HO PASSATO UNA VITA A NON SENTIRMI ALL'ALTEZZA, ADESSO MI SDRAIO E VAFFA...

Adesso la parola d’ordine del Governo è di minimizzare.

Ma questo indirizzo giunge dopo un percorso schizofrenico di comportamenti contraddittori
che hanno contribuito pesantemente alla crescita della psicosi collettiva oggi presente nel Paese.

Inizialmente il coronavirus è stato sottovalutato trasformandolo in una occasione per rilanciare le accuse di razzismo
ad una opposizione che esprimeva le preoccupazioni della popolazione per i pericoli di contagio.

Successivamente è stato usato come occasione di promozione e rilancio dell’immagine del Premier
senza minimamente calcolare che la sovraesposizione di Giuseppe Conte, passato da avvocato del popolo a medico d’Italia,
avrebbe automaticamente provocato la moltiplicazione della paranoia collettiva.

Ora, invece, pare scattata la terza fase.

Quella della minimizzazione della vicenda che passa da possibile pandemia di peste postmoderna ad influenza stagionale leggermente potenziata
causata da errori di qualche medico dell’ospedale di Codogno commessi durante il ricovero del primo infetto.

A causare questo precorso schizofrenico da parte delle massime autorità del governo hanno concorso due fattori principali.

Il primo è la quarantena internazionale in cui è stato posto il nostro Paese a causa della sua autorappresentazione di malato d’Europa.
Da Bruxelles Paolo Gentiloni fa sapere che non tutto il male viene per nuocere
visto che il coronavirus consentirà di andare un po’ oltre i limiti del bilancio ed aumentare la spesa pubblica senza il timore di penali europee.

Ma le parole del commissario europeo non cambiano la circostanza che l’Europa ha isolato l’Italia confermando, come è avvenuto per l’immigrazione,
che gli interessi nazionali delle grandi nazioni continentali escludono che i problemi italiani possano essere affrontati in chiave di solidarietà europea.

A questo fattore, che fa temere a Conte di non poter più contare sul puntello della Ue,
si aggiunge quello più interno ed incombente della paura che una emergenza troppo sbandierata finisca
con il far crescere la necessità di fronteggiarla non con un governo minoritario ma con un governo d’emergenza istituzionale.

Di qui il contrordine di Palazzo Chigi: ridimensionare (per sopravvivere)!
 
grazie VAL, dacci sempre queste notizie importanti che fanno capire quanto è intelligente, bravo, spiritoso Matteo Salvini

non vediamo l'ora di vederlo dare indicazioni sul Corona Virus dalla spiaggia tra un mojito e una corona ...

quanto hai tempo parlaci anche quel genio di Fontana con la sua mascherina fake
 
Chissà cosa succederà un domani quando il centrodx + lega vinceranno le elezioni

"A volte la mattina guardandomi allo specchio mi stupisco di come sia potuto arrivare a fare il Capo della polizia con la lingua che mi ritrovo".
Chissà se nel pronunciare questa frase Franco Gabrielli si era reso conto di aver messo un piede oltre la sottile linea che divide il campo della politica da quello riservato ai servitori dello Stato.

Perché non capita spesso di sentire il vertice degli agenti polemizzare con il leader di un partito di opposizione
usando parole tipo "sfintere" o locuzioni proverbiali (ma poco educate) quali "Grazia, graziella e…".

L'Italia è un Paese strano. Ma questa è davvero una novità.

Alla fine è lo stesso Gabrielli a metter fine alla polemica:

"Il clamore suscitato da frasi rubate in un contesto privato amareggiano per primo me perché mai ho voluto esprimere un giudizio
sull’operato del senatore Salvini e dell’onorevole Molteni, che non mi compete, riconoscendo, al contrario,
di avere avuto con loro una ottima collaborazione", dice, "Al pari del Senatore Salvini ritengo chiusa la polemica,
strumentalmente creata, e mi scuso se tutto ciò può avere suscitato una comprensibile amarezza".
 
Quando governa il centrodestra in caso di crisi economica e finanziaria, di emergenza nazionale,
di sfaldamento della maggioranza, di isolamento nella Ue, si manda via il premier e si cambia governo,
se a governare è il centrosinistra serve che tutto resti tale e quale ma col sostegno unanime e corale.

Insomma il paragone col governo Berlusconi del 2011, seppure nelle differenze, viene in mente
e sia chiaro noi siamo tra quelli che criticarono frontalmente la cacciata del Cavaliere,
anche perché tra le differenze di allora con ora ce n’è un grande, Silvio Berlusconi fu votato dalla gente e vinse le elezioni.

Quell’esecutivo e quella maggioranza infatti ebbero un largo successo elettorale che resta l’ultimo del Paese,
visto che da allora nessuna maggioranza e nessun governo sono usciti dalle urne e dalla volontà popolare,
ma da accordi parlamentari postumi, talvolta impropri e abborracciati ad hoc.

Ebbene il Conte bis è figlio ancora più del Conte uno, di un raffazzonamento tra chi fino al giorno prima si detestava,
giurava l’impossibilità di stare assieme, si attaccava quotidianamente su tutto a partire dalle scelte di politica economica, industriale e del lavoro.

Si tratta di un’altra diversità fondamentale col governo del cavaliere che vinse largamente nel 2008
sulla base di un programma chiaro e condiviso nel centrodestra, tanto è vero che fu portato avanti
e, piaccia o meno, fino all’inizio del 2011 il paese cresceva e stava bene nei suoi fondamentali.

Dopodiché a partire da quella primavera e soprattutto in estate e fino all’autunno, successe ciò che oramai fa parte della storia,
l’isolamento improvviso dall’Europa, le critiche violente, lo sfaldamento della maggioranza, la crisi economica, dei mercati delle borse e l’esplosione dello spread.

Per farla breve, si creò una emergenza nazionale tale da suggerire un cambio immediato di governo e di maggioranza
per affrontare al meglio le difficoltà e le criticità allarmanti anche grazie al supporto parlamentare più ampio possibile.

Ebbene abbiamo già detto che non condividemmo affatto quella scelta non fosse altro che per una lettura molto diversa del perché
e del percome di quei fatti e di quegli accadimenti, ma al netto del nostro giudizio ininfluente e relativo, la domanda sulla diversità di scelta ci può stare.

Insomma se quel governo, del Cavaliere, oramai in balia dei numeri e degli “scilipoti”, in preda ad una crisi economica generale,
isolato dall’Europa sulle scelte, messo sotto allarme dalle agenzie di rating, non era più in grado di fronteggiare l’emergenza
perché quello di Conte lo sarebbe? Eppure lo sappiamo il Conte bis già da ben prima che scoppiasse il Coronavirus arrancava ed era in bilico costante,
con la minaccia di rottura della maggioranza, in perenne lite fra ministri, alle prese con una recessione incombente ed una crisi galoppante, sotto esame della Ue dei mercati.

Tanto è vero che non solo più di una volta è giunto ad un passo dalla fine a pesci in faccia fra alleati,
ma si è ingessato su tutto in questi mesi, obbligato per un verso all’immobilismo e per l’altro a scelte sulla finanziaria esattamente opposte al necessario,
prova ne sia il Pil che è in discesa netta.

Come se non bastasse sfortunatamente è arrivato pure il virus cinese e guarda caso maggioranza e governo sono entrati nel pallone,
nelle scelte, nelle discordanze, negli stop and go, nello scontro con le regioni e con la Ue, gettando il paese nella paura, nella confusione e nel blocco di ogni attività.

Tant’è che ora ci ritroviamo alle prese con una emergenza sanitaria nazionale, con l’economia a rischio,
dall’export ai consumi alla produzione, con un clima di sfiducia generale e con l’Europa e il mondo che ci trattano da untori.

E allora delle due l’una o come nel 2011 cambiamo il Conte bis per un governo di larghe intese e di emergenza temporanea
in grado di contrastare su tutto il fronte con scelte forti e coraggiose a vantaggio dell’economia, della ripresa, della sicurezza e dell’immagine del Paese,
oppure tutti buoni sperando che comunque vada bene e così sia.
 
Il nuovo mainstream è che ci sia stata sopravvalutazione del rischio coronavirus.

Bene (anzi male, a vedere anche solo i risvolti economici del cordone sanitario che il mondo intero ci sta stringendo attorno),
il tempo dirà – come sempre accade – chi ha ragione.

I virologi sono diventati star televisive e continuano ad accapigliarsi tra loro
(e occorre aggiungere che il ministro Roberto Speranza li ha lasciati, e li lascia, colpevolmente fare, dal momento che sta lì
pure per evitare che chi parla pure a nome di strutture della sanità pubblica contribuisca ad una comprensibile isteria collettiva).

Tuttavia, ammesso che eccesso di allarmismo vi sia stato, di chi è la responsabilità?

Il premier Giuseppe Conte, solo domenica scorsa, è apparso sedici (16!) volte in tv.

Il Consiglio dei Ministri si è tenuto – plastica rappresentazione di emergenza – non nella sede istituzionale, ma presso la Protezione civile.

Ora, chi scrive è pervaso da un salvifico (quantomeno per la propria salute mentale) fatalismo, ma assai meno predisposto a farsi prendere in giro.

Se sopravvalutazione c’è stata, la prima responsabilità è della componente grillina del governo,
nel quale un Rocco Casalino qualsiasi si atteggia a Rasputin, che ha cavalcato il coronavirus per distrarre dalle beghe interne
(a cominciare da un consenso da mesi in caduta libera) ed esterne (quale il Renzi scalpitante degli ultimi giorni).

Il Partito Democratico, come al solito, ha lasciato fare, unicamente preoccupato di farsi portavoce di quel deep state che è disposto a tutto,
perfino a far gestire l’emergenza sanitaria che sta paralizzando il Paese a degli apprendisti stregoni, pur di non andare ad elezioni.

In conclusione, se di arma di distrazione di massa si tratta, è ben evidente sia il fine (distrarre l’attenzione dalle condizioni comatose della maggioranza giallorossa) sia la mano.

Insomma, a rischio contagio sì, ma – come si direbbe in riva all’Arno – bischeri no.
 
Lo scontro diretto (Siria) ed indiretto (Libia) con la Russia non sta portando molto bene ad Erdogan, che, in pochi giorni, ha subito diverse perdite.

Dal punto di vista dei caduti si parla di ben 16 soldati di Ankara caduti in diversi combattimenti contro le truppe russo-siriane attorno ad Idlib,
ma anche dal punto di vista dei mezzi le cose si stanno facendo preoccupanti.

Nel giro di 24 ore l’aviazione turca ha perso 3 UAV sopra la Siria e la Libia.

Si è iniziato ad Idlib, dove un UAV turco è stato abbattuto dalle forze siriane, che ne hanno fatto pure un video.

Il mezzo sembra di costruzione turca, un TAI Anka, indotazione al 14 squadrone UAV di sede a Batman.

Però questa è stata solo la prima perdita perchè, nelle successive 24 ore, ben 2 mezzi sono stati abbattuti in LIbia.

Il primo sarebbe stato abbattuto a sud di Tripoli, da parte di un missile della LNA di Haftar

A second Turkish UAV #TB2 was shot down in 24 hours by #LNA airdefense missile in the vicinity of Souk Al-Khamis, south of the capital #Tripoli. #Libya. pic.twitter.com/GxkpVfjk8v

— M.LNA (@LNA2019M) February 26, 2020

Quindi un altro UAV è stato abbattuto in partenza dall’aeroporto di Tripoli ed è stato quindi catturato delle forze del LNA,

Video showing the second Turkish UAV drone shot down by the Libyan Army south of Tripoli. #Libya pic.twitter.com/FL9otyzRzu

— Libya Review (@LibyaReview) February 26, 2020

Dalle immagini, dalla struttura e dal motore Rotax utilizzato sembrano due Bayraktar , UAS da media quota sempre di produzione turca.



I libici hanno fatto ampi sfottò degli eventi ed appare chiaro che Ankara ha dei grossi problemi
a mantenere un impegno su due fronti davanti a dei contendenti evidentemente ben armati e preparati.

Anche se le sue forze armate si vantano di essere le seconde nella Nato non possono essere ridispiegate in modo massiccio.

Inoltre sia Asad sia Haftar possono contare su ampie forniture di materiale russo, come i vari MANPAD ,
dai vecchi SA-7 ai più moderni SA-18 e SA-25, verso i quali gli UAV turchi non hanno difese.

Quindi la richiesta di Erdogan dei Patriot americani non era solo una provocazione, ma qualcosa di più
 
E c'è chi si ingegna .......

«Per informazioni sulle mascherine premere 1». Il centralino dell’azienda con sede ad Aicurzio, nella Brianza vimercatese non ha tregua.

Chiamano dall’Italia, dall’Europa, da Israele. Tutti vogliono la mascherina antibatterica «Made in Brianza».

Azienda di famiglia, nata nel 1946 con il nonno Cesare e la nonna Maria come azienda tessile, proseguita con il papà Michele
ed evoluta negli anni Novanta nella lavorazione del tessuto non tessuto nel campo della pulizia domestica, professionale e medicale,
ha intuito che, di fronte all’emergenza del Coronavirus, non si poteva più dipendere dalla Cina per un prodotto che sta andando a ruba.


«A fine gennaio la situazione era già seria, la Cina è rimasta l’unico produttore su grandi volumi e on line si trovano mascherine a dieci volte il prezzo di costo.
Ho riunito il mio team di ricerca e sviluppo e abbiamo cercato di capire come potevamo mettere a disposizione le nostre competenze
e il nostro spirito di innovazione per creare un prodotto tutto italiano, in grado di superare i test per la certificazione antibatterica».



In tre settimane, a tempo di record, l’azienda di famiglia è stata stravolta.
Nei 22 mila metri quadri della sede sono stati adattati i macchinari esistenti, sono state create sei linee di produzione che diventeranno nove da settimana prossima.
I sessanta dipendenti lavorano su due turni che durano dalle 7 del mattino alle 7 di sera per produrre un milione di mascherine al giorno.

«Stiamo valutando di assumere altro personale perché non possiamo trascurare la nostra produzione tradizionale che resta il nostro core business.
Questa settimana abbiamo iniziato le prime consegne di mascherine — spiega il titolare — cerchiamo di accontentare tutti.
Stiamo consegnando alla grande distribuzione, discount, alle farmacie e parafarmacie, alle case di riposo. Diamo priorità assoluta all’Italia».

La mascherina con il marchio «L’unico Originale» ha superato i test di un laboratorio esterno e si è dimostrata efficace a filtrare fino al 98 per cento dei batteri:
«Come sappiamo dalle autorità medico-scientifiche le mascherine da sole non possono isolare il virus ma, se correttamente utilizzate, costituiscono una barriera efficace per limitarne la diffusione»

Prima di arrivare al prototipo, in azienda il team di ricerca e sviluppo ha analizzato i prodotti già presenti sul mercato, fino ad arrivare al prodotto finale:
«Abbiamo pensato ad una mascherina più grande del 50 per cento rispetto a quelle chirurgiche,
a doppio strato di tessuto non tessuto più spesso, perfettamente aderente al viso e facile da indossare senza lacci ed elastici tramite due aperture all’altezza delle orecchie».
Sono già in vendita nei supermercati e si trovano negli scaffali in taglia unica, in confezioni da 6, 14, 30 e 50 pezzi, ovviamente monouso.

«Noi in azienda la indossiamo tutti — conclude il titolare — è una forma di protezione che penso possa essere utile
per chi si trova costretto a viaggiare sui mezzi pubblici a trenta centimetri dal naso del proprio vicino, a chi fa professioni a stretto contatto con le persone.
Rispetto a quella verde chirurgica la nostra spaventa meno e può essere indossata con maggior disinvoltura.
 

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