E' NEL MOMENTO DELLE DECISIONI CHE SI PLASMA IL TUO DESTINO

Politica.
Fassino ... toc toc.....ci sei ? ce la fai ?

Quella dell'ex villaggio olimpico di Torino è una situazione che ha dell'incredibile

Le case che hanno ospitato gli atleti, tutto quello che rimane del sogno a cinque cerchi è diventata la casa di circa mille immigrati.

Il villaggio olimpico di Torino
A documentare questa ennesima assurda situazione è un video-servizio del programma di Rete4, Dalla vostra parte.
L'inviata si è recata nel villaggio olimpico e ha provato a parlare con alcuni dei migranti, che però l'hanno cacciata via perché "qui comandiamo noi".
Non lo Stato italiano. Non la legalità. Ma l'immigrazione.

Quella zona è anche una centrale dello spaccio nel capoluogo piemontese.
I residenti lo hanno visto e sopportano male la situazione.
Le case sono occupate.

"Non è giusto che un centro per lo sport europeo - dice un residente - sia occupato e distrutto da questi immigrati".

Che ai microfoni di Rete4 hanno accusato gli italiani: "Quello che vedete è colpa vostra. Andate via, tornate a casa vostra".
Come se non fossimo in Italia.
 
Politica ....di cattivo gusto.

“Mi chiamo Riccardo. Quella vicino a me nel mio letto a farmi le coccole è la mia mamma.
Sono un ragazzino disabile. Non parlo, non cammino, non posso fare nulla in autonomia. Sono fortunato anche perché vivo a Torino, città governata da cinque anni da Piero Fassino, attento e sensibile alle situazioni come la mia”. A scriverlo su Facebook è Maurizia Rebola madre di un disabile di 14 anni e direttrice del Circolo dei Lettori di Torino, una delle iniziative culturali più importanti del capoluogo piemontese. “Mi auguro che Fassino possa continuare a essere il nostro sindaco, - si legge ancora nel post - perché io e la mamma ci fidiamo molto di lui. Con Piero Fassino siamo in buone mani! Se potessi votare, al ballottaggio sceglierei FASSINO!”.

Poche ore dopo la pubblicazione del messaggio, accompagnato da una foto della madre accanto al figlio sorridente, sono partiti gli insulti rivolti alla Rebola, compagna di Valerio Saffirio, spin doctor di Fassino.
Questo particolare è stato il motivo principale delle critiche ricevute sul profilo di Riccardo.
“Tuo marito porta a casa lo stipendio da Fassino e tu fai finta di essere una mamma come le altre, che dice quanto bravo è il sindaco”, scrive un utente,
mentre un altro commenta: “Senza parole, come lo è anche l’ignaro Riccardo. Che vergogna fare campagna elettorale con una persona incapace di intendere e di volere”.
 
Il sindaco di Londra Sadiq Khan ha vietato la pubblicità di un integratore proteico divenuta famosa per i cartelloni con una ragazza in bikini che da oltre un anno tappezzano stazioni e mezzi pubblici della città.

"da padre di due ragazze adolescenti", si è detto "estremamente preoccupato che questo tipo di réclame possa umiliare quelle persone,
e in particolare le donne, facendole vergognare del proprio corpo. Era tempo di finirla."

"Londra è già pronta per la sharia?", si legge su Twitter.
 
Magistratura
Il calendario, a Ostia, è tornato indietro.
Al 2010, quando il tribunale di Roma assolse gli eredi della banda della Magliana dall’accusa di associazione mafiosa, smontando l’operazione “Anco Marzio”.

Tutto, tre anni dopo, sembrava essere cambiato. Fine luglio 2013, la squadra mobile chiude l’operazione “Nuova Alba”, con 51 arresti.
Torna, dopo anni, l’accusa di associazione mafiosa per il popoloso municipio romano, cuore del litorale degli stabilimenti milionari, dei palazzoni popolari e del traffico di droga che non si ferma mai.
Tornano i nomi che tutti conoscono: i Fasciani, guidati da Carmine, detto “Romoletto”, i Triassi, siciliani alleati con le famiglie che contano.
E poi – con operazioni successive – il clan Spada, parenti diretti dei Casamonica.

Gruppi, cartelli, sinergie criminali, che nel tempo si sono incrociate con quel che rimaneva della banda della Magliana.
 
:dietro:
Quell’ipotesi accusatoria di associazione mafiosa – arrivata al termine di indagini partite da un pacco bomba – resse davanti al riesame e di fronte al Tribunale di primo grado.
Era il segno di una svolta epocale per Roma, città che i processi per 416 bis li aveva visti solo in televisione, rincuorata per decenni dalla favola della “mafia non esiste, sono solo bande criminali”.

Ed era anche il preludio della rivoluzione copernicana di Mafia capitale, ovvero il riconoscimento di quel “mondo di mezzo” fatto di estorsioni, vicinanza con il potere, diffusione capillare di usura e controllo del territorio. Un milieu la cui essenza usciva dalla definizione storica di strafottenza alla romana, o di “batterie” criminali isolate.

Quell’accusa è caduta ieri davanti alla seconda sezione della corte d’appello di Roma, che ha in buona parte riformato la sentenza di primo grado contro il gruppo Fasciani-Triassi,
assolvendo – perché il fatto non sussiste – tutti gli imputati dalle accuse di associazione mafiosa.

La lunga serie di estorsioni, gambizzazioni, affari sporchi sulle spiagge, intimidazioni, perfino il condizionamento sull’amministrazione pubblica sono episodi da delinquenza di piccolo cabotaggio.
Una semplice associazione per delinquere.
 
Ci aveva pensato l’avvocato Giosuè Naso – legale nel processo Mafia Capitale di Massimo Carminati – a porre il collegio di fronte a una scelta pesante:

“Noi aspettiamo la vostra sentenza con attenzione, perché vogliamo vedere se questo collegio sarà nelle condizioni di emettere una sentenza politicamente scorretta”, aveva detto nella sua arringa.

Per poi aggiungere una buona dose di veleno contro i magistrati (“Il processo Fasciani fa parte di una operazione, con una regia inequivoca del nuovo procuratore della repubblica di Roma Pignatone”)
e contro i giornalisti, chiamando il cronista dell’Espresso Lirio Abbate di “De-Lirio”.

Il legale di Carminati aveva puntato molte carte su questa sentenza, sapendo bene che sconfessare il collegio che ha riconosciuto in primo grado l’associazione mafiosa per il clan Fasciani
poteva dare un grande vantaggio – almeno psicologico – sul processo madre, quello di Mafia Capitale: i giudici che oggi stanno vagliando la posizione di Carminati e soci sono gli stessi.

Dunque la partita giocata in corte d’appello era in fondo più grande.
E la sentenza è arrivata alla vigilia di un’udienza chiave, quando nell’aula bunker di Rebibbia inizieranno a deporre i collaboratori di giustizia che hanno dato impulso all’inchiesta sul “mondo di mezzo”.
 
FISCO
E’ stato pubblicato nella “Gazzetta Ufficiale” n. 136 del 13 giugno 2016 il Dpcm del 24 maggio 2016 che concede la proroga della scadenza del 730/2016 al 22 luglio 2016, anziché il 7 luglio.

Più precisamente la proroga riguarda i termini previsti per lo svolgimento delle attività di assistenza fiscale nell’anno 2016, per i CAF, dipendenti e i professionisti abilitati.
La proroga riguarda anche la presentazione diretta del 730 precompilato, mentre non riguarda invece la presentazione da parte del contribuente del 730 ordinario al CAF o al professionista abilitato.

Che significa? Che con la proroga dal 7 al 22 luglio 2016 viene concesso ulteriore tempo a CAF e professionisti per trasmettere le dichiarazioni fiscali.
Potranno farlo entro il 22 luglio, invece che entro il 7 luglio, ma solo se entro questa data trasmettono almeno l’80% delle dichiarazioni.

Mentre per i contribuenti che si rivolgono al CAF o al professionista abilitato, il termine ultimo è sempre il 7 luglio.

Se invece, il contribuente non si rivolge al CAF o al professionista, ma invia il 730 precompilato personalmente, allora la nuova scadenza è il 22 luglio 2016.
 
Magistratura selvaggia :clapclap::clapclap::clapclap:

ROMA – Tavolino selvaggio vince in aula e a Roma bar e ristoranti del centro potranno reimpadronirsi, riprendersi quanta parte di piazze e strade pare e piace ai loro gestori.

Con il timbro della legge, anzi con buonissima sentenza del Tar del Lazio, chi si era allargato con le sue sedie e tavoli e gazebo e stufe sulla strada e sulla piazza pubblica a misura del suo budget e delle sue voglie,
potrà continuare a farlo dopo aver subito l’ingiustizia del restringimento coatto.
Coatto e illegale, perpetrato non a fil di codice da pericolosi soggetti quali il Ministero dei Beni Culturali, il Comune di Roma e la Regione Lazio.

I pensosi e vigilanti giudici del Tar cui Tavolino Selvaggio era puntualmente ricorso per vedere riconosciuti i suoi diritti a fare come gli pare,
hanno sentenziato che la revoca delle autorizzazioni e la marcia indietro di tavoli e sede e gazebo e stufe e tettoie dal suolo pubblico non s’aveva e non s’ha da fare.

Perché? Ma come perché, ma che domanda!
Manca secondo Il Tar “l’intesa tra l’Autorità statale e le Autorità Territoriali nell’adozione della misura del divieto di occupazione…Il Ministero ha interferito sull’organizzazione del Centro Storico senza coinvolgere le locali autorità…esorbitando alle competenze del Ministero stesso, inerenti alla sola tutela del bene culturale…”.

Bonissima sentenza, non c’è dubbio.
Basata sull’assenza di intesa, accordo, tra Ministero dei Beni Culturali (si faccia i fatti suoi, il panorama urbano di Roma non è cultura) e Comune, Regione e autorità locali.

Dunque Comune e Regione erano contro la ritirata di tavolino Selvaggio…Neanche per sogno.
La mancanza di intesa, l’intesa mancata che il Tar scova è quella burocratica e formale, hanno trovato un pezzo di carta che mancava
e forte è la sensazione che abbiano trovato quello che cercavano (un pezzo di carta mancante in Italia c’è sempre).
 
TIFOSI

PARIGI – Ubriachi e in galera gli inglesi. Nemmeno un arresto fra i russi, “addestratissimi” secondo il procuratore di Marsiglia che ha riferito oggi sugli scontri di sabato fra hooligans.
Un commando di 150 russi lucidi e in grado di colpire e fuggire, tanto che a differenza degli inglesi, non si sono fatti prendere.

Perché, come scrivono ormai in tanti, prima di partire per la Francia si sono sottoposti a una preparazione di stampo militare:
addestramenti veri e propri nei boschi, organizzazione di tattiche di guerriglia, capacità di sparire subito dopo gli agguati.
Senza lasciare traccia. Una sorta di mimetizzazione nell’ambiente in cui decidono di sfogare la propria violenza.
 

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