ESISTO PER STUPIRMI

Questi sono i risultti del 2014.
Non trovo i risultati di tutte le sezioni

Candidati e liste


Composizione del consiglio regionale
Risultati parziali: Sezioni regionali scrutinate: 1828 su 1836 - Sezioni circoscrizionali scrutinate: 1824 su 1836

Candidati Voti % Liste Voti % Seggi

Francesco Pigliaru
(eletto presidente) 312.982 42,45%

Partito Democratico 150.492 22,07% 18 seggi
Sinistra Ecologia Libertà 35.376 5,19% 4 seggi
Partito dei Sardi 18.178 2,67% 2 seggi
Rossomori 17.980 2,64% 2 seggi
Centro Democratico 14.451 2,12% 2 seggi
Rifondazione Comunista-Comunisti Italiani 13.892 2,04% 2 seggi
Unione Popolare Cristiana 11.639 1,71% 1 seggio
Partito Socialista Italiano 9.518 1,40% 1 seggio
Italia dei Valori-Verdi 7.551 1,11% 1 seggio
Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna 5.599 0,82% 1 seggio
La Base 4.897 0,72% 1 seggio
Totale 289.573 42,46% 35 seggi

Ugo Cappellacci
(eletto consigliere) 292.395 39,65%
Forza Italia 126.327 18,52% 10 seggi
Unione di Centro 51.923 7,61% 4 seggi
Riformatori Sardi 41.060 6,02% 3 seggi
Partito Sardo d'Azione 31.886 4,68% 3 seggi
Fratelli d'Italia - Centrodestra Nazionale 19.275 2,83% 1seggio
Unione Democratica Sarda 17.728 2,60% 1seggio
Zona Franca - Lista Randaccio 11.150 1,63% 1seggio
Totale 299.349 43,89% 23 seggi

Michela Murgia 75.981 10,30%
ProgRes 18.845 2,76% -zero
Gentes 15.271 2,24% - zero
Comunidades 12.074 1,77% -zero
Totale 46.190 6,77% - 0 seggi

Mauro Pili 42.236 5,72%
Unidos 19.356 2,83% - zero
Mauro Pili Presidente 11.454 1,68% - zero
Fortza Paris-Azione Popolare Sarda 5.018 0,73% -zero
Soberania 1.231 0,18 -zero
Totale 37.059 5,43% - 0 seggi

Pierfranco Devias 7.626 1,03%
Fronte Indipendentista Unidu 4.772 0,70% - zero

Luigi Amedeo Sanna 6.085 0,82%
Movimento Zona Franca 5.079 0,7%4 - zero

Totale 737.305
Totale
682.022
58 seggi
 
Fu una vittoria della persona.
Che ottenne più voti dell'avversario.

Ma a livello di voti alle coalizioni, vinsero gli altri con 10.000 voti in più.

Anche nel 2014 - 17 partitini.
 
Il 28 aprile la Spagna

Elezioni particolarmente importanti, visto che si tratta di una tornata elettorale
che potrebbe avere due conseguenze:

il ritorno del centrodestra al potere

oppure, e questo scenario è sempre più probabile, la paralisi istituzionale.

In ogni caso, ci sono due elementi che risultano essenziali: la crisi della sinistra (in particolare del populismo di Podemos) e la contemporanea ascesa di Vox.

Nei giorni scorsi, ha fatto scalpore in Spagna un incontro avvenuto fra
i militanti di estrema sinistra del quartiere Hortaleza, a Madrid, e Íñigo Errejón, ex numero due di Podemos.
Le accuse dei giovani madrileni sono molto dure.
I ragazzi accusano il politico di essersi venduto, di aver tradito la richieste del popolo e di aver “venduto fumo”.
Frasi molto dure, cui si aggiunge un’altra frase che però rappresenta molto bene
l’attuale situazione politica dell’elettorato spagnolo: “Siete degli opportunisti. E se gli operai votano Vox, ci sarà un motivo”.


Una frase che detta da un ragazzo della sinistra radicale ha un significato particolare.
Indica, meglio di qualsiasi altra analisi, il doppio binario della sinistra in crisi di identità
e di consenso e la destra in ascesa fra le masse popolari.

Una tendenza molto comune nei Paesi europei e che indica una transizione politica non irrilevante in seno al Vecchio Continente.

In Spagna la sinistra appare in panne. Le risposte non arrivano mentre le divisioni aumentano.
E anche se la sinistra non è al collasso come in altri Stati dell’Unione europea,
a Madrid quello che sembra chiaro è che il rischio-paralisi sia dietro l’angolo.

Podemos non sa più come reagire alla crisi di consenso,
né da come rispondere alle grandi questioni che dividono la Spagna, a cominciare dal secessionismo catalano.

E adesso, con il fallimento del governo, riaffiorano tutti i problemi di un partito decisamente populista
e che, una volta al governo, è apparso del tutto privo delle capacità di orientare l’agenda politica socialista.

E nel frattempo, il partito ha anche subito una forte spaccatura, con Errejón che ha lasciato il partito.

Che rappresenta la dimostrazione plastica del fallimento di Podemos e della sinistra populista.

Un flop che ha interessato anche la Francia, visto che, come riporta Il Fatto Quotidiano,
“Mediapart ha raccolto il parere di quattro intellettuali francesi, che hanno potuto lavorare in prima persona su Podemos:
Laura Chazel , ricercatrice a Sciences Po Grenoble e all’università Complutense di Madrid;
Héloïse Nez , sociologa presso l’ università di Tours, autrice del volume Podemos. De l’indignation aux éléctions;
Lenny Benbara , fondatore del sito Le vent se lève; e
Gaël Brustier , politologo e autore dell’ introduzione a Construire un peuple, un libro di interviste di Chantal Mouffe e Íñigo Errejón”.

Innanzitutto, spiegano, il problema nasce dal fatto che esiste una componente di estrema sinistra che sta venendo alla luce.

Il partito si divide fra un’anima molto ideologizzata e che guarda all’estrema sinistra
e un’altra più pragmatica, che si fonda su un discorso anche più nazionalpopolare.
E la spaccatura è rappresentata proprio dalla divisione fra Iglesias e Errejón.

Come ha spiegato la professoressa Chazel: “C’ è stato un momento in cui era possibile distinguere chiaramente tra ‘pablismo’ e ‘errejonismo’.
È il periodo compreso tra l’ingresso di Podemos in Parlamento, nel gennaio 2016,
e l’investitura del socialista Pedro Sánchez a primo ministro, nel giugno 2018”.


La spaccatura nasce anche da un grande interrogativo interno a Podemos
ma che riguarda tutti i partiti populisti che non si rifanno al sovranismo, e cioè se essere o meno di sinistra.

Questa domanda riguarda tutti, non solo Podemos.

Lo stesso Movimento Cinque Stelle ha in sé un’anima sicuramente rivolta a sinistra
e un’altra che invece è decisamente trasversale.

E questa divisione di anime si ripercuote anche nel partito spagnolo.

Perché mentre a destra la risposta è netta, come avvenuto con Vox in Spagna e come sta avvenendo in Italia con la Lega,
da parte del “populismo” in senso tecnico e senza connotazione politica
il rischio è che l’elettorato di sinistra più radicale sia deluso e voti i partiti dichiaratamente di sinistra,
mentre quello tendente a destra torna a preferire i movimenti dichiaratamente sovranisti.
 
La violenta accelerazione di Luigi Di Maio sulla "riforma" del Movimento 5 Stelle
(sì alle alleanze con liste civiche alle amministrative, caduta del vincolo dei due mandati a livello locale)
è la risposta a una situazione che dentro il M5s è ormai esplosiva.

Il disastro delle regionali in Sardegna è l'ultima goccia, perché i malumori stanno crescendo da settimane
complice l'attività di governo troppo "schienata" sulle posizioni della Lega e la comunicazione.

Il Corriere della Sera parla di una "cena segreta in un ristorante tra Camera e Senato" qualche sera fa,
che ha visto riunita allo stesso tavolo "una decina di parlamentari dei 5 Stelle, in grado di rappresentarne almeno il doppio".

Tra loro "diversi presidenti di commissione" e tutti erano preoccupati:
"Basta slogan, basta annunci, lavorare di più e andare meno in tv", erano i loro ragionamenti.
Nel menù le critiche più feroci sarebbero state per Cristina Belotti, portavoce di Di Maio al ministero,
e Pietro Dettori, braccio destro di Di Maio.

E lo stesso leader, che la "nuova fronda" per ora non mette in discussione in quanto mancherebbero alternative,
viene descritto da qualche commensale come "solo, circondato da persone che gli vogliono male e che lo consigliano male".

Non esattamente il massimo per ripartire.
 
Non avrà preso bene, Elena Fattori, la svolta autoritaria di Luigi Di Maio.

Il vicepremier si è autonominato capo politico del Movimento 5 Stelle per i prossimi 4 anni,
poche ore dopo aver letto (si presume) l'intervista al Corriere della Sera
della senatrice tra le più dure esponenti della fronda grillina.

"Di Maio dovrebbe concentrarsi a fare una cosa sola: rinunciare a uno dei suoi incarichi. O fa il ministro o il capo politico",

spiegava la Fattori all'indomani del disastro alle regionali in Sardegna. Come non detto.

"Fare il capo non significa fare il boss. La leadership è una cosa complessa.
Bisogna impegnarsi a fondo, conoscere le persone, mediare. È un'arte",

spiega la Fattori, secondo cui fino a oggi Di Maio "da capo politico non ha fatto nulla, tranne le campagne elettorali",
denunciando il distacco crescente tra le scelte sul territorio e l'azione di governo.

Dal punto di vista politico, l'accusa della Fattori è pesantissima:
"Si è creato un bipolarismo destra e sinistra, dove i 5 Stelle invece di darsi una connotazione autonoma, si sono accodati alla destra.
Quando, invece di trascendere realmente gli opposti ti schieri, allora la gente sceglie l'originale e non certo la costola della destra".

E alle elezioni europee, avverte la senatrice "rischiamo di finire con la peggiore destra identitaria europea".
 
L'ora degli sciacalli arriva puntuale, dopo ogni batosta elettorale.

Ad approfittare del M5s moribondo è Massimo Cacciari, che con il flop delle regionali in Sardegna ancora freschissimo
lancia dal Fatto quotidiano (con il direttore Marco Travaglio, crediamo, un filo commosso) un disperato appello al Pd
ad approfittare del momento e insinuarsi tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Obbiettivo: strappare i 5 Stelle dalla morsa della Lega e trascinarli a sinistra.

Un tema caro a Cacciari e carissimo a Travaglio, in evidente difficoltà in questo ultimo anno in quanto intimamente anti-leghista e ultrà grillino.

Secondo il filosofo, la linea a Palazzo Chigi è ormai evidente:
"La Lega potrà forse concedere qualcosa ai 5 Stelle, ma è chiarissimo che la sua direzione di marcia è un'altra, del tutto incompatibile.
Ed è altrettanto chiaro che non si tratta di due rette parallele che mai si incontreranno.
Così stando le cose, la linea della Lega esaurirà l'energia dell'altra".

Ecco perché i dem dovrebbero inserirsi tra i due "coniugi per caso" per favorirne il divorzio:
"Incredibile non si colga l'importanza, niente affatto soltanto tattica, di mettere in primo piano
gli elementi storici e culturali di contrasto; incredibile non ci si misuri concretamente sui temi
caratterizzanti i 5 Stelle con proposte magari alternative alle loro".

E qui casca l'asino, cioè il Pd, che secondo Cacciari sembra non avvertire
"il drammatico pericolo che si corre a lasciar andare l'alleanza tra 5 Stelle e Lega,
nella speranzosa attesa che vadano a sbattere per meriti propri".
 
Ultima modifica:
Liguria, 26 febbraio 2019

"Alle elezioni regionali in Sardegna Forza Italia ha perso oltre 60 mila voti rispetto a un anno fa.
Vedo alcuni dirigenti continuare a festeggiare sul Titanic, non rendendosi conto di quel che succede
o non avendo il coraggio di dire la verita' né a se stesso né agli elettori".

Lo ha detto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti a Genova a margine dei lavori del Consiglio regionale
 
La 21enne figlia di Dmitry Peskov lavora come stagista al Parlamento Europeo (PE), rivela Radio Free Europe (RFE).

Non sarebbe una notizia se lui non fosse il portavoce del presidente russo Vladimir Putin.

Ora, che il Cremlino abbia una idea dell' Unione Europea tutta sua
non è certo un mistero per nessuno, e che questa coincida con il "divide et impera" pure.
Il fatto però che Elizaveta Peskova abbia accesso ai documenti europei,
navighi nell' Intranet del Parlamento Europeo e possa muoversi in piena libertà nei palazzi di Bruxelles e Strasburgo
frequentando Commissioni e sedute lascia un po' perplessi
. Non è nemmeno escluso, osserva RFE, visto che i controlli non sono sempre rigidissimi,
che la giovane possa prendere parte alle riunioni dei vari gruppi politici.

Al PE la Peskova c' è perché lavora con l' eurodeputato francese Aymeric Chauprade.
Già membro del Front National dal 2013 al 2015, e fondatore, nel 2016, del nuovo partito, Les Français libres,
Chauprade è un grande fan dell' annessione russa della Crimea sin da quando
fu uno degli osservatori internazionali al referendum-farsa messo in piedi da Mosca
dopo l' invasione militare nel 2014, consultazione che l' Onu bocciò con il sostegno di 100 Paesi del mondo.

Sentito da RFE, l' eurodeputato transalpino difende la scelta della bionda Elizaveta
dicendo che la ragazza gode dei medesimi diritti di qualsiasi altro studente-stagista.
Vero, ma Chauprade fa parte sia della Commissione per gli affari esteri
sia della Sottocommissione per la sicurezza e la difesa dell' Europarlamento,
oltre che essere membro della Delegazione alla commissione di cooperazione parlamentare
UE-Russia, e questo è alquanto singolare.

Del resto, secondo RFE, molti europarlamentari cadono letteralmente dalle nuvole perché della Peskova non sanno nulla.
E così la giovane continua indisturbata le proprie faccende al servizio del vicepresidente dell' eurogruppo
«Europa della libertà e della democrazia diretta» (quello cui aderiscono anche i Cinque Stelle).
 
Spiegata così non è ben chiara la faccenda. Anzi.
Lui, quello dalle doppie generalità, i soldi li ha utilizzati per fare cosa ?

Alla fine Giulia Sarti si è dimessa da presidente della commissione Giustizia della Camera e si è autosospesa del M5S.


Un anno fa la deputata grillina era finita nel mirino perché era tra quelli
che non avevano restituito le indennità parlamentari come previsto dallo statuto del movimento.

Allora accusò l'ex di averle rubato i soldi.
Un'accusa che si trasformò in denuncia, ma oggi la procura di Rimini ha chiesto l'archiviazione per il
38enne informatico salernitano di origine romena Bogdan Andrea Tibusche (conosciuto come Andrea De Girolamo).

Per la deputata riminese, era stato lui a operare sui suoi conti correnti personali facendo sparire 23 mila euro,
che invece dovevano essere restituiti al fondo per il microcredito.

Per i pm riminesi, che avevano ascoltato per diverse ore l'accusato,
hanno ritenuto la denuncia inconsistente dal punto di vista penale.

Secondo quanto scrive la stampa locale, Tibusche aveva anche fornito la documentazione
in cui emergeva lo scambio di messaggi dove la Sarti ammetteva di
"averlo denunciato per salvare la carriere politica".

"Annuncio le mie dimissioni da presidente della commissione Giustizia della Camera
e, a tutela del Movimento 5 stelle, mi autosospendo", ha quindi deciso la Sarti,
"In questa occasione, tengo anche a precisare che né Ilaria Loquenzi né Rocco Casalino
mi hanno spinto a denunciare nessuno, ma si sono limitati a starmi vicino nell'affrontare una situazione personale e delicata".

Il suo legale sottolinea però che la richiesta di archiviazione è "di oltre un mese fa.

"Attendiamo con serenità e fiducia le determinazioni del gip", ha spiegato l'avvocato Fabio Repici,
"Il pm ha ritenuto di accontentarsi delle giustificazioni abborracciate dalla persona sottoposta a indagini,
concludendo che non c'è prova della colpevolezza dell'indagato perché la denunciante, se avesse voluto,
avrebbe potuto controllare le operazioni sul suo conto corrente sicuramente fatte, anche secondo il pm, dall'indagato.

Di certo, risulta pure dagli accertamenti espletati dalla procura che ciascuna delle affermazioni fatte
da Giulia Sarti corrisponde al vero, mentre le giustificazioni dell'indagato,
anche in relazione a ulteriori ammanchi di denaro, scoperti dalla mia assistita solo in esito alle indagini,
sono state fondate sulle sue sole parole".
 

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