FALSI, COPIE, IMITAZIONI, FALSARI, INGANNI, SCHERZI ...

In base all’art. 64 comma 1 del t.u. dei beni culturali e del paesaggio coloro che esercitano il commercio di opere d’arte, oltre a dover denunciare l’attività commerciale all’autorità di pubblica sicurezza e annotare giornalmente, su apposito registro, le operazioni commerciali, hanno l’obbligo di fornire all’acquirente “la documentazione attestante l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza; ovvero, in mancanza, di rilasciare, con le modalità previste dalle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza”.
Relativamente a queste disposizioni siamo in grado di meglio lumeggiare sui contenuti delle ultime fattispecie contemplate dall’art. 178 lettere e) e d) ove viene perseguito “chiunque, conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti, indicati alle lettere a) e b), contraffatti, alterati o riprodotti”; “chiunque mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri od etichette o con qualsiasi altro mezzo accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti indicati alle lettere a) e b) contraffatti, alterati o riprodotti”. Siamo in presenza di reati in cui l’elemento psicologico è il dolo generico; la condotta tenuta dal venditore assume rilievo anche ai fini civilistici, come causa di risoluzione del contratto(74).
Il secondo comma dell’art. 178 fa emergere un’“aggravante del reato” con la conseguente “interdizione a norma dell’art. 30 del codice penale(75)”, nel momento in cui “i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività commerciale”, (analogamente a quanto è previsto dal quarto comma dell’art. 174); tale sanzione pare dunque supponibile nel caso in cui detta attività venga svolta non solo saltuariamente o abitualmente ma a livello professionale.
L’ultimo comma dell’art. 178 determina inoltre “la confisca degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere o degli oggetti indicati nel comma 1”, salvo che “si tratti di cose appartenenti a persone estranee al reato

http://www.carabinieri.it/editoria/...l-falso-d-arte-natura-sviluppo-e-legislazione
 
Poiché ci troviamo di fronte ad un’ipotesi di confisca obbligatoria, la Suprema Corte l’ha ritenuta ammissibile anche nel caso di morte dell’imputato e di conseguente improcedibilità dell’azione penale, specificando inoltre che tra le “persone estranee” non possono ricomprendersi gli eredi dell’imputato, essendosi in presenza di beni incommerciabili e che pertanto non possono entrare a far parte dell’asse ereditario. La Cassazione ha infine giustificato il divieto di vendita all’asta delle cose confiscate (espressamente sancito dal medesimo quarto comma), anche come opere dichiaratamente non autentiche, “trattandosi di falsi d’arte e non di “copie” di sculture, pitture e opere grafiche”(76).
Questa dicitura ci richiama all’art. 179(77), in cui si menziona la legittimità, quindi la non punibilità, di chi riproduce o pone in vendita opere che siano espressamente dichiarate non autentiche; la norma ripropone le stesse disposizioni contenute nell’art. 8 della legge n. 1062/1971, (successivamente riconfermate nell’art. 128 del t.u. del 1999), escludendo la punibilità della produzione, riproduzione e vendita dei beni in questione, nel caso che il soggetto espressamente dichiari la non autenticità dell’opera “all’atto della esposizione o della vendita”.
L’attestazione deve rispondere a “specifici requisiti di forma”, affinché sia operante la correlata causa di non punibilità(78), dovendo essere effettuata o “mediante annotazione scritta sull’opera o sull’oggetto o, quando ciò non sia possibile per la natura o le dimensioni della copia o dell’imitazione, mediante dichiarazione rilasciata all’atto della esposizione o della vendita”.
Il quarto e ultimo comma esclude infine anche la punibilità nel caso di “restauri artistici che non abbiano ricostruito in modo determinante l’opera originale” e che non abbiano quindi la possibilità di porre in essere una contraffazione attendibile dell’originale, tale da procurare “turbativa al mercato” e, ovviamente, da indurre in errore gli eventuali acquirenti.
 
Qui una sentenza di cui faccio copia incolla.

VENDITA DI ALIUD PRO ALIO
Tribunale di Pescara - Sentenza 25 maggio 2016 n. 915

16/12/2016


In caso di vendita di un quadro come opera autentica di un determinato autore, qualora in un secondo momento la tela risulti falsa, al compratore spetta il diritto di ottenere la risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio. Sulla base di questo principio il Tribunale di Pescara, sentenza 25 maggio 2016 n. 915, accogliendo la domanda di una Cassa di risparmio abruzzese ha condannato i venditori alla restituzione del prezzo pagato.




La vendita per una cifra complessiva di 44mila euro aveva riguardato quattro quadri attribuiti ad un maestro della pittura abruzzese a cavallo tra ‘800 e ‘900. All'atto della vendita veniva garantita sia la «provenienza» che l'«originalità» delle opere d'arte, «allegandovi le relative foto con sul retro la dichiarazione di autentica». Tuttavia, l'Archivio Generale dell'Opera dell'autore, interpellata sul punto, ha dichiarato di non poter procedere all'autentica perché le opere erano «prive dei requisiti necessari», ed ha altresì diffidato la richiedente «dall'esporre, pubblicare, riprodurre e/o commercializzare» le stesse come opere del maestro. Disposta nel corso del giudizio una Ctu, l'esperta del tribunale ha concluso che «le opere non sono autentiche, bensì frutto di un'abile operazione di contraffazione, condotta allo scopo di commercializzare opere disperse».

La sentenza ricorda che secondo la giurisprudenza di Cassazione «la cessione di un'opera d'arte falsamente attribuita ad artista che in realtà non ne è stato l'autore costituisce una ipotesi di vendita di “aliud pro alio”, e legittima l'acquirente a richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, ex art. 1453 c.c.» (n. 17995/2008). L'ipotesi di consegna di una cosa diversa rispetto a quella pattuita, infatti, prosegue la sentenza, ricorre quando «la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso, o presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (cosiddetta inidoneità ad assolvere la funzione economico - sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto» (Cass. 244/1997). Ed è dunque differente rispetto ai vizi della cosa, al vizio redibitorio ed anche alla mancanza di qualità o promesse essenziali. In questo senso, prosegue la sentenza, «l'esistenza di una garanzia scritta circa l'autenticità delle opere», e «la cessione del bene “falsamente” attribuito ad artista che in realtà non ne è stato l'autore», portano a qualificare giuridicamente la fattispecie «nell'ambito della vendita dialiud pro alio» (Cass. 17995/2008).


Secondo la giurisprudenza di Cassazione, continua il Tribunale, la risoluzione del contratto per inadempimento comporta anche «l'obbligo dell'inadempiente di rifondere l'altra parte, a titolo di risarcimento del danno, anche del lucro che abbia perduto in conseguenza della mancata esecuzione della prestazione». E, con riferimento alla compravendita di un quadro dichiarato di autore, ma rivelatosi non autentico, al compratore deve riconoscersi «il diritto non soltanto di ottenere la restituzione del prezzo versato, ma anche, ove il quadro se autentico avrebbe conseguito nel tempo un maggior valore, di ottenere il risarcimento della perduta plusvalenza, mentre l'eventuale difficoltà di tradurre quest'ultima in un preciso ammontare non può di per sé escludere tale risarcimento, spiegando rilievo solo al diverso fine del ricorso a criteri equitativi per la liquidazione del danno. (n. 420/81)». Tuttavia, conclude la decisione, nel caso specifico la richiesta risarcitoria è stata bocciata in quanto «non è stata raggiunta la prova dell'effettività di quanto «non è stata raggiunta la prova dell'effettività di un danno risarcibile, e comunque dell'indicazione di parametri di liquidazione equitativa».
 
Cassettoneeee :-R:-F

Ai legislatori dovrebbe essere inibito l'uso di parole di dieci lettere o più :-x

Pensa che invece in Gran Bretagna per i mercatini la legge prevede "dall'alba al tramonto" la possibile restituzione causa "aliud pro alio" *** , chiuso il mercatino al tramonto ti tieni quello che hai comprato e stai zitto.

*** trad: aglio per aglio, avrai notato che i venditori hanno sempre un alito orribile. :fiu:
 
Solo a leggere e cercare di capire, mi viene mal di testa..io non ce la posso fare, siamo proprio messi male, d'altronde scrivere le leggi in modo che nessuno ci capisca..è un bel sistema per mantenere il potere interpretandole secondo convenienza...
 
Mi è già capitato ...
Litografie di Moïse Kisling che, nell'originale, sono a colori, trovate in bianco-nero.
Litografie sicure, venditore serissimo, carta molto più leggera. Mia ipotesi: trattasi di prove di stampa che poi qualcuno nel laboratorio grafico "si è tenuto" (quest'ultima eventualità è frequentissima, ma di solito riguarda copie di prova, o in eccesso, non numerate e non firmate: ne posseggo un certo numero, non valgono molto meno delle altre, a meno che la tiratura normale non sia numerata e firmata, allora si cala molto).
Più raro il caso di esemplari in nero di lito a colori. L'ultimo capitato è segnalato da me oggi su "scoperte in rete", lito di Denis: confrontando tutti i colori appare che il foglio dovrebbe essere stato stampato tre volte, con le matrici dei tre colori, ma sempre usando il nero, quindi sovrapponendo non i colori ma la loro immagine in nero. Non sono informato di tecniche simili, ma posso immaginarne il senso (a meno che non si tratti di fotocopie, o riproduzioni): sono prove anticipate di quello che sarà l'effetto finale "semplificato". Pertanto, essendo ben più rare di quelle regolari a colori, dovrebbero avere un valore simile, o magari inferiore sino alla metà, compensando in parte con la rarità il minore appeal (dovuto non solo alla mancanza di colori, ma proprio al fatto che l'artista non ha lavorato per questo effetto, bensì per l'altro).
Comunque non sono falsi, magari però può essere apposta una firma posteriore da altra mano, poi vattelapesca, se è eseguita alla perfezione ...
Personalmente stimo maggiormente una buona e seria lito così concepita che una serigrafia a colori numerata firmata e certificata :prr:
 
Ovvero come procurarsi carta bianca del 1400.

Finora l'avevo letto solo sul manuale del falsari di Eric Hebborn
Libro Il manuale del falsario di E. Hebborn | LaFeltrinelli

Libro andato esaurito, tra l'altro.

Nel libro si descrive come ottenere un foglio di carta bianca partendo da un antico foglio stampato.
Si bagna la carta e si separano gli strati stampati da quelli interni bianchi.
Consiglia poi di rifarsi del costo di acquisto del libro antico (perche' ovviamente il libro di origine deve essere originale, del periodo) vendendo la parte stampata come stampa antica, che antica e' , ma incompleta.

Bene ho acquistato su ebay 32 pagine del 1493 del famoso libro Weltchronik Cronache di Norimberga - Wikipedia , per 30 euri, spedizione compresa! Una volta ricevute mi sono accorto che sono sottilissime e presentano una sola facciata stampata!

Tutto questo lavoro e' fatto per procurarsi carta che all'analisi del Carbonio14 dia come risposta XV secolo!

Non so' se nel mio caso il fine fosse procurarsi la carta o semplicemente raddoppiare le immagini da incorniciare, magari per turisti, pero' la tecnica e' la stessa.

Infine l'operazione e' rischiosa, si possono avere strappi o mancanze, proprio come nelle mie pagine.

Ad alcuni spiacera' anche della distruzione del libro.

Allego (le mollette non le ho messe io!)


weltchronik multi.jpg
 
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Ah mbe' qui siamo addirituttra al carbonio 14! Tu hai o riesci ad accedere a quel tipo di strumentazione? Come funziona?
 
Ah mbe' qui siamo addirituttra al carbonio 14! Tu hai o riesci ad accedere a quel tipo di strumentazione? Come funziona?
NO! Io non l'ho, alcuni miei Clienti si', il funzionamento si basa sulla quantificazione del contenuto dell'isotopo C14 presente in tutti i campioni di origine organica (animale o vegetale), la carta e' fra questi.
E' una analisi distruttiva, un frammento viene prelevato, carbonizzato e il Carbonio, sotto forma di gas viene poi ricondensato per essere analizzato in uno spettrometro di massa ad altissima risoluzione.
Per questo tipo di test occorrono giorni, non per la misura che dura minuti, ma per la preparazione del campione. Da cui il costo della misura.
Qui meglio spiegata:
Metodo del carbonio-14 - Wikipedia

E' stata usata, per esempio, per datare il supporto della Bella Principessa, ora attribuita a Leonardo.
 

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