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Perché?
Pag. 17 di Borsa&Finanza.
Mi chiedo cosa c'entrino i suini con il latte.
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Che poi si siano aggirati anche per le Università e' tutto dire.
Spero solo che sia dovuto all'età.
ma questo o altro? (chiedo perchè non trovo il riferimento alle università..)
L’Opa Lactalis lascia spazio per le scommesse su Parmalat
I francesi si tengono una serie di way out, tra cui nuovi interventi legislativi Il mercato non si fida e concede un margine del 2% sul prezzo di offerta
di Luca Testoni - 30-04-2011
DEPOSITATO IL PROSPETTO IN CONSOB L’Opa lanciata da Lactalis martedì 26 su Parmalat ha senza dubbio fatto un regalo ai piccoli azionisti del gruppo di Collecchio. Ma la situazione di incertezza che ha caratterizzato l’intera vicenda della conquista del gruppo alimentare emiliano - incertezza in qualche modo ribadita e sottolineata dalla stessa Lactalis nell’annuncio dell’Opa - ha creato le condizioni perché di quel regalo siano rimaste sulla tavola briciol piùttosto ricche. Il prezzo di 2,6 euro messo sul piatto dai francesi martedì, infatti, ha ovviamente messo le ali al titolo, decollato dai 2,3 euro cui si aggirava prima dell’annuncio, ai valori cui ha viaggiato nel resto della settimana. Valori prossimi ai 2,6 euro. Ma non così prossimi da lasciare, appunto, margini per qualche guadagno. Il titolo, infatti, ha viaggiato tra 2,54 e 2,55 euro. Acquistare Parmalat a questi valori significa, al momento della successiva consegna a Lactalis, incassare un differenziale di 5-6 centesimi. In termini percentuali, circa un 2% più o meno mensile. Un ottimo rendimento. Per giunta, con la prospettiva, per quanto oggi remota, che l’asticella dell’Opa possa anche venire alzata oltre i 2,6 euro da un rilancio con targa italiana.
Come mai, dunque, il mercato ha lasciato un simile margine di arbitraggio sull’Opa Parmalat? In Piazza Affari, nelle giornate di mercoledì 27 e giovedì 28, sono stati scambiati scambiati rispettivamente 75 e 66 milioni di azioni, un volume dimensionalmente circa dieci volte quelli della settimana precedente e pari a circa il 4% del capitale di Parmalat. Anche ieri, seppur rallentando, gli scambi hanno riguardato quasi 20 milioni di azioni. Insomma, un piccolo esercito di investitori ha deciso di vendere, e di rinunciare a un comodo rendimento mensile.
La ragione di una tale asimmetria è che il mercato percepisce l’Opa di Lactalis come un’operazione ancora ad alto rischio. In primo luogo, in conseguenza di quanto avvenuto da gennaio a oggi in termini di interventi legislativi. A partire da fine gennaio, quando i fondi vennero allo scoperto dichiarando l’intenzione di presentare una lista e un progetto propri (per la prima volta in antitesi con l’ad Enrico Bondi), il Governo italiano è intervenuto quattro volte nella partita: con l’intervento in Milleproroghe a blindare i dividendi di Collecchio; con il provvedimento che ha consentito lo spostamento dell’assemblea Parmalat; con il cambio della struttura della Cdp; con l’annuncio (ancora in effetti da concretizzare) di una legge anti-scalata. Inoltre, la stessa Lactalis pare essersi lasciata più di una way out nel caso la patata diventi di nuovo eccessivamente bollente. Nella comunicazione di annuncio dell’Opa, il gruppo francese ha inserito una pagina di condizioni per l’efficacia dell’offerta. Alcune sono condizioni standard. Ma alcune sono assai specifiche. In particolare, Lactalis sarà libera di (e in ogni caso non obbligata a) tirarsi indietro in caso di «atti od operazioni che possano contrastare l’offerta» messi in atto da Parmalat. Oppure, in caso di «atti o provvedimenti legislativi, amministrativi o giudiziari finalizzati a o, comunque, tali da precludere o limitare, anche a titolo transitorio» gli obiettivi di controllo del gruppo francese, e adottati da «istituzioni, enti o autorità competenti». Lactalis ha anche precisato tra le condizioni il fatto che l’antitrust europeo dia l’ok «entro il primo giorno di Borsa aperta successivo al termine del periodo di adesione». Quest’ultimo punto, a differenza degli altri, sembra una carta pienamente nelle mani dei francesi. Bruxelles, infatti, decide in prima istanza nel giro di un mese. Ma se volesse approfondire, i tempi sarebbero almeno trimestrali. Insomma, una lunghissima opzione d’uscita. Ed è significativo che, ieri, il titolo abbia subito ieri pomeriggio una mini-impennata (è arrivato a 2,556) appena dopo la comunicazione del deposito del prospetto francese in Consob. Come dire: fino a qui, Lactalis continua a crederci.