News, Dati, Eventi finanziari debito pubblico ......moneta.....e nonna abelarda

L’EX MINISTRO FORMICA: “CON IL GOVERNO RENZI SI COMPIE IL DISEGNO DI LICIO GELLI"










- di Francesco Pezzuto -


“Dopo 35 anni vedo realizzarsi il programma di Rinascita Nazionale del toscano Licio Gelli”. Il commento di Rino Formica, socialista, ministro delle Finanze e del Lavoro in tre diversi governi della prima repubblica, oltre che lapidario appare inquietante. La dichiarazione è stata rilasciata alcuni giorni prima dell’annuncio della lista definitiva dei ministri, a trattative ancora in corso; del resto le motivazioni che hanno spinto l’ex ministro a spingersi in una considerazione così azzardata non avevano bisogno di nomi specifici, ma risiedevano nell’acuta osservazione dei fenomeni politici degli ultimi due decenni. In un’intervista rilasciata al sito Sussidiario.net Formica spiega “la crisi di governo è in realtà una crisi di sistema, con un’accumulazione di detriti che ci portiamo dietro da vent’anni, e in un’epoca come la nostra, nella modernità di questi tempi, vent’anni equivalgono più o meno a due secoli dei tempi passati. La crisi è di sistema e si continuano ad affrontare gli effetti, non le cause”.

L’ex ministro vede alla base del nuovo esecutivo un patto tra Renzi e Berlusconi, una sorta di“maggioranza occulta”, così la definisce, basata sulla sintonia dei due leader i quali “non sopportano i corpi intermedi, non hanno un’idea della democrazia partecipativa, e vogliono semplificare senza riguardo usando, solamente al momento, forze politiche medio-piccole che esistono ancora oggi in Parlamento”. La tesi di Formica si sposa, quindi, con quella di chi ritiene Alfano e il suo Ncd uno strumento nelle mani di Berlusconi: un piccolo gruppo parlamentare che ha una valenza rilevante all’interno del nuovo governo e la cui funzione sarebbe quella di assecondare l’esistenza dell’esecutivo senza compromettere, al momento, il partito del leader del centrodestra.


Ma per quale motivo l’asse “occulto” Renzi-Berlusconi porterebbe alla realizzazione del programma politico della disciolta P2? Anche su questo argomento le spiegazioni fornite dall’onorevole barese sembrano trovare solide basi nelle vicende politiche degli ultimi giorni. Il patto si fonderebbe su tre punti fondamentali: intesa a due per l’elezione del presidente della Repubblica, con una convergenza sul nome di Mario Draghi; elezioni politiche entro un anno con una legge elettorale che permetta l’eliminazione dei partiti medio-piccoli e l’emarginazione di Grillo e, infine, una larga maggioranza parlamentare che abbia come obiettivo primario la modifica costituzionale della forma dello Stato attuale. “Non un golpe” spiega Formica “ma la risposta a ciò che chiedono i mercati. E questo mi sembra la fotocopia del programma di Gelli: non esistono più maggioranze catto-comuniste ma catto-massoniche”. Un quadro sconcertante ma purtroppo realistico, che inevitabilmente richiama alla mente una celebre frase dello stesso Formica: “La politica è sangue e merda”.
 
Suicidi a catena tra i banchieri della J.P. Morgan

0
commenti

Cosa sta accadendo o sta per accadere ai vertici della finanza mondiale, e più in particolare nella JP Morgan e nella Deutsche Bank?
Uno dei ricordi emblematici della crisi del 1929 è quello di finanzieri che, caduti in rovina in pochi giorni, salivano all’ultimo piano dell’edificio della Borsa e dall’alto si gettavano in strada.
Ebbene: la stampa italiana sembra non essersene accorta, tutta intenta a seguire il parto cesareo del governo Renzi ed il totoministri conseguente, ma nell’arco di otto giorni, tra il 26 gennaio ed il 3 febbraio scorso, da Londra a New York, a Washington, si sono suicidati ben quattro banchieri. E l’epidemia non accenna a finire: martedì 18 febbraio un altro suicidio, questa volta ad Hong Kong.
Tre indizi, si dice, fanno una prova. Qui siamo già a cinque. Ma prova di cosa? Questo è il punto, su cui, per ora, si possono solo formulare ipotesi.
Intanto vediamo, più in dettaglio, quel che è accaduto.
Il 26 gennaio William Broeksmit, 58 anni, ex direttore esecutivo della Deutsche Bank si è impiccato nella sua casa di Kensington, uno dei più esclusivi e lussuosi quartieri di Londra. E fin qui si poteva anche supporre che fosse il gesto disperato di un uomo non più giovane che non si rassegnava alla perdita del suo lavoro, e con esso del suo privilegiato “status” economico e sociale.
Ma due giorni dopo, sempre a Londra, è Gabriel Magee, banchiere della J.P. Morgan che si lancia dal tetto della sede della banca.
Il giorno successivo, cioè il 29 gennaio, dall’altro lato dell’Atlantico, Mike Dueker, di 50 anni, economista capo presso la società americana Russell Investments si toglie la vita gettandosi da un ponte, nei pressi di Washington.
Segue il suo esempio, cinque giorni dopo, Ryane Crane, di soli 37 anni, direttore esecutivo della JPMorgaan Chase di New York, trovato morto nella sua casa di Stamford, nel Connecticut.
La lista, per ora, si conclude con un trader di 33 anni di JPMorgan Charter House Asia (il nome non viene riportato) che si è gettato dal tetto del grattacielo sede della banca ad Hong Kong.
Abbiamo ricordato i suicidi di finanzieri rovinati e disperati durante il crollo della Borsa del 1929 in America perché a Londra e negli Stati Uniti alcuni osservano che episodi di questo genere accadono quando qualche grande multinazionale nasconde perdite gigantesche. E ciò fa temere che possa innescarsi, all’improvviso, una nuova crisi finanziaria globale, come quella di cui il fallimento della Lehman Brothers fu il detonatore.
Una cosa è certa: la JP Morgan e la Deutsche Bank si contendono il primato mondiale sul terreno di quelle “armi di distruzione di massa” che sono i derivati, con contratti del valore nominale di decine e decine di trilioni di dollari. Ed ambedue hanno sul collo le indagini delle autorità monetarie, con una serie di contestazioni e di denunce.
Se l’epidemia dei suicidi continua, è segno che davvero qualcosa di terribile sta bollendo in pentola, ed a sciogliere il mistero saranno i fatti.
 

Home > Politica > Notizia Leggi articoli in lingua:
mktumb640a.php











Il ritorno di Michael Ledeen, l`israelo-americano









Un neocon consigliere del governo Renzi

1
commenti
“Renzi l’israeliano. Con Ledeen alle spalle”, ultimo articolo di Maurizio Blondet, giornalista e scrittore “scomodo”, che fa luce su alcune pieghe oscure del governo Renzi nell’attribuzione dei vari ministeri, legandoli in particolare all’apparizione in Italia di Michael Ledeen, precursore di Leo Strauss, uomo-chiave nella rete occulta della Nato in Europa, che “come sempre non mancherà di mettere le mani nelle paste più purulente della strategia della tensione”.
L’articolo evidenzia come la ricomparsa di Michael Ledeen potrebbe spiegare l’improvvisa fretta nel costruire il “governino” di Renzi e la scelta del ministro degli Esteri nella figura della “piccola povera Mogherini” – che si era appena recata a Kiev con una delegazione della Nato (per salutare i “patrioti”…) che sarà supportata dal nuovo ministro (ombra) degli Esteri nella persona di Ledeen.
Secondo Blondet – ripreso da “Il Faro sul mondo” – Ledeen è in Italia a casa sua, sempre in mezzo a strategia della tensione, strage di Bologna, Brigate Rosse, rapimento Moro, antiCraxi a Sigonella, pistolettata di Ali Agca al Papa, ruolo nella lobby israelo-americana American Enterprise (per varare Mani Pulite), falsa storia dello yellowcake (la “torta di uranio” del Niger che l’Iraq avrebbe segretamente importato – la scusa per attaccare Saddam Hussein e sostenere la menzogna di Bush jr., che l’Iraq aveva armi di distruzione di massa: falsi documenti preparati dai servizi italiani, su suggerimento di Ledeen), “praticamente non c’è faccenda in cui Ledeen non abbia depistato e fatto gli interessi di Israele e (subordinatamente) della Nato”.
Ledeen è “insomma un uomo-chiave nella rete occulta della Nato in Europa”, fin dai tempi della strategia della tensione “per mantenere l’Italia nel solco atlantista”.
L’articolo di Blondet, dopo aver ricordato che l’American Enterprise è una centrale neocon che, dopo l’11 Settembre, hanno forzato la politica estera Usa nella attuale e rovinosa «guerra lunga al terrorismo globale», continua ad elencare le imprese di Michael Ledeen, firmatario del “Pnac (Project for a New American Century): il think tank che nel 2000 propose al presidente americano la dominazione totale del mondo – con uno sforzo economico e bellicista che gli americani non avrebbero mai accettato, senza «una nuova Pearl Harbor»: quella che si verificò magicamente l’11 settembre di un anno dopo, con il mega-attentato «islamico», così dissero…”.
E ancora Michael Ledeen in qualità di direttore del Jewish Institute for National Security Affairs (Jinsa), “ossia la cupola semi-segreta in cui si allacciano i rapporti inconfessabili tra l’esercito israeliano, il Pentagono e l’apparato militare industriale americano, che ha condotto al colpo di Stato neocon e alle successive guerre d’aggressione dei nemici potenziali d’Israele”.
“Fatto sta che Ledeen è tornato – conclude Blondet -: insieme a finanzieri come Davide Serra, insieme a Yoram Gutgeld e Marco Carrai «molto vicini a Israele» (tanto da averci delle aziende), a consigliare Renzi e fornire le sue false informazioni, teorie dementi e vere direttive alla sprovveduta, candida ministruzza degli Esteri… È tornato Ledeen, e si vede. Ancor più si vedrà”.
 

Home > Attualità > Notizia Leggi articoli in lingua:
mktumb640a.php











Da principessa del gas ad eroina della rivoluzione arancione









Julija Tymoshenko, il bluff

0
commenti
Julija Tymoshenko. La conquista dell’Ucraina è un libro-inchiesta pubblicato nel dicembre 2013 a firma Ulderico Rinaldini, pseudonimo dell’editore Sandro Teti con l’introduzione curata dall’analista geopolitico Alessandro Politi. In questo saggio l’autore mette in discussione l’immagine utilizzata dalla stampa internazionale che rappresenta la Tymoshenko come una perseguitata politica , vittima fragile e indifesa. L’analisi del testo, costruita su fonti attendibili corredate da rigorose citazioni, è arricchita da interviste realizzate dallo stesso Teti a Kiev nell’estate 2013. L’autore, che in gioventù aveva lavorato in Unione Sovietica nella redazione italiana dell’agenzia di stampa Novosti, ci descrive l’eroina della rivoluzione arancione come una donna minuta ma infaticabile, molto intelligente e carismatica, ambiziosa, scaltra e avida, che grazie a queste sue doti è riuscita ad emergere in una società rude e violenta come quella dell’Ucraina post sovietica. Il libro ruota intorno alla figura di Julija, personaggio controverso ed in costante evoluzione,difficile da descrivere, che attraverso successive metamorfosi anche fisiche si svela nella sua complessità. Questa evoluzione viene introdotta da un netto cambiamento d’immagine che vede Julija trasformarsi da ragazza bruna di origini armene a donna bionda testimonial dell’iconografia ucraina con la treccia avvolta sulla nuca. L’autore descrive come nei primi anni novanta Tymoshenko, che aveva trentacinque anni, avesse iniziato la propria attività d’imprenditrice con i video-saloni commerciali, appoggiata dal capitale del suocero Gennadi Tymoshenko. Il passo successivo è stato il commercio del petrolio, attività commerciale molto più redditizia della precedente. “Dopo il crollo dell’Urss il sistema di distribuzione statale in Ucraina era collassato e l’agricoltura aveva urgente bisogno di combustibile. In cambio di carburante le fabbriche cedevano i propri prodotti…In quel periodo la famiglia Tymoshenko fondò l’azienda Kub…un business per eletti al quale si poteva accedere solo col permesso di un potente”. Ed è a questo punto che s’innesta l’intervento di Pavel Lazarenko, allora governatore di Dnepropetrovsk che nel 1992 chiede di incontrare i Tymoshenko per negoziare la loro nuova attività commerciale. L’incontro tra Julija e Pavel fu decisivo:”Da quell’incontro l’azienda ottenne il monopolio sulla fornitura di prodotti petroliferi al settore agrario di tutta la regione. Mesi dopo i Tymoshenko fondano, nel paradiso fiscale di Cipro, la società Somoli enterprises ltd dalla quale nascerà Eesu. Tre anni dopo (1995) Lazarenko diventa vice primo ministro dell’Ucraina con delega all’energia. “Il rapporto sentimentale tra la principessa del gas e il Padrone è rimasto per molti anni un tabù”. Ma il 3 novembre 1996 viene ucciso all’aeroporto di Donetsk il deputato Evgenij Scerban che stava indagando sulla guerra del gas nel Donbass ucraino . Lazarenko continua la sua ascesa politica e diventa primo ministro dell’Ucraina dal 1996 al 1997. Julija va in prigione un paio di volte: la prima per contrabbando di valuta (1995) e la seconda per tangenti(2001) girate ripetutamente a Pavel Lazarenko durante le sue successive cariche istituzionali.” In cambio delle mazzette, spiega l’autore del libro-inchiesta, Lazarenko garantiva alla Eesu condizioni monopolistiche nella fornitura del gas sul mercato ucraino e la Tymoshenko si era arricchita enormemente”. Nel 1999 Lazarenko viene arrestato negli Stati Uniti e condannato a nove anni per riciclaggio, frode ed estorsione. Julija decide allora di entrare in politica per salvarsi dalla caduta in disgrazia del suo protettore, spiega Teti. Nel libro si racconta che è stata la Tymoshenko ad organizzare il movimento che porterà alla presidenza di Victor Juscenko nel 2004 e,sempre secondo l’autore, è stata lei a mettere in moto in tutte le piazze ucraine un meccanismo di mobilitazione di decine di migliaia di persone per far apparire fraudolenti i risultati del ballottaggio tra Juscenko e Yanukovich. Ben presto la coabitazione tra il presidente Juscenko e la ministra Tymoshenko si rivelerà conflittuale. Finchè nel gennaio 2009 il transito di gas russo sul territorio ucraino viene interrotto ed è l’ennesimo scontro tra i due paesi sul prezzo delle forniture. Così Julija si reca a Mosca per negoziare con Vladimir Putin lo stallo nelle relazioni energetiche e dopo 5 ore di faccia a faccia con il premier del Kremlino, la ministra siglerà un contratto penalizzante per il quale l’Ucraina pagherà il gas quasi il doppio del prezzo regolare . L’autore si chiede:come è possibile che Tymoshenko abbia firmato un patto simile? Secondo Teti, la spiegazione viene da un processo penale nel quale era stata coinvolta la Tymoshenko anni prima come imprenditrice. Ecco come, spiega Teti , ancora una volta Julija ha messo il proprio interesse personale davanti a quello del proprio Paese. In seguito a questi patti sul gas Julija subisce l’arresto per abuso di potere e viene condannata a sette anni di prigione, che ha scontato in parte nell’ospedale di Char’kov.
Ulderico Rinaldini, Julija Tymoshenko.La conquista dell’Ucraina, ed.Sandro Teti,Roma pagg. 144)
 
x...i ns lettori la signorina in questione nn e' ucraina ,ma armena, poi ci sono i veri armeni, cioe' i cattolici e gli altri.................
 


27/02/14

Referendum no euro: sono partite le firme

Nessun commento:

Fonte: REFERENDUM NO EURO
I quesiti referendari di cui sotto sono stati approvati dalla Corte di Cassazione. Le firme sono ufficialmente partite.
ba62.jpg
USCIRE DALL'EURO SI PUO' E SI DEVE
ADESSO POSSIAMO DECIDERE NOI

Con questi due quesiti si intende uscire definitivamente dall'euro, non dall'Europa, ritornando al sistema monetario antecedente(lira), abrogando tutte le disposizioni relative alla introduzione dell'Euro in Italia.


Quesito 1 Volete Voi che sia abrogata interamente la Legge 17 dicembre 1997 n. 433, pubblicata nella G.U. n. 295 del 19 dicembre 1997, dal titolo: "Delega al Governo per l'introduzione dell'Euro"»?
SCARICA IL MODULO PER LA RACCOLTA FIRME
Modulo__1.pdf


Quesito 2 Volete Voi che sia abrogato interamente il dlgs. n 213 del 24 giugno 1998 dal titolo: "Disposizioni per l'introduzione dell'Euro nell'Ordinamento Nazionale a norma dell'art 1 comma 1 della legge 17 dicembre 1997 n. 433", pubblicato nella G.U. n. 157 del 8 luglio 1998 - Supplemento Ordinario n. 116» SCARICA IL MODULO PER LA RACCOLTA FIRME Modulo__2.pdf
I moduli per la raccolta firme dei due quesiti referendari devono essere stampati su carta da 90 gr. ,ogni foglio di quattro facciate, aperto, deve misurare cm 42,6 x cm 30,8 (formato legale) o, solamente per i Comuni, un A3 perfetto. La stampa deve essere di colore nero.

Comunicazione_Digos.doc

autentificazione_firme_cons_com.docx


autentificazione_firme_cons_prov.docx


occupazione_suolo_pubblico.docx


Pubblicato da Nicoletta Forcheri Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest




Reazioni:
 
<LI class="cat-item cat-item-1264196">Covert Operation <LI class="cat-item cat-item-48419">Eurasia <LI class="cat-item cat-item-210045">Difesa <LI class="cat-item cat-item-758">Tecnologia <LI class="cat-item cat-item-7741">Storia <LI class="cat-item cat-item-70990014">Bolivarismo <LI class="cat-item cat-item-2805">Varie ← Russia, Europa e geopolitica dell’energia
Ucraina, i militari leali al popolo abbandonano i golpisti della NATO →

The International parte II: The Offshore Petroleum Standard

marzo 2, 2014 Lascia un commento

Dean Henderson 27 febbraio 2014
Il mercato degli eurodollari controllato da Londra è un veicolo comodo per riciclare gli enormi fondi neri dei petrodollari generati dai Quattro Cavalieri. Un eurodollaro è semplicemente una qualsiasi valuta convertibile esistente in un Paese diverso dal suo Paese di origine. Una caratteristica fondamentale del mercato degli eurodollari è la mancanza di regolamentazione e la segretezza. La forza della sterlina inglese, ingiustificata per motivi puramente economici, ha a che fare con il fondo multi-miliardario in petroeurodollari che Londra attira, in tandem con la serie di banche off-shore nei protettorati inglesi che facilitano il commercio di eurodollari e i mercati di narcotici, diamanti, oro, platino, plutonio e armi. I principali centri bancari offshore come le Isole Cayman, le Bahamas, Bermuda, Turks & Caicos, Antigua, l’isola di Jersey, Isola di Man, Hong Kong, Dubai e Liberia sono tutti sotto il controllo della Corona inglese. La Casa dei Windsor ospita ogni loggia massonica del mondo, sfruttando la segretezza offerta nel guidare i tentativi della nobiltà nera. Gli Stati Uniti hanno miliardi di dollari di debito dovuti al loro esercito spedito in tutto il mondo a proteggere questi monarchi e il loro bottino. Nel Sud-est asiatico la CIA ha protetto e diffuso le rotte dell’oppio della HSBC della Corona. Dopo la guerra del Vietnam, gli investitori internazionali persero fiducia nel dollaro, scommettendo sul fatto che gli Stati Uniti avrebbe avuto difficoltà nel ripagare il loro enorme debito di guerra ai banchieri internazionali. Nel 1968 il presidente francese Charles de Gaulle aggravò la crisi quando chiese pagamenti in oro al posto dei dollari, per protestare contro il coinvolgimento degli Stati Uniti in Vietnam. Quando Nixon fece uscire gli Stati Uniti dal Gold Standard, enormi quantità di capitale fluirono dalle banche statunitensi ai mercati off-shore di Londra degli eurodollari. Il dollaro s’era diffuso in tutto il mondo durante la guerra del Vietnam, creando un enorme eccesso di offerta non compensata da una domanda altrettanto robusta. Alcuni surplus di dollari furono rastrellati attraverso programmi di prestito, organizzati dalle mega-banche statunitensi tramite la vendita di buoni del Tesoro USA, che contribuirono a sostenere il debito degli Stati Uniti. Ma il surplus del debito di guerra e del dollaro costrinsero gli Stati Uniti a perdere il controllo dell’offerta di moneta nazionale e Nixon fu costretto a svalutare il dollaro dell’11% nel 1971. Le perdite continuarono. Nel 1973 Nixon svalutò il dollaro di un altro 6%. Dato che anche le multinazionali statunitensi, come oggi, producevano all’estero la maggior parte dei loro beni per l’esportazione, i prezzi all’importazione salirono e l’inflazione si aggravò. Nixon rispose imponendo controlli sui prezzi, ma le multinazionali deviarono le scarse materie prime, come il grano, nei mercati d’esportazione in cui poter avere maggiori profitti. I banchieri internazionali persero la pazienza con Nixon.
Subito l’esistenza dei nastri del Watergate fu svelata alla stampa dall’informatore della CIA Alexander Butterfield, il cui compito ufficiale era collegare la Casa Bianca al servizio segreto, ufficialmente un ramo della Federal Reserve. Le trascrizioni dei nastri del Watergate furono consegnate ai giornalisti investigativi Bob Woodward e Carl Bernstein del Washington Post da una fonte della Casa Bianca, identificatasi solo come Gola Profonda. I ricercatori concordano sul fatto che Gola Profonda dovesse essere il segretario di Stato Henry Kissinger o il generale Alexander Haig, che sostituì HR Haldeman a capo dello staff di Nixon negli ultimi giorni della presidenza. Haldeman fu licenziato dal capo del servizio segreto Robert Taylor, che ora comanda la rete di sicurezza privata degli interessi economici della famiglia Rockefeller. Kissinger, che ha sposato un’assistente dei Rockefeller e deposita i suoi preziosi documenti presso la Rockefeller Pocantico Hills, immobiliare di New York, raccomandò Haig a successore di Haldeman. Haig più tardi divenne presidente della Chase Manhattan Bank di David Rockefeller. Il direttore della CIA di Nixon, Richard Helms, fu licenziato da vicedirettore operativo della CIA poco prima che il suo ex-presidente Kennedy venisse assassinato. [781] Gli idraulici del Watergate Hunt, Sturgis, Quintero, Barker, Diego e Martinez che causarono le difficoltà di Nixon, erano tutti coinvolti nell’Operazione 40 della CIA, da cui provenivano gli assassini di JFK. Fu Kissinger, non Nixon, che ideò gli idraulici del Watergate quale unità speciale d’indagine della Casa Bianca. Il procuratore generale di Nixon, John Dean, disse più tardi che fu David Rockefeller a suggerire che Kissinger creasse gli idraulici. Nixon usò la collusione di Helms nell’assassinio di JFK per estorcere il sostegno della CIA al CREEP (Comitato per rieleggere il presidente) e utilizzò Haldeman per controllare Helms. Helms affermò che voleva che Nixon “scomparisse”, mentre la CIA si chinò sui nastri forniti da Butterfield, sperando di sapere che la “pistola fumante” potesse essere usata per sbarazzarsi di Nixon, senza un altro bagno di sangue in stile Dallas. L’assistente della Casa Bianca di Nixon, Charles Colson, voleva che il presidente licenziasse Helms e facesse indagare sul “complotto della CIA contro il presidente”. Colson poi disse che Nixon era un prigioniero dei luogotenenti di Rockefeller, Kissinger e Haig, durante gli ultimi mesi della presidenza. [782] Spinsero Nixon a dimettersi. Quando si rifiutò, il presidente del Joint Chiefs of Staff inviò un messaggio ai comandanti delle forze militari statunitensi nel mondo, dichiarando: “Al ricevimento di questo messaggio non sarà più possibile eseguire alcun ordine della Casa Bianca. Accusare ricevuta“. [783] Nixon si dimise cinque giorni dopo. Il massone 33.mo e talpa dell’FBI nella Commissione Warren, Gerald Ford, di una ricca famiglia del Michigan, fu nominato presidente. Il vice-presidente di Ford fu Nelson Rockefeller. Il suo direttore della CIA fu George Bush Sr. Kissinger rimase segretario di Stato, mentre Alexander Haig venne nominato Comandante supremo delle forze alleate della NATO in Europa. Il colpo di palazzo Rockefeller era compiuto.
Petroleum standard
La notte dell’infame massacro di Nixon, quando licenziò Archibald Cox, Elliot Richardson e William Ruckleshaus, solo tre giorni prima i membri dell’OPEC si riunirono a Quwayt City per lanciare l’embargo petrolifero del 1973. Quando ministri del petrolio dell’OPEC si riunirono a Teheran, per discutere dei nuovi prezzi del greggio, il fantoccio di Rockefeller, lo Shah dell’Iran, sostenne l’aumento del prezzo del petrolio. Mentre il re saudita Faisal ordinava la riduzione del 25% delle esportazioni di petrolio del suo Paese, per sostenere l’embargo, lo Shah firmò l’accordo di Teheran, che garantì ai Quattro Cavalieri una quantità illimitata di petrolio. Re Faisal fu assassinato poco tempo dopo. Lo stesso Henry Kissinger si diede da fare creando l’Agenzia internazionale dell’energia, cui i francesi si rifiutarono di aderire definendola una macchina da guerra. [784] La scomparsa di Nixon, l’IAE di Kissinger e l’improvviso desiderio dello Scià di alzare il prezzo del petrolio coincisero con l’introduzione nel 1973 del mercato dei futures petroliferi e il rafforzamento del mercato londinese degli eurodollari. I banchieri internazionali potevano manipolare i prezzi del petrolio attraverso il mercato, mentre incanalarono un nuovo torrente di petrodollari dall’embargo ai paradisi fiscali offshore. Ma come potevano i banchieri internazionali fermare il crollo del dollaro? Kissinger guidò un piano del NSC volto a recuperare 20 miliardi di dollari che gli Stati Uniti spesero in petrolio del Medio Oriente. Questo sforzo dei Rockefeller portò alla riunione del FMI del 1973 a Nairobi, in Kenya, dove i funzionari di Morgan Guaranty Trust convinsero il capo della SAMA, Anwar Ali, a lanciare una banca d’affari saudita con sede a Londra, potendo essere una forza importante nel mercato degli eurodollari. Un secondo incontro voluto dai Rockefeller ebbe luogo a Lagos, in Nigeria nel 1979. Anch’esso coincise con un boicottaggio del petrolio arabo. Il presidente della Federal Reserve Paul Volcker, che in seguito presiedette la Commissione Trilaterale, andò a Lagos e poi a Quwayt City. Istruì i dittatori nigeriani e kuwaitiani a ridurre il prezzo del loro greggio di alta qualità e ad accettare in pagamento solo dollari statunitensi. Il Bonny Light nigeriano è considerato il migliore greggio del mondo, e il Light Sweet Crude del Quwayt divenne il greggio di riferimento per tutto il mondo. Altri Paesi furono costretti alla dollarizzazione dei loro mercati petroliferi. [785]
Il dollaro USA fu salvo. Attraverso i nodi mercantili del petrolio di New York e Londra i banchieri potevano controllare non solo il prezzo del greggio, ma il valore del dollaro, il cui default veniva ancorato al prezzo del greggio. Big Oil smise di reinvestire i proventi del petrolio in Medio Oriente. Invece agli sceicchi del GCC dissero di acquistare certificati di dollari di 20 e 30 anni depositati nelle mega-banche controllate dai Quatto Cavalieri, i cui profitti vengono depositati nelle stesse banche come crediti a nome degli sceicchi. Le banche adottarono la politica del prestito a riserva frazionaria, per cui potevano prestare 1 dollaro ogni 66,6 centesimi coniati. Le banche poterono prestare 60 milioni di dollari ai Paesi latino-americani al costo di soli 70000 dollari annui in pagamenti per gli interessi dei titoli posseduti dagli arabi. Il governatore del Texas John Connolly, i fratelli Hunt e il miliardario saudita sceicco Qalid bin Mahfuz, seppero di questa truffa. Raggiunsero il banchiere inglese Jon May nel tentativo di accaparrarsi il mercato dell’argento e utilizzarne il ricavato per lanciare la Banca del Texas, indipendente dai truffatori della Federal Reserve. May nacque in una famiglia inglese benestante e viaggiò per il mondo creando oltre 4000 conti fiduciari. Scoprì la “piccola intesa” che controllava scambio e tassi d’interesse e le politiche bancarie globali. Scoprì che “il prestito o meno del denaro era controllato del tutto“. [786] Il presidente di Citibank Walter Wriston una volta precisò il gioco pesante svolto dall’intesa quando dichiarò, senza mezzi termini: “Se Exxon paga l’Arabia Saudita 50 milioni di dollari, tutto ciò che accade è che noi addebitiamo l’Exxon e accreditiamo l’Arabia Saudita. Il bilancio della Citibank rimane lo stesso. E se dicono che non gli piacciano le banche americane, saranno messi nel Credit Suisse. Tutto ciò che facciamo è assegnarlo all’Arabia Saudita e accreditarlo al Credit Suisse. Il nostro bilancio rimane lo stesso. Così, quando le persone corrono in attesa che il cielo cada, non c’è alcun modo che il denaro possa lasciare il sistema. E’ un circuito chiuso“. [787] May cercò d’istituire strutture di finanziamento alternative. Venne molestato dalla polizia in tutto il mondo. A Londra fu perseguitato dall’ispettore generale Goldsworthy. Gli mise un uomo alle costole e scoprì che era coinvolto nel traffico di droga. Andò negli Stati Uniti dove fu incarcerato con accuse fasulle. Molti governi del Terzo Mondo, consapevoli della truffa della FED, contattarono May cercando un nuovo modo con cui prendere in prestito denaro. Lo Scià di Persia aveva appena ottenuto l’aiuto di May quando venne estromesso. May dice che lo Scià era in buona salute fin quando fu portato in una base dell’US Air Force. [788]
Il presidente della Deutsche Bank Alfred Herrhausen fu coinvolto nel tentativo del mercato dell’argento e fu subito assassinato. La versione ufficiale della morte segue la formula P-2 e Gladio, fu accusata la fazione Baader-Meinof dell’Armata Rossa della Germania, ma il colonnello degli Stati Uniti ed assistente di Edward Lansdale al Polo Sud, Fletcher Prouty, pensa che Herrhausen sia stato ucciso dalla CIA per volere dei banchieri internazionali. Herrhausen era un sostenitore della remissione del debito del Terzo Mondo. Aveva ideato un piano di riduzione del debito in una riunione di FMI/Banca Mondiale a Washington due mesi prima della morte. Alla riunione Herrhausen imbarazzò il presidente di Citibank Walter Reed, subendo da lui diverse taglienti critiche pubbliche. [789] Un industriale austriaco che lavorò con Jonathan May fu dichiarato pazzo. La CIA addestrò dei mercenari in Belize, molto probabilmente su un terreno di proprietà dell’amico di Bush e socio di Carlos Marcello Walter Mischer, per assassinare il dittatore nigeriano con cui Volcker stipulò un contratto, perché avevano paura che avrebbe parlato. Jonathan May, che rimane in un carcere del Minnesota, dice che questi stessi mercenari addestrati in Belize furono usati per assassinare Herrhausen. [790] Il 3 ottobre 2005, il Wall Street Journal riportò che i sauditi e le altre nazioni del GCC avevano ancora una volta sorpassato la Cina e il Giappone come maggiori acquirenti di titoli del Tesoro degli Stati Uniti, per via del drammatico aumento dei prezzi del petrolio a quasi 70 dollari al barile. L’alto prezzo del petrolio era necessari per sostenere il traballante dollaro degli Stati Uniti? Nel giugno 2007 le sei nazioni del GCC spesero 1600 miliardi dollari in attività estere. Dubai diventava centro finanziario internazionale rivaleggiante con Londra e aveva acquistato le partecipazioni di Standard Charter, HSBC e Bank Veuthes. Halliburton trasferì la propria sede a Dubai, nel 2007.
Eurodollari e debito del Terzo Mondo
Con tutti questi meccanismi in atto, una marea di liquidità in petrodollari scorreva nei mercati off-shore degli eurodollari controllati da Londra, cementando il “rapporto speciale” anglo-statunitense che puntella la Casa di Windsor. L’embargo petrolifero arabo del 1973 fu il colpo di grazia al piano. Nel 1976 l’American Jewish Congress individuò JP Morgan e Citibank nei loro “ruoli cardine nella realizzazione del boicottaggio arabo“. I dirigenti di Chemical Bank e Morgan si batterono duramente contro la legislazione anti-boicottaggio al Congresso. [791] Nel 1963 il mercato degli eurodollari era di circa 148 milioni di dollari. Nel 1982 ne valeva 2000 miliardi di dollari. La capacità delle corporazioni e dei ricchi di nascondere i loro miliardi nei mercati dell’euro è un problema cronico sia per il Tesoro degli Stati Uniti che per le sue controparti del Terzo Mondo. Nel 1950 le società statunitensi coprivano il 26% del prodotto fiscale totale degli Stati Uniti. Nel 1990 ne coprivano solo il 9%, contribuendo al massiccio deficit di bilancio e ai 2400 miliardi di dollari di debito degli Stati Uniti. E’ peggio nei Paesi poveri, che prendono in prestito i soldi degli sceicchi dai banchieri internazionali a tassi d’interesse esorbitanti, per poi guardare impotenti mentre i compari degli oligarchi dell’FMI fanno bottino attraverso gli assalti di bankster tipo BCCI, rinviando il denaro di nuovo nel vortice del grande mercato degli eurodollari. Il New York Times ha stimato che nel 1978-1987, la sola America Latina abbia perso 600-800 miliardi di dollari con tale tipo d’evasione dei capitali, un importo quasi pari al debito combinato del Terzo Mondo. Il grande leader rivoluzionario africano e presidente della Tanzania Julius Nyerere, si chiese, “Dovremmo lasciare che la nostra gente muoia di fame per ripagare i nostri debiti?” La risposta dei banchieri internazionali fu un “sì” inequivocabile. Il loro Club di Roma, tra un caviale e un patè, sostiene lo spopolamento del mondo degli indesiderabili poveri. Nel 1982 il debito estero totale del Terzo Mondo era di 540 miliardi di dollari, il 70% del quale dovuto alle mega-banche occidentali. Le prime nove banche statunitensi detengono un debito del Terzo Mondo al 233% del patrimonio iniziale. Nel 1974-1982 il credito bancario internazionale si moltiplicò per cinque, fino a oltre il trilione di dollari. Gli utili derivanti dal prestito di petrodollari al Terzo Mondo delle sette maggiori banche degli Stati Uniti, andavano dal 22% al 60% dei guadagni totali. Le maggiori vittime furono Argentina, Brasile, Messico e Jugoslavia. [792]
Le banche centrali degli Stati Uniti con il loro denaro formarono la Financial Services Holding Company, presentando il fronte unito del cartello dei creditori verso i debitori del Terzo Mondo. Il suo consiglio comprendeva il presidente della Federal Reserve Allen Greenspan della Morgan Guaranty, John LaWare di Chase Manhattan e William Rhodes di Citigroup. Cartelli simili includono l’Istituto per la Finanza Internazionale, il Club di Parigi e la Banca Mondiale, il cui capro espiatorio FMI sfilò via per imporre le condizioni di prestito dell’oligarchia finanziaria. Se i Paesi non possono rimborsare tali prestiti usurari, le loro risorse sono consegnate alle multinazionali clienti delle banche, come nel caso della crisi del debito messicano del 1995. Le banche virarono milioni di dollari nei loro sforzi ardui per la rinegoziazione del debito dal basso tasso messicano di 50 milioni di dollari. I colossi bancari d’investimento Lehman Brothers, UBS Warburg, Lazard Freres, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Merrill Lynch e CS First Boston presero l’iniziativa nell’ambito del proficuo default, come consulenti dei governi debitori. Quando le prospettive non sembrano rosee per il recupero di crediti in sofferenza, i banchieri hanno l’abitudine di scaricare i loro crediti inesigibili sui contribuenti statunitensi, tramite il Piano Brady, formulato dal segretario del Tesoro di Bush e banchiere di investimenti della Dillon Read, Nicholas Brady. Il Piano Brady comportava un piccolo ripianamento dei debiti dei Paesi debitori del Terzo Mondo, volto ad attrarre nuovi prestiti ad alto tasso d’interesse. Quantità maggiori di debito furono indicati come oneri speciali nei bilanci delle banche, consentendogli di rivendicare enormi vantaggi fiscali come perdita di capitale, mentre da subito le inutili obbligazioni di Brady furono spacciate all’inconsapevole pubblico statunitense.
Il Gold Standard mondiale fu sostituito da quello del petrolio. Secondo il Tesoro degli Stati Uniti, nel 1974-1980 l’OPEC gettò 117 miliardi di dollari nel mercato degli eurodollari. SAMA prestava direttamente alle multinazionali statunitensi. Nel 1975 AT&T ebbe un prestito di 100 milioni dollari dalla Banca Centrale saudita. Il FMI salì sul succulento treno dei petrodollari, prendendo a prestito 10 miliardi di dollari dalla SAMA nel 1980. [793] I banchieri internazionali si muovevano in mare aperto, spesso in joint-venture, per sfruttare la miniera d’oro dei petrodollari che avevano costruito. La Manufacturers Hanover Trust si legò via off-shore alla NM Rothschild & Son. La Chase Manhattan a Deutsche Bank, National Westminster Bank e Mitsubishi Bank per formare l’attore degli eurodollari del Gruppo Bancario Orion. Nel 1982 il mercato dell’euro aveva un patrimonio di 2000 miliardi dollari, mentre negli Stati Uniti, l’offerta di moneta M-1 era pari a 442 miliardi di dollari. Il debito degli Stati Uniti saliva alle stelle, mentre i grassi banchieri dispiegano le forze statunitensi per proteggere la loro “crapulenza”. Un anno dopo gli eventi del 1973, le banche centrali internazionali videro i loro asset aumentare del 72%. [794] L’economista John Maynard Keynes raccomandò la creazione di un “pool internazionale monetario”. Il mercato degli eurodollari offshore è la piscina olimpionica dei banchieri illuminati che vi nuotano.
[781] Plausible Denial: Was the CIA Involved in the Assassination of JFK? Mark Lane. Thunder’s Mouth Press. New York. 1991
[782] The Rockefeller File. Gary Allen. 76’ Press. Seal Beac, CA. 1977. p.175
[783] The Robot’s Rebellion: The Story of the Spiritual Renaissance. David Icke. Gateway Books. Bath, UK. 1994. p.219
[784] The Prize: The Epic Quest for Oil, Money and Power. Daniel Yergin. Simon & Schuster. New York. 1991. p.608
[785] Behold a Pale Horse. William Cooper. Light Technology Press. Sedona, AZ. 1991. p.333
[786] Ibid
[787] The Money Lenders: The People and Politics of the World Banking Crisis. Anthony Sampson. Penguin Books. New York. 1981
[788] Cooper. p.333
[789] “CIA Kills Progressive German Banker”. Executive Intelligence Review. 7-17-92. p.36
[790] Cooper. p.333
[791] The House of Morgan. Ron Chernow. Atlantic Monthly Press. New York. 1990. p.609
[792] The Confidence Game: How Un-Elected Central are Governing the Changed World Economy. Steven Solomon. Simon & Schuster. New York. 1995. p.194
[793] The World’s Money: International Banking from Bretton Woods to the Brink of Insolvency. Michael Moffitt. Simon & Schuster. New York 1983 p.126
[794] Hot Money and the Politics of Debt. R.T. Naylor. The Linden Press/Simon & Schuster. New York. 1987. p.50
Dean Henderson è autore di cinque libri: Big Oil & Their Bankers in the Persian Gulf: Four Horsemen, Eight Families & Their Global Intelligence, Narcotics & Terror Network, The Grateful Unrich: Revolution in 50 Countries, Das Kartell der Federal Reserve, Stickin’ it to the Matrix & The Federal Reserve Cartel. Iscrivetevi al suo sito DeanHenderson.wordpress
 
hsbc e la massoneria della zio d ighilterra a chi risponde?eh ....................cercatevi un discorso di 2 annetti fa alla camera dei lord,sono caduti gli stucchi dai muri:D:D:D:D:D:D:D:D:D
 
Ultima modifica:

Users who are viewing this thread

Back
Alto