Imark
Forumer storico
Non comprendo il ragionamento, come se il debito ad esempio italiano fosse ripagabile in un tempo ragionevole.
A meno di crescite economiche post belliche non vedo in quale modo si potrà far fronte ai debiti storici di molti paesi.
L'aspetto per il quale attualmente un paese viene penalizzato è la sostenibilità del debito ed è palese che se la Grecia dovesse pagare interessi ad esempio all'1% rispetto al 5% o al 10% questo scenario cambierebbe completamente il quadro complessivo del paese.
Basterebbe a quel punto lavorare esclusivamente sugli aspetti di riduzione deficit/PIL per rendere la situazione assolutamente sostenibile, l'inflazione con interessi così bassi consumerebbe parte del debito consentendo la parita di bilancio anche con rapporti deficit/PIL non positivi.
Credo ci siamo un po' incartati su di una questione nominalistica: io parlavo di Dubai, tu della Grecia, ed in effetti non sono situazioni raffrontabili, secondo me.
Le GRE di Dubai sono società sostanzialmente private (il solo tratto "pubblicistico" essendo dato dal controllo del capitale sociale al 97-98% da parte dell'emiro del Dubai) che investono capitali bancari in attività (prevalentemente) immobiliari nell'emirato.
Da quanto ho capito, per tali società la scelta dell'abbattimento dei costi di servizio del debito non vale a risolvere i loro problemi. In Dubai c'è un enorme invenduto immobiliare e i valori reali di terreni o di immobili edificati rimasti nel patrimonio delle immobiliari che non riescono a venderli sono molto modesti e resteranno tali, dalle analisi che si vanno leggendo, negli anni a venire, tant'è che si sono interrotti sine die anche progetti in avanzato stato di realizzazione.
Il problema principale è dunque la presenza di attivi di dubbio valore nel patrimonio dei debitori, seppure aggravato dall'assoluta mancanza di disponibilità liquide.
Le banche creditrici, dopo aver valutato l'eventualità di un default (scartata in primis per la modestia del recovery, ma anche per le difficoltà di una procedura fallimentare nel Dubai, in cui il giudice competente è un parente dell'emiro e la procedura fallimentare tutta da definire), hanno valutato e respinto ipotesi di haircut al 30-40% sul debito per difficoltà proprie a farsi carico delle perdite che tale soluzione avrebbe generato, e suggerito una soluzione quale quella adottata alla fine, che sposta in avanti il problema di alcuni anni.
Ergo, si assume già che il debito delle GRE non sia sostenibile se non a costo zero o quasi, ma si fa finta che quella attuale sia una situazione contingente, destinata a migliorare di qui ad alcuni anni.
Per la Grecia - che è uno stato sovrano, mentre le GRE di Dubai sono emittenti corporate, in sostanza - sono d'accordo con te, la partita si gioca su altre poste, in primo luogo, secondo me, sulla possibilità di avere un'economia competitiva restando nell'euro ed allo stesso tempo tollerando di pagare interessi sul debito con uno spread accettabile sul Bund.
Certo, se congeli il pagamento degli interessi sul debito per 5 anni o lo riduci, poniamo, all'1%, questo diventa sostenibile per 5 anni, e nel mentre, se arrivassi ad avere un surplus primario del deficit/PIL anche modesto ma stabile, oppure, come hai scritto tu, anche con un deficit/PIL negativo ma molto contenuto, l'inflazione eroderebbe lentamente il debito, partendo tuttavia da un dato piuttosto elevato (il 150-160% di debito/PIL).
Insomma, ben che vada, la Grecia dovrebbe restare sotto la tenda ad ossigeno per diversi anni dopo il 2012, durante i quali continuerebbe ad essere tagliata fuori dai mercati finanziari, visto che la situazione attuale dovrebbe concludersi a fine 2012, con il debito al 150% del PIL ed un deficit/PIL del 3%, quando poi la Grecia tornerebbe sul mercato (scenario difficilmente avverabile, IMHO).
Poi c'è l'ipotesi che la sfida del risanamento sia persa, che l'economia non ce la faccia ad essere competitiva neanche con l'euro più debole che in passato, che la riduzione della spesa pubblica porti a livelli di disoccupazione/riduzione del livello di benessere non più tollerata dalla popolazione o ritenuta non gestibile dalla classe politica.
Uno scenario di tipo argentino, insomma.
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