Bce, ultime trattative sui dettagli del Qe
Sarà il consiglio più ad alta tensione per la Banca centrale europea da due anni e mezzo a questa parte, quando venne deciso il piano anti-crisi Omt per dare corpo alla promessa di Mario Draghi di voler fare «tutto il necessario» per salvare l’euro. La posta in gioco mercoledì sera e giovedì non sarà meno pesante: l’inflazione è sotto zero e promette di restarci per buona parte di quest’anno, le aspettative a lungo termine sono ai minimi, la crescita è stagnante, la Grecia, che celebra tre giorni dopo le elezioni, di nuovo sull’orlo dell’uscita dall’euro.
Alla conferenza stampa di giovedì, pena un violento contraccolpo di mercato, il presidente Draghi annuncerà con ogni probabilità che la Bce è pronta all’acquisto di titoli di Stato dell’eurozona, lanciando finalmente il Qe. Ma diversi dettagli, compreso cosa fare dei titoli greci, argomento politicamente troppo delicato quasi alla vigilia del voto, potrebbero essere lasciati a un momento successivo. Anche perché il consenso si sta rivelando, come era previsto, molto difficile da trovare. Nessuna decisione finale è stata ancora presa sulle modalità e la ricerca di un punto di equilibrio, compito di Draghi, è destinata a continuare fino alla riunione.
Gli elementi principali da decidere sono tre: l’importo degli acquisti, la loro suddivisione (presumibilmente titoli investment grade, sulla base delle quote nel capitale della Bce, ma con la spinosa questione greca) e la ripartizione del rischio. Sul primo punto, il riferimento è dato dall’intenzione dichiarata della Bce di voler espandere il proprio bilancio di mille miliardi di euro, di fatto stampando moneta, visto che non può più offrire alcuno stimolo con i tassi d’interesse, già a zero. Considerate le altre misure già prese, gli acquisti di titoli pubblici dovrebbero arrivare ad almeno 500 miliardi di euro.
Ma la questione si intreccia con la ripartizione del rischio. Normalmente, per le operazioni di politica monetaria, il rischio è condiviso nell’Eurosistema, come ha ricordato chiaramente il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. È il Qe «senza vincoli», di cui ha parlato ieri in un’intervista al Sole 24 Ore il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Gli oppositori del Qe, fra cui il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann e il governatore olandese Klaas Knot, potrebbero esser disposti a scambiare un importo maggiore con l’assunzione di almeno una parte del rischio dalle banche centrali nazionali. Secondo diverse fonti dell’Eurosistema interpellate dal Sole 24 Ore, non sarebbe stato trovato alcun accordo per escludere il rischio condiviso e scaricarlo interamente sulle banche centrali nazionali, come ha scritto ieri il settimanale «Der Spiegel», chiaramente ispirato da fonti tedesche. Tecnicamente, un compromesso potrebbe trovare diverse forme: per esempio, secondo i tecnici, mantenendo la condivisione del rischio per la parte degli acquisti considerati di politica monetaria, ma assegnando un’altra parte delle operazioni al portafoglio di investimenti delle singole banche centrali, i cosiddetti Anfa, dei quali ogni banca si farebbe carico.
L’esclusione totale della condivisione del rischio è mal vista sui mercati finanziari. Segnerebbe la fine della promessa di Draghi di voler fare «tutto il necessario», e un segnale che la Bce teme per la tenuta dell’eurozona, osservava ieri un investitore. «Sarebbe controproducente – sostiene in una nota Giuseppe Maraffino, di Barclays Capital –. Aumenterebbe la percezione di mercato di una frammentazione dell’Eurosistema e con essa il rischio sovrano. Ridurrebbe anche le allocazioni al debito rischioso in quanto le banche centrali nazionali avrebbero un incentivo a comprare titoli sicuri. Questo, alla fine, aumenterebbe la pressione di mercato su Paesi già in difficoltà».