susic
La parola alle Banche Centrali. Le attese degli esperti e gli impatti previsti sui mercati
Di Alberto Susic
La settimana che inizia oggi potrebbe rivelarsi una delle più importanti almeno di questa seconda parte della stagione estiva, per via degli importanti appuntamenti in programma e dell'impatto che gli stessi potranno avere sull'andamento dei mercati azionari.
Quella appena iniziata sarà infatti la settimana delle Banche Centrali, visto che nelle prossime sedute si riunirà non solo la Federal Reserve, ma anche la Banca Centrale Europea e la Bank of England. Le tre più importanti autorità di politica monetaria al mondo, saranno chiamate ad esprimersi sui tassi di interesse, ad un anno esatto dallo scoppio della crisi dei mutui subprime, i cui effetti non sono ancora alle spalle, come evidenziato dagli aggiornamenti delle ultime settimane, riguardanti non solo il settore finanziario. (Pubblicità)
Nessuna delle tre Banche dovrebbe intervenire sul costo del denaro, anche se non è da escludere qualche colpo di scena all'ultimo minuto, sulla scia anche di qualche rumors, comunque piuttosto debole, emerso nelle ultime sedute.
Lo scenario economico non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e in Inghilterra, richiederebbe a dire il vero un taglio dei tassi di interesse, per favorire una ripresa della congiuntura che ovunque, a partire dall'America, versa in condizioni poco felici.
Difficilmente però i banchieri centrali potranno “regalare” ai mercati un allentamento della politica monetaria, dal momento che hanno le mani legate per via di un'inflazione galoppante. La situazione attuale è quella di una stagflazione che, seppur in maniera diversa, interessa tanto gli Stati Uniti quanto l'Europa e l'Inghilterra, ponendo le Banche Centrali di fronte ad un grande dillemma sugli interventi da adottare relativamente al costo del denaro.
A pronunciarsi per prima sarà la Federal Reserve che domani sera annuncerà la sua decisione sui tassi di interesse, destinati a rimanere fermi al 2%, in linea con le attese della maggior parte degli addetti ai lavori. Diversi membri del FOMC nelle ultime settimane hanno esercitato non poche pressioni in direzione di un aumento da subito del costo del denaro. Del resto lo stesso Bernanke a metà luglio aveva puntato l'accento sull'elevata inflazione, lasciando prevedere un probabile rialzo dei tassi nei mesi a venire.
Una manovra restrittiva però, non solo non si avrà domani, ma difficilmente dovrebbe giungere nel meeting di settembre, in quanto la Fed non vuole certo correre il rischio di danneggiare la ripresa dell'economia che appare già molto debole e instabile. Anche secondo il Fondo Monetario Internazionale difficilmente il costo del denaro sarà rivisto al rialzo per ora, sebbene la Fed dovrà essere pronta ad intervenire non appena si avranno segnali più convincenti dal fronte della congiuntura.
Stando alle previsioni degli analisti di Unicredit (Milano: UCG.MI - notizie) , la Fed manterrà invariata la politica monetaria almeno fino a settembre, per poi alzare di mezzo punto i tassi entro dicembre di quest'anno e di un altro mezzo punto entro la fine del primo trimestre del 2009.
Per una sforbiciata da parte della BCE invece bisognerà attendere quasi un altro anno, visto che, sempre secondo Unicredit, difficilmente Trichet abbasserà il costo del denaro prima di giugno 2009. Per la riunione di giovedì prossimo si scommette su un nulla di fatto e non dovrebbero esserci allarmi in direzione di un aumento dei tassi in futuro. Il numero uno della BCE di recente ha infatti ribadito più volte che il rialzo deciso a luglio non rappresenta il primo di una serie di strette monetarie. Certo sarà l'inflazione ad indicare il sentiero lungo il quale muoversi, ma almeno fino a fine anno non dovremmo avere sorprese negative per il costo del denaro.
Per Unicredit un primo taglio dovrebbe arrivare a giugno 2009, nella misura di 25 basis points, mentre c'è maggiore incertezza da parte dell'FMI. Alcuni ispettori ritengono infatti che la scelta migliore per la BCE sia quella di lasciare invariata la politica monetaria, mentre per altri sarà importante seguire con attenzione i rischi al rialzo sul fronte inflazione, valutando, se necessario, interventi per contrastare la minaccia rappresentata dall'attuale dinamica dei prezzi al consumo.
Sempre giovedì prossimo non dovrebbe arrivare alcuna sorpresa dalla Bank of England che voterà per un nulla di fatto, con tassi fermi al 5%. Anche in Inghilterra non mancano i timori sulla tenuta dell'economia, tali da richiedere un abbassamento del costo del denaro, reso difficile però anche in questo caso dall'elevata inflazione.
Dal momento che le decisioni delle tre Banche Centrali sono ormai scontate dai mercati azionari, questi ultimi concentreranno la loro attenzione sui commenti che accompagneranno l'annuncio ufficiale sui tassi. Gli operatori cercheranno di capire quali potranno essere le prossime mosse in materia di politica monetaria, modulando la loro reazione sulla base delle risposte che riusciranno ad ottenere.
Sicuramente l'attenzione sarà focalizzata tanto in America quanto in Europa e in Inghilterra, sull'andamento dell'inflazione, che resterà una delle variabili chiave ancora per molto tempo. Un allentamento delle tensioni sul fronte inflazionistico potrebbe arrivare senza dubbio da una discesa dei prezzi dell'energia e più in generale delle materie prime. A tal proposito il capo economista di Schroders (Londra: SDR.L - notizie) fa notare che i mercati hanno reagito positivamente alla correzione dei prezzi del petrolio, lasciando intravvedere un possibile ritorno degli investitori verso asset più rischiosi, quale quello azionario. L'esperto ritiene inoltre che una frenata dell'inflazione sarebbe sicuramente quanto di più auspicabile per le Borse e per il mercato del credito, perché consentirebbe alle Banche Centrali di valutare nuovi interventi in favore della crescita economica, magari prendendo in analisi anche l'ipotesi di nuovi ribassi dei tassi di interesse, ridando inevitabilmente forza all'azionario.