Eni...Dogs and Horses, for pussy's lovers only - Cap. 3

bella mo
la zolletta di zucchero nel bicchiere di veleno...cnel...
come dargli torto
bastava una leggina per tagliarlo
bravo di ma
 
direi che FREE STATE OF JONES ci cada proprio a fagiuolo:up:

me lo riguardo in itaGliano

notte
 
il punto...
e lo si ripete da tanto...troppo tempo

il punto è che se nn sei competente...se nn sei preparato...
puoi altro che scrivere leggi coi piedi che inevitabilmente ti verranno bocciate o sospese...

Banche popolari, Consiglio di Stato sospende attuazione della riforma. Nel mirino i paletti al diritto di recesso - Il Fatto Quotidiano

ergo
si vuole stravolgere la costituzione
si vogliono bypassare gli organi di controllo
solo e soltanto per bypassare la propria manifesta incompetenza
o
solo e soltanto per farci ingoiare ogni tipo di porcata il giorno dopo che gli organi di controllo saranno stati eliminati

.

buona domenica
 
buongiorno

vado a votare

e voterò per la memoria di mio nonno

e voterò per il futuro di mio figlio

Non ho nessun vantaggio da ottenere, solo la difesa di quel nobile pezzo di Carta(cit)

buon voto

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Massoni terroristi, quella dell’élite è una religione segreta
03/12 •

C’era una volta il massone. Un giorno indossò il cappuccio ma dimenticò squadra e compasso, fino a diventare qualcos’altro. Un paramassone: non più un iniziato che cerca la divinità, ma un contro-iniziato che si crede Dio. Sembra una fiaba nera, ma sta dando spettacolo: la grande crisi e il grande terrorismo non sono che due facce, entrambi atroci, dello stesso show. Ed è così potente, l’incantesimo, da incrinare la storia, compromettendo la pace sin dal dopoguerra, già da Yalta, quando i massoni Roosevelt e Churchill – insieme a Stalin – non accordano ai palestinesi la nascita di un loro Stato, in equilibrio col futuro Stato ebraico, innescando così il provvidenziale focolaio da cui nascerà il primo terrorismo dell’Olp. Quando il miracolo economico travolge anche l’Italia, spalancando orizzonti impensabili, viene fermato e “sacrificato” l’uomo che meglio incarnava un possibile futuro democratico anche per gli arabi, Enrico Mattei. Se ancora l’Europa crede in un modello diverso, democratico, in Svezia viene prontamente ucciso l’apostolo del welfare, Olof Palme. E in Israele finisce assassinato Rabin, colpevole di aver costruito una vera pace geopolitica, che coincide con «una autentica pax massonica». Morte a Rabin, dunque, perché l’odio deve continuare a vincere. Fino a quando?
Può sembrare incredibile, ma Gianfranco Carpeoro – l’autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la matrice massonica della “sovragestione” del terrorismo, attraverso élite che controllano servizi segreti – sostiene che, in fondo, la colpa è nostra. O meglio: la nostra ignoranza consente al super-potere di manipolarci indisturbato, costruendo mostri. Capeoro cita il suo antico maestro, Francesco Saba Sardi, grande intellettuale inserito dal Quirinale tra le più eminenti personalità culturali della storia italiana: nel mini-saggio “Istituzione dell’ostilità”, riportato testualmente nel libro di Carpeoro, Saba Sardi (traduttore di Borges, Simenon, Pessoa, Joyce e Garcia Marquez, nonché biografo di Picasso) sostiene che solo la nostra disponibilità all’odio ci rende inconsapevoli “soldati” della causa altrui, nient’altro che docili strumenti. Siamo pigri, non ci accorgiamo di vivere in un Truman Show. Prendiamo per buono perfino l’Isis, il cui capo – il “califfo”Abu-Bakr Al Baghdadi – fu stranamente liberato nel 2009 dal centro di detenzione di Camp Bucca, in Iraq, dopo esser stato affiliato alla Ur-Lodge “Hathor Pentalpa”, nella quale (secondo Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni”) hanno militato George W. Bush e Condoleezza Rice, il politologo Michael Ledeen, Nicolas Sarkozy, Tony Blair, il leader turco Erdogan.
Impressionante, nella ricostruzione di Carpeoro, l’affollamento dei messaggi simbolici che “firmano” i recenti attentati in Francia, affidati a manovalanza islamista: se la strage del Batalclan (13 novembre) è il “calco” della data-simbolo della persecuzione dei Templari, mentre quella di Nizza (14 luglio) colpisce al cuore i valori della Rivoluzione Francese, “sacri” per la massoneria democratica, devastando peraltro la città natale del massone progressista Garibaldi, anche gli attacchi di Bruxelles (aeroporto e metropolitana, “come in cielo, così in terra”) richiamano universi simbolici tutt’altro che islamici, «secondo un preciso schema operativo – scrive Carpeoro – che sceglie di utilizzare un linguaggio estraneo o addirittura “avverso” agli esecutori», giusto per inquinare le acque. Bruxelles, 22 marzo: stessa data del decreto di soppressione dei Templari, nel 1312. Giorno fatale, il 22 marzo: nel 1457, Gutenberg stampò la prima Bibbia. Nel 1831 venne fondata la Legione Straniera, in funzione anti-araba. Ancora: sempre il 22 marzo (del ‘45) nasceva la Lega Araba, «che l’Isis vede come il fumo negli occhi». E nel 2004 venne ucciso a Gaza lo sceicco Ahmed Yassin, leader spirituale di Hamas. Ma il fatidico 22 marzo “parla” anche ai cattolici osservanti: le letture liturgiche per la messa di quel giorno propongono la restaurazione del regno di Israele (Isaia), che abbreviato è “Is”, come “Islamic State”.
Non è un gioco: per Carpeoro, la matrice massonica della “sovragestione” ricalca in modo quasi maniacale – ribaltandoli – gli insegnamenti di Vitruvio, «personaggio storico che ha avuto grande rilievo nella massoneria», perché nel “De Architectura” il grande architetto romano enuclea i principi-cardine, anche etici e spirituali, che devono orientare la scienza della costruzione, riflesso terreno della bellezza universale. Ebbene, i contro-iniziati che incarnano la “sovragestione” li ribaltano in modo puntuale e speculare, secondo lo stereotipo del satanismo: «Hanno utilizzato tutti gli strumenti descritti da Vitruvio: le lettere, per organizzare la disinformazione; il saper disegnare, per delineare il simbolismo dei loro atti; la geometria, per concatenare le distruzioni; l’ottica, per stabilire i punti di osservazione; l’aritmetica, per i tempi degli attentati; la storia, per il linguaggio simbolico delle date». I fantasmi della “sovragestione” «sono colti, sanno disegnare», padroneggiano matematica e filosofia, medicina e giurisprudenza, astronomia e astrologia». Chi sono, in realtà?
Massoni, tutti. O forse no: si tratta di paramassoni, ma in fondo ormai «è solo questione di termini», ammette Carpeoro, che – massone lui stesso, già gran maestro dell’“obbedienza” di Palazzo Vitelleschi, poi dimissionario dopo aver disciolto la sua stessa loggia – accusa la massoneria di aver “perso l’anima”, riducendosi a mera struttura di potere. Nel suo libro accenna alle origini mistiche della libera muratoria (bibliche, egizie) come cemento culturale delle primissime corporazioni, quelle dei costruttori di cattedrali, gelosi custodi dei loro “segreti professionali”, basati sulla sacralizzazione del lavoro al servizio della bellezza. Poi, con la fine dei grandi edifici sacri, la nascita della massoneria “speculativa”, tra ortodossia metodologica e devianze, sbandamenti, infiltrazioni. Pietra miliare, il 1717: brucia Londra, ma l’architetto Chistopher Wren, leader della massoneria inglese, incaricato di riedificare la città, rifiuta di ricostruire il Tempio. «Il 1717 è considerato l’anno di nascita della massoneria moderna, ma in realtà segna l’inizio della fine della vera massoneria», network necessariamente cosmopolita che, come tale, faceva gola al potere: gli ex costruttori di cattedrali erano un’élite della conoscenza ben radicata in tutta Europa.
Più che gli Illuminati di Baviera, il gruppo visionario creato sempre nel ‘700 da Jean Adam Weischaupt (nuovo ordine mondiale da costruire radendo al suolo il sistema, cominciando dall’abolizione della proprietà privata), secondo l’indagine di Carpeoro la malapianta della “sovragestione” che sta minacciando il pianeta va ricercata nel pensiero oligarchico di personalità più recenti e magari sconosciute ai più, come Joseph Alexandre Saint-Yves, marchese d’Alveydre, un medico francese di fine ‘800 che compare tra le figure di maggior rilievo dell’esoterismo del XIX secolo. Al sorgere del socialismo (e dell’anarchia), Saint-Yves contrappose la “sinarchia”: un modello di governo pre-ordinato, basato su schemi universali, con «ruoli e funzioni sociali secondo un ordine di strati e condizioni rigide, in una concezione piramidale della società». Il tutto, «legittimato da una mistica teocratica tipica delle società più antiche», Egitto e Persia, India. «Significa che alcuni sono naturalmente destinati a comandare». In altre parole, l’esoterista Saint-Yves (fervente cattolico, in strettissimi rapporti col Vaticano) «auspicava il governo di un’élite predestinata e piuttosto aristocratica».
Pochissimi sanno “quel che si deve fare”, tutti gli altri devono sottostare alle indicazioni dell’élite. E’ qualcosa di davvero diverso dal pensiero che sembra promanare da Christine Lagarde del Fmi, che Magaldi dichiara affiliata alle Ur-Lodges “Three Eyes” e “Pan-Europa”? E’ tempo di sacrifici? Bisogna (“dovete”) soffrire? A parlare è il marchese Saint-Yves o Mario Monti (Gran Loggia di Londra e Ur-Lodge “Babel Tower”), o magari il “venerabile” Mario Draghi della Bce (“Edmund Burke”, “Pan-Europa”, “Compass Star-Rose”, “Three Eyes” e “Der Ring”)? La nascita delle superlogge internazionali era assolutamente ineluttabile, osserva Carpeoro: la stessa tensione civile e sociale che durante l’Illuminismo aveva condotto i massoni a battersi per «i valori democratici e libertari, propri della dottrina muratoria» condusse le logge di fine ‘800 a coordinarsi, «anche al di fuori dell’organizzazione rituale», affiliando – nelle Ur-Lodges – anche «presidenti, banchieri, industriali», non necessariamente passati per la tradizionale procedura iniziatica.
Per quello spiraglio, sottolinea Carpeoro anche nell’articolata trattazione del capitolo italiano su Gelli e la P2 (dove emerge un’Italia di fatto tuttora “sovragestita” da una fantomatica P1, protetta da silenzi e omissioni), il potere avrebbe definitivamente svuotato il network massonico di ogni autentica valenza esoterica e libertaria. Tutto sarebbe ridotto a una piramide che parla una sola lingua, quella del denaro, imposta con la globalizzazione forzata del pianeta a beneficio di una casta di “eletti” che, della massoneria, mantengono solo il linguaggio cifrato, magari per “firmare” crisi, guerre e persino attentati terroristici, sanguinose tappe di una strategia della tensione progettata per imporre agli “inferiori” il dominio della paura. Cosa c’è nella testa dei fantasmi della “sovragestione”? Probabilmente, il verbo di Saint-Yves, la “sinarchia”, una filosofia addirittura mistica, secondo cui «l’élite è in armonia con le leggi universali è in pratica una classe sacerdotale». La “sinarchia”, conclude Carpeoro, è dunque «una forma di teocrazia, un governo di sacerdoti o di re-sacerdoti». Il dogma del rigore, imposto all’Europa, impossibile da discutere: «La “sinarchia” arriva a suggerire che quest’élite illuminata sia in diretto contatto con le intelligenze spirituali che governano l’universo e da cui riceve istruzioni». Per i comuni mortali, nessuna speranza. A meno che non si “risveglino”, nell’unico modo possibile: disertando, rifiutando la guerra che viene quotidianamente allestita.
(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Dalla massoneria al terrorismo”, sottotitolo “Come alcune logge massoniche sono divenute deviate e come con i servizi segreti vogliono controllare il mondo”, Revoluzione edizioni, 192 pagine, euro 13,90).
C’era una volta il massone. Un giorno indossò il cappuccio ma dimenticò squadra e compasso, fino a diventare qualcos’altro. Un paramassone: non più un iniziato alla ricerca della divinità, ma un contro-iniziato che si crede Dio. Sembra una fiaba nera, ma sta dando spettacolo: la grande crisi e il terrorismo permanente non sono che due facce, entrambe atroci, dello stesso show. Ed è così potente, l’incantesimo, da incrinare la storia, compromettendo la pace sin dal dopoguerra, già da Yalta, quando i massoni Roosevelt e Churchill – insieme a Stalin – non accordano ai palestinesi la nascita di un loro Stato, in equilibrio col futuro Stato ebraico, innescando così il provvidenziale focolaio da cui nascerà il primo terrorismo dell’Olp. Quando il miracolo economico travolge anche l’Italia, spalancando orizzonti impensabili, viene fermato e “sacrificato” l’uomo che meglio incarnava un possibile futuro democratico anche per gli arabi, Enrico Mattei. Se ancora l’Europa crede in un modello diverso, socialista, in Svezia viene prontamente ucciso l’apostolo del welfare, Olof Palme. E in Israele finisce assassinato Rabin, colpevole di aver costruito una vera pace geopolitica, che coincide con «una autentica pax massonica». Morte a Rabin, dunque, perché l’odio deve continuare a vincere. Fino a quando?

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Vedere quello che hai davanti al naso richiede una lotta costante”. (George Orwell
 
economica del diritto.






























PIU' CHE MAI LA QUESTIONE MEDIATICA: LA PRIMA SOLUZIONE COSTITUZIONALE PER RESTAURARE LA SOVRANITA' DEMOCRATICA [/paste:font]


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"Ogni singolo elemento dell'agenda dell'informazione mediatica è studiato per costituire un tassello della conservazione del potere oligarchico. Senza eccezione alcuna".

1. Comincerei dal sottostante aforisma orwelliano, che per poter essere meglio compreso va riferito al conflitto distributivo tra oligarchia e...tutto il resto della società.
Il conflitto armato, dovrebbe essere particolarmente chiaro di questi tempi, è solo una delle forme di "guerra" che si pone entro questo schema fondamentale.
Dal punto di vista economico, per le oligarchie, consiste null'altro che nell'accelerazione del profitto derivabile dal conflitto sociale e in un'occasione di forte potenziamento del controllo istituzionale: ESSI sanno però che è anche una situazione rischiosa, perché in occasione dei conflitti armati emerge più rapidamente la "doppia verità" liberista (cioè la dissonanza tra fini effettivi e motivazioni offerte alle masse), e dunque si rischia, prolungando eccessivamente un conflitto non limitato a truppe volontarie e specializzate, un backfire di reazione sociale difficile da controllare.
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2. Ma la fisiologia della guerra, intrapresa dall'oligarchia, ha armi di combattimento adeguate per la conduzione di un conflitto continuo e ininterrotto: i media, - giornali, televisioni e, sempre più ovviamente, l'utilizzo del web- e il sistema finanziario di loro controllo totalitario.
Sappiamo che il sistema di dispiegamento di queste armi "adeguate" e del loro controllo totalitario, assume, nella società globalizzata di massa "pop", - quella che è più conveniente mantenere, perché ottiene la frammentazione strutturale di ogni possibile resistenza-, si basa su alcuni principi:
a) la destrutturazione della funzionalità del sistema dell'istruzione pubblica;
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b) la gestione, all'interno del sistema controllato dei media, dell'informazione e della controinformazione, in modo spesso indiretti ed occultati;
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c) come conseguenza dei punti a) e b), il ferreo controllo dell'opinione pubblica ("ciò che gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affanarsi", nelle parole scolpite, da Hayek, sulla pietra tombale della democrazia sostanziale) che garantisce, al livello sottostante dell'opinione di massa (pop), una proiezione identificativa degli oppressi con gli oppressori, che ha come coagulante il senso di colpa (qui, p.2, b.) instillato nei primi.
Nelle attuali condizioni storico-politiche, questa proiezione identificativa assume il significato di "paradosso €uropeo".

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3. Oggi non sappiamo quale sarà l'esito del referendum per cui andiamo a votare ma, in vista di esso, abbiamo visto all'opera, in modo plateale e intensissimo, l'insieme di questi principi organizzativi del conflitto sociale costantemente intrapreso dall'oligarchia; e questo già ci garantisce (tragicamente) che qualunque esito sarà sfalsato rispetto a quello normalmente ottenibile in una società in cui la Repubblica democratica fondata sul lavoro avesse visto attuata la sua Costituzione.
Orbene, è sfacciatamente evidente che la destrutturazione funzionale della pubblica istruzione, l'abile uso della controinformazione "controllata", e la proiezione identificativa degli oppressi con gli oppressori, siano gli strumenti tipici della de-sovranizzazione degli Stati democratici da parte dei trattati €uropei.

3.1. Persino quando questi strumenti inizino a divenire non più totalmente efficienti (come la Storia insegna essere ciclicamente prevedibile), ne abbiamo la traccia nelle manifestazioni del potere €urista:

Per gli eurocrati UE la democrazia è un fastidio - Juncker supplica i leader UE di non tenere referendum sull’exit Juncker supplica i leader UE di non tenere referendum sull’exit
4. Risulta quindi altrettanto evidente che qualsiasi forma di estrema difesa della democrazia, - una democrazia che si vuole apertamente sterilizzare da parte dell'€uropeismo, in nome dell'ennesimo stato di eccezione autorafforzativo-, debba passare per una lotta che, di per sé, può coagulare la gran parte dei cittadini a favore di un immediato e tangibile vantaggio comune: la lotta per una legge sulla libertà di stampa che applichi in pieno l'art.21 Cost.
L'art.21, naturalmente va letto, come ogni valore chiave della nostra Costituzione (del 1948), in combinato con l'art.3, comma 2, della stessa Cost.; cioè con l'obbligo della Repubblica democratica di rimuovere gli ostacoli alla effettiva partecipazione di TUTTI alla vita politica, economica e socio-culturale del Paese.
In una visione fenomenologica, l'attuazione effettiva e pluriclasse dell'art.21 Cost. depotenzierebbe in modo decisivo tutti e tre i principi che delineano le armi della guerra permanente delle elites all'intera società democratica.
5. Francesco Maimone, nei commenti al precedente post, ci ha rammentato la chiara visione che, in una situazione del recente passato molto meno grave della presente, aveva espresso Lelio Basso:
“… Se democrazia significa sovranità del popolo, e quindi di tutti i cittadini, se pertanto in un regime democratico ogni cittadino deve essere posto in condizione di esercitare i diritti che gli derivano dalla sua partecipazione alla sovranità collettiva, se la nostra Costituzione (art. 3 cap.) riconosce che questa democrazia rimarrà una vuota parola fino a quando tutti i cittadini non saranno messi in condizione di poter partecipare di fatto alla gestione della cosa pubblica, mi pare che se ne possa concludere che la collettività ha l’obbligo di dare a ciascun cittadino la concreta possibilità di tale partecipazione.
Ora tale concreta possibilità non significa soltanto liberare ogni cittadino dagli assillanti problemi della fame, della miseria o della disoccupazione, non soltanto eliminare le stridenti disuguaglianze e gli squilibri perturbatori del tessuto sociale, MA ANCHE FORNIRE A CIASCUNO I MEZZI PER ESSERE IN GRADO DI APPREZZARE I VASTI E COMPLESSI PROBLEMI IN CUI SI ARTICOLA LA VITA COLLETTIVA.
E TALI MEZZI SONO TANTO SOGGETTIVI (adeguato livello di istruzione e di coscienza civile e democratica) quanto oggettivi (un’informazione per quanto possibile seria e imparziale). Sarebbe infatti impossibile concepire una democrazia reale, un effettivo governo di popolo, se al popolo non fossero dati gli strumenti per accedere alla conoscenza della vita associata che esso deve governare e dei problemi che ne risultano ch’esso deve risolvere.

Ad assolvere a questo compito non è certamente sufficiente la libertà della stampa e dell’informazione in generale: LA LIBERTÀ DELLA STAMPA È CERTO UNA GRANDE CONQUISTA DEL PERIODO LIBERALE che va strenuamente difesa anche oggi, in un regime democratico più avanzato, ma è ben lungi dall’esaurire la materia.
Essa infatti ha radice in una concezione individualistica della società e riflette il diritto di ogni individuo ad esprimere la propria opinione: riguarda di più cioè il diritto di chi vuole scrivere che quello di chi vuole leggere per essere obiettivamente informato, risponde assai più al concetto di libertà in senso tradizionale che a quello di servizio pubblico.
In altre parole la libertà di stampa rappresenta il diritto del singolo cittadino di “fare” qualche cosa e il correlativo dovere dello Stato di “lasciar fare”, mentre il servizio pubblico dell’informazione rappresenta un dovere della collettività di “fare” essa positivamente qualche cosa e il correlativo diritto di tutti i cittadini di ottenere dalla collettività la prestazione dovuta.
...la libertà d’informazione ha oggi assunto un significato diverso che nell’Ottocento.
Che cosa significa parlare di libertà di stampa nel senso di riconoscere a ciascuno il diritto di fondare un giornale, quando si sa che in realtà solo pochi magnati, o un grandissimo partito, possono permetterselo?
Mi sembra più giusto parlare di un DIRITTO DEL CITTADINO ALLA VERITÀ, cioè all’informazione più ampia e spregiudicata che gli fornisca tutti gli elementi per FORMARSI UNA SUA IDEA DELLA VERITÀ: ciò significa soprattutto che i partiti, i sindacati, le organizzazioni civili devono avere libero e incontrollato accesso alla radio e alla TV, per un tempo che corrisponda alla loro reale rappresentatività. Questo mi sembra il modo migliore di garantire la libertà dell’informazione, almeno nel settore radio-televisivo …” [L. BASSO, Affinché il Paese migliori, Il Giorno, 12 ottobre 1974].

6. A Francesco ho dato questa risposta cercando di essere "pratico":
Come vedi, caro Francesco, senza capire la natura irresistibilmente oligopolistica dei "mercati", di qualunque settore, ogni disquisizione sulle "libertà" è una squallida pantomima.

E lo è più che mai laddove sia in gioco un mercato caratterizzato dal preminente pubblico interesse del bene/servizio offerto: la cosa sarebbe agevolmente risolvibile con una legge sull'informazione conforme all'art.21 Cost. Di cui abbiamo in passato indicato, su questo blog, alcuni principi irrinunciabili.

Ma poi vedendo che la "classifiche" internazionali (invariabilmente finanziate dai Soros) fanno coincidere la "libertà di informazione" con il numero di operatori privati (in oligopolio!) e con l'assenza di interferenza statale su di essi, non rimane che una sola soluzione: vietare lo svolgimento di servizi di informazione privata da parte di chi non sia, in modo accertato con totale rigore, un editore PURO.
Cioè privo di qualunque altro interesse commerciale, indutriale o finanziario.

E non solo: ma un editore puro che sia finanziato ESCLUSIVAMENTE da un istituto di credito specializzato di proprietà pubblica ma amministrato da funzionari imparziali, a requisiti di nomina rigorosamente predeterminati (su oggettive "competenze") e soggetti a scadenze delle cariche, nonché sorteggiati da un elenco aggiornato costantemente.

Poi sull'entertainment, facessero quello che vogliono (nei limiti delle leggi penali) e massima apertura del mercato: compresi i "film di interesse culturale".
La precondizione per la loro produzione e distribuzione deve essere SOLO la diffusione della cultura, per tutti, da parte di un imparziale e rafforzato sistema della pubblica istruzione.

Pubblica istruzione, (forte e imparziale), libertà di informazione, (ontologicamente separata da interessi privati di altro tipo, compresa la reverenza verso la "morale dei banchieri"), e eguaglianza sostanziale, sono praticamente la stessa cosa vista in momenti e angolazioni differenti".

7. Vi riporto il testo integrale dell'art.21 ( non casualmente tratto dal sito del Senato italiano) come "memento" per l'inizio di una riflessione. Che sia molto pratica:
Articolo 21
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Mi sono anche rammentato che quasi esattamente tre anni fa avevo scritto un post intitolato LA QUESTIONE MEDIATICA: in esso avevo ipotizzato alcune linee fondamentali di un'indispensabile (e credo che molti, ma molti, si siano resi conto di quanto ormai lo sia) legge di attuazione dell'art.21. La risposta a Francesco aggiorna quelle riflessioni.
Ma il nodo essenziale della rivendicazione della sovranità democratica non può consistere solo nella proposta di soluzioni tecnico-legislative (che pure sono necessarie, se provenienti da voci competenti non appartenenti né al mainstream né alla controinformazione rigidamente controllata, essenzialmente all'insaputa dell'opinione di massa propinata agli elettori).

8. Vorrei piuttosto richiamare l'attenzione di tutti i possibili lettori sulla necessità prioritaria, da domani (ma va bene anche...dopodomani), di abbracciare la rivendicazione di questo tema e di cercare di suscitare un vasto movimento di opinione che faccia della "riforma" del sistema dell'informazione, ovviamente democratico-costituzionale, il primo punto, estremamente pratico, di un'autentica lotta di liberazione.
Va infatti, ancora una volta, sottolineato che la fase attuale della guerra mediatica permanente, - intrapresa dalle forze oligarchiche che sono alla base dell'€uropa-, risale agli anni '70 e, come dice Orwell, ciò ha portato al nostro non percepirla più come "un pericolo", passando per la caduta della logica elementare, fino ai risultati incredibili attestati dagli indicatori macroeconomici italiani degli ultimi 30 anni, conseguenti alla disfatta democratica ed alla perdita di sovranità che abbiamo tutti subito.
Sì, su queste "armi della guerra permanente" occorre una riforma.
Ma per attuare la Costituzione.
Senza una legge democratica (sostanziale) attuativa dell'art.21 Cost., la stessa Carta fondamentale del 1948 sarà inesorabilmente distrutta.
Come hanno infatti già pianificato.

Pubblicato da Quarantotto a 10:11 Nessun commento: Link a questo post
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