamente quasi sempre dimostrati insostenibili.
Entrambi i progetti sono da allora osteggiati dalla signora Merkel, che vede nella Banking Union e negli eurobond il salvataggio delle banche e degli Stati dei Paesi più deboli della periferia dell'eurozona a spese della Germania. Ma, superata la tornata elettorale tedesca, è ora di prendere atto che uno dei maggiori effetti imprevisti dell'attuale architettura incompleta dell'eurozona è che tutte le nazioni europee in solido hanno in pratica salvato il sistema bancario tedesco dai rischi dei crediti dubbi accumulati come contropartita dei surplus commerciali persistenti della Germania. A tutti gli effetti, un bailout di oltre 500 miliardi di euro del sistema bancario tedesco da parte dei partner europei di cui pochi si sono ancora accorti.
Bundesbank
Dai primi anni 2000, la Germania accumula avanzi commerciali persistenti verso alcuni partner europei. Nell'ambito di un'unione monetaria, un Paese esportatore netto, che consuma e investe meno di quanto produce, non può che accumulare passività finanziarie dei Paesi importatori netti come pagamento ed essere quindi esportatore netto di capitali verso i Paesi importatori di merci.
ANGELA MERKEL E IL TELEFONINO
Gli americani chiamano questa dinamica vendor-financing : ti vendo qualcosa ma te ne finanzio l'acquisto. Una politica commerciale che dà facili successi ma che alla lunga è estremamente pericolosa, come prima o poi rischiano di scoprire anche i cinesi che finanziano il Tesoro Usa. E infatti il sistema bancario tedesco, a furia di erogare credito che andava a finanziare anche le bolle immobiliari in Spagna e Irlanda (ma anche in Usa, tanto che la prima banca saltata nella crisi dei Subprime fu la tedesca Ikb nel 2007) si ritrovò nel 2008 esposto per più di 900 miliardi di euro verso i Paesi della periferia dell'eurozona. Cifra pari a oltre due volte e mezzo il capitale totale delle banche tedesche.
letta merkel
Inizialmente la Banca centrale europea (Bce) fece imporre a Paesi come l'Irlanda, che avevano finanze pubbliche perfettamente sane, di rovinarle per salvare il proprio sistema bancario. A vantaggio anche delle banche estere creditrici che poterono rientrare dai crediti facili erogati. Anche gli altri Paesi dovettero garantire i propri sistemi bancari, peggiorando il proprio merito di credito sovrano e quindi indebolendo ulteriormente il loro sistema bancario carico di obbligazioni dello stesso Stato. E i flussi interbancari internazionali si invertirono.
MERKEL BERLUSCONI NAPOLITANO
Al persistere della crisi, alla fine del 2011, la Bce decise di erogare credito generoso a buon mercato (Ltro) per evitare l'avvitamento dell'aumento dei tassi sul debito sovrano e bancario. Manovra giustamente presentata da Draghi come di politica monetaria, perché l'aumento dei tassi stava distruggendo il mercato comune forzando le aziende dei Paesi periferici a finanziarsi a tassi molto più alti dei loro concorrenti in altri Paesi e impedendo la trasmissione degli stimoli monetari espansivi della Bce a sostegno delle economie in crisi.
EURO CRAC
Coi soldi ricevuti, le banche dei Paesi periferici in crisi in parte proseguirono il rimborso dei crediti interbancari ricevuti soprattutto dalla Germania e in parte ricomprarono dall'estero il debito sovrano nazionale. Ma quando una banca tedesca chiede a una banca italiana di rimborsare un credito interbancario, o di pagarle un Btp che le ha venduto, la banca tedesca vuole essere accreditata presso la Bundesbank.
La banca italiana quindi chiede alla Banca d'Italia di addebitarla in conto e accreditare la Bundesbank. Il rapporto tra le due banche private si estingue ma la Bundesbank resta creditrice, e la Banca d'Italia debitrice, sul sistema di pagamento della Bce noto come Target 2. E infatti, mentre l'esposizione verso la periferia dell'eurozona del sistema bancario tedesco scese da oltre 900 miliardi di euro del 2008 ai 380 circa di oggi, il saldo creditore della Bundesbank su Target 2 esplose e si colloca oggi a oltre 520 miliardi.
ROTTURA EURO
In questo processo, il settore privato tedesco si è disfatto di molti crediti dubbi. Non sente più il rischio, e non trasmette quindi alla politica l'urgenza di venire incontro ai debitori per sperare di vedere rimborsati almeno parte dei finanziamenti erogati all'estero. Facile quindi pretendere la ristrutturazione del debito pubblico greco, ormai venduto, o il bailin dei depositanti ciprioti. E diventare intransigenti dopo aver inondato l'Europa del credito facile creato dalle proprie esportazioni e di cui ci si è nel frattempo largamente disfatti.
Ma la maggior parte del credito concesso dalle banche tedesche alla periferia dell'eurozona è stato in pratica semplicemente passato alla Bundesbank come saldo di Target 2. E dei saldi di Target 2 rispondono in solido gli azionisti della Bce, e quindi anche la Germania, ma solo per il 27%. Ecco quindi come il sistema bancario tedesco è stato di fatto salvato mutualizzando i suoi crediti dubbi verso la periferia a spese di tutti i Paesi dell'eurozona.
Prodi e Ciampi
L'Italia ha i suoi drammatici problemi. Gli altri Paesi periferici, meglio di noi, stanno già ristrutturandosi. Ma, diversamente da loro e dalla stessa Germania, l'Italia non ha avuto un peggioramento altrettanto vistoso delle finanze pubbliche e degli squilibri dei conti con l'estero da quando ha aderito all'euro. Avrebbe quindi buon titolo, se appena riuscisse a fare qualche vero progresso in campo domestico, per chiedere alla Germania quella solidarietà che ora nega dopo averne, inconsciamente, approfittato. E rilanciare così, al suo turno di presidenza tra pochi mesi, il progetto europeo.
 

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