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Economica : Testo articolo
Corriere della Sera di mercoledì 24 agosto 2011, pagina 33
Salvataggi europei. Rivolta al Bundestag contro il sì di Merkel
di Gergolet Mara
II summit franco-tedesco Salvatagli europei Rivolta al Bundestag contro il sì di Merkel DAL NOSTRO INVIATO BERLINO — Ma quali eurobond. La politica europea invece che fare passi avanti, e cercare nuovi (comuni) strumenti anticrisi, fa il passo del gambero. E torna a discutere, quasi a rimettere in discussione, l'accordo già raggiunto per il secondo pacchetto di aiuti alla Grecia. Tanto che la commissione Ue, ieri, ha precisato di ritenere sì «interessante l'idea degli eurobond», ma di voler presentare le sue proposte «solo dopo il varo definitivo» del salvataggio di Atene. E sembra di tornare daccapo. Perché ieri, anche un membro serio e rispettato del partito della Merkel, Ursula von der Leyen, vicepresidente e madre di sette figli (arrivata a un passo dalla presidenza della Repubblica), ha detto la sua. E che cioè i Paesi da salvare dovrebbero dare in garanzia oro e quote delle società statali. Come aveva già suggerito, a proposito dell'Italia, un peso massimo dei liberali, il capogruppo al Parlamento Rainer Briiderle. Subito smentita, la von der Leyen, dal suo stesso governo. Ma c'era proprio bisogno di riaprire anche questo capitolo? Di schierare una parte del Bundesregierung con la Finlandia (che le garanzie dai greci le ha ottenute) o con il fronte degli scontenti, l'Austria, l'Olanda, la Slovacchia, la Slovenia che reclamano anche per sé i benefici ottenuti da Helsinki (il tutto, con il rischio di affossare il bail-out di Atene)? Piuttosto, le parole della von der Leyen sono un segnale. Di quanto battagliera e decisa a resistere in nome dell'austerità sia la parte più conservatrice del governo Merkel. Perché mentre a Bercy si incontravano ieri i ministri delle Finanze, il francese Francois Baroin e il tedesco Wolfgang Schàuble, decisi a mettere in pratica le linee guida di Merkel-Sarkozy (Tobin tax, su desiderio francese, e più rigore e sanzioni, su indicazioni tedesche), a Berlino si è aperta una decisiva partita interna. E anche qui la Merkel gioca in difesa. Basta guardare il calendario. Il 7 settembre la Corte costituzionale tedesca si esprimerà sui salvataggi. Il 23 settembre tocca al Parlamento approvare il nuovo fondo salvataggi, per il quale la Merkel si è impegnata a Bruxelles: esponenti della maggioranza si sono già dichiarati contrari. Dovesse venire bocciato, sarebbe la sconfessione della Merkel. Un colpo irrimediabile al prestigio, se non alla poltrona, della cancelliera.
E in questo quadro che va letta la questione Germania-eurobond. Il no tedesco è stato ripetuto in tutte le versioni, con il micidiale ultimatum del vicecancelliere liberale Philipp Rosler: «Con questo governo non si farà mai». Eppure, non tutto è fermo. Sia la Merkel che Schàuble ne fanno una questione, più che dogmatica, di priorità. Finché non ci sarà armonizzazione fiscale, dicono, e non si rafforzano i meccanismi per controllare in Europa i budget nazionali (insomma, se non vengono scambiati con cessioni di sovranità nazionale), gli eurobond sono impensabili. Ma in una (remota) prospettiva, né Schàuble né Merkel li hanno esclusi. Schàuble, soprattutto, è pur sempre un allievo non rinnegato dell'europeista Kohl. Inoltre, i verdi e i socialdemocratici, coi leader Ozdemir Cem e Frank-Walter Steinmeier, sono favorevoli e la stessa Cdu creerà presto una commissione per l'europolitica. Certo, i tempi per qualsiasi cambio di marcia saranno lunghi: la cancelliera deve prima salvare il salvataggio della Grecia, e anche se stessa.
Mara Gergolet ***