Claire
ἰοίην
... e porto con me tantissime cose belle e tanta emozione.
Sono rimasta a bocca aperta davanti all'opera di Giovanni Pisano nel Duomo, ho contato tutti i 296 gradini che portano in cima alla torre pendente, ammirato l'arte pisana del medioevo in un piccolo museo, apprezzato la perfezione delle forme nel Battistero che permettono un gioco dell'eco incredibile e navigato sull'Arno in una torrida giornata estiva a Pisa, nonché (cosa assolutamente gradita) fatto la pipì gratis nel bagno di una delle Piazze più famose al mondo.
Ho respirato aria di fiaba e di meraviglia a San Galgano, visitando le rovine della vecchia abbazia e l'eremo del Santo e chissà se erano l'intenso profumo di tigli e/o il silenzio quasi irreale, e/o il fatto che tante meraviglie fossero quasi del tutto libere dal chiasso e dal movimento turistico, a farmi sembrare veramente immersa in una leggenda, tanto che, alla vista della Spada nella roccia, non ho potuto fare a meno di provare il desiderio di allungare una mano verso l'elsa, per provare ad estrarre l'arma dalla pietra e diventare, così, una Regina.
Ho visto una cittadina piena di spiritualità e di azzurro: Bolsena. Per me sarà sempre una città "azzurra".
Azzurre erano moltissime delle centinaia di ortensie che bordano vialetti, piazze, aiole... Azzurro era il Lago, azzurro il profilo delle colline tutte attorno, azzurro il cielo limpidissimo e luminoso e il muretto che costeggia uno dei piccoli moli e sul quale ho camminato nel sole e nel vento.
A Bolsena ci sono delle cose che non sapevo nemmeno esistessero.
Ci sono le reliquie di Santa Cristina.
Non sapete chi fosse Santa Cristina? Nemmeno io lo sapevo. Quando aveva 12 anni, poiché si era convertita al cristianesimo e la buonanima di suo padre non era d'accordo, dopo averla sottoposta a molte torture dalle quali lei si era sempre salvata per intervento divino, decise di metterle una pietra al collo e di annegarla nel Lago. Ma Dio fece diventare la pietra leggera e galleggiante così la ragazzina ci si mise in piedi e si salvò di nuovo.
In una chiesa c'è, pensate un po', la pietra della storia con impresse le impronte di due piedini: quelli di Santa Cristina.
E ci sono anche delle lastre di marmo del pavimento della chiesa nella quale avvenne il "Miracolo di Bolsena".
Ho deciso che il Miracolo di Bolsena sarà per sempre il mio miracolo preferito :Y
E' grazie a quel miscredente che, tantissimi secoli fa, si domandò se l'ostia fosse davvero il corpo di Cristo che venne deciso di costruire il Duomo di Orvieto, per celebrare il miracolo che avvenne in quell'occasione: l'ostia sanguinò, dimostrando così di essere veramente il corpo di Cristo, macchiando il lino della veste di colui che la reggeva (non ricordo il nome, sorry) e alcune pietre del pavimento della chiesa che sono conservate a Bolsena.
Dopo aver visto Bolsena, con la chiesa di cui parlavo, con il miracolo, le macchie di sangue e la consapevolezza che poi venne ordinato di costruire il Duomo di Orvieto e istituita la festa del Corpus Domini, non si può non andare a Orvieto
A Orvieto, mi sono convertita allo stile gotico.
Dopo 37 anni di marcata preferenza per lo stile romanico (o forse meno, sono quasi sicura che fino ai miei 15 anni, anche inconsapevolmente, io amassi lo stile gotico ), dopo Orvieto e il suo Duomo, sono decisamente una fervente ammiratrice del gotico italiano.
Uno dice: "No, no, per carità... la santità, la solennità, il culto autentico si esprimono meglio con la linearità, la semplicità, l'essenzialità del romanico... che cosa sono tutte queste colonnine ritorte, queste guglie che sembrano pizzi, questi soffitti così alti, queste linee puntate altissime verso il cielo, questi mosaici, questi archi a sesto acuto, queste trifore....?"
Eh... cosa sono?
Sono la spinta verso l'eterno. Sono la pulsione verso le altezze divine. Sono la leggerezza del cielo. Sono le porte di un paradiso cui non credo ma del quale ho respirato la speranza.
Si vede il Duomo di Orvieto e improvvisamente si sente tutta la religiosità fortissima del periodo in cui fu costruito.
La si sente addosso, intorno, ovunque. Si ha la consapevolezza di stare ammirando un autentico capolavoro artistico e già questo emoziona al punto da restare senza fiato, ma quando si entra... E' indescrivibile l'emozione che si prova. Si sente tutta la santità del posto, ci si sente proiettati verso l'alto, leggeri e sottili come le decorazioni, le cancellate, le guglie... Il colpo di grazia, nella nicchia del Transetto nella quale è conservato il lino macchiato di sangue di cui parlavo.
Là, davanti a quel pezzettino di stoffa, crollano le gambe, l'emozione diventa tanto grande (anche per chi non crede, giuro), che DEVE uscire all'esterno, altrimenti ti scoppia il cuore.
Dicono che mi sia scesa una lacrima furtiva lungo una guancia, per la commozione, mentre tornavo verso l'uscita, con lo sguardo puntato verso l'alto, al soffitto decorato.
Ma la cosa più incredibile di Orvieto è che non c'è solo il Duomo a dare i brividi
C'è anche un pozzo che ha, pensate, 25 secoli di storia.
Io l'ho visto.
E sono stata nella vecchia città, ora sotto terra che era stata prima etrusca e poi medievale.
Mi sono sentita tanto privilegiata ad aver visto tante cose incredibili (anche le maioliche del medioevo orvietano) che ho deciso che avrei comprato dei regalini alle mie nipotine e al piccolo in arrivo a fine mese, proprio a Orvieto: sono sicura che sono regali speciali.
Ho anche camminato su un lungo ponte sospeso nel cielo, verso la "Città che muore" (Civita di Bagnoregio), con il desiderio di diventare un'aquila, aprire le ali e volare lanciandomi dal ponte.
Io non sapevo nemmeno che esistesse Civita di Bagnoregio.
Claire, Claire, ma dov'eri? Come potevi NON sapere che esiste simile posto? Come si può non sapere che esiste una cittadina costruita su una roccia di tufo che si sta disgregando, costringendo così i cittadini ad abbandonarla e rendendola accessibile alle persone solo attraversando un ponte a piedi o a dorso di mulo, costruito in mezzo al cielo?
Civita di Bagnoregio è tutta di un solo colore, quello del tufo e non ci sono ovviamente, macchine.
Sembra un posto inventato apposta per i turisti, tanto è particolare e invece no (e, come Bolsena e San Galgano e anche Orvieto, era silenziosissimo e poco frequentato, chissà come mai). Camminando per le stradine mi immaginavo la gente che ci viveva tanto tempo fa.
Ci sono moltissimi gatti e moltissimi negozietti caratteristici.
La cosa più bella sono i paesaggi e gli strapiombi, quando ti affacci e vedi solo cielo e, molto, ma molto sotto, anche il verde della boscaglia.
Ho trovato un'azienda agricola che produce anche prodotti cosmetici totalmente cruelty free. Ho fatto incetta, lo potete immaginare, di sapone, crema e cosucce simili
Siccome a Civita di Bagnoregio sono tutti gentili, le persone dalle quali ho comprato le cose che dicevo mi hanno dato la chiave del loro giardino, quello dove coltivano molte delle piante officinali che usano per i loro prodotti.
Siccome io sono sempre interessata a queste cose e siccome il giardino aveva l'evocativo nome di "Giardino dei Poeti", ci sono andata volentierissimo.
Era proprio un posto poetico
Silenzioso, in fondo al paese a strapiombo su un paesaggio mozzafiato e profumatissimo.
Una farfalla, mentre sedevo immobile, vicino ad un'aiola con almeno 5 specie di menta diverse, mi si è posata sul ginocchio.
E infine ho visto il mare di Maremma che non ha nulla da invidiare a nessun altro mare, tranne che per la folla che detesto con tutta l'anima
Però c'erano i granchi (che un brutto uomo cattivo pescava per mangiarseli, descrivendo con dovizia di particolari come ucciderli al meglio ), i pesci, le meduse e... le STELLE MARINE!
Ne abbiamo trovate DUE!!!!!
Erano vive. Io non ci credevo, quando ho visto la prima. Non ne avevo mai vista una viva, così grande, per giunta (grande come la mano di mia figlia).
La prima era a 5 punte, bianca con l'interno di un delicato color pesca. Era perfetta, simmetrica, regolare, splendida.
La seconda, arancione e bianca, a 7 braccia, meno "perfetta", ma più tenace (anche le stelle marine hanno il loro carattere) e più vivace.
Le abbiamo tenute nel secchiello (a turno dei due figli, per non far torto a nessuno) per un po' e poi le abbiamo liberate.
Ho fatto delle orribili foto col telefonino, ma non ho il bluetooth e non so se riesco, in qualche modo, a pubblicarle.
Ero a bocca aperta di fronte alle stelline.
Sono animali bellissimi.
E poi ho avuto altri momenti che ho goduto appieno con tutte le molecole del mio essere, ma tanto piccoli e a volte tanto fugaci da risultare indescrivibili. Ero aperta e disponibile al bello e quindi ne ho colto molti aspetti nelle atmosfere, in certi colori, nella luminosità, nella gentilezza delle persone, in alcuni odori, nei bambini e nei loro gesti, nelle loro parole e nei loro giochi (non solo i miei bambini), nei sapori....
Taccio sulle ombre, sui desideri rimasti tali, sulle frustrazioni e sulle cose meno belle, come gli incontri ravvicinati con le meduse, i gomiti lussati e i polsi distorti
Auguratemi che domani non si muoia dal caldo, che nella mia scatoletta azzurra manca l'aria condizionata e non vorrei star male come all'andata.
Non sia mai che 400 km roventi mi annullino, in un istante, tutto il bello che mi porto dentro.
Sono rimasta a bocca aperta davanti all'opera di Giovanni Pisano nel Duomo, ho contato tutti i 296 gradini che portano in cima alla torre pendente, ammirato l'arte pisana del medioevo in un piccolo museo, apprezzato la perfezione delle forme nel Battistero che permettono un gioco dell'eco incredibile e navigato sull'Arno in una torrida giornata estiva a Pisa, nonché (cosa assolutamente gradita) fatto la pipì gratis nel bagno di una delle Piazze più famose al mondo.
Ho respirato aria di fiaba e di meraviglia a San Galgano, visitando le rovine della vecchia abbazia e l'eremo del Santo e chissà se erano l'intenso profumo di tigli e/o il silenzio quasi irreale, e/o il fatto che tante meraviglie fossero quasi del tutto libere dal chiasso e dal movimento turistico, a farmi sembrare veramente immersa in una leggenda, tanto che, alla vista della Spada nella roccia, non ho potuto fare a meno di provare il desiderio di allungare una mano verso l'elsa, per provare ad estrarre l'arma dalla pietra e diventare, così, una Regina.
Ho visto una cittadina piena di spiritualità e di azzurro: Bolsena. Per me sarà sempre una città "azzurra".
Azzurre erano moltissime delle centinaia di ortensie che bordano vialetti, piazze, aiole... Azzurro era il Lago, azzurro il profilo delle colline tutte attorno, azzurro il cielo limpidissimo e luminoso e il muretto che costeggia uno dei piccoli moli e sul quale ho camminato nel sole e nel vento.
A Bolsena ci sono delle cose che non sapevo nemmeno esistessero.
Ci sono le reliquie di Santa Cristina.
Non sapete chi fosse Santa Cristina? Nemmeno io lo sapevo. Quando aveva 12 anni, poiché si era convertita al cristianesimo e la buonanima di suo padre non era d'accordo, dopo averla sottoposta a molte torture dalle quali lei si era sempre salvata per intervento divino, decise di metterle una pietra al collo e di annegarla nel Lago. Ma Dio fece diventare la pietra leggera e galleggiante così la ragazzina ci si mise in piedi e si salvò di nuovo.
In una chiesa c'è, pensate un po', la pietra della storia con impresse le impronte di due piedini: quelli di Santa Cristina.
E ci sono anche delle lastre di marmo del pavimento della chiesa nella quale avvenne il "Miracolo di Bolsena".
Ho deciso che il Miracolo di Bolsena sarà per sempre il mio miracolo preferito :Y
E' grazie a quel miscredente che, tantissimi secoli fa, si domandò se l'ostia fosse davvero il corpo di Cristo che venne deciso di costruire il Duomo di Orvieto, per celebrare il miracolo che avvenne in quell'occasione: l'ostia sanguinò, dimostrando così di essere veramente il corpo di Cristo, macchiando il lino della veste di colui che la reggeva (non ricordo il nome, sorry) e alcune pietre del pavimento della chiesa che sono conservate a Bolsena.
Dopo aver visto Bolsena, con la chiesa di cui parlavo, con il miracolo, le macchie di sangue e la consapevolezza che poi venne ordinato di costruire il Duomo di Orvieto e istituita la festa del Corpus Domini, non si può non andare a Orvieto
A Orvieto, mi sono convertita allo stile gotico.
Dopo 37 anni di marcata preferenza per lo stile romanico (o forse meno, sono quasi sicura che fino ai miei 15 anni, anche inconsapevolmente, io amassi lo stile gotico ), dopo Orvieto e il suo Duomo, sono decisamente una fervente ammiratrice del gotico italiano.
Uno dice: "No, no, per carità... la santità, la solennità, il culto autentico si esprimono meglio con la linearità, la semplicità, l'essenzialità del romanico... che cosa sono tutte queste colonnine ritorte, queste guglie che sembrano pizzi, questi soffitti così alti, queste linee puntate altissime verso il cielo, questi mosaici, questi archi a sesto acuto, queste trifore....?"
Eh... cosa sono?
Sono la spinta verso l'eterno. Sono la pulsione verso le altezze divine. Sono la leggerezza del cielo. Sono le porte di un paradiso cui non credo ma del quale ho respirato la speranza.
Si vede il Duomo di Orvieto e improvvisamente si sente tutta la religiosità fortissima del periodo in cui fu costruito.
La si sente addosso, intorno, ovunque. Si ha la consapevolezza di stare ammirando un autentico capolavoro artistico e già questo emoziona al punto da restare senza fiato, ma quando si entra... E' indescrivibile l'emozione che si prova. Si sente tutta la santità del posto, ci si sente proiettati verso l'alto, leggeri e sottili come le decorazioni, le cancellate, le guglie... Il colpo di grazia, nella nicchia del Transetto nella quale è conservato il lino macchiato di sangue di cui parlavo.
Là, davanti a quel pezzettino di stoffa, crollano le gambe, l'emozione diventa tanto grande (anche per chi non crede, giuro), che DEVE uscire all'esterno, altrimenti ti scoppia il cuore.
Dicono che mi sia scesa una lacrima furtiva lungo una guancia, per la commozione, mentre tornavo verso l'uscita, con lo sguardo puntato verso l'alto, al soffitto decorato.
Ma la cosa più incredibile di Orvieto è che non c'è solo il Duomo a dare i brividi
C'è anche un pozzo che ha, pensate, 25 secoli di storia.
Io l'ho visto.
E sono stata nella vecchia città, ora sotto terra che era stata prima etrusca e poi medievale.
Mi sono sentita tanto privilegiata ad aver visto tante cose incredibili (anche le maioliche del medioevo orvietano) che ho deciso che avrei comprato dei regalini alle mie nipotine e al piccolo in arrivo a fine mese, proprio a Orvieto: sono sicura che sono regali speciali.
Ho anche camminato su un lungo ponte sospeso nel cielo, verso la "Città che muore" (Civita di Bagnoregio), con il desiderio di diventare un'aquila, aprire le ali e volare lanciandomi dal ponte.
Io non sapevo nemmeno che esistesse Civita di Bagnoregio.
Claire, Claire, ma dov'eri? Come potevi NON sapere che esiste simile posto? Come si può non sapere che esiste una cittadina costruita su una roccia di tufo che si sta disgregando, costringendo così i cittadini ad abbandonarla e rendendola accessibile alle persone solo attraversando un ponte a piedi o a dorso di mulo, costruito in mezzo al cielo?
Civita di Bagnoregio è tutta di un solo colore, quello del tufo e non ci sono ovviamente, macchine.
Sembra un posto inventato apposta per i turisti, tanto è particolare e invece no (e, come Bolsena e San Galgano e anche Orvieto, era silenziosissimo e poco frequentato, chissà come mai). Camminando per le stradine mi immaginavo la gente che ci viveva tanto tempo fa.
Ci sono moltissimi gatti e moltissimi negozietti caratteristici.
La cosa più bella sono i paesaggi e gli strapiombi, quando ti affacci e vedi solo cielo e, molto, ma molto sotto, anche il verde della boscaglia.
Ho trovato un'azienda agricola che produce anche prodotti cosmetici totalmente cruelty free. Ho fatto incetta, lo potete immaginare, di sapone, crema e cosucce simili
Siccome a Civita di Bagnoregio sono tutti gentili, le persone dalle quali ho comprato le cose che dicevo mi hanno dato la chiave del loro giardino, quello dove coltivano molte delle piante officinali che usano per i loro prodotti.
Siccome io sono sempre interessata a queste cose e siccome il giardino aveva l'evocativo nome di "Giardino dei Poeti", ci sono andata volentierissimo.
Era proprio un posto poetico
Silenzioso, in fondo al paese a strapiombo su un paesaggio mozzafiato e profumatissimo.
Una farfalla, mentre sedevo immobile, vicino ad un'aiola con almeno 5 specie di menta diverse, mi si è posata sul ginocchio.
E infine ho visto il mare di Maremma che non ha nulla da invidiare a nessun altro mare, tranne che per la folla che detesto con tutta l'anima
Però c'erano i granchi (che un brutto uomo cattivo pescava per mangiarseli, descrivendo con dovizia di particolari come ucciderli al meglio ), i pesci, le meduse e... le STELLE MARINE!
Ne abbiamo trovate DUE!!!!!
Erano vive. Io non ci credevo, quando ho visto la prima. Non ne avevo mai vista una viva, così grande, per giunta (grande come la mano di mia figlia).
La prima era a 5 punte, bianca con l'interno di un delicato color pesca. Era perfetta, simmetrica, regolare, splendida.
La seconda, arancione e bianca, a 7 braccia, meno "perfetta", ma più tenace (anche le stelle marine hanno il loro carattere) e più vivace.
Le abbiamo tenute nel secchiello (a turno dei due figli, per non far torto a nessuno) per un po' e poi le abbiamo liberate.
Ho fatto delle orribili foto col telefonino, ma non ho il bluetooth e non so se riesco, in qualche modo, a pubblicarle.
Ero a bocca aperta di fronte alle stelline.
Sono animali bellissimi.
E poi ho avuto altri momenti che ho goduto appieno con tutte le molecole del mio essere, ma tanto piccoli e a volte tanto fugaci da risultare indescrivibili. Ero aperta e disponibile al bello e quindi ne ho colto molti aspetti nelle atmosfere, in certi colori, nella luminosità, nella gentilezza delle persone, in alcuni odori, nei bambini e nei loro gesti, nelle loro parole e nei loro giochi (non solo i miei bambini), nei sapori....
Taccio sulle ombre, sui desideri rimasti tali, sulle frustrazioni e sulle cose meno belle, come gli incontri ravvicinati con le meduse, i gomiti lussati e i polsi distorti
Auguratemi che domani non si muoia dal caldo, che nella mia scatoletta azzurra manca l'aria condizionata e non vorrei star male come all'andata.
Non sia mai che 400 km roventi mi annullino, in un istante, tutto il bello che mi porto dentro.