Jamie Dimon, la scelta di Trump per fare guerra all’Ue
Per l'Europa si prospettano tempi difficili se a succedere a Janet Yellen alla guida del Tesoro Usa dovesse arrivare Jamie Dimon
20 Luglio 2024
Jamie Dimon
Di tutti i modi possibili per gestire male la nomina del nuovo Presidente della Commissione europea, il Governo italiano ha scelto il peggiore. Ottenendo nulla, se non l’ovvia e sacrosanta antipatia di Ursula von der Leyen, trattata da Giorgia Meloni come la sua migliore amica fino all’altro giorno e poi utilizzata come bandierina politica a uso interno, una volta fatti i conti della serva e preso atto che i voti dei Verdi sarebbero bastati. L’Europa non ci farà pagare il tradimento, essendo stato un qualcosa di miseramente calcolato. Ma la codardia, quella sì. E farà benissimo. Perché prima o poi, l’Italia capirà che occorre farsi governare da gente in grado di fare la guerra. E non dal dispensatore di mance e mancette di turno.
Ora, godetevi pure le vacanze. Magari finanziate da un bel prestito che graverà con il suo tasso mensile fino al 2026. Poi preparatevi alla tosatura autunnale. Perché a poco a poco, le verità saltano fuori. Il ministro Giorgetti l’altro giorno alla Camera ha dovuto ammettere candidamente che il sistema previdenziale non regge già oggi, alla luce del trend demografico.
Insostenibile. Minsky Moment per l’Inps. La ricetta? Più immigrati. Il problema reale? Quello che spiegavo nel mio
articolo di ieri:
come si possono mettere al mondo figli con i contratti più schiavisti d’Europa, i salari più miserabili e i tassi sul credito al consumo più alti dell’eurozona? Mettiamo al mondo figli con modalità da
nuovi italiani, ovvero facendoli crescere a spese del welfare? Con 3.000 miliardi di debito pubblico e il 7,2% di deficit da far rientrare sotto il 5% entro il 31 dicembre, stante una procedura di infrazione già aperta?
Ma tranquilli. Se il Governo italiano ha dimostrato tutta la sua pochezza e miseria politica in questi due giorni, a Bruxelles non hanno ben capito quale sia il giochino in atto. Semplice, in effetti.
Ad esempio, prendiamo il caso dell’astensionismo elettorale italiano. Dopo uno
showdown come quello andato in scena a Strasburgo, alla luce dei risultati dell’11 giugno, a vostro modo di vedere l’astensionismo aumenterà o diminuirà nel nostro Paese?
Meno gente alle urne e chi ci va, sa benissimo chi votare. Lo status quo. L’establishment del profitto sganciato da crescita e fondamentali, dei salari stagnanti, dell’inflazione alta necessaria per stabilizzare dinamiche di debito fuori controllo. Ma strumentali appunto ai regimi da
bastone e carota dei sussidi.
Siamo criceti nella ruota. Ma per quanto?
Se Ursula von der Leyen metterà in pratica nei primi 100 giorni di lavoro della Commissione, solo la metà di quanto promesso,
il declino economico dell’Europa sarà devastante. E pressoché immediato. Perché
Donald Trump già tuona dazi e protezionismo e dopo gli ultimi due anni di guerra senza quartiere,
Cina e Russia certamente non ci verranno incontro a braccia aperte. Anzi.
Ora date un’occhiata a questo grafico: ci mostra l’impennata della percentuale stimata per l’addio di Jamie Dimon alla guida di JP Morgan entro fine anno.
E quando è avvenuta? Subito dopo l’annuncio da parte di Donald Trump della scelta di J. D. Vence come vice-presidente alla convention di Milwaukee.
Tradotto? Il prossimo segretario al Tesoro di una possibile Amministrazione repubblicana con ogni probabilità sarà l’attuale
deus ex machina della vera Banca centrale Usa.
JP Morgan, appunto. E l’Europa chi opporrà? E l’utilizzo di questo verbo non è casuale. Perché se scegli Jamie Dimon come successore di Janet Yellen significa che intendi fare la guerra. Guerra aperta. Per cosa? Per far pagare ad altri il costo di un debito che sale di 1 trilione ogni 100 giorni e che, stante le dinamiche macro-economiche attuali, vede la spesa per soli interessi a quota 140 miliardi al mese. Gli Usa sono formalmente in default. Occorre invece rendere gestibile questo colossale casinò di tavoli con le carte truccate. E chi pensate che sarà il fesso pronto a travestirsi da agnello sacrificale? Forse lo stesso che si è sparato nei piedi, mentre mostrava orgoglioso la pistola delle sanzioni energetiche e finanziarie contro la Russia?
Pensate che una
Commissione a guida von der Leyen serva ad altro, se non a facilitare gli interessi dell’azionista di maggioranza di un’Unione Europea totalmente incapace di preservare i propri? Cosa otterremo in cambio?
Il solito.
Ovvero, una Bce che tiene artificialmente compressi gli spread.
Mentre i Governi impongono manovre lacrime e sangue, il tutto con buona pace del ministro Giorgetti che nega questa prospettiva. Sarà interessante vedere come i politici di governo presenti al Meeting di Rimini, quest’anno sapranno indorare la pillola post-vacanziera. Molto interessante. Perché a differenza delle estati scorse, qui abbiamo già 20 miliardi di intervento correttivo e un Def da preparare. Quantomeno di pari entità. Anzi, facciamo gli ottimisti. Limitiamo (irrealisticamente) a 30 miliardi le necessità totali di copertura da qui al 31 dicembre, il tutto ipotecato tramite la spada di Damocle della procedura d’infrazione. Pensate che, alla luce del flop totale del Pnrr e dei circa 160 miliardi di debito pubblico ancora da collocare, il Governo riesca a trovare quella cifra con una spending review indolore? Davvero lo credete? Davvero pensate che la ricetta salvavita uscirà dallo zainetto del Cottarelli di turno che taglia gli sprechi e trasforma l’Italia nella Svizzera?
Signori, qui o si taglia la spesa corrente o si alzano le imposte. Punto. E se anche fossero
solo 30 miliardi, vi invito a guardare realisticamente in faccia il livello attuale dei servizi pubblici erogati. Sanità e istruzione in testa. Non si configura come uno scenario di lacrime e sangue, forse? Certo,
se un tempo vi invitavano a sudare per Kiev, ora vi inviteranno a rinviare la TAC per il medesimo motivo. Perché di soldi per l’Ucraina ne abbiamo stanziati. Tanti. Troppi.
Mentre Donald Trump e il suo vice sono già stati chiari: quel tema dall’agenda Usa è fuori.
Si arrangino. Addirittura, a Milwaukee il tycoon miracolato ha detto chiaro e tondo che, sotto la sua presidenza, Taiwan dovrà pagare per essere difesa dagli Usa contro la minaccia cinese.
Ora, attendete ancora un mesetto. Forse meno. Poi, una volta che sarà stato scelto il successore di Paolo Gentiloni come commissario agli Affari economici, ricordate che il suo omologo statunitense con buone probabilità sarà
Jamie Dimon. L’uomo che nel 2019 ha scatenato a tavolino la crisi repo, pur di far tornare in azione direttamente la Fed dopo un decennio di pilota automatico post-subprime. A quel punto, fatevi il segno della croce.
SCENARIO/ I 100 giorni per scongiurare la guerra in Europa