uno ottimista
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PERCHÈ LA GRECIA NON PUÒ FALLIRE
di
Angelo Baglioni e
Massimo Bordignon 26.01.2010 Occhi ancora puntati sulla Grecia, soprattutto per gli effetti che la gestione del caso potrebbe avere sul destino futuro e la governance della moneta unica europea. Un intervento di sostegno al paese potrebbe avere effetti negativi sulla credibilità dell'unione monetaria. Ma i costi del non intervento sarebbero ancora più alti. Resta il problema di come evitare che simili eventi si ripetano in futuro. Più in generale è sostenibile un'unione monetaria in cui i paesi membri continuano a essere sostanzialmente sovrani sul piano fiscale?
Nike di Samotracia, II sec. a.C. (Louvre, Parigi)
Gli occhi di tutti gli analisti continuano a rimanere puntati sulla
Grecia, soprattutto per gli effetti che la gestione del caso greco potrebbe avere sul destino futuro e la governance della moneta unica europea. Cosa succederebbe se la Grecia non riuscisse a riportare sotto controllo il proprio deficit e fosse costretta a dichiarare il default sul proprio debito pubblico? Dovrebbe uscire dall’euro, o più esattamente, gli altri paesi Emu dovrebbero cacciarla per paura del contagio? E con quali le conseguenze? E alla luce di queste, dovrebbero o no gli altri paesi euro intervenire per aiutare la Grecia oggi?
I MITI DA SFATARE
Cominciamo con lo sfatare alcuni miti. Il primo è proprio quello dell’
uscita dall’euro. Nel dibattito politico e pubblicistico si sente spesso avanzare l’ipotesi che un eventuale default implichi necessariamente l’abbandono della moneta unica. Ma il legame è falso. Non vi è alcun nesso causale tra insolvenza di un paese e uscita di quel paese dall’euro. Affermazioni del tipo “se la Grecia è insolvente deve uscire dall’euro” equivalgono a dire “se la California è insolvente deve uscire dal dollaro”. Nessuno sottoscriverebbe la seconda affermazione; ma allora anche la prima non ha alcun fondamento. È perfino possibile che il mito sia stato creato apposta, allo scopo di mantenere sotto pressione paesi finanziariamente poco responsabili, anche dopo che avevano ottenuto l’accesso all’Emu. Ma si tratta di una falsità ed è bene dirlo.
Il secondo mito da sfatare, collegato al primo, è il seguente: il debito della Grecia è un po’ anche un debito degli altri stati dell’area euro, poiché è denominato nella stessa valuta. Anche questo è falso: qualcuno si sente responsabile dei debiti di Angelo Baglioni e Massimo Bordignon, per il solo fatto che usa la nostra stessa valuta? È vero che noi non siamo uno stato sovrano, ma il principio che vale per i privati vale anche per gli stati: ognuno risponde dei suoi debiti, indipendentemente dalla valuta in cui sono denominati. A scanso di equivoci, la
no bail-out clause è stata inserita nel Trattato dell’Unione Europea proprio per rendere esplicito che nessuno stato membro è tenuto a rispondere dei debiti degli altri. D’altra parte, ultimo mito da sfatare, la
no bail-out clausenon implica che gli altri paesi euro non possono intervenire, direttamente o attraverso la Bce, per aiutare un paese in difficoltà; dice solo che non sono tenuti a farlo, che è ben diverso.
LE CONSEGUENZE DEL DEFAULT
Ma allora quali conseguenze avrebbe il default della Grecia per gli altri paesi? L’impatto più diretto sarebbe sui suoi
creditori, come ben sanno i detentori di titoli di stato argentini.
(1) L’esposizione diretta verso la Grecia dei
risparmiatori dell’area euro è presumibilmente contenuta. Tuttavia, l’esposizione tramite il risparmio gestito potrebbe essere non trascurabile. Ma il problema vero è quello dell’esposizione del
sistema bancario degli altri paesi membri dell’Unione verso lo stato e il sistema bancario della Grecia. Questa è probabilmente la maggiore preoccupazione per la Banca centrale europea e per gli altri paesi membri: se i titoli di stato greci diventassero carta straccia, ciò potrebbe avere conseguenze devastanti per le banche greche, che detengono quei titoli e che li utilizzano come garanzia per accedere ai prestiti presso la Bce stessa. E una crisi del sistema bancario greco potrebbe avere conseguenze imprevedibili sul resto del sistema bancario dell’intera area euro, che è appena uscito da una lunga crisi di liquidità, ma che è tuttora reso fragile dalla recessione in corso.
Un effetto indiretto ma importante di un eventuale default si avrebbe sugli
altri debitori sovrani dell’area euro, in particolare sugli stati che presentano una combinazione di alto disavanzo o debito pubblico: Irlanda, Spagna, Portogallo, Italia. È probabile che questi paesi abbiano finora beneficiato di una presunzione di salvataggio (
bail-out) da parte degli altri paesi europei, in caso di difficoltà nel rimborso dei loro debiti. L’insolvenza della Grecia, in assenza di un
bail-out, creerebbe un precedente: a quel punto tutti saprebbero che uno stato membro dell’area euro può fallire, e che gli altri stati non sono disposti a salvarlo. Si creerebbe una situazione simile a quella successiva al crack della Lehman Brothers, quando i mercati finanziari si resero conto che le autorità americane erano disposte a lasciare fallire una grande banca, smentendo così la
too-big-too-fail doctrine. L’effetto più prevedibile sarebbe un aumento del costo del debito per i paesi più fragili, aggravando così ulteriormente lo squilibrio dei loro conti pubblici.
Vi è infine un altro effetto, legato al
tasso di cambio: la valuta di uno stato insolvente è necessariamente destinata a perdere di valore, poiché gli investitori cercheranno di liquidare rapidamente le posizioni in quella valuta. Qualche segnale si vede già in questi giorni: l’euro quota sotto 1,42 sul dollaro, al minimo degli ultimi quattro mesi. Tuttavia questa non sembra essere una motivazione molto rilevante nella fase attuale, in cui il problema per l’economia europea sembra piuttosto essere un eccessivo valore esterno dell’euro.
DEVONO INTERVENIRE GLI ALTRI PAESI?
La domanda diventa a questo punto se gli altri paesi dovrebbero intervenire per salvare la Grecia e se lo faranno. La risposta è probabilmente sì a entrambe. Non farlo potrebbe avere conseguenze imprevedibili, in termini di contagio sugli altri paesi dell’area e di perdita di reputazione di alcuni debitori sovrani, tali da costringere i paesi dell’euro ad ancora maggiori e più costosi interventi in futuro per salvare l’unione – analogamente a quanto è successo nel caso della
Lehman Brothers, il cui mancato salvataggio ha avuto come conseguenza un generalizzato e più costoso intervento di bail-out di tutto il sistema finanziario mondiale. Di più, se i paesi europei o la Bce intervengono in aiuto della Grecia, possono farlo negoziando condizioni che la costringano ad attuare un processo di consolidamento fiscale, un intervento che sarebbe impossibile se venisse semplicemente lasciata fallire. Naturalmente, questo lascia in predicato il problema di come fare per evitare che simili eventi si ripetano in futuro e più in generale se è sostenibile nel lungo periodo un’unione monetaria in cui i paesi membri continuino a essere sostanzialmente sovrani sul piano fiscale. Ma questa è un’altra storia.
(1) Una curiosità: anche la Regione Lombardia è esposta verso la Grecia, per 115 milioni di euro. Si veda
Il Sole 24Ore del 10 dicembre 2009
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