general gain
Nuovo forumer
Non so se è stato postato anche qua...
Dopo la lettura di tale commoventissima storia ho deciso: lunedì all in sulla Grecia...
Stampa di martedì 26 aprile 2011, pagina 29
Quando l'Europa salvò la Grecia dal fallimento
di Zatterin Marco
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Quando l'Europa salvò la Grecia dal fallimento Nel 18V3 Atene rischiò il collasso. Ma Se la cavò SPESE MILITARI Il debito del regno esplose con le guerre contro gli ottomani La staia MA OL T1 R61 có roMDEtvlt: DA wlatiXEues altra volta che l'Europa salvò la Grecia bastò offrire un interesse del 2,5% per convincere i risparmiatori di mezzo continente a sottoscrivere l'affare. Con una franchezza rara, il navigato premier riformista Harilaos Trikoupis aveva già annunciato nel 1893 che il danno era fatto. «Mi spiace, ma siamo in bancarotta», disse al Parlamento, con un tono affranto e convincente che gli garantì di essere riconfermato nel momento peggiore. Le grandi potenze furono lente, ci misero cinque anni per intervenire, ma poi accadde: Austria, Francia, Germania, Inghilterra, Italia e Russia andarono sul mercato e, con il passo tranquillo dei tempi in cui la Borsa in tempo reale era meno d'un sogno, rimisero in sesto le casse elleniche.
A parte le sfumature e i dettagli tecnici, l'intera storia della crisi di Atene ha un forte sapore di «deja vu». Il LA BANCAROTTA Il premier ammise davanti al Parlamento: siamo insolventi regno di Grecia, nato nel 1832, prosperò con un debito immenso alimentato dal costo della guerra contro gli ottomani. Per quasi settant'anni il peso dell'esercito sulla spesa pubblica gravitò oltre il 30%, sino a che un tentativo estremo di recuperare Creta condusse nel 1897 ad una nuova sconfitta. Il risultato fu il tracollo della contabilità pubblica, oltretutto costretta a pagare onerosi danni di guerra al nemico della mezzaluna. Re Giorgio I cadde malamente in disgrazia, il popolo che aveva salutato festante l'inizio del conflitto adesso non digeriva la disfatta. Scampato a un attentato (cosa che non gli sarebbe riuscita nel '13), valutò l'abdicazione. Fu allora che i suoi parenti coronati di Russia e Regno Unito capirono che si doveva mettere mano al portafogli. Atene aveva interrotto il rimborso del debito estero e tagliato ogni spesa non ritenuta essenziale, aumentando le tasse senza troppe remore. Il paese era stremato e la diplomazia internazionale temeva che potesse divenire rapidamente preda dei turchi. Partì il «bailout», come si direbbe oggi.
Le capitali cominciarono a emettere obbligazioni per finanziare un «prestito IL SOCCORSO Sei Paesi europei si mossero in aiuto con un mega prestito ellenico garantito» nel 1898. Nulla di molto diverse rispetto a quanto fatto appena un anno fa da Ue e Fmi, solo ad un costo più basso, 2,5% contro il 5,8 (ridotto al 4,8) dei nostri tempi. Anche allora, cancellieri e primi ministri chiesero di poter vigilare sul governo di Atene, vollero pure loro «una stretta condizionalità». Il governo fu vincolato a un controllo esterno da quale si è liberato completamente solo nel 1978, tre anni prima di entrare nella Cee. A cavallo del secolo sbarcò al Pireo un nutrito drappello di esperti europei, degni predecessori delle missioni Ue-Fmi-Bce che da mesi fanno spola con Atene. Il loro compito era (ed è) quello di assicurarsi che i ministri del sette volte premier Trikoupis non deragliassero dal cammino virtuoso concordato per il salvataggio. All'ombra del Partenone fecero parecchio scalpore, tanto da diventare protagonisti di una commedia teatrale all'inizio del ventesimo secolo, «Il Controllo», in cui si narrava d'un ispettore tedesco e uno francese alle prese coi tentativi con cui gli ateniesi cercavano di distoglierli dai loro doveri. Il francese, tanto per cambiare, era dipinto come impenitente libertino.
Anche in questo secolo le spese militari hanno dato un bel colpo alla stabilità greca e la cattiva politica ha fatto il resto. Centotredici anni fa, però, la cura dimostrò di poter funzionare, i bei certificati di prestito blu e bianchi andarono a ruba e oggi valgono poco, appena 9 dollari e 99 su Ebay. Grazie al rigore ripristinato, Atene ebbe nei primi dieci anni del Novecento un periodo di sostenuta produttività e sviluppo. Oggi tutto appare meno sicuro, i ritmi sono troppo più rapidi e si richiedono capacità di adattamento più ampie di quelle che i governi, e gli elettori, sono in grado di dimostrare. La bancarotta di Atene è un'ipotesi su cui scommettono i mercati e ora anche qualche governo tradito dalla fretta, come se la lezione del passato non servisse a nulla.
Corsi e ricorsi La storia si ripete per Atene: oggi discute della ristrutturazione del suo debito pubblico (in alto, il Parlamento ellenico). Alla fine dell'800 venne salvata dal crac da un prestito delle nazioni europee (a lato, un bond greco dell'epoca venduto su eBay nei giorni scorsi) ***
Dopo la lettura di tale commoventissima storia ho deciso: lunedì all in sulla Grecia...
Stampa di martedì 26 aprile 2011, pagina 29
Quando l'Europa salvò la Grecia dal fallimento
di Zatterin Marco
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Quando l'Europa salvò la Grecia dal fallimento Nel 18V3 Atene rischiò il collasso. Ma Se la cavò SPESE MILITARI Il debito del regno esplose con le guerre contro gli ottomani La staia MA OL T1 R61 có roMDEtvlt: DA wlatiXEues altra volta che l'Europa salvò la Grecia bastò offrire un interesse del 2,5% per convincere i risparmiatori di mezzo continente a sottoscrivere l'affare. Con una franchezza rara, il navigato premier riformista Harilaos Trikoupis aveva già annunciato nel 1893 che il danno era fatto. «Mi spiace, ma siamo in bancarotta», disse al Parlamento, con un tono affranto e convincente che gli garantì di essere riconfermato nel momento peggiore. Le grandi potenze furono lente, ci misero cinque anni per intervenire, ma poi accadde: Austria, Francia, Germania, Inghilterra, Italia e Russia andarono sul mercato e, con il passo tranquillo dei tempi in cui la Borsa in tempo reale era meno d'un sogno, rimisero in sesto le casse elleniche.
A parte le sfumature e i dettagli tecnici, l'intera storia della crisi di Atene ha un forte sapore di «deja vu». Il LA BANCAROTTA Il premier ammise davanti al Parlamento: siamo insolventi regno di Grecia, nato nel 1832, prosperò con un debito immenso alimentato dal costo della guerra contro gli ottomani. Per quasi settant'anni il peso dell'esercito sulla spesa pubblica gravitò oltre il 30%, sino a che un tentativo estremo di recuperare Creta condusse nel 1897 ad una nuova sconfitta. Il risultato fu il tracollo della contabilità pubblica, oltretutto costretta a pagare onerosi danni di guerra al nemico della mezzaluna. Re Giorgio I cadde malamente in disgrazia, il popolo che aveva salutato festante l'inizio del conflitto adesso non digeriva la disfatta. Scampato a un attentato (cosa che non gli sarebbe riuscita nel '13), valutò l'abdicazione. Fu allora che i suoi parenti coronati di Russia e Regno Unito capirono che si doveva mettere mano al portafogli. Atene aveva interrotto il rimborso del debito estero e tagliato ogni spesa non ritenuta essenziale, aumentando le tasse senza troppe remore. Il paese era stremato e la diplomazia internazionale temeva che potesse divenire rapidamente preda dei turchi. Partì il «bailout», come si direbbe oggi.
Le capitali cominciarono a emettere obbligazioni per finanziare un «prestito IL SOCCORSO Sei Paesi europei si mossero in aiuto con un mega prestito ellenico garantito» nel 1898. Nulla di molto diverse rispetto a quanto fatto appena un anno fa da Ue e Fmi, solo ad un costo più basso, 2,5% contro il 5,8 (ridotto al 4,8) dei nostri tempi. Anche allora, cancellieri e primi ministri chiesero di poter vigilare sul governo di Atene, vollero pure loro «una stretta condizionalità». Il governo fu vincolato a un controllo esterno da quale si è liberato completamente solo nel 1978, tre anni prima di entrare nella Cee. A cavallo del secolo sbarcò al Pireo un nutrito drappello di esperti europei, degni predecessori delle missioni Ue-Fmi-Bce che da mesi fanno spola con Atene. Il loro compito era (ed è) quello di assicurarsi che i ministri del sette volte premier Trikoupis non deragliassero dal cammino virtuoso concordato per il salvataggio. All'ombra del Partenone fecero parecchio scalpore, tanto da diventare protagonisti di una commedia teatrale all'inizio del ventesimo secolo, «Il Controllo», in cui si narrava d'un ispettore tedesco e uno francese alle prese coi tentativi con cui gli ateniesi cercavano di distoglierli dai loro doveri. Il francese, tanto per cambiare, era dipinto come impenitente libertino.
Anche in questo secolo le spese militari hanno dato un bel colpo alla stabilità greca e la cattiva politica ha fatto il resto. Centotredici anni fa, però, la cura dimostrò di poter funzionare, i bei certificati di prestito blu e bianchi andarono a ruba e oggi valgono poco, appena 9 dollari e 99 su Ebay. Grazie al rigore ripristinato, Atene ebbe nei primi dieci anni del Novecento un periodo di sostenuta produttività e sviluppo. Oggi tutto appare meno sicuro, i ritmi sono troppo più rapidi e si richiedono capacità di adattamento più ampie di quelle che i governi, e gli elettori, sono in grado di dimostrare. La bancarotta di Atene è un'ipotesi su cui scommettono i mercati e ora anche qualche governo tradito dalla fretta, come se la lezione del passato non servisse a nulla.
Corsi e ricorsi La storia si ripete per Atene: oggi discute della ristrutturazione del suo debito pubblico (in alto, il Parlamento ellenico). Alla fine dell'800 venne salvata dal crac da un prestito delle nazioni europee (a lato, un bond greco dell'epoca venduto su eBay nei giorni scorsi) ***
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