10.8.11 - 12:06
"Nemmeno in Cina si scommette più sul domani. Sappiamo che l´Asia è giunta al limite e se lo dovesse superare si chiuderebbe l´era della globalizzazione per tutti". Questo il giudizio lapidario di Qu Hongbin, analista dell´inglese Hsbc, che fa riflettere. Se la crisi del 2008 è stata superata anche grazie alla poderosa crescita del Dragone asiatico, quella attuale si innesta in uno scenario radicalmente differente con Pechino alle prese con forti tensioni sociali interne, mentre America e Unione Europea devono fronteggiare una crisi del debito senza precedenti.
Il rischio concreto, visto il ruolo ricoperto dall´ex Impero Celeste di volano economico per tutto il Continente asiatico e fattore che spinge Qu Hongbin a prospettare la fine dell´era della globalizzazione, è che ci si trovi davanti ad un inusuale e simultaneo triplice stop delle economie di Usa, Europa e Asia.
I recenti dati macroeconomici cinesi hanno sì mostrato la tenuta della produzione industriale, +14% in luglio, e dei consumi interni (+17,2%), ma al tempo stesso da ormai un paio di mesi vedono il Pmi manifatturiero lambire pericolosamente la soglia dei 50 punti. Se la rilevazione di luglio riferita a giugno aveva mostrato a sorpresa una contrazione a 50,9 punti dai 52 di maggio (51,5 le stime degli analisti), nemmeno ad agosto si sono registrati segnali di ripresa con l´indice che si è fermato a 50,7 punti. Certo, la lettura è risultata migliore delle stime del consensus (50,2 punti), tuttavia il trend di avvicinamento alla soglia dei 50 punti è proseguito. Una discesa sotto quota 50 ufficializzerebbe le aspettative di recessione dei direttori degli acquisti locali per i prossimi mesi.
In quest´ottica dovrebbe preoccupare il balzo registrato dall´inflazione, specie in virtù delle tensioni sociali che si potrebbero registrare. Nonostante il governo cinese abbia tentato in tutti i modi negli ultimi mesi di arginare il fenomeno (da ottobre scorso sono stati alzati 5 volte i tassi di interesse e 9 volte le riserve obbligatorie delle banche giunte al ragguardevole 21,5%), a sostenere la crescita dell´inflazione sono stati ancora una volta i prezzi degli alimenti. Rispetto all´anno scorso il costo del cibo in Cina è aumentato del 14,8%, mentre a giugno era aumentato del 14,4%. Ancor più inquietante è la rilevazione della crescita del valore della carne di maiale: piatto base dell´intera catena alimentare della popolazione cinese, ha visto progredire il proprio valore di ben il 57% nell´ultimo anno. E in questo caso non si possono accusare le tensioni legate alla speculazione piuttosto che a un generalizzato incremento del valore delle materie prime, come mostrano le attuali quotazioni del petrolio.
Ecco spiegato come la Cina si trovi ad un bivio: da un lato ha tutte le possibilità di sostenere la crescita interna grazie alla solidità del proprio bilancio, dall´altro non può muoversi in completa libertà per evitare nuovi picchi inflattivi. Già in luglio con un aumento del Pil pari al 6,5% si è ritornati su livelli di crescita che non si registravano da maggio 2008 e il rischio di toccare i massimi storici del febbraio 2008 (+8,7%) tornerebbe concreto. La crescita del malumore della popolazione vede il modello di sviluppo economico del governo cinese per la prima volta sotto attacco. Non in Europa o in America ma proprio in patria.
A poter trascinare verso la fine l´era della globalizzazione potrebbero dunque essere proprio le rivolte sociali in Oriente, conseguenza negativa di un tonfo dell´economia occidentale caratterizzata dal taglio dell´export. Anche perchè le proteste interne si sono fatte decisamente più pressanti da quando nel fine settimana S&P ha tagliato il rating degli Stati Uniti.
Gli investitori e consumatori di Pechino in rivolta pongono una domanda elementare: perchè invece di comprare il debito di America e Europa il Governo non finanzia i bisogni delle classi sociali interne più deboli? Forse perchè senza l´ausilio delle riserve del Dragone Usa e Unione Europea rischierebbero di andare verso il default, trascinandosi dietro anche l´Asia e scrivendo la parola fine al processo di globalizzazione che tanta ricchezza ha prodotto in Cina negli ultimi 15 anni?
Riccardo Designori