Francia: riflettendo su un "referendum di iniziativa condivisa"
22 maggio 2019
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che cos’è un
référendum d’initiative partagée?
È un mezzo a disposizione dell’opposizione per interpellare il Governo, obbligando la maggioranza parlamentare ad occuparsi di una questione e sollecitare, a riguardo, l’opinione pubblica.
Introdotto con la legge costituzionale del 23 luglio 2008 e disciplinato dal terzo al sesto comma dell’art. 11 della Costituzione, il RIP è un referendum di iniziativa condivisa con i cittadini ma condizionato da una proposta parlamentare che rende possibile, su impulso di un quinto dei membri del Parlamento, l’organizzazione di un referendum su una proposta di legge dichiarata conforme alla Costituzione e sostenuta da almeno un decimo degli elettori iscritti nelle liste elettorali.
Il
référendum d’initiative partagée è, inoltre, subordinato ad una procedura complessa.
La richiesta deve essere presentata da almeno un quinto dei membri del Parlamento e poi supportata da almeno un decimo degli elettori.
L’iniziativa non può, peraltro, avere ad oggetto una disposizione legislativa promulgata da meno di un anno. Tale termine decorre dalla data di registrazione del ricorso al Consiglio costituzionale che ha il compito di verificare la regolarità della procedura e la costituzionalità della proposta.
A questo punto, il Giudice costituzionale ha un mese di tempo per pronunciarsi. Qualora ritenga che la proposta soddisfi i requisiti costituzionali, il Consiglio costituzionale sarà anche l’organo preposto al controllo della procedura per la raccolta delle firme, di almeno un decimo degli elettori iscritti nelle liste elettorali, su un sito internet creato dal Ministero dell’Interno nell’arco dei successivi nove mesi.
La complessità della procedura si accentua nella fase finale. Difatti, l’iniziativa parlamentare, il sostegno popolare e l’avallo del Consiglio costituzionale non conducono necessariamente al referendum: solo nel caso in cui sia superata la soglia di un decimo dell’elettorato e il disegno di legge non sia esaminato dall’Assemblea nazionale e dal Senato entro i successivi sei mesi, il Presidente della Repubblica dovrà sottoporre il testo ad un referendum confermativo.
Prendendo le mosse dalla procedura di privatizzazione dell’ADP, la proposta ha superato il primo
step, ossia il vaglio del Consiglio costituzionale. La seconda fase prevede la raccolta delle firme popolari nei prossimi nove mesi.
Nel frattempo, la legge PACTE, adottata in ultima lettura l’11 aprile, era stata deferita al Consiglio costituzionale che, il 16 maggio, si è pronunciato dichiarando la legge parzialmente non conforme alla Costituzione (
Décision n. 2019-781 DC). Senza esservi giuridicamente obbligato, ma per comprensibili ragioni politiche ed economiche, il Governo francese ha allora preferito rinviare l’attuazione della procedura di privatizzazione.
Le dinamiche che si sono susseguite nelle ultime settimane hanno condotto ad una brusca battuta d’arresto per il progetto di privatizzazione degli aeroporti e, al contempo, lasciato nell’incertezza l’avvenire del RIP.
In effetti, nell’attesa di raccogliere le firme popolari, si paventa la minaccia che la minoranza possa strumentalizzare la procedura referendaria nell’intento di mettere in difficoltà la maggioranza. Ciò non potrebbe dirsi di per sé illegittimo ma incorrerebbe nel rischio di perturbare la procedura legislativa ricorrendo ad un meccanismo che, pur potendo non avere successo, consentirebbe di dilatare i tempi legislativi diventando, di fatto, uno strumento istituzionale al servizio di una strategia politica.
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