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Tumore, dopo le terapie aumenta rischio cardiovascolare: come ridurlo
La chemioterapia può mettere a rischio il cuore: per diminuire i pericoli serve
una consulenza cardio-oncologica che individui le cure più adatte al singolo caso
e intercetti i problemi appena compaiono, ma anche terapie preventive
di Elena Meli
(Getty Images)
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Ci si concentra a sconfiggere il nemico numero uno, e non ci si accorge di andare incontro a un pericolo a volte perfino più grande. Succede a tanti malati di tumore: le terapie impiegate per debellare il cancro possono avere effetti collaterali cardiaci anche gravi, se non si tiene sotto controllo il cuore durante e dopo il trattamento. Un dato di fatto sempre più evidente, discusso durante il congresso internazionale “Pathophysiology and Management of Cardivascular Complications in Oncology” che si è tenuto di recente all’
Istituto Pascale di Napoli: i dati degli ultimi studi mostrano che il rischio di morire per un evento cardiovascolare è più alto nei pazienti che sopravvivono a un cancro.
Rischi per il cuore
Una recente ricerca pubblicata sullo European Heart Journal, per esempio, riferisce che bambini e ragazzi curati per un tumore prima dei 15 anni di età e poi guariti hanno una probabilità circa doppia di malattie cardiovascolari rispetto alla popolazione generale e sviluppano problemi come ipertensione o colesterolo alto in media dai 6 agli 8 anni prima dei coetanei. Un altro studio sul
Journal of American College of Cardiology, inoltre, ha dimostrato su oltre 1.800 pazienti sopravvissuti al cancro seguiti per sette anni che i successivi decessi avvengono in un caso su due per il tumore, ma in ben uno su tre per una malattia cardiaca che deriva dalle terapie oncologiche. Un problema che sta diventando sempre più serio perché, a causa dell'invecchiamento della popolazione, un numero sempre maggiore di pazienti arriva alla diagnosi di tumore con fattori di rischio cardiovascolari o cardiopatie non ancora diagnosticate. Per esempio, le donne over 50 con cancro al seno anni hanno una probabilità più alta di morire per problemi cardiaci collegati ai trattamenti oncologici che per la recidiva del tumore.
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Elettrocardiogramma (Ecg)
Per ridurre i rischi
«Spesso mentre ci si concentra a eliminare il cancro i problemi cardiaci non sono riconosciuti o non vengono adeguatamente trattati - osserva Nicola Maurea, direttore della Struttura di Cardiologia al Pascale -. Un errore di prospettiva, perché la presenza di fattori di rischio cardiovascolari non trattati aumenta la probabilità di eventi avversi cardiaci a seguito della chemioterapia o della terapia con farmaci biologici. Il cardiologo che ha in carico il paziente, inoltre, deve essere aggiornato sui farmaci oncologici utilizzati e sulle loro interazioni con i farmaci cardiologici in uso». Intanto, iniziano a essere delineate strategie di protezione cardiaca ben precise:
una ricerca appena presentata al congresso dell’American College of Cardiology per esempio ha dimostrato su quasi 500 donne con tumore al seno, a cui era stato prescritto l’anticorpo monoclonale trastuzumab insieme ad un’antraciclina, che un pre-trattamento con l’antipertensivo lisinopril e il beta-bloccante carvedilolo contrasta la riduzione della funzionalità cardiaca, dimezzata dai farmaci oncologici.
Cardiologo e oncologo insieme
Tutto ciò dimostra che è importante la presenza del cardiologo accanto all’oncologo: per valutare eventuali fattori di rischio e aggiustare le terapie, ma anche per monitorare il cuore prima, durante e dopo le cure oncologiche, in alcuni casi ripetendo gli esami diagnostici per valutare un eventuale danno cardiaco anche anni dopo la fine della chemioterapia. Michelino De Laurentiis, direttore dell’Unità di Oncologia Clinica e Sperimentale del Pascale, aggiunge: «Anche regole per un corretto stile di vita possono aiutare: una sana alimentazione per esempio è fondamentale per contrastare gli effetti tossici sul cuore di chemioterapia e cure biologiche, così come l’attività fisica. Sappiamo che nelle donne con carcinoma mammario è talmente efficace da poter essere considerata una vera e propria cura, al pari di chemio e ormonoterapia, oltre che preventiva sullo sviluppo di tumori».