Default selettivi, purtroppo non ne conosco ....
i brady bond .... non mi ricordavo dove l'avevo letto
... default gestiti ...
Brady Bond per l?Eurozona by Simon Johnson and Peter Boone - Project Syndicate
2010-09-15
WASHINGTON, DC – L’odierno punto di vista che va per la maggiore nell’Eurozona è che la crisi è finita – i profondi timori, spesso esistenziali, emersi all’inizio di quest’anno sul futuro della moneta comune sono stati attenuati, e ora tutto è tornato sotto controllo.
Questo è in totale disaccordo con i fatti. I mercati dei titoli di Stato europei stanno nuovamente trasferendo un messaggio allarmante ai
policymaker di tutto il mondo. Con i titoli di Stato delle nazioni “periferiche” dell’area euro in continuo calo, il rischio di un default sovrano irlandese, greco e portoghese è più alto che mai.
Questo succede malgrado il pacchetto di aiuti combinato, messo a disposizione a maggio dall’Unione europea, dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca centrale europea per il salvataggio della Grecia, e malgrado il costante programma della Bce di acquistare i bond dei paesi periferici dell’Ue. In vista degli incontri annuali che si terranno tra poche settimane (seguiti a novembre dal summit del G20 a Seoul), il Fmi sta cedendo alle pressioni per dispiegare somme ancora più ingenti all’Ue con condizioni ancora più ridotte.
In effetti, la retorica ufficiale ha avuto ancora una volta lo scopo di persuadere i mercati ad ignorare la realtà. Patrick Honohan, il governatore della banca centrale d’Irlanda, ha etichettato i tassi di interesse sui bond governativi irlandesi “ridicoli” (intendendo troppo alti), e i ricercatori del Fmi sostengono che il default in Irlanda e in Grecia sia “superfluo
, inaccettabile e improbabile”.
Questa rievoca in modo sconcertante quanto avvenuto in primavera – quando Jean-Claude Trichet, il presidente della Bce, criticò duramente il dubbioso mercato dei titoli di Stato e dichiarò incomprensibile un default greco. I mercati, però, oggi pensano che ci sia un 50% di possibilità di default greco entro i prossimi cinque anni – e un 25% di possibilità che questo tocchi all’Irlanda. La ragione è semplice: sia la Grecia sia l’Irlanda sono plausibilmente insolventi.
Mentre la débâcle fiscale greca è ormai cosa nota, i problemi dell’Irlanda sono più profondi ma decisamente meno compresi. In poche parole: i
policymaker irlandesi non furono in grado di supervisionare le proprie banche, e osservavano (o incoraggiavano) a distanza quella frenesia di spesa, che alimentava il debito, e che generava il «miracolo celtico», grazie al quale l’Irlanda cresceva più rapidamente di tutti gli altri paesi membri dell’Ue e il settore immobiliare di Dublino divenne tra i più cari del mondo.
Alla fine del 2008 le tre principali banche d’Irlanda avevano concesso prestiti tre volte superiori al reddito nazionale del paese. Il tracollo sopraggiunse nel 2009, quando il boom immobiliare dell’Irlanda si trasformò in fallimento, lasciando il paese con grandi banche insolventi, un collasso nel gettito fiscale e il più grande deficit di bilancio d’Europa.
Le banche d’Irlanda hanno finanziato la loro rapida crescita contraendo debiti dalle altre banche europee, in questo modo le condizioni del sistema finanziario europeo si sono intrecciate con la sopravvivenza di queste banche insolventi. Non sorprende che la Bce sia ora il maggiore creditore d’Irlanda – accaparrandosi i suoi bond governativi. Secondo i dati più recenti (fino alla fine di agosto), nonostante l’Irlanda sia più piccola per dimensioni – due terzi della Grecia – ha ricevuto più finanziamenti della Grecia da parte della Bce – totalizzando il 75% del Pil e registrando una rapida crescita.
Il
quid pro quo di questa facile erogazione di denaro da parte della Bce è che il governo irlandese deve tutelare i creditori europei che altrimenti si troverebbero di fronte a ingenti perdite. Il conseguente maxi-piano di salvataggio, oltre ai continui deficit di bilancio e alla contrazione del Pil, indica che il debito dell’Irlanda sta crescendo a dismisura, mentre è collassata la sua capacità di pagamento.
Gli investitori naturalmente rispondono all’insostenibile debito vendendo i bond prima che i tassi di interesse diventino «ridicoli». Questi tassi elevati strangolano le aziende e le famiglie, provocando un ulteriore collasso economico e rendendo il debito ancora più insostenibile. Per frenare questa spirale al ribasso, bisogna mettere fine al rischio di insolvenza dell’Irlanda. O le banche potranno non ottemperare alle proprie obbligazioni senior, o il governo dovrà dichiarare default insieme alle banche. In entrambi i casi, sono necessarie nuove misure di austerità, e l’Irlanda dovrà ricevere un sostanziale finanziamento-ponte.
I politici irlandesi e dell’Ue dovrebbero essere i primi a prendere queste dure decisioni, ma l’attuale leadership non lo farà. Al contrario, l’Ue, la Bce e l’Irlanda hanno fatto un patto col diavolo che sostiene la liquidità irlandese (ovvero, riceve euro), ma non fa nulla per frenare la crescente probabilità di insolvenza (ovvero, la sua crescente incapacità di restituire in futuro quegli euro).
Il Fmi, che dovrebbe opporsi a un patto così pericoloso, al contrario progetta di aprire con maggiore generosità i rubinetti (con i fondi cinesi, americani e di altri paesi) per le nazioni insolventi. Il 30 agosto, il Fondo ha abolito i tetti sulla
«Flexible Credit Line», uno strumento di assistenza finanziaria varato nel 2009 per fornire rapidamente fondi ai paesi in crisi temporanea.
Il Fmi ha altresì annunciato un nuovo programma di finanziamento denominato «
Precautionary Credit Line», che fornirà fondi con maggiore rapidità e a condizioni minori – anche a quei paesi senza «solide finanze pubbliche» ed un’«effettiva supervisione finanziaria». Il Fondo spera inoltre di stabilire un nuovo «meccanismo di stabilizzazione globale» per fornire linee di credito a gruppi di paesi (come l’Ue).
Il Fmi è presieduto da un politico europeo, il suo consiglio di amministrazione è molto più incline all’Europa di quanto sia giustificato dalla rilevanza economica dell’Europa, e si sta affrettando ad agevolare le condizioni di concessione di prestiti per l’Europa proprio quando i membri dell’Ue stanno soffrendo di gravi problemi di insolvenza.
C’è una soluzione migliore, che è stata messa in atto negli anni ’70 negli Stati Uniti a seguito degli eccessivi prestiti concessi dalle banche commerciali all’America Latina. Il debito sovrano fu alla fine ristrutturato con la creazione di «Brady bond». Il trucco era quello di offrire alle banche l’opportunità di scambiare i vecchi debiti dei paesi (insolventi ) dell’America latina con titoli di Stato a lunga scadenza, con basse cedole (o coupon), garantiti dalle obbligazioni emesse dal Dipartimento del Tesoro statunitense.
Tali ottimi strumenti collaterali facevano sì che le banche potessero tenere questi titoli di debito
at par nel loro stato patrimoniale. Allo stesso tempo, questo swap riduceva gli obblighi di pagamento del debito dei paesi in difficoltà – consentendo loro di rimettersi in piedi.
L’Europa potrebbe prendere questa strada. Piuttosto che continuare ad accumulare altri debiti oltre a quelli già esistenti, il fondo di stabilizzazione Ue potrebbe essere impiegato per garantire questi nuovi titoli alla pari (par bond). Si potrebbero offrire ai creditori questi par bond, oppure titoli a breve termine con una cedola più alta – ma con uno sconto sul capitale del debito. I nuovi titoli potrebbero essere nominati Trichet o Merkel/Sarkozy o Honohan bond – qualsiasi cosa funzioni pur di creare consenso.
Simon Johnson, ex capo economista del Fmi, è co-fondatore di uno dei più importanti blog di economia, http://BaselineScenario.com, docente alla Sloan School of management del MIT e senior fellow del Peterson Institute for International Economics. Peter Boone, presidente di Effective Intervention al Center for Economic Performance della London School of Economics, è uno dei responsabili di Salute Capital Management Ltd.